Il Concilio Vaticano II è stato bollato come una “nuova Pentecoste”. Ma una nuova o una seconda Pentecoste è impossibile. La Pentecoste è il mistero dell’identità e della vitalità della Chiesa attraverso tutti i secoli fino al ritorno di Cristo nella gloria; la Pentecoste non è un semplice evento, come lo spettacolo pirotecnico del 4 luglio (festa dell’indipendenza statunitense, ndt), ma è un dinamismo che permane, espresso dalla perenne freschezza della liturgia, che “lo Spirito Santo … copre nel suo dolce seno e con ali splendenti (1), cosa caldamente ricordata in tutte le Domeniche dopo Pentecoste, che riempiono di un verde brillante l’autentico calendario Romano.
Potrebbe esserci una nuova Pentecoste solo se la vecchia avesse fallito; e in modo simile, potrebbe esserci una nuova Messa solo se la vecchia avesse fallito (2). Se ci fosse una nuova Pentecoste, questa darebbe origine a un nuovo tipo di Cattolicesimo, con nuove dottrine, una nuova moralità, una nuova liturgia, una nuova umanità in una nuova creazione, tutte cose che potrebbero essere in aperto conflitto con le loro controparti della “vecchia Pentecoste”.
Martin Mosebach analizza eloquentemente il problema: “Lo ‘spirito del Concilio’ iniziò a esser tirato in ballo contro il senso letterale dei testi conciliari. In modo disastroso, dell’attuazione dei decreti conciliari s’impossessò la rivoluzione culturale del 1968, che scoppiò in tutto il mondo. Questo fu certamente il lavoro di uno spirito, di uno spirito assai impuro. La sovversione politica di ogni forma di autorità, la volgarità dell’estetica, la demolizione filosofica della tradizione non solo devastò le università e le scuole e avvelenò l’atmosfera pubblica, ma al contempo s’impossessò delle alte sfere della Chiesa. Iniziò a diffondersi la sfiducia nella tradizione, l’eliminazione della tradizione, in ogni cosa, in un entità la cui essenza consiste completamente nella tradizione, tanto che qualcuno ebbe a dire che la Chiesa sarebbe nulla senza la tradizione. In tal modo, la battaglia postconciliare che portò la distruzione della tradizione in moltissimi posti non fu altro che il tentato suicidio della Chiesa, un processo nichilistico, letteralmente assurdo. Noi tutti ricordiamo come i vescovi e i professori di teologia, i pastori e i funzionari delle organizzazione cattoliche abbiano proclamato con un tono fiducioso e vittorioso che con il Concilio Vaticano II una nuova Pentecoste si sia realizzata nella Chiesa, cosa che nessuno dei famosi Concili della storia, che hanno in modo così decisivo costituito lo sviluppo della Fede, ha mai preteso d’essere. Una “nuova Pentecoste” non significa altro che una nuova illuminazione, possibilmente una che possa sorpassare quella che fu ricevuta duemila anni fa; perché non passare direttamente al “Terzo Testamento” dell’Educazione della Razza Umana di Gotthold Ephraim Lessing? Nella visione di queste persone, il Vaticano II significò una rottura con la Tradizione così com’era esistita fino ad allora, e questa rottura sarebbe secondo loro stata salutare. Chiunque abbia ascoltato ciò potrebbe aver creduto che la Religione Cattolica abbia trovato realmente se stessa solo dopo il Vaticano II. Si suppone dunque che tutte le generazioni precedenti – alle quali noi qui presenti dobbiamo la nostra fede – siano rimaste nelle tenebre dell’immaturità” (3).
Quello che abbiamo visto negli ultimi cinquant’anni è un maldestro tentativo di riesumare l’eresia gioachimita secondo la quale la Chiesa sarebbe entrata nella terza e finale età, la nuova età dello Spirito, che avrebbe lasciato alle spalle il Vecchio Testamento del Padre, rappresentato dalle tavole del decalogo e dai sacrifici animali, e il Nuovo Testamento del Figlio, rappresentato dall’unione costantiniana di Chiesa e Stato e dal santo sacrificio della Messa. La nuova età, in modo ecumenico e interreligioso, “va al di là” dei comandamenti, della Cristianità, e del culto divino tradizionale. Con la riforma liturgica di Paolo VI noi andiamo al di là della tradizione liturgica ereditata; con gl’incontri d’Assisi di Giovanni Paolo II noi andiamo al di là della differenza sostanziale tra la Vera Religione e le false religioni; con l’Amoris Laetitia di Papa Francesco noi andiamo al di là dei rigidi confini del Decalogo e dei Vangeli.
Ora, ovviamente, tutte queste novità non costituirebbero altro che una nuova religione, e una nuova religione è una falsa religione. In tal guisa, la caratteristica maggiormente distintiva della cosiddetta “nuova Pentecoste” o “nuova primavera” è la manifestazione di un’eresia neo-gioachimita, che è incompatibile con il Cattolicesimo ortodosso. La crisi della Chiesa ai nostri giorni è stato il segno divino della disapprovazione del deliberato allontanamento e del lento abbandono della Scrittura, della Tradizione e (sic) del Magistero, in questi decenni, in cui l’amnesia rimpiazza l’anamnesi, e il sacrilegio soppianta la sacralità. Come nota un autore di Rorate Caeli il 2 maggio 2014: “E’ la generale inaffidabilità della maggior parte dei mezzi di comunicazione ufficiali della Chiesa e delle case editrici che ha reso i blog così popolari. Questo è specialmente vero quando si considera l’ovvio discordanza che ogni Cattolico avverte tra la morbidezza e la gaiezza dei mezzi di comunicazione ufficiali e la realtà vista terra a terra, dagli abusi sui bambini agli abusi nei sacramenti, dagli abusi nella liturgia agli abusi di confidenza, dalla promozione dei dissidenti al nascondere le statistiche della crisi generale della demografia Cattolica e della pratica religiosa nella maggior parte del mondo, da quando sono iniziati i geli della primavera”.
La Chiesa oggi soffre perché malata nel suo cuore: è letargica nel suo tessuto e intasata nelle sue arterie. Ha bisogno di un trapianto cardiaco, ma piuttosto che darle un cuore differente, ella ha bisogno di liberarsi di quel cuore artificiale e meccanico che le è stato installato da dottori poco competenti, e riacquistare il cuore di carne che la tradizione aveva fatto crescere in lei. Quando questo accadrà, noi saremo testimoni non già di una nuova Pentecoste, ma del rinnovarsi dell’adorazione di Dio in spirito e verità, come Nostro Signore ha profetizzato e ha già stabilito per noi. Dom Paul Delatte (abate di Solesmes dal 1890 al 1921) scrisse, riguardo la sacra liturgia tradizionale: “Nello Spirito Santo si concentrano, si eternano, si diffondono in tutto l’intero Corpo di Cristo l’immutabile pienezza dell’atto della Redenzione, tutte le ricchezze della Chiesa del passato, del presente e dell’eternità (4).
Non ci meraviglia che Dom Guéranger, in un passo che io amo molto citare, disse: “Lo Spirito Santo ha fatto della liturgia il centro della sua attività nelle anime umane”. Questo è ciò in cui dobbiamo trovare la nostra Pentecoste; questo è ciò in cui la Chiesa si rinnova perennemente nella sua giovinezza, trovando a portata di mano l’unico comune linguaggio con cui lodare, benedire, glorificare ed adorare il Re celeste, sinché Egli ritorni dall’Oriente nella gloria: “Ascenderò all’altare di Dio, a Dio che allieta la mia giovinezza”.
NOTE dell’autore
(1) Gerard Manley Hopkins, La grandezza di Dio
(2) Una nuova Messa è una contraddizione in termini; la Chiesa non ha l’autorità per fare una cos adel genere
(3) In occasione del XC genetliaco di Benedetto XVI, Prefazione a P. Kwasniewski, Nobile bellezza, Santità trascendente: perché l’età moderna ha bisogno della Messa di sempre, xii-xiii.
(4) Commentario della Regola di S. Benedetto, 133
3 commenti su “La sola e unica Pentecoste: contro l’eresia neo-gioachimita – di Peter Kwasniewski”
Il giorno della Pentecoste lo Spirito Santo si manifestò agli Apostoli, riuniti nel Cenacolo con Maria Santissima Madre di Dio, sotto forma di lingue di fuoco, che si fermarono sopra le loro teste.
Mi sembra che Dio, nelle Sue manifestazioni, non abbia mai disdegnato di manifestarsi con segni visibili e naturali: la colomba al fiume Giordano nel giorno del battesimo di Gesù da parte di San Giovanni Battista; avvolto in una nube sul monte Sinai, a Mosè; come brezza leggera in altre situazioni. Per non parlare della incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo!
Ora mi chiedo: cosa è avvenuto durante il Concilio Vaticano II? Parole e solo parole, non suffragate da nessun “segno” consueto.
Credo che questo basti per rigettare l’appellativo di nuova Pentecoste al Concilio Vaticano II.
Emanuele A.
Non vi sono dubbi!
Quale nuova pentecoste? Forse una sua caricatura…..
il grande direttore di civiltà cattolica il sig. antonio spadaro, raffinato studioso e dottissimo teologo, avrebbe sicuramente da eccepire che al tempo di gesù non erano ancora stati inventati registratori e cineprese.chi ci assicura che effettivamente sia avvenuta la discesa dello spirito santo? ben diverso il periodo temporale di svolgimento del cvII dove erano presenti registratori e cineprese! tutto ben documentato per la gioia dell’erudito di cui sopra!