di Rigoletto Corsini
Così per le vacanze di Natale dovrò pagare un conto a mio figlio Corradino. Già come se lui non sgarrasse mai: “Papà – mi dice – hai fallato e adesso devi fare la penitenza…e grossa. Sì, perché dopo ave lodato le colline dell’Appennino e le alture di Rincine boscosa dove grugnisce il cinghiale e abbaiano, nella notte le VOLPI, poco intelligenti e feroci, come tu le hai definite, e dopo aver recitato un peana in onore della cucina del “Colonnello” e dei funghi fritti e trifolati hai voluto dare un tocco di “moralismo” alla tua descrizione e hai pianto sulla bella chiesa romanica ahimè trasformata in un capannone (sono parole tue), dove si reca Alberto, amico di mio figlio (son sempre parole tue), durante l’estate con la parrocchia a dividere i medicinali donati per inviare nelle missioni in terra d’Africa…”
” E cosa ho detto di male da dover fare la penitenza?”
“Guarda – mi risponde furbescamente lo scugnizzo – Alberto è qui presente e può testimoniare che, in effetti, lui si recava, durante l’estate a smistare le medicine da inviare in Africa, ma in una stanza della canonica da don Carlo..e la chiesa, una bella chiesetta romanica è aperta al culto e la domenica vi si celebra ( o almeno vi si celebrava) la Santa Messa… quindi offri la cena per tutti e rimedia al tuo errore…”
“Sì dottore – sigilla Alberto – adesso deve far penitenza e pagare la cena… a tutti e quattro perché ha affermato il falso”
“No, Alberto, a tutti e tre – intervengo – :Corradino, tu ed io…e, credimi, la pago molto volentieri, proprio sotto le feste di Natale, staremo insieme… un’occasione per sentirsi ancor giovane e tornare lì, a Rincine… dove ho ancora in sospeso il contratto per la casa…”
“No, no – ribatte Corradino – ha detto bene Alberto, a tutti e quattro: Alberto, io e altre due… tu scordatelo, papà, perché resti a casa…”
Benedetti figlioli! Tante storie e a me che tocca a passar pure da fesso: altre due, capito i bulletti? Ci vuol pazienza, in fin dei conti anche questa loro confidenza è una prova d’affetto, doppia, in vicinanza delle feste.
…E risento, in queste feste, l’incanto del Natale :eccole… mi sembra di sentirle ancora le ciaramelle, penso alla mia infanzia a Firenze… e poi a Napoli… quando, diciassettenne, andavo ai Quartieri a prendere le statuine del presepe napoletano… oh certo la tradizione del presepe napoletano si perde nei tempi quando i re di Napoli – “pure issi” direbbe Corradino – sentivano l’incanto che fa buoni i cuori nell’approssimarsi del Giorno della nascita del Divin Bambino, allorché, da quella data, si iniziarono a contare gli anni.
Andate alla Reggia di Caserta a vedere quelle statuine finemente vestite allorché, nel 1734, Carlo I, Duca di Parma e Piacenza, divenuto poi Re di Napoli come Carlo VII (nel 1759 Re di Spagna come Carlo III) chiamò alla corte partenopea gli artisti e gli artigiani più famosi perché gli preparassero un bellissimo presepe… e lui stesso con la moglie, la regina Maria Amalia di Sassonia, cucì quei vestiti indossati dai “pastori”…
Un Re bighellone, si direbbe oggi… roba da “Corte Rinascimentale” roba da chiesa “trionfalistica”, da persone “fissate”… che non visitano le “periferie esistenziali”… che non fanno la raccolta differenziata, che non bevono a bocca dalle lattine dove altri han già bevuto, che davano a Cristo quella sacralità che gli è dovuta… e che gli è stata tolta.
Re “Lazzaroni” dicevo, appunto, paternalisti, fuori dal tempo… ma, alla sera, la servitù, insieme a quei re “bighelloni” aveva il cuore pieno di dolcezza e stava, come d’incanto, a vedere quel miracolo: il Re che si fa servo e, umile tra gli umili, veste quei pastori “riccamente” per renderli degni di stare al cospetto del Divin Bambino che nasceva, lui il Re dei Re, in “una grotta al freddo e al gelo”… Ecco l’incanto del Natale che ci fa tornar bambini quando, per la mano della mamma, entravamo nelle cartolerie (le ultime rimaste di fronte ai “grandi magazzini” che hanno cambiato e sconvolto il volto alla nostra società) a comprare la carta velina per fare il cielo, la carta stagnola per ritagliare tante stelle, le pecorine di gesso e del Paraguay, le casette di sughero, il caldarrostaio e la lavandaia… e non vedevamo l ‘ora di arrivare a case per “fare la conta” dei pastori e prepararsi a fare il presepe e nell’attesa della Notte Santa i miei bambini, prima di addormentarsi recitavano:
Vieni, vieni, Gesù bambino,
a riposare il tuo capino
sul guanciale del mio letto:
vieni, vieni, che t’aspetto;
vieni vieni, non tardare
senza te non posso stare!
Mi tornavano alla mente queste cose dell’infanzia l’altro giorno quando mi recavo allo studio, per le visite pomeridiane, in via de’ Tavolini e davanti al Duomo mi sono esercitato in una gimkana fuori programma per scansare i cari “vu cumpra’” che, ora, distendono la loro mercanzia sulla scalinata del Duomo e si arrabbiano quasi se tu, nel passaggio, li sfiori senza volere… più avanti, nei pressi della nostra Misericordia, i venditori Nigeriani di orologi e patacche varie ti assalgono e le cinesine con le corna di cervo illuminate su pannolenci rosso ti seguono, a passo a passo, per venderti, per pochi euro, il cappello rosso di Babbo Natale con le lucine che si accendono e si spengono, fino a piazza della Repubblica dove i venditori cingalesi e indiani di aeroplanini e dischi volanti gettono in aria, abili frombolieri, i loro missili che ricadono, poi, a tutta velocità sulla testa delle persone… intanto l’orchestrina tzigana, con gli amplificatori, ti spacca i timpani e, in lontananza, sempre con l’amplificatore, rispondono i tromboni e le chitarre scordate di tre figuri che intonano, steccando, in questa rigida e nebbiosa giornata invernale, “O Sole mio!” a tre passi dalla tribù di Toro Seduto che, in calzamaglia, ha improvvisato una danza tribale… incanto del Santo Natale!
Sulla porta di Orsammichele le zingarelle che ormai mi conoscono e mi guardano in cagnesco “segnano il territorio” e, allargando le gambe dai loro sottanoni, defecano e orinano in terra in questa nostra città trasformata in “vespasiano esistenziale” in cerca di illusorie “tenerezze” che non siano autoreferenziali per non cadere nel pelagianesimo.
Stasera, vigilia dell’Immacolata, andrò a casa più presto perché cenerò con mio figlio Manfredi e mia nuora Elsa, Corradino e la fedele Olga, che sente il tempo ed è claudicante per i dolori: ci faranno allegra cornice i sorrisi sdentati delle mie due nipotine Maria Rosaria e Maria Assunta. Già da oggi il clima era gioioso, Corradino ha dato una notizia sensazionale:
Padre Serafino Lanzetta F. I. (Francescani dell’Immacolata da non confondersi con i francescani iscariotiti) oggi verrà premiato a Firenze, in Palazzo Vecchio (Salone dei Cinquecento) per la sua difesa della Tradizione cattolica nella Chiesa e per la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale. Padre Serafino M. Lanzetta (1977) è un teologo autore di alcune importanti opere, ultima: “Iuxta Modum: il Vaticano II riletto alla luce della Tradizione della Chiesa” (Cantagalli)… è (era) Docente di teologia dogmatica presso l’Istituto Teologico dell’Immacolata Mediatrice (Cassino), è (era) parroco della chiesa fiorentina di Ognissanti in Firenze e dal 2006 dirige (dirigeva) la rivista teologica “Fides Catholica”. Ha pubblicato diversi scritti di ricerca in ambito mariologico tra cui la sua tesi di dottorato sul Sacerdozio della Vergine Maria (Roma 2006), e in altri ambiti di dogmatica. Scrive (scriveva) per importanti giornali , tra cui “L’Osservatore Romano”, ha conseguito la abilitazione alla libera docenza, con una tesi sull’ermeneutica del Concilio Vaticano II, presso la Facoltà teologica di Lugano…ora è esiliato in mezzo alle montagne austriache in uno sperduto villaggio e, sollevato dall’insegnamento e da ogni altro incarico, risiede appunto “in una piacevole località sciistica dove si tengono anche importanti gare sportive internazionali” (come ebbe a scrivere p. Rosario Bruto Bommarco dei frati iscariotiti, detto anche p. Dicette e Facette e, ribattezzato a Firenze come “La Ciana”)…
Ma bando alle chiacchiere. Ripeto oggi si respirava già aria di festa. Questo sacerdote tribolato e maltrattato da un pugno di confratelli venduti a Giuda che ritorna nella “sua” Firenze, sia pur in silenzio, dimessamente (come nel suo stile) per ricevere non certo da dei preti ma da dei laici un premio per la sua opera in difesa della Tradizione della Chiesa e della vita… in una città così scettica e grigia che sembra non voler sottolineare nulla…in una città che sorride ironicamente di fronte a qualsiasi cosa…Già, ricordate l’alluvione del 1964? La città praticamente sparita…sott’acqua. E dopo alcuni giorni la gente, senza pensare agli altri, a rimestare il fango da mane a sera, a portar via secchi di fango come quell’artigiano che, un secchio dopo l’altro, aveva tolto i metri di liquame che seppellivano la sua bottega e al passar di un curioso che con sussiego gli disse: “Coraggio, coraggio, tanto Dio ci aiuta…” quello, di rimando, rispose, mischiando disinvoltamente il sacro al profano: “E se non ci aiuta si farà un altro viaggio…” e continuò imperterrito a riempire e a svuotare secchi.
Ecco questa Firenze amorfa si è mossa di fronte a questa infamia del voler chiudere quest’Ordine, ahimè l’unico fiorente, non solo in Italia…l’unico con tante vocazioni (qui nella nostra Firenze nel seminario dove prima del Concilio, come ricordava il caro Card. Bartolucci , di venerata memoria, c’erano centinaia di seminaristi, ora c’è un solo – dicasi UNO – seminarista!), per darlo in mano, levandolo a Maria Immacolata, a un gruppetto di frati rivoluzionari che nei loro siti (www.mediatrice.net) inneggiano al governo massonico-mondialista e ai tagliagole islamici con un linguaggio scurrile, arrogante, violento, in cui sparisce ogni afflato o carità cristiana e perfino umana
Il Premio di Firenze al p. Lanzetta è stato dunque qualcosa che ha scosso le coscienze e, del resto, circa trecento fiorentini, per amore della Chiesa, senza arroganza, con umiltà avevano firmato una lettera di solidarietà al padre Serafino Lanzetta, che era stata poi inviata alla Congregazione dei Religiosi, allo stesso Commissario del Soviet p. Fiorenzo Volpe e p.c. al vecchio Segretario del papa, ora Prefetto della Casa pontificia. Sapete qual è stata la risposta del Commissario sovietico : una lettera arrogante che taccia i firmatari di “sedevacantisti” (gente cioè che non riconoscerebbe il papa o “vescovo di Roma” che dir si voglia)…per cui la lettera viene inviata al Cardinal Betori (un personaggio non fiorentino ma che, per senso dell’umorismo non è secondo a nessuno) invitandolo a prendere “provvedimenti canonici” (leggi scomunica) contro i poveri firmatari. E mentre Elsa legge, la sera, a tavola, la lettera, Corradino non si tiene e PRRRRRRRRRPPPPPPPRRRRRRRRRRRRRR esplode, senza pudore e rispetto, nel pernacchio napoletano e mi lascia come di marmo…perché io non ho mai permesso queste sceneggiate e, soprattutto, queste confidenze…il mio sguardo deve essere severo assai e, per un po’ regna un silenzio imbarazzante.
Non dico niente ma colpisco il ragazzo con una frase quasi sibilata: “Corradino avresti fatto lo stesso in presenza della mamma?”.
Lui arrossisce e a me dispiace di aver toccato quel tasto, mentre gli occhi del ragazzo si inumidiscono: stasera è la vigilia dell’Immacolata, della nostra Mamma celeste, e non voglio sciupar questa festa in famiglia…come se nulla fosse continuo a parlare e mi faccio raccontare da Elsa tutti i particolari ma, ahimè, ecco che si ripete il caso quando mia nuora legge la conclusione: Manfredi, sornione, solitamente silente, esclama divertito: “Non c’è che dire: questo Volpe è un vaso di logica…”
“Vaso da notte” contrattacca villanamente Elsa e Corradino, come morso dalla tarantola, a sentir la sua amata cognata parlar così : “chino (pieno) di…” ” pieno di pregiudizi”, taglio corto io e invito Olga a servire il ciambellone e a stappare il Vin Santo che mi ha portato il mese scorso il Viviani, rassegnandomi ormai a queste manifestazioni di intolleranza popolaresca e volgarotta che mai avrei sognato potesse allignare in questa casa…dove, per molto meno, papà avrebbe imposto il coprifuoco per mesi!
Ma che vogliono fare, mi domando, questi frati traditori e rispondo con i versi di un Samizdat del 1981 del caro Mons. Giuseppe Vignini:
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Chi non ricorda ancor del Sessantotto
la studentesca storica contesa?
E la sollevazion dell’Isolotto
con il progetto di cambiar la Chiesa?
Ci fu soltanto la contestazione
ma non c’è stata la rivoluzione.
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E la contestazione fu globale
Riguardo alla cultura e alla scienza
al costume, alla fede, alla morale
con la malaugurata conseguenza
di una general degradazione
e non s’è fatta la rivoluzione
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Con foga s’è voluto dare il via
alla totale libertà del sesso
al lenocinio, alla pornografia:
in questo campo già tutto è permesso.
Ha trionfato, sì, la corruzione
ma non è questa la rivoluzione.
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S’è ottenuto il divorzio e poi l’aborto
si è scompaginata la famiglia
istituto borghese; ognun s’è accorto
non senza una tal quale meraviglia
ed anzi, con sua grande delusione
che codesta non è rivoluzione.
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Ci siamo esercitati nello ioga
energetico giunto dall’Oriente
di dove s’è importato anche la droga
stimolante e ancor più stupefacente
che giova solo alla speculazione
ma non per fare la rivoluzione.
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S’è impuntato il partito radicale
coi referendum combinati a picce
contro il sistema costituzionale
da far saltar con altrettante micce,
ma questa è velenosa corrosione
mai potrà dirsi una rivoluzione…
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Intanto è sorto chi il momento spia
per far l’alternativa socialista.
quando il Granduca fu cacciato via
promise: Arrivederci alla rivista!
Non fu più visto. E la rivoluzione
si concludeva andando a colazione.
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Lamentazioni. Fantasia di una notte di fine autunno. Padre Rosario Bruto Belmarco apprende del riconoscimento ricevuto dal p. Serafino Lanzetta in Palazzo Vecchio.
Non voglio parlare più tanto lungamente assaie ma songo veramende incabonido ad andare avandi in quesda disgraziada Firenze che già m’ha scassato o’… anzi a’ testa propriamente a me che in quesda fogna mi chiamattero fin dal mio endrare in quesdo convendo andichissimo di segoli e buio e pieno di graffidi nel chiosdro ch’aggio a leva’, raschiando nu pogo, e brobriamende imbianngando …accusì facessi a bello chiostro biango e povero e no na corte rinasgimendala che non mi piacesse proprioamente, perchè io vorrebbe na’ ghiesa povera e momendaneamende aperda allu mondo e che tenerezza facesse, alla faccia zozza di tutte chille che me mettettero nome padre Bruto Facette e Dicette e La Ciana come se femmena fetosa foss’io…glielo facesse vedere io a sorate loro…E scrivessi pure allo padre Giuda Bruno nostro: patrino a me mi scomunicasse tutte a coloro che firmattero pe’ amicizia allu badre Serafino fratemo..che le venisse n’atro accidente che chillo primo andette a voto sì propriamente a lui che bene come a isso nissuno sta..che le prendesse le febbre colleriche e le varicelle..padrino a me dicessi allu badre Giuda Bruno: che non venisse più lo patre Serafino a scassare a’ …testa…a sciupare o nido che aggiu fatto nello convendo perché la volta prossima l’avessi a caccia’ malamente, padrino a me Iscariotta fratemo, in quando con la vosdra possenza (la corda e lu sapone lo comprassero pe issi stessi e no pe vuie padrino che io, picciotto, vi bacio e’ mane e vi baciassi pure o’ cordone); mandate dunque le bolle di escummonicazione vuie che siete furbo comme a’ VOLPE che nun se fa inguacchiaà… poi io appicciassi li roghi pe’ li tradizionaliste fetosi…stop… songo già stufo e la prossima volta che mi chiamerebbero Ciana li facessi davvero vedere a sorate loro si davvero femmena fussi …e m’avesso rotto a’ …testa, pure quell’avvucato Ruschie che manda pure e’ circuare infurmative sulli tradizionalista..ch’avesse a impazza’ pure a isso e a soreta……Aggio finito e iatavenne o’ cesso a tutte quante che in pace io volesse vivere…e li si pigliasse n’accidende furminante istantaneamente a chi propriamente la medaglia dette nellu Palazzo Vecchio e fetoso a’ fratemo Serafino..!
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Parla Elsa.
Vede, papà caro, in tutta questa vicenda io penso che avesse davvero ragione il caro Mons. Giuseppe Vignini quando, appunto, in quei versi che testè lei ci ha ricordato, coniugava la “rivoluzione” con la “colazione” anzi, direi di più, in questo caso ho l’impressione che non si mirasse tanto alla Messa antica (anche se espressioni come “reazionari” “criptolefebvristi” “pelagiani” e addirittura tradizionalisti fanno assai impressione tra la gente che non conosce le cose) o della povertà… o meglio che anche queste cose avessero una loro importanza, ma soprattutto si trattasse di Mammona, sì, caro papà…e se vuoi te lo canto anche in versi:
“Ormai lo sanno tutti\ lo sa anche un bambino\ che il Geova dell’Alfonso (Giuda) è il dio quattrino\.”Papà, vede, noi donne siamo un po’più pratiche, siamo più realiste del sesso maschile che vede complotti dove non ci sono: le cose sembrano così chiare: un Ordine come quello dei francescani dell’Immacolata povero, con preti che credono davvero, un ordine che ha vocazioni, che ha i sui seminari…e poi la devozione alla S. Vergine, il culto per i Santi, la stupenda liturgia…la confessione prima della Comunione…Ecco la gente seguiva questo “carisma” e con quei frati, poveri come San Francesco e, come il Santo poverello, zelanti e devoti, era assai generosa e così dava, lasciava in eredità…la carità si fa volentieri quando se ne vedono i frutti… e qualcuno su questi beni aveva messo gli occhi (guardate i Giuda in faccia…gli occhi sono lo specchio dell’anima!) e da qui…il giacobinismo che è padre del Comunismo e del Nazismo, le persecuzioni, l’Ordine trasformato in un deserto e mentre si parla ipocritamente di “misericordia”, di “tenerezza” di curare i feriti in “un ospedale da campo dopo la battaglia” per cui si vede con chiarezza “che la cosa di cui la chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite”, si è iniziata una persecuzione, oltre che crudele, stupidamente feroce, che ha i suoi prodromi nelle “purghe staliniane” e nel Nazismo, ma soprattutto nella repressione del primo genocidio della storia, la Vandea…e anche i vandeani sterminati avevano la colpa di essere “tradizionalisti”, fedeli alla Chiesa di sempre e al loro Re… sì, il giacobinismo è quello che c’è dietro questa persecuzione… e, ieri come allora, i “giacobini” sono per mettere in comune le ricchezze: quelle altrui!
“chi tiene pane e vino a da esse’ giacubbino” cantavano i “lazzari” meridionali, anche loro “tradizionalisti” mentre cadevano sotto il piombo dei fucili dell’esercito giacobino di Napoleone… ieri come oggi… mettere le mani sui beni, sulle ricchezze altrui, sui beni della Chiesa, sui beni di San Francesco… guardateli bene in faccia mentre questi quattro Giuda vigliacchi… questi esseri che parlano con le falsità e le calunnie.
E, improvvisamente, Corradino: “Ma questa volta hanno fatto…” “Fiasco” – taglio corto io – per evitare sguaiataggini linguistiche.
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Spigolature:
“Alla GESTAPO Goebbels ordina di trovare comunque testimoni che accusino un certo numero di sacerdoti…La perfidia della campagna di Goebbels susciterà …indignazione” (Massimo Introvigne in “Preti pedofili”, ed. San Paolo, 2010)
“dopo aver deposto dagli incarichi, trasferito e allontanato, in fretta e furia, i frati fedeli al carisma dei Padri Fondatori e dopo aver promosso tutti quei frati che appoggiano la ‘nuova linea’ (la persecuzione giacobina anticattolica n.r.c) nei vari conventi dei F.I. sparsi per il mondo; dopo aver senza motivo chiaro, allontanato dall’insegnamento Padre Apollonio, Procuratore Generale, Preside del Seminario Teologico e Guardiano del convento di Roma-Boccea e dopo averlo trasferito in Portogallo; dopo aver allontanato dall’insegnamento p. Lanzetta, già vice delegato F.I. per l’Italia, Superiore a Firenze e Docente del Seminario e dopo averlo trasferito in Austria; dopo aver trasferito p. Settimio Manelli e padre Siano, rispettivamente Rettore e vice Rettore del Seminario, deposti dall’incarico di insegnamento e sostituiti da due frati della “nuova linea” , uno dei quali non ha nemmeno il baccellierato in teologia; dopo aver spedito in Africa, dall’oggi al domani, padre Budani, licenziando in diritto canonico ed impedito di proseguire gli studi; dopo aver esiliato padre Stefano , sempre obbediente, (era agli “arresti domiciliari” presso Cassino) e averlo privato della possibilità di ricever visite finanche dagli stessi parenti di sangue, sotto pena di peccato grave, e dopo avergli impedito di ricevere telefonate ed impedito ogni contatto diretto con il mondo… dopo tutto questo, con una lettera del 27 novembre, padre Fidenzio Volpi, con l’appoggio di p. Alfonso Bruno, ha ritenuto dirigere la sua guerra senza limiti anche contro i laici. Ha infatti sospeso tutte le attività dei laici appartenenti al MIM (Missione Immacolata Mediatrice) e al TOF (Terz’Ordine Francescano dell’Immacolata) e ha proibito ai terziari di vestire l’abito. E’ così con questa inaudita durezza e con queste purghe staliniane, che si sistemano eventuali difficoltà …?” (Marco Tosatti – fonte “La Stampa” – “Lettera di un laico vicino ai francescani dell’Immacolata”)
“Chi poteva sapere se gli interrogatori non avrebbero rivelato le conversazioni che erano state scambiate nelle baracche con i ribelli…” (Testimonianza di Wladimir Bukovski in Anna Applebaum : Gulag” – Mondadori, 2003)
“Se i briganti della Vandea, come ci piace affermare, non esistessero più, voterei per gli articoli presentati da Merlin. Ma non dobbiamo nascondercelo, i briganti esistono ancora (…) nella Vandea non si è assolutamente incendiato abbastanza (…) bisogna che, per un anno, nessun uomo, nessun animale trovi di che vivere su tale suolo…” (Discorso del Deputato giacobino Fayau al Comitato di Salute Pubblica in Gracchus Babeuf : “La Guerra della Vandea e il Sistema di spopolamento”, ed. Effediefe, 1989)
E il figlio del Diavolo, il Generale Turreau, esegue gli ordini e relaziona che abbiamo già “compiuto meraviglie : “non un solo ribelle è sfuggito alle…ricerche. Se le mie intenzioni sono adeguatamente assecondate , in meno di quindici giorni non esiteranno più nella Vandea , né case, né alimenti, né abitanti, né armi,” ovunque si “passa al filo di baionetta” , ovunque “si fa ballare la Carmagnola” (espressione figurata per indicare che si stupra, si uccide, si tortura n.r,c.) “uccidete i briganti prima di bruciare le fattorie , usate i mezzi più efficaci per sterminare questa razza di briganti” Ad Amey, Turrreau fa accendere forni , vi getta le donne e i bambini, alle nostre rimostranze ci ha risposto che così la Repubblica voleva far cuocere il suo pane”. (Dichiarazioni di Turreau e testimonianza dell’ufficiale di polizia Gannet in Reynad Secher, introduzione, “La Guerra della Vandea” – Effedieffe 1987- )
Giacobinismo 2013
Lettera di p. Fidenzio Volpi a Marco Tosatti (clicca qui)
Due articoli molto interessanti: di Francesco Agnoli (clicca qui) e di Claudio Circelli (clicca qui)
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Manfredi ed Elsa con le due bambine se ne sono andati a casa loro. Sono le 23,30 e suona il campanello: è Alberto che sale in casa a “prendere” Corradino che reclama da me i soldi della penitenza ed esige la “cena” per quattro persone. E alla mia domanda, mentre porgo l’argent, a che ora cominciasse la cena, visto che mancava poco a mezzanotte Corradino, da guappo, risponde: “Lascia fare, papà..nun è cosa…”
E tutti e due mi salutano poi, Corradino, si volta e mi guarda: “papà, non fare le ore piccole…riposati un po’ e ricordati che mi puoi chiamare quando vuoi… e mi si avvicina e, per la prima volta, mi sfiora, con un bacio, la fronte.
Resto solo, commosso e ripieno di dolcezza, con i miei pensieri e le fantasime… quanti ricordi folleggiano dei tempi belli con mia moglie, i ragazzi ancora piccoli… e la mamma… sì, alla vigilia della festa dell’Immacolata…sulla poltrona ritrovo i miei sogni di un tempo e mi perdo in queste nuvole soffici di intensi ricordi…e mi rivolgo alla Madonna, solo soletto, con la preghiera:
Vergine Santa che il tuo Figlio in croce
hai veduto morir con tanto strazio
e a lui unita in tal supplizio atroce
fosti per mia salvezza, io ti ringrazio.
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Udisti infatti allor dalla sua voce
che Madre nostra sei; così lo spazio
apri nel cuore tuo franto quel noce
tanto che d’amar noi non sia mai sazio.
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Maria, mi partoristi nel dolore
ancor più che la madre mia terrena,
per quella vita che giammai non muore.
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E come quando nacqui a questa pena
qui due braccia mi accolser con amore,
di là m’accogli tu, di grazia piena.
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E mi addormento, sulla poltrona, abbandonato nella braccia della Mamma nostra celeste.
4 commenti su “La chiacchierata domenicale – 3 – di Rigoletto Corsini”
oggi la santa chiesa è crocifissa dai preti della risma del Volpi – Grazie Rigoletto, grazie di tener alta la bandiera della fede di sempre!
Al di là della tristissima vicenda degli eroici FFI quanto è bella la conclusione: affidiamoci più di prima alla Madonna e lasciamoci cullare nelle sue braccia materne e gustando già l’eternità! Auguri a tutti voi nel nome santissimo di Maria!
sono commosso per la lirica finale e nauseato per la risposta di P.Volpi ( nomen atque omen!) a Marco Tosatti. Non sembra un prete ma un burocrate grigio degno di Equitalia.
Il p. Volpi più che un burocrate di equitalia (anche se di quei bei tomi sembra avere l’arroganza e la sicumera) sembra un anziano frustrato che giacobinamente colpisce chi gli ricorda il suo fallimento: e’ stato il Volpi nel’Ordine dei cappuccini (ormai i via d’estinzione) una vera frana che ha provocato disastri..senza volere, probabilmente. Dico la verità a me non fa neanche rabbia, anzi, ho per lui la stessa “pietas” che si dovrebbe avere per quegli anziani che hanno bisogno di aiuto e di incoraggiamento, di comprensione: stasera, festa dell’Immacolata, pregherò per lui che, penso, di preghiere ne abbia bisogno più dei poveri frati tribolati di p. Manelli che stanno sotto la protezione del manto della Santa Vergine.