di Giampaolo Rossi
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UNA GIORNALISTA DI FIDUCIA
È l’11 Dicembre del 2008 quando Chrystia Freeland, giornalista canadese e Managing Editor del Financial Times, invia una mail a Michael Vachon, uno dei più stretti collaboratori di George Soros. La Freeland sta preparando un articolo sul miliardario ungherese e si rivolge a uno dei suoi uomini più fidati (Vachon è suo consigliere personale e portavoce) con tono amichevole e confidenziale, per chiedergli la cortesia di inoltrare a John Podesta, capo staff di Hillary Clinton , la richiesta di una sua intervista “breve e puntuale”.
La mail, tra le tante pubblicate da Wikileaks all’interno dello scandalo che coinvolse l’uomo forte della campagna elettorale della Clinton, dimostra la credibilità di un certo tipo di giornalismo costruito su intrecci di relazioni, amicizie, favori con i centri di potere di cui poi quel giornalismo dovrebbe essere commentatore critico.
La cosa certa è che da quel momento Chrystia Freeland diventa una delle giornaliste più apprezzate da George Soros (ma pensa un po’!) tanto da concederle di intervistarlo molte volte nel corso degli anni.
PLUTOCRATE MON AMOUR
Nella sua carriera giornalistica, passata anche attraverso l’Economist e il Washington Post, la Freeland è stata assidua frequentatrice dell’establishment finanziario, con un debole per i miliardari dall’anima e dal portafoglio d’oro; o meglio i plutocrati illuminati, i fautori di quel “filantropo-capitalismo” che lei descrive in un articolo sul New York Times, come qualcosa di più della semplice abitudine dei super-ricchi planetari alla donazione caritatevole: la tendenza a “dispiegare non solo le fortune che hanno accumulato, ma anche le competenze, l’energia e l’ambizione” al fine di “affrontare i problemi sociali più urgenti al mondo”.
Il termine “plutocrati” non è retaggio del mio complottismo reazionario, ma la parola che la stessa Freeland utilizza come titolo del suo libro per descrivere questa genìa dell’élite mondiale dal cuore pulsante di umanitarismo, tutta spesa a combattere le disuguaglianze nel mondo nella speranza che un giorno tutti siano uguali: tutti, ovviamente tranne loro.
Per la Freeland ci sono plutocrati cattivi e plutocrati buoni; quelli come Soros o Bill Gates sono i buoni perché possono elevare la politica “ad un più alto livello professionale” non scadendo “nel disordine, nell’affarismo e nella venalità della politica tradizionale”. Lei la chiama “la politica da Silicon Valley (…) tecnica e oggettiva”. Insomma una tecnocrazia plutocratica come soluzione ai problemi globali.
L’ASCESA POLITICA
Ed è con queste idee per niente rassicuranti che nel 2013 la Freeland lascia il giornalismo ed entra in politica ed inizia la sua ascesa nel Liberal Party canadese, il partito di riferimento della sinistra globalista. Con la vittoria di Justin Trudeau viene nominata Ministro per il Commercio e poi, nel Gennaio scorso, Ministro degli Esteri.
La sua scelta non è casuale: la Freeland segue perfettamente l’agenda politica di George Soros, sia nelle posizioni filo immigrazione, sia nelle relazioni internazionali: ferocemente anti-russa ed ostile a Vladimir Putin, la Freeland non ha mai nascosto le sue posizioni estremiste sull’Ucraina appoggiando già nel 2014 la rivoluzione di Maidan di cui ricordiamo, Soros ha sempre rivendicato pubblicamente la paternità.
D’altro canto la Freeland, che è di origini ucraine per conto di madre, è stata corrispondente da Kiev per molti anni, intrecciando stretti rapporti con settori del potere economico; in particolar modo con Viktor Pinchuk, uno dei più potenti oligarchi ucraini e fondatore di Yes (Yalta European Strategy) il progetto internazionale a cui aderisce anche George Soros, per favorire una più veloce adesione dell’Ucraina all’Unione Europea (nella foto la Freeland e Pinchuck partecipano ad una delle riunioni di Yes).
La Fondazione di Pinchuck, gemellata con la Clinton Foundation, collabora attivamente a progetti con la Open Society.
Le posizioni anti-russe della Freeland sono talmente violente che il Cremlino l’ha inserita nella black list dei 13 politici canadesi non graditi a Mosca.
IL NONNO NAZISTA
Qualche colpo basso la Freeland l’ha dovuto subire, come quando, nel 2017, i russi hanno reso pubblici “casualmente”, documenti che dimostrano come suo nonno materno fosse stato un collaborazionista nazista, redattore capo di un giornale ferocemente antisemita, il Krakivs’ki Visti, pubblicato nella Polonia occupata e finanziato direttamente dal Ministero della Propaganda di Goebbels. Lei in un primo tempo ha smentito la notizia bollandola come l’ennesima prova dei tentativi di Mosca di destabilizzare le democrazie occidentali. Poi, quando diversi storici hanno confermato la veridicità delle fonti, la notizia è stata silenziata, a dimostrazione che la doppia morale non è prerogativa solo della sinistra italiana.
Per carità, se le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, figuriamoci quelle dei nonni sui nipoti. Ma l’idea che il Ministro degli Esteri di una delle più importanti nazioni occidentali provenga da una famiglia nazista, in altri casi avrebbe portato a dimissioni o polemiche infinite; ma le amicizie della Freeland e i suoi legami con il potere che conta, hanno consentito di mettere a tacere la storia.
CANADA: LA RAGNATELA DI SHELOB/SOROS
La sconfitta della Clinton nella corsa alla Casa Bianca, ha privato George Soros e l’élite mondialista del cavallo su cui avevano puntato per continuare a gestire (dopo il decennio Obama) la più importante “democrazia” del mondo. Una scommessa che valeva molto più dei miliardi di dollari che lui e i suoi amici hanno investito per la campagna elettorale della signora.
In attesa di sapere se Trump riuscirà a resistere alla guerra scatenatagli contro dall’intero sistema di potere americano, (dal Deep State al sistema dei media, da Hollywood alla Cia, passando per le deliranti rivolte di piazza degli “utili idioti” della sinistra globalista), Soros ha dipanato la sua ragnatela più a nord: in Canada.
Qui il Primo Ministro Justin Trudeau rappresenta la nuova icona del progressismo liberal funzionale all’élite mondiale, incarnando perfettamente il programma dell’Open Society: legalizzazione di eutanasia e droghe leggere, introduzione del “gender X” sui documenti d’identità per tutelare gli individui “non-binari, intersessuali e trans”, ecologismo e multiculturalismo ideologico a fondamento di politiche pro-immigrazione.
Il Canada è oggi la più avanzata sperimentazione di un “governo Soros”(definizione che ovviamente utilizziamo per semplificare l’idea) costruito inserendo nei gangli strategici di una nazione occidentale, personalità di riferimento o meglio ancora “amici stretti” come la Freeland ha definito il suo rapporto con Soros in una recente intervista sul Globe and Mail.
La ragnatela dello Shelob del Nuovo Ordine Mondiale si dipana secondo strategie coerenti di infiltrazione nei governi e di pressione della cosiddetta “società civile” attraverso Ong e gruppi d’interesse; lo scopo è condizionare le decisioni, limitando sovranità nazionali e volontà popolari. Un progetto di svuotamento delle democrazie in Occidente che segna il vero conflitto di visione oggi esistente: élite contro popoli.
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Su Twitter: @GiampaoloRossi
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2 commenti su “La Ministra di Soros – di Giampaolo Rossi”
Apposta il Canada è diventato quel CESSO che è da un pezzo e che rischia di superare gli Stati Uniti in materia di leggi antiumane ed immigrazione selvaggia.
Già Nicola, oggi il Canada è quella roba qui: https://goo.gl/zRtRAS (al centro, il Primo Ministro e Capo del Governo Justin Trudeau; in primo piano, alcune giovani vittime del crollo della civiltà).