La sera andavamo ad Arcore. Dove l’Omino di burro portò a termine il Sessantotto

È trascorso un mese dalla morte di Silvio Berlusconi. Passati i primi giorni di tensione emotiva, che il fondatore di Mediaset ha sempre saputo suscitare, è tempo di un giudizio sintetico sulla sua figura, che è stata celebrata, o al contrario esecrata, spesso con toni esagerati. In occasione della sua morte, hanno decisamente prevalso le voci elogiative, attribuendogli anche meriti che non ha mai avuto. È stato definito salvatore della Patria, difensore dei poveri e delle vedove, di grande generosità.

In particolare, i cattolici del campo politico conservatore hanno sfiorato toni apologetici da beatificazione immediata. A chi ha cercato di sollevare qualche obiezione rispetto alla moralità del Tycoon di Arcore, che per tutta la vita ha combattuto con tutte le sue forze contro il Sesto Comandamento, e anche nei confronti delle altre voci del Decalogo non si può dire che abbia avuto un atteggiamento di rispetto, è stato replicato con durezza che non si può giudicare, non si può non avere riguardo verso i defunti, che Dio è misericordioso e via di questi giudizi perdonisti che hanno trasformato magicamente i cattocons in bergogliani ricolmi di misericordina.

D’altra parte, nel corso di più di trent’anni, dal momento della sua famosa discesa in campo, tanti buoni cattolici sono stati tratti in inganno dalle parole del Cavaliere Mascarato. Molti credettero che il patron di Mediaset fosse un difensore dei valori non negoziabili. I fatti dimostrano che non è stato così. E la cosa non può stupire. La storia di Silvio Berlusconi è lì a dimostrare che i valori della famiglia, della vita, dell’umanesimo cristiano, non gli sono mai stati a cuore più di tanto. D’altra parte, negli ultimi anni Berlusconi aveva cercato accordi politici con Renzi, con la Bonino, e infine con Mario Draghi. La cultura politica, il pensiero ideologico in cui il Cavaliere si è formato è molto più vicino a quello di questi personaggi di quanto un’opinione pubblica un po’ ingenua non si sia mai accorta.

Eppure, qualche anno fa ci fu chi smascherò il vero volto di Berlusconi, mostrandolo come il perfetto realizzatore della Rivoluzione del Sessantotto. Negli scorsi giorni ho riletto un saggio straordinario: Berlusconi o il ’68 realizzato. L’autore di questo breve testo che uscì nel 2011 è Mario Perniola, scomparso negli scorsi anni, che fu autore di numerose opere filosofiche, intellettuale di chiara fama, docente di Estetica per molti anni presso l’Università di Roma.

Secondo Perniola, Berlusconi ha dato un apporto determinante affinché si realizzassero in Italia gli obiettivi del Sessantotto. Qualcuno, immaginiamo, storcerà subito il naso. Quella del Sessantotto, si obietterà, fu una ribellione giovanile, a sfondo marxista-leninista. Niente affatto. I cattivi maestri del Sessantotto appartenevano a una diversa corrente ideologica. Berlusconi, come sostiene Perniola, ha portato a termine un progetto rivoluzionario che era stato teorizzato già negli anni Venti del Novecento dal movimento austriaco Sexpol, il cui principale animatore era Wilhelm Reich, psichiatra che inventò la cosiddetta “liberazione sessuale”.

Reich e i suoi pensavano che sottraendo i bambini all’autorità dei genitori li avrebbero “liberati” dalla sedicente repressione genitoriale e dall’autoritarismo patriarcale. Occorreva quindi sottrarre ai genitori l’educazione dei figli e attribuirla alla società. Attenzione: la società, e non solo lo Stato. E per società si intende anche la cultura, i mass media. Quello che ai tempi di Reich era decisamente velleitario, cioè che una minoranza “illuminata” potesse avere una influenza significativa sulle coscienze, si è realizzata dopo il Sessantotto con la comunicazione globale, e con i suoi mezzi, in primis la televisione.

Forse Berlusconi non avrà mai nemmeno sentito parlare di Sexpol e Reich, ma è un dato di fatto che è stato profondamente influenzato dallo spirito del Sessantotto, il cui slogan più celebre, “l’immaginazione al potere”, calza a pennello col suo stile, con le sue strategie aziendali e politiche. In Berlusconi si ritrova quella volontà di potenza, quel trionfalismo farneticante, quella estrema determinazione di destabilizzare tutta la società precedente da cui il Sessantotto fu pervaso. In primo luogo, l’attacco alla famiglia, ma anche al lavoro, alla scuola, all’università, e soprattutto alla religione.

Il discredito della famiglia tradizionale, la deregolamentazione della sessualità, l’ostilità nei confronti delle istituzioni, viste come repressive, il vitalismo giovanilistico, il trionfo della comunicazione massmediatica, l’oblio della storia e il presentismo spontaneistico, tutto questo – che era progetto e sogno nel Sessantotto – con Berlusconi è diventato realtà.

Per questo motivo insospettì. la Destra classica, Law and Order, che aveva in Indro Montanelli il suo esponente. Chissà se il giornalista di Fucecchio, a pochi chilometri dal paese di Collodi, pensò mai alla curiosa somiglianza tra Silvio e l’Omino di burro, uno dei personaggi del Pinocchio, quello che guida il carro diretto al Paese dei Balocchi, facendo l’imbonitore dei ragazzi che incontra, cui promette un posto bellissimo “senza i genitori”. Un luogo dove divertirsi continuamente, un luogo che realizza ogni desiderio. La storia ci dice però che fine fanno i ragazzi nel Paese dei Balocchi: diventano asini.

Berlusconi è stato un vero e proprio Omino di burro, sorridente, mellifluo, rassicurante, che ha promesso nuovi Paesi dei Balocchi non solo con le sue scosciate televisioni, ma anche con la sua politica. Berlusconi ebbe un modo di affrontare i problemi dove emergeva una buona dose di improvvisazione sessantottesca. Non fu solo un abile intrattenitore mediatico, un simpatico commediante della politica: è stato il portatore di un progetto ideologico di americanizzazione della cultura italiana. In fondo è negli USA che esiste un luogo il più simile possibile al Paese dei Balocchi: Las Vegas.

Una americanizzazione che non significava solo divertimento, sport, intrattenimento, ma anche una forma di capitalismo sfrenato, senza regole, senza etica. Berlusconi non solo non era “Law and Order”, ma non era neanche “Dio Patria e Famiglia”, la classica triade che contraddistingue il buon reazionario. Semmai il suo slogan avrebbe potuto essere “Io, ditta e famiglie”, rigorosamente al plurale. Il suo sedicente “moderatismo” politico nascondeva una convinta volontà sovversiva. Una visione della vita e della società che non ha mai contemplato in alcun modo i valori dell’umanesimo cristiano.

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