Il virus complottista (ma è solo un sogno)

Mi sono svegliato male. Brutti sogni, pensieri cattivi. Un collega giustificava i suoi frequenti scatti di umore mattutini, incolpando la peperonata della sera precedente. Nel mio caso, sarà stata la lettura di un libro di Aleksandr Dugin, il filosofo tradizionalista russo. Il brano responsabile della nottataccia parlava della differenza tra il perché di qualcosa (la causa efficiente che lo determina) e la ragione finalistica, teleologica, il motivo per cui avviene un fatto. Sarà la cattiva digestione, o il sovraccarico di notizie sul coronavirus, ma mi sono rivoltato nel letto tutta la notte e ho sognato che è tutto un complotto. È importante sapere perché esiste il contagio – pipistrelli, scarsa igiene, guerra batteriologica o “fuga” del virus da un laboratorio riservato cinese – ma anche se ha un fine e a chi giova. Nei giorni scorsi ho dovuto rinunciare a presentare un mio libro, il cui titolo, ironia della sorte, è Tecnopolis, nella biblioteca civica di una cittadina piemontese: divieto assoluto di tutte le manifestazioni. Gli assembramenti negli outlet e nei centri commerciali continuano: strano virus che si propaga in biblioteca, ma non nei luoghi del consumo.

Una dolce signora con bambino alla cassa del supermercato sotto casa mi ha ingiunto con uno sguardo carico d’odio e l’indice accusatore “se ne vada!”, per colpa di un improvvido starnuto. È sempre meno raro vedere persone con il viso coperto da mascherine “fai da te”. Viene voglia di organizzare un mercatino di maschere identitarie, con i colori della squadra del cuore, dei partiti, tricolori per i patrioti e arcobaleno per i progressisti. Ai tetri pensieri si è aggiunto un sibillino messaggio del medico curante, un buontempone. In una vignetta ospedaliera, tra siringhe e disinfettanti, la terapia consiste in una strana profilassi apotropaica, un’energica strizzata alle parti intime. Che ne sappia più di noi e trasmetta un messaggio subliminale?

Nulla di strano che uno abbia gli incubi e si svegli convinto che è tutto un complotto. Il sogno ha tratti paranoidi, ma non manca di logica. Il colpevole del contagio non è un pipistrello, nemmeno un pangolino del mercato di Wuhan, ma la guerra asimmetrica tra le due superpotenze, Cina e Usa. Nessuna bomba, ma, in linea con i tempi nei quali tutto si propaga in un attimo e diventa “virale”, Covid19 è – nell’incubo notturno, beninteso – un’operazione coperta del deep State americano, lo Stato profondo degli apparati riservati di Washington contro il rivale cinese, divenuto troppo potente.

Al risveglio, un indizio dai giornali, in gran parte dedicati all’epidemia, “tutto il virus minuto per minuto”. Da Israele filtra la notizia che i laboratori dello Stato ebraico sarebbero sul punto di produrre il vaccino che libererà il mondo dall’incubo. Bel colpo, denaro in quantità e dimostrazione di potenza tecnologica. Nella notte, il governo italiano, che veglia su di noi meglio di Mussolini, il cui studio in piazza Venezia era perennemente illuminato, ha praticamente chiuso la nazione. Non sanno fermare le navi dei clandestini, ma vogliono impedire di muoversi e lavorare a venti milioni di italiani, colpevoli di risiedere o soggiornare nelle cosiddette zone rosse. Non sono affatto tra coloro che pensano che è tutta una montatura, come assicura qualche stratega alle prese con il prosecco. Il virus c’è e lavora silenziosamente. È che non mi fido di chi comanda.

Il sogno è iniziato con il decalogo di Noam Chomsky sui metodi di manipolazione del potere. La strategia della distrazione, deviare l’attenzione attraverso un fiume di informazioni irrilevanti. Creare problemi e poi offrire le soluzioni; poi la gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente.E ancora, differire, presentare una decisione come “dolorosa e inevitabile”. Rivolgersi al pubblico come ai bambini. Usare l’aspetto emotivo è una tecnica classica per provocare un corto circuito tra analisi razionale e senso critico. Mantenere la gente nell’ignoranza, stimolare ad essere compiacenti con la mediocrità. Infine, attivare il senso di colpa, far credere che siamo responsabili delle disgrazie, e conoscere il popolo meglio di quanto esso stesso si conosca.

Ho cominciato a sudare, nelle immagini oniriche passava un volo di pipistrelli, l’orribile topo pennuto, per Victor Hugo simbolo dell’ateismo. Finalmente, sono entrato non visto nella stanza dei bottoni, la Matrix dove tutto si decide. Una grande stanza rettangolare, con uno schermo per i collegamenti a distanza. Sulle altre tre pareti altrettante immagini con strani motti. In uno, nel lato più corto, quello dei super oligarchi, un grande occhio e la scritta: ordo ab chao, l’ordine dal caos. Ho preso a tremare, poi ho guardato i due lati lunghi. Uno era sovrastato dal simbolo del dollaro, con una piccola, significativa variante. “In gold we trust”, con la “elle” luminosa, a farsi beffe di God, Dio, l’ipotesi non più considerata. Dio, mi fu chiaro, sono loro, i pilastri della società, identici al quadro espressionista di George Grosz. L’altro lato, affollato di uomini con occhiali scuri, tutti uguali, era dominato da un’immagine beffarda: un cerchio con la scritta “Cui prodest?” in alto. Nel mezzo un mappamondo pieno di luci e, in basso, la risposta: nobis. A chi giova? A lorsignori.

Un dito in penombra pigiò un tasto e sullo schermo apparve la figura di un vecchio curvo. Sulle prime pensai al Grande Inquisitore di Dostoevskij, poi guardai meglio, somigliava a Soros, il famoso finanziere “filantropo”. In un attimo decisero. Tutti gridarono “virus” e, potete crederci o no, virus fu. Si accesero innumerevoli luci sul mappamondo, i pilastri della società sogghignarono, ma non era finita. Uno di loro parlò con voce melliflua, monocorde, come gli assistenti vocali online: abbiamo il virus, cercheremo di fregare la Cina, ma potremmo approfittarne per fare qualche prova di controllo sociale. Accendiamo le luci sull’Italia e lasciamo fare ai governanti di quella lontana provincia, insignificante se non fosse per la posizione in mezzo al Mediterraneo. Li abbiamo tenuti sotto con la scusa del comunismo, adesso si permettono di fare accordi sulla Via della Seta. Bisogna punirli, e intanto fare un test per il futuro.

Si sa, gli esperimenti si fanno sulle cavie, in corpore vili. Al risveglio, dopo essermi asciugato il sudore e tranquillizzato, ho acceso la TV e appreso le decisioni governative. Accertatomi di essere desto, ho scosso la testa e pensato che il mio sogno non era del tutto complottista, paranoide, da reflusso gastrico. Viviamo nell’epoca del capitalismo della sorveglianza, descritto in un libro di Soshana Zuboff, docente a Harvard. Il controllo totale occidentale è insidiato dalla potenza emergente che ha in mamo un’arma potentissima, la fibra 5G. I cinesi dominano la tecnologia informatica che farà correre a velocità indescrivibile il flusso dei dati. L’autostrada virtuale universale è la chiave del potere politico, strategico ed economico. Chi la controllerà potrà scatenare ciber attacchi in grado di smantellare l’economia di ogni paese. Bombe atomiche e missili nucleari diventeranno timide esplosioni a confronto di ciò che può scatenare la tecnologia 5G.

È la chiave della supremazia nel XXI secolo: la partita vede in vantaggio la Cina, gli Stati Uniti inseguono e gli stati europei, come le stelle di Cronin, stanno a guardare. Il controllo di dati e metadati è il boccone che si contendono le superpotenze. Si navigherà a 1,2 gigabytes al secondo. Da un orologio da polso si potranno impartire comandi alle “case intelligenti” (domotica), accendere e spegnere condizionatori, televisore, riscaldamento, guidare l’automobile a distanza, dare disposizioni alla banca, mettere in frigo le provviste ordinate, trasportate da droni e consegnate da robot. Si chiama IOT, Internet delle cose, non è che una delle applicazioni a cui ci abitueremo. Ha scritto in questi giorni il “Guardian”, quotidiano progressista britannico: siamo intrappolati in una serie di confuse battaglie tra forze opposte; tra la verità e la falsità; tra il fatto e il rumore; l’amabilità e la crudeltà, tra i pochi e i molti; tra i connessi e gli alienati; tra la minoranza informata e la moltitudine ingannata”.

Nulla di strano, se la posta in palio è tanto alta, che i padroni universali scatenino un virus. Vero o falso il sogno, resta il tarlo del dubbio, specialmente per la domanda decisiva: a chi giova? Il potere ha smarrito la fiducia dei sudditi. Nulla di meglio che un’epidemia per riprendere le redini: creare il problema e offrire ai bambini impauriti la soluzione. Chiudiamo la Lombardia e il Veneto per non chiudere l’Italia intera, fidatevi di noi: siamo gli esperti, i vostri custodi. Avremmo potuto credere, almeno in parte, al presidente Conte, se non fosse per l’appello così forzato, strappalacrime, alla tutela dei nonni. Dobbiamo difendere gli anziani, i più esposti, proclama. Non ha pensato all’aumento delle pensioni, a evitare attese di mesi per le cure, la drammatica alternativa tra pagare bollette comprare le medicine. Diciamo loro che devono lavorare sino a tarda età, ma, all’improvviso, con le lacrime agli occhi, li difendiamo dal virus cattivo.

Qualche complottista ardito osserva che l’epidemia verrà dichiarata pandemia – evento più grave e planetario – solo dopo la scadenza di un prestito obbligazionario da mezzo miliardo di dollari della Banca Mondiale. Salvare l’investimento vale certamente più della nostra vita, vera o falsa che sia la notizia. Pur se non ce ne accorgiamo, siamo in guerra: tempo in cui la prima vittima è la verità, scrisse Eschilo duemilacinquecento anni or sono. Guerra economica, finanziaria, tecnologica, a bassa intensità, ma sempre guerra. Non desterà stupore se un giorno scoprissimo che Covid19 è stato iniettato per scopi di dominio.

La paura corre veloce quanto i batteri e mette in scacco l’orgoglioso globalismo. Il potere della velocità, la dromocrazia di Paul Virilio, è sospesa. Vietato muoversi dalla zona rossa, niente cinema, lavoro, normalità. Non è una pestilenza, non è vaiolo, ma deve essere qualcosa di simile, altrimenti la menzogna sarebbe colossale. Le persone non possono circolare; inevitabilmente, ciò si ripercuote su merci e servizi. Il denaro corre più lento, si rarefà ulteriormente. Gli iperpadroni vincono anche perdendo. Come possiamo non porre domande? Molti corrono al supermercato, in coda per latte e prosciutto, l’amuchina e le mascherine sono esaurite o al mercato nero. L’uomo non cambia mai. L’assembramento delle stazioni e delle autostrade, le file alla cassa e i treni affollati per fuggire via propagano il virus. Il gatto si morde la coda e non sa che la coda è sua.

I furbi non affogano. Dietro le virtuose prescrizioni dei decreti presidenziali, l’eccezionalità della situazione – negata a parole, ma dimostrata dai fatti- farà dimenticare alla gente un po’ di inezie. Nel fortunato Stivale, oggetto dell’esperimento “in corpore vili” dell’incubo notturno, passerà l’adesione al Meccanismo Europeo di Solidarietà, il famigerato MES. Pagheremo per salvare gli altri e resteremo come la Grecia; faranno spezzatino di Alitalia, perdendo il controllo dei trasporti aerei, con gravi conseguenze di sovranità e concrete ricadute negative sull’economia e il turismo; regaleranno a qualcuno Ilva, con il risultato di perdere la siderurgia e avverare la profezia della senatrice grillina che propone di fondare l’economia tarantina sull’allevamento di mitili. Cozze al posto di acciaio, una nazione in disarmo finisce nel ridicolo. Tra un appello alla prudenza e il richiamo al buon senso contro l’epidemia, approveranno la legge sull’omo e trans fobia, restringendo ulteriormente lo spazio della libertà di espressione. Quatti quatti, hanno sospeso la democrazia rinviando sine die il referendum sui parlamentari. Il principio è passato senza obiezioni: l’epidemia negata sospende l’esercizio di uno degli ultimi spazi di partecipazione popolare.

Quando si teme per la propria pelle, poco importa la democrazia, meglio mascherine, disinfettanti e farmaci antivirali. Prima vivere, poi fare filosofia, ovvio e giusto. Ma la situazione è davvero così grave, la verità ci viene nascosta, diluita a piccole dosi? L’economia avrà scossoni durissimi, la vita di milioni di persone cambia da un’ora all’altra. Il nostro mondo si rivela per quello che è: una gigantesca finzione, il tempo del simulacro. Jean Baudrillard afferma che viviamo in una società di simulacri, la rimozione della realtà. In questo senso, il coronavirus è un bagno di umiltà, una sconfitta pesante per la supposta onnipotenza dell’uomo-Dio, richiamato alla mestizia della sua condizione precaria da una inarrestabile paura, quella del contagio.

Di fronte ad esso, tace la fede. Una volta, pur dinanzi a morbi tremendi, le chiese erano aperte e si pregava Dio, oggi il clero invita giudiziosamente all’igiene. L’uomo non cerca più Dio e, signore di se stesso e del mondo, pretende dalla scienza la soluzione. La esige ora, subito, in tempo reale; così ci hanno abituati. Carta di credito in mano, è pronto all’acquisto del vaccino che non c’è, per scacciare la grande paura e tornare alla vita di prima. Non era granché, tutt’altro, ma dinanzi al timore, alla grande serrata, al divieto di muoversi, al week-end saltato, alla partita non vista, benedetto il tempo della globalizzazione, il negozio dei cinesi, anche il lavoro precario. Il potere lo sa e agisce di conseguenza.

Da oggi, fingiamo di voler bene anche ai nonni. Lo chiede il governo, dobbiamo stringerci attorno a chi veglia su di noi. Così va il mondo, ma resta il dubbio È stato un sogno, colpa di causa efficiente e causa teleologica, di polpette mal digerite? L’Italia non è chiusa per virus, i colpevoli sono i maledetti pipistrelli cinesi, la democrazia non è sospesa, non ci sono conseguenze. L’ombra cerea di Mario Draghi, l’uomo forte atteso, il Messia che crea il denaro dal nulla, non si allunga sul destino prossimo della penisola. Spezzeremo le reni al virus. Forse fermeremo anche qualche barcone, pene esemplari per gli scafisti, con l’alibi virtuoso della difesa della salute pubblica. Applausi dalla platea e dal loggione. Alice nel paese delle meraviglie. Disse Piripù sprezzante ad Alice: tu sei soltanto qualche cosa dentro il sogno. Il virus del complotto non esiste, è un’illusione, come la vita, un’ombra, una favola. Tutto il potere ai virologi e qualche pasticca contro l’insonnia per complottisti, increduli e dissidenti. Non c’è vaccino contro i sogni, “e i sogni, sogni sono”. (Calderòn de la Barca).

2 commenti su “Il virus complottista (ma è solo un sogno)”

  1. Il complotto c’è eccome. Far tacere Hong Kong. Da mesi il tenero Xi non riusciva a fermare le proteste dell’ex colonia inglese. Poteva scatenare il virus a novembre o dicembre, ma ha aspettato il capodanno cinese per far rientrare i connazionali da tutto il mondo che poi sarebbero tornati nei loro luoghi di residenza spargendo quindi il virus e distogliere l’attenzione dei mass media internazionali. L’alternativa sarebbero stati i carri armati come in piazza Tiennanmen nel 1989. Ma per una Cina in piena espansione sarebbe stato un grave errore politico.

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