Di Patrizia Stella
Sembra che abbia avuto risonanza quell’iniziativa del Card. Martini quand’era Arcivescovo di Milano, di proporre in diocesi una “cattedra” per i non credenti, dalla quale potevano esprimere il loro pensiero, non solo pubblicamente, perché questo lo stavano già facendo da tutte le cattedre del mondo, in particolare dai vari Parlamenti europei, ma da una cattedra particolare che era sempre stata riservata a teologi, biblisti o comunque, a maestri e pastori della fede cattolica. Cattedra ecclesiastica che in questi ultimi decenni ha visto insediati non solo atei, ma anche protestanti, ortodossi, musulmani, buddisti, induisti, ecc., insomma tutto un variegato mondo di esponenti delle varie religioni chiamati dalle autorità ecclesiastiche cattoliche ad esprimere il loro pensiero, il più delle volte offerto, purtroppo, non come dialogo costruttivo per rinsaldare la comunione, ma come sfida, o provocazione, se non addirittura accusa nei confronti della Chiesa cattolica e del Papa.
Sulla linea del Card. Martini si sta muovendo il biblista Mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, il quale in un’intervista ad “Avvenire” ha annunciato di voler dare inizio a una fondazione aperta soprattutto agli atei, chiamata “Il Cortile dei Gentili” (era il cortile più esterno del Tempio di Gerusalemme accessibile anche ai pagani) allo scopo di “creare una rete di persone agnostiche o atee che accettino il dialogo ed entrino come membri nella fondazione, sviluppando i temi del rapporto tra religione, società, pace e natura. (…) Obiettivo primario è quello di aiutare tutti ad uscire da una concezione povera del credere e far capire che la teologia ha dignità scientifica e statuto epistemologico”.
Che tale argomento sia molto vivo in questi ultimi anni lo attestano anche i Vescovi i quali hanno divulgato un sussidio come Conferenza Episcopale Italiana per i non credenti dal titolo “Lettera ai cercatori di Dio” con la seguente premessa: “Come credenti in Gesù Cristo, animati dal desiderio di far conoscere colui che ha dato senso e speranza alla nostra vita, ci rivolgiamo con rispetto a tutti i cercatori di Dio. Li riconosciamo in tanti uomini e donne del nostro tempo, guardando alla situazione di inquietudine diffusa, che non ci sembra possibile ignorare (…) e che si esprime nella domanda presente nel cuore di molti: Dio, chi sei per me?E io chi sono per te?”.
Con queste premesse, sembra scontato che tutti coloro che si professano atei siano veramente alla ricerca di Dio, ansiosi che qualcuno porga loro una mano per avviarli alla conoscenza della Verità. Purtroppo nella maggioranza dei casi non è così, e allora prima di esternare tanto ottimismo col rischio di rendere inefficaci, se non addirittura controproducenti queste audaci iniziative, forse converrebbe conoscere un po’ meglio questi nostri ipotetici interlocutori, premettendo qualche doverosa domanda sull’uomo e sul suo rapporto con Dio. E chi meglio di Dio stesso nella Rivelazione divina può farci conoscere la natura dell’uomo e il senso del vivere su questa terra?
L’uomo non può vivere senza amore
Partendo infatti dalla Rivelazione biblica come presupposto secondo cui “Dio è Amore” e “L’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio”, Ugo Borghello spiega l’intima relazione che intercorre tra la creatura e il Creatore fondata essenzialmente su un rapporto d’amore e consolidata da un innato desiderio di felicità. “Questo desiderio è di origine divina”, sostiene l’autore, “Dio l’ha messo nel cuore di ogni uomo per attirarlo a sé, perché Egli solo lo può colmare”, a tal punto da poter affermare che non solo Dio è Amore ma “anche l’uomo, in quanto immagine di Dio, è amore. E se non è amore, non è uomo, è uomo frustrato (…) L’essere amati e anche l’amare, sotto le forme più evidenti o più paradossali, è un’esigenza assoluta”. L’amore è parte intrinseca della natura umana, talmente connaturale all’uomo che, sebbene egli abbia voltato le spalle a Dio, fonte dell’Amore, e si professi orgogliosamente ateo, in realtà conserva sempre dentro di sé questa inquieta nostalgia, questo recondito anelito, questa specie di “anima religiosa”, che si esprime nei modi più diversi. Anche gli atei, infatti, credono in qualcosa, in qualcuno, tant’è vero che anch’essi hanno i loro raduni, i loro riti, i loro libri sacri, i loro piccoli o grandi “dei o idoli” per i quali vivono, si sacrificano e combattono: “L’uomo che ha smarrito la sua immagine divina, finisce per caricare di assoluto un legame significativo terreno, in questo consiste l’idolatria (…) L’importante è capire che dietro ogni nostra scelta, dietro ogni nostra razionalizzazione, c’è sempre un problema assoluto di amore, con legami fortissimi dei quali non siamo pienamente consapevoli. Qui risiede il dramma dell’idolatria e la sua potenza a tal punto da poter affermare che il contrario della fede in Dio non è l’ateismo, bensì l’idolatria”.
Come fra i cristiani ci sono modi e atteggiamenti assai diversi di vivere la stessa fede religiosa – proprio in forza del prevalere dell’amore o di altre intenzioni meno nobili che albergano nel cuore dell’uomo – così pure fra gli atei ci sono modi del tutto diversi di professare lo stesso ateismo che solo apparentemente li accomuna, a tal punto che si potrebbero distinguere in tre categorie:
atei devoti, atei agnostici e atei dogmatici.
Atei devoti: sono quelle persone che, pur ammettendo di non avere la fede in nessun Dio, tuttavia si riconoscono in molti princìpi della Chiesa cattolica, ad esempio nei valori non negoziabili, nel dialogo tra scienza e fede, a tal punto da definirsi “atei devoti”. Sono atei che hanno saputo mantenere un’intelligenza sana e una coscienza retta, libera da pregiudizi e condizionamenti sociali, o politici, o di parte, disposti anche all’impopolarità, aperti a un dialogo sincero con l’interlocutore cristiano, anche con l’autorità al giorno d’oggi più amata e contestata, il Papa, per il quale manifestano rispetto e considerazione. In realtà costoro, pur non avendo la fede, sono però sinceramente aperti alla ricerca di Dio e sono i compagni di viaggio di molti cattolici nel loro cammino verso la conoscenza della Verità, della Morale, della Giustizia e della Bellezza. Sarebbero ben felici, suppongo, di essere accolti da Mons. Ravasi nel “Cortile dei Gentili” perché potrebbero continuare a dare il loro prezioso contributo se aiutati nella ricerca di sempre nuovi orizzonti, orizzonti che comunque, essi continuerebbero a cercare anche senza questo invito.
Atei agnostici: ben diversa dagli atei devoti è la seconda categoria che chiamiamo degli “atei agnostici” i quali si distinguono perché sono chiusi al dialogo con l’interlocutore cristiano, avendo già nel loro cuore una specie di “fede religiosa-laica” fondata sul relativismo e soggettivismo che si contrappone a quella cattolica, soprattutto quando questa parla di “valori non negoziabili”. Ma non si accorgono che essi sono i primi a credere ciecamente e a inginocchiarsi davanti agli idoli incontestabili creati dalla Ragione: Scienza, Progresso, Fratellanza universale, Pace ecc. Sono quegli atei agnostici che mentre negano l’esistenza di Dio e dell’aldilà, credono nella “religione civile” cioè nell’impegno per raggiungere sulla terra una società perfetta, la “città dell’uomo”, prima e ultima meta di ogni loro fatica. Di questo ateismo vissuto come fede nella “religione civile”, ha scritto Francesco Agnoli: “Quelle religioni che identificano i confini di una fede con quelli di uno Stato, confondendo potere religioso con potere temporale, e permettendo che ogni fedele, tramite il libero esame, abbia un’immagine soggettiva e totalmente personale, cioè arbitraria e manipolabile, di Dio stesso. Non per nulla i protestanti tedeschi furono per molto tempo piuttosto inclini, in buona parte, a dare credito a Hitler”.
Ci vuole molta prudenza prima di aprire scriteriatamente le porte del “Cortile dei Gentili” a costoro senza aver prima vagliato caso per caso, per sondare la loro disponibilità al dialogo sincero e leale, perché, al di là della difficoltà di far alzare a costoro lo sguardo verso la città di Dio, si rischia di trovarsi in disaccordo anche sul modo di costruire la città terrena perché un cristiano non potrà mai collaborare con chi propone i “valori della morale laica” favorevole all’aborto, al matrimonio omosessuale, all’eutanasia, al libertinaggio sessuale, alle droghe libere ecc. Non bisogna chiudere gli occhi sulla deriva dei vincoli familiari, che causa sofferenze superiori a quelle delle due grandi guerre. Se non ci si può fidare dei propri familiari, barcolla tutto il senso della vita.
Atei dogmatici: le porte del Cortile dei Gentili andrebbero invece drasticamente sbarrate per tutti quegli atei che potremmo definire “dogmatici” perché, oltre ad avere in comune con gli atei agnostici la stessa ideologia, vale a dire una “religione civile” che crede nella scienza, nei diritti umani universali, ecc. fanno dell’ateismo un “dogma” cioè una verità assoluta per la quale si sentono in dovere di combattere nell’unico scopo di annientare “il nemico”. E per costoro il nemico da abbattere non è rappresentato da qualunque religione (non combattono ad esempio i protestanti, o i buddisti, o gli induisti e ancor meno i musulmani), ma è rappresentato esclusivamente dalla Chiesa Cattolica, dal Papa e dallo stesso Gesù Cristo, perché sono pienamente consapevoli, dietro suggerimento del principe delle tenebre che alberga nel loro cuore, che la vera, unica e sacra Rivelazione è solo quella cattolica che va combattuta non solo perché rappresenta un ostacolo alle loro pretese di autonomia morale intellettuale, ma anche perché dà molto fastidio al diavolo. E’ il vero ateismo “dogmatico-ideologico-militante”. Abbiamo assistito in passato alle stragi (milioni di vittime) compiute in tutto il mondo dall’ateismo comunista militante. Ora invece, l’ateismo “dogmatico-ideologico” si è organizzato in lobby potenti che, attraverso leggi e trattati internazionali impregnati di secolarismo, tendono ad annullare ogni valore cristiano e la presenza della Chiesa nel mondo per instaurare il nuovo “Ordine mondiale” con al centro l’uomo, arbitro assoluto del bene e del male, telecomandato dal principe delle tenebre. E’ assai pericoloso dialogare con costoro! Meglio stare prudentemente alla larga protetti dall’aiuto sempre valido della preghiera che sa muovere anche i cuori più induriti.
La responsabilità dei credenti
L’approccio con l’ateo se compiuto solo con l’intento di fare amicizia con chi la pensa diversamente, non ha bisogno di particolari strutture, né di cortili, e ancor meno di cattedre. Se invece lo si vuole realizzare soprattutto allo scopo, come evidenziato all’inizio, di parlare insieme di ciò che accomuna l’uomo e il suo destino eterno, cioè di Dio, di ciò che sa
rà dopo la morte e della necessità di vivere bene quaggiù per poter poi vivere meglio lassù, allora si può ragionare partendo proprio da questi presupposti, purchè sia chiara e sincera l’intenzione della controparte. Infatti non basta pensare alla costruzione della città terrena senza sapere chi è colui che la costruisce.
“Non è concepibile parlare dell’uomo, della sua grandezza e dignità senza tenere conto del suo “destino di eternità” del suo “fine ultimo”. Perciò la risposta alla domanda “chi è l’uomo?” deve necessariamente includere il fine al quale l’uomo è chiamato. Senza questo riferimento, qualsiasi definizione dell’uomo sarebbe incompleta o insufficiente, e l’uomo resterebbe incomprensibile. (…) In altre parole, l’uomo non è definibile e nemmeno intelligibile se non si tiene conto del fine al quale è stato chiamato: la visione di Dio e l’intima comunione con lui”.
A tale proposito, il Centro statistiche di Torino ha sottoposto a migliaia di giovani un questionario sulla figura di Gesù e su cosa vorrebbero chiederGli. Le domande che i giovani avrebbero posto a Gesù sono state le seguenti: Perché sono al mondo e che senso ha la mia vita? Perché si deve morire? Perché esiste il male e la sofferenza? Perché muoiono tanti giovani? Cosa mi aspetta dopo la morte?
Se vari pastori non parlano più di questi argomenti per ingerirsi solo di questioni sociali e umanitarie, in omaggio a una visione ecumenica distorta, va da sé che la gente cerca queste risposte altrove: conoscenze esoteriche, leggi del Karma e della reincarnazione, chiesa del Scientology che definisce l’essere umano quale “creatore delle cose”, maghi ben pagati solo perché prevedano un futuro tranquillo, lo stesso Corano parla di paradiso e di premio per gli eletti ecc. insomma se queste risposte la Chiesa cattolica non le offre più come Verità di fede certa e sicura perché provenienti dalla Parola di Cristo, la gente va a cercarsele altrove.
Il guaio è che, purtroppo, molti cristiani vanno a cercare queste risposte non nel Magistero perenne della Chiesa offerto attraverso il Catechismo della Chiesa Cattolica, ma da quei sedicenti scrittori o teologi cattolici che propongono falsità storiche ed esegetiche come se fossero verità assolute. Tra questi ultimi emerge la figura del “teologo” Vito Mancuso che, dopo aver ridotto la Genesi a puro mito, nel suo libro “L’anima e il suo destino”, e aver considerato il mondo come frutto di cieca evoluzione, uomo compreso, si vede “costretto” a negare l’esistenza del peccato originale, senza il quale non ha senso neppure la “Redenzione” operata da Cristo, e di conseguenza nemmeno si può parlare di Risurrezione. Se si pensa che questo libro è stato presentato dal Card. Martini, si può avere l’idea di quanto grande sia il danno che ha causato.
Infatti da vari sondaggi compiuti è emerso che la stragrande maggioranza dei cattolici hanno letto più volte Dan Brown e Vito Mancuso mentre ignorano libri e discorsi di Benedetto XVI che si potrebbe definire “il Papa della Speranza” per la sua dottrina impregnata di serenità, di visione ottimistica della vita, di invito alla gioia:“E’ pur vero che chi non conosce Dio, pur potendo avere molteplici speranze, in fondo è senza speranza, senza la grande speranza che sorregge tutta la vita. La vera grande speranza dell’uomo che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio”.
La chiesa di gesù cristo: una meraviglia
Abbiamo bisogno di vedere nella Chiesa, anzi negli uomini di Chiesa, dei veri testimoni della Verità di Dio incarnata nella figura di Gesù Cristo, testimoni gioiosi e appassionati della bellezza della fede cattolica che riempie il cuore di gioia e di speranza, getta luce nell’anima che squarcia le tenebre e fa vedere il significato meraviglioso della nostra vita anche su questa terra dove possiamo godere di tutte le meraviglie che Dio ci ha messo a disposizione nell’attesa della Vita Eterna. Senza Dio, senza Cristo tutto questo è impensabile, l’umanità stessa è impensabile, il dolore e la sofferenza sarebbero inspiegabili senza Cristo perché Egli si è incarnato per dare significato alla nostra vita, ad ogni nostro più piccolo avvenimento, è venuto per dare all’uomo la certezza assoluta di queste risposte, addirittura con la prova suprema della Sua morte in croce e risurrezione, perpetuando poi la piena efficacia di questo mistero di salvezza attraverso la Chiesa.
Perché non abbiamo più il coraggio di spiegare ai nostri ragazzi del catechismo, ai credenti, agli atei, a tutti, “le meraviglie” che Gesù Cristo ci ha consegnato attraverso la Chiesa cattolica? Bisogna rendere coscienti i giovani del valore incomparabile del Vangelo, e col Vangelo la prima meraviglia che è “l’Incarnazione” che non cessa mai di stupirci e commuoverci al pensiero che Dio si è fatto uomo ed è sempre, sempre con noi. E l’altra meraviglia che è l’Eucaristia! E che cosa avviene nella Consacrazione! E nella Confessione! E l’altra meraviglia che è il Battesimo che ci da il privilegio di essere nientemeno che figli di Dio! E la super meraviglia per eccellenza che sarà la nostra risurrezione dai morti! E quali poteri ha conferito Cristo ai suoi ministri sacerdoti per il bene della nostra anima! E così via…
Vivere senza Dio è da folli, e ce lo ricorda S. Paolo quando afferma: “Ciò che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d’uomo, Dio lo preparò per quelli che lo amano!”. Vale la pena di credere e fidarsi di Dio!