La fabbrica del delirio. L’immaginario primato del pensiero sull’essere – di Piero Vassallo

Si chiama idealismo un sistema di pensiero che proclama il primato dell’intelligenza sulla realtà, il mondo in cui oggi siamo è un mondo idealista, edificato dagli intellettuali a furia di astrazioni, e sovrapposto al mondo dell’esperienza continuamente rimesso in discussione, … Il marxismo, a dispetto delle sue pretese e delle sue fanfaronate, non ha nulla di materialista, è un’idea proiettata nella società per distruggerla, impastarne la polvere, imporle una formula maturata a lungo in uno spirito prigioniero di se stesso, lontano dalla realtà. … L’idealismo, di cui muore l’intelligenza moderna, è senza dubbio il più grande peccato dello spirito”.  [Marcel de Corte]

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di Piero Vassallo

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zzzdcrtLa verità sull’oscura motivazione della guerra implacabile, che è combattuta dai distruttori idealisti contro il reale e contro la metafisica, si legge negli scritti filosofici del professore Herbert Marcuse, noto pederasta tedesco emigrato in California,  il quale, nelle roventi pagine di Eros e civiltà, attribuisce al principio di identità e non contraddizione la causa del Male che egli definisce fascista.

La disgraziata parabola del pensiero che, rifiutando Aristotele, proibisce la visione della realtà, è destinata a scivolare in quel sogno mostruoso – propriamente rivoluzionario – disegnato da Francisco Goya nel 1797, quando infuriava il secolo delle allucinazioni empiamente pie.

Analogo è l’esito desolante della fantasticheria sessantottina, predicata dal teologo neognostico Jacob Taubes e ultimamente interpretata dalla superstizione thanatofila, squillante nei messaggi della banca malthusiana e nei pensieri dell’obitorio radical-chic.

Il filosofo belga Marcel De Corte (1905-1994) geniale interprete dell’aristotelismo cristiano [1], fu protagonista, nei roventi anni Settanta, degli Incontri romani, promossi da Giovanni Volpe, fondatore della fondazione Gioacchino Volpe, e destinati a diventare i laboratori della filosofia politica alternativa al delirio californiano.

Attività ingente quella della Fondazione Gioacchino Volpe, come attestano i dieci volumi degli atti, che furono  purtroppo ignorati e quasi disprezzati dai politicanti in sosta mentale nella confusionaria e inutile area di una destra esangue, consegnata ai filosofemi di Armando Plebe e agli squilli neopagani di Alain De Benoist e dei suo caudatari italiani.

Nel saggio L’intelligenza in pericolo di morte, pubblicato da Volpe e riproposto in questi giorni da Effedieffe, con una eccellente introduzione di don Curzio Nitoglia, De Corte ha dimostrato che “tutte le energie delle civiltà a noi note sotto il nome di civiltà greco-latina e cristiana, sono qualificate dalla sottomissione dell’intelligenza alla realtà e dal rifiuto della soggettività in ogni campo”.

Le passioni infurianti nell’età dell’umanesimo ateo, che De Corte definisce puntualmente narcisista, sono oggi accolte dalla fatuità dei postmoderni, perché hanno origine da una filosofia “che proclama il primato dell’intelligenza sulla realtà“, ovvero perché sono “filosofie della quadratura del cerchio”, atte a soddisfano la cupidigia di pensatori a misura delle bocciofile progressiste.

Di conseguenza la disincantata lettura dei filosofi irrealistici, che hanno prodotto le novità rivoluzionarie annunciate da autorevoli strilloni, svela che “il mondo in cui oggi siamo è un mondo idealista, edificato dagli intellettuali a furia di astrazioni e sovrapposto al mondo dell’esperienza continuamente messo in discussione“.

Al proposito De Corte suggerisce la riduzione della venerata rivoluzione filosofica attuata da Immanuel Kant a tre posizioni fondamentalmente erronee: “l’intelligenza è incapace di cogliere l’intelligibile presente nel sensibile, l’ordine noumenico [nella Critica della ragione pura noumeno è l’essenza delle cose] le sfugge interamente; funzione dell’intelligenza pertanto è organizzare in un tutto coerente la molteplicità delle  sensazioni e delle immagini che le si presentano e, invece di essere fecondata dal mondo reale, sarà lei che feconderà il mondo dei fenomeni e gli conferirà un senso”.

Tracciata una tale pista la folla dei moderni si è lanciata nella folle e sanguinaria corsa indirizzata alla seconda creazione del mondo.

L’evidenza degli errori e degli orrori che hanno avvelenato i secoli dell’estrema modernità obbliga a riflettere sulla strategia che, “sotto la spinta della fede in cerca d’intelligenza, della fides quaerens intellectum” aveva legato la religione cristiana alla filosofia greca e ultimamente suggerisce di esaminare criticamente le bizzarre opinioni dei clerici modernizzanti, disastrosamente attivi nel Concilio  Vaticano II e nelle scolastiche intese ad aggiornare/alterare/banalizzare la fede in Gesù Cristo.

Al proposito il giudizio di De Corte sulla mitologia neomodernista è devastante: “La Chiesa, almeno quella di vertice, monopolizza l’informazione e folleggia nel guazzabuglio dell’aggiornamento, manifestando vergogna, indifferenza o disprezzo per il valore di verità dei concetti intellettuali e delle formule con cui essi li esprimono, rompendo il cordone ombelicale bimillenario che La univa alla filosofia aristotelica del senso comune, è entrata, al di fuori dei veli estremi, nella finzione“.

Di seguito sono posti sotto accusa “al seguito degli innumerevoli prelati solleciti di dare il cambio al comunismo, di cui vacilla la potenza di sovversione, il clero si è gettato e si getta a corpo morto nella deformazione del Vangelo. L’amara formula di Montherlant si verifica nella nostra epoca di aggiornamenti stravagante: Il clero è sempre avido di aderire al potere nella speranza di essere un giorno confuso con esso.

Conseguenza del compromesso cattolico con il mondo moderno è l’associazione del marxismo con il teilhardismo: “esempio perfetto della mistificazione che mistifica nello stesso tempo il mistificatore e le sue vittime. Comunicano all’impostore la incrollabile tranquillità di coscienza sulla superiorità della sua causa e la convinzione inflessibile di dare la libertà alle sue prede nel momento stesso in cui le asservisce“.

I miti della democrazia estrema, infatti, producono la cortina fumogena che maschera “l’ascesa della casta più dispotica che la storia abbia mai conosciuto, casta senza cuore, senza anima, senza vita spirituale, composta da individui dall’intelligenza limitata con la sola dimensione tecnica, schiava di una volontà di potenza smisurata”.

Il testo di De Corte è consigliato ai cattolici che stanno attraversando la vicenda contemporanea sotto l’ombra dello sgomento, perché nelle sue magnifiche pagine si trova il filo di Arianna, che è necessario per uscire dal labirinto nichilista nel quale si aggira, sotto l’applauso scrosciante da una folla ignara, il clero che festeggia la splendida dissoluzione della sua ragion d’essere.

Il grande filosofo belga disegna infatti il percorso che i cattolici devono compiere per ritrovare la loro identità, quella che è  minacciata dall’intransigente vaniloquio di un’autorità abbagliata – flesciata – dalle luci della filosofia deragliante.

Per ritrovare le ragioni della fede occorre che sia prima percorso il cammino della ragione indirizzato ai preambula fidei, cioè la filosofia aristotelico-tomista che è accessibile anche nella versione proposta dai preamboli del catechismo di San Pio X.

Virtù teologale, la fede non può coesistere con il disordine di una mente avvelenata dagli errori della filosofia moderna. La ragione non può raggiungere l’orizzonte cristiano senza il soccorso della grazia. Ma la grazie rifiuta di scendere nella ragione agitata dall’invincibile delirio generato dall’orgoglio.   

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[1]  Al riguardo cfr. il pregevole saggio di Danilo Castellano, L’aristotelismo cristiano di Marcel de Corte, Pucci Cipriani editore, Firenze 1976.

2 commenti su “La fabbrica del delirio. L’immaginario primato del pensiero sull’essere – di Piero Vassallo”

  1. Sintesi mirabile, carissmo Piero, come sempre del resto.
    Nella mia ingoranza, su segnalazuione di Cristina Siccardi ho appena cominciato ad appressarmi a Marcel de Corte, restandone affascinato, o meglio, molto meglio, convinto.
    Vorrei proporre non soltanto di leggere il volume pubblicato dal meritevole e corrgioso editore effedieffe, ma un vero e proprio corso per e-mail sia su questo essenziale pensatore sia sui valorosi combatrtenti per il reale, sopra, dentro, avanti e dietro il qual sta Dio.

    Sì é una proposta tremeraria, ma non é forse vero che la fortuna aiuta gli audaci?

    Un caro saluto e l’augurio più fervido per una Buona e Santa Pasqua di Risurrezione

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