di Elisabetta Frezza
Il comunicato stampa dei Giuristi per la Vita sulla triste vicenda della bambina bolognese affidata a una coppia di omosessuali denuncia, con puntualità argomentativa, un provvedimento abnorme, in cui a prevalere, a dispetto di quell’interesse del minore che dovrebbe essere la stella polare di ogni decisione che lo riguardi, è l’obiettivo ideologico ormai pervasivo di imporre l’omosessualismo come valore condiviso: bisogna a tutti i costi far passare l’idea che la coppia omosessuale sia equipollente, dal punto di vista morale e giuridico, a quella formata da un padre e una madre che siano anche con-sorti. In nome dell’Amore, sganciato da qualsiasi fondamento di verità, è evidente che tutto è concesso e falsamente nobilitato, senza limiti al peggio. E qui, la fantasia è libera di creare innumeri combinazioni per genere e numero, tutte sinceramente “amorevoli”.
Ebbene. Le istituzioni concorrono, senza eccezioni, a consacrare questo nuovo mito sociale. Riconoscendo qualsiasi tipo di unione anche contro natura, in omaggio all’autodeterminazione ad libitum, legittimano la perversione e la elevano a bene sociale, anticamera del bene giuridico (il legislatore antiomofobo sta nel frattempo lavorando per noi).
Che un giudice speciale identifichi una convivenza omosessuale come ambiente idoneo a crescere un minore – sulla scia della prima sezione della Suprema Corte che già si era pronunciata in tal senso – è un bel passo avanti in questa direzione, un passo del quale è difficile non cogliere il prepotente intento ideologico ed “educativo”.
Ma la cronaca ci costringe a notare qualcosa di più, e francamente di peggio.
Certo mondo pseudo-cattolico asservito alla correttezza politica ha dato qui il meglio di sè. Soprattutto per bocca di due suoi illustri esponenti, che dall’alto dell’autorità conferita dalla loro carica contribuiscono, pesantemente, a seminare la confusione più deleteria tra chi è in buona fede e tende ingenuamente a fidarsi di coloro che, sulla carta, dovrebbero indicare la strada del giusto.
Già si è parlato in questa rivista dell’ineffabile commento del vicario della diocesi di Bologna, monsignor Silvagni, per il quale “si presume” che i giudici abbiano condotto una congrua valutazione allo scopo di tutelare il minore e di perseguire per lui nel caso concreto il miglior bene possibile. Tradotto: dobbiamo fidarci di chi indossa la toga, anche se invece della giustizia persegue il trionfo della propria ideologia; l’abito lo assolve da qualsiasi enormità e solleva chiunque altro da ogni sindacato di merito.
Ma non è finita. Il premio alla creatività va senz’altro assegnato al presidente dei Giuristi Cattolici (UGCI), il blasonato bioeticista Francesco D’Agostino. Dalle colonne del Corriere della Sera (ottocentomila copie di tiratura quotidiana e un sito che attrae 1,6 milioni di lettori al giorno) egli esterna sul tema. Innanzitutto, con un non casuale disprezzo dell’uso del congiuntivo, esordisce dicendo: “è probabile che dal punto di vista formalmente legalistico non ci sono problemi”. Si esibisce poi in una spettacolare fuga in avanti e, per l’occasione, non esita a inaugurare una nuova scuola di pensiero (evidentemente “cattolica”) secondo cui la decisione del Tribunale per i minorenni è sì “platealmente imprudente”, e “forzato” l’affidamento a una coppia di maschi; “detto questo – prosegue il giurista cattolico – avrei al limite ritenuto fisiologica la scelta di una coppia dello stesso sesso del minore”.
Vale a dire: visto che nel caso si tratta di una femminuccia, una coppia di lesbiche poteva anche andare. Senza porsi minimamente il problema che, forse, non è solo una questione di coincidenza di sesso. La circostanza che il rapporto tra due omosessuali, siano essi maschi o femmine, sia un rapporto contro natura (che un adulto nel privato è liberissimo di coltivare, ma nocivo in sè senza dubbio alla crescita di un bambino), non tange più di tanto il professor D’Agostino. Che anzi, archiviati d’un colpo san Paolo e il Vangelo, provvede con sollecitudine, dall’alto della sua auctoritas, a sdoganare il nuovo “ambiente” formativo, per la gioia delle associazioni LGBTQ che incassano incredule tante insperate benedizioni.
Siamo di fronte, con evidenza, al riflesso pavloviano del compromesso a tutti i costi, di cui la storia recente offre vari precedenti: sì all’aborto, purché terapeutico; sì alla Ru486, purché ingoiata in ospedale; sì alla provetta purchè omologa; adesso, sì alle adozioni omo, purché l’omo sia dello stesso sesso del bambino.
Il tempo, poi, sappiamo quale lavoro farà: l’aborto universale, la Ru486 inghiottita nel bagno di casa, la fecondazione artificiale per tutti, e – prossimamente – i bambini affidati ai trans.
Qualcuno dovrebbe spiegare a lorsignori, recidivi nell’abusare del loro titolo di cattolici, che forse continuano a sbagliare porta, in barba a una tifoseria non ancora del tutto rassegnata: continuano a segnare punti a vantaggio dell’avversario. E che, qui, non è in gioco il risultato di una partita al pallone, e nemmeno di un campionato.
Qui, la posta è davvero definitiva.
P.S. È fresca la notizia che la squadra di cui sopra (quella che distrattamente continua a tirare autogol) si arricchisce anche del virtuosismo progressivamente cattolico di Roberto Formigoni. L’onorevole ciellino, da vero fantasista, dichiara – sempre in merito alla medesima vicenda di Bologna – che, trattandosi di affidamento e non di adozione, lui non ha “nulla da obiettare” se i due omosessuali si occupano della bimba “in maniera stabile e permanente” purché – attenzione al colpo da maestro! – non pretendano di spacciarsi per papà uno e papà due, perché altrimenti “confonderebbero le idee al bambino”.
E tanto basti. Un acquisto davvero formidabile.
3 commenti su “La bimba di tre anni data in affido a una coppia di omosessuali. Gli LGBTQ sentitamente ringraziano il presidente dei Giuristi Cattolici, e altri – di Elisabetta Frezza”
all’onorevole Formigoni chiesi al meeting di Rimini dell’89 di fare qualcosa davanti allo strapotere della massoneria. Mi rispose che l’argomento era tra i primi nella sua agenda.
quando nel ’95 venne a raccattare voti per la sua elezione a governatore al locale collegio dei preti, gli ripetei la richiesta, ricevendone ampie assicurazioni. in tutti questi anni nessuna azione.
conclusione: Formigoni ha sempre agito da puro uomo di potere che si guarda bene dall’infastidire il vero potere.
a tutto questo va aggiunta l’importantissima osservazione di De Mattei sul legame tra “nouvelle théologie” e CL.
mi trovo sempre completamente d’accordo con le due notiste padovane.
Formigoni, Formigoni, una volta al meeting di Rimini, quando eri in difficoltà per le note vicende, ti ho applaudito convinta condividendo la tua rabbia. Me ne pento e tutti i buoni giudizi che un tempo esprimevo su di te mi sento ora di buttarli nel cestino. Dove sta il tuo essere “memores domini” e la tua fedeltà alle leggi universali del “Mistero”, di quell’ “Altro”, di quel “Tu che mi fai”, come in ambiente ciellino si usa dire? Non sarà forse che il Gius si stia rivoltando nella tomba?
Nessuno prende provvedimenti contro D’Agostino? I vari Cerelli e compagnia che si fanno belli dentro i Giuristi Cattolici non dicono nulla? Avvenire non dice nulla? E i vescovi?