di Clemente Sparaco
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L’attuale campagna per i matrimoni omosessuali, con il corollario non indifferente della stepchild adoption (la possibilità riconosciuta al partner di adottare il figlio biologico del compagno), è solo l’ultima di una serie di campagne civili.
Tutto ha avuto inizio negli anni ’70 con la legge Fortuna-Baslini, che introduceva nell’ordinamento giuridico italiano il divorzio, e con la legge sull’aborto, la n. 194 del 1978. Le campagne referendarie che ne sono seguite si sono basate sulla difesa del principio dell’autodeterminazione dell’individuo (si ricordi lo slogan femminista “l’utero è mio e lo gestisco io!”).
Quel principio fu brandito in nome della libertà, nel rifiuto di ogni forma di coercizione e di falsa morale. Per combattere la piaga degli aborti clandestini – si disse. E “norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” fu significativamente titolata la legge.
Oggi a distanza di quasi 40 anni, dissipatasi la coltre di retorica che avvolgeva quelle istanze urlate, è sempre più palese che quella legge ha completamente disatteso il compito di tutelare la maternità, portando, all’opposto, ad intendere l’aborto come un contraccettivo che assecondasse l’inclinazione antinatalista della nostra società.
Nel frattempo l’autodeterminazione dell’individuo è ormai assurta a norma normante, a tribunale supremo dei valori, ad istanza ultima che annulla tutto il resto. Convinzioni, scelte ed opzioni sono legittimati solo ed esclusivamente se non inficiano quel principio. Valori o diritti che invece vi entrino in contrasto sono ritenuti divieti intollerabili. Rientra in questo modello etico la richiesta dell’eutanasia libera, della fecondazione eterologa e, da ultimo, del matrimonio omosessuale. I nostri sistemi giuridici non fanno che adeguarsi.
Una valanga, pertanto, si abbatte a danno del rispetto della vita e a danno dei diritti di chi non può urlare. Sono essi i concepiti, cui non si riconosce il diritto fondamentale alla vita. Sono essi i bambini che si vedono costretti a subire gli orientamenti sessuali dei grandi, ora dovendo leggere a scuola mostruose mistificazioni di antiche favole, ora dovendo rinunciare a casa ad avere una mamma ed un papà, come fin qui è stato nella storia della civiltà umana.
Siamo al nichilismo della libertà individualisticamente intesa, dell’io irrelato che ha solo diritti, ma nessun dovere. Siamo ad una ragione del singolo che si stacca dai grandi contesti vitali della tradizione e diviene un’istanza chiusa in sé.
Sfugge che oltre l’io individuale esiste una sfera relazionale più ampia in cui l’io si trova comunque proiettato, sia per le sue origini, sia per la sua vita, che è sempre e comunque vita di relazione. Sfugge che la vita è prima di noi stessi, delle nostre idee e delle nostre idiosincrasie. Sfugge che dietro a tutto questo s’insinua il rischio di ammettere che “uomini esistono per essere usati da altri uomini”, come ebbe a scrivere Hans Jonas.
Il nichilismo della tecnica
Questo stesso sviluppo anomalo e distruttivo della determinazione insindacabile e insuperabile dell’individuo, per altra via e con altre modalità, si sviluppa nelle tecnoscienze, in quel groviglio ormai quasi inestricabile fra progresso della scienza e sua applicazione tecnica. Il cancro dell’individualismo fa metastasi nel nichilismo della tecnologia che spazza acriticamente ogni resistenza e desistenza al suo corso apparentemente inarrestabile.
Oggi che le tecnoscienze sono diventate una sorta di apparato mentale il valore della verità si riduce alla strumentalità ed utilizzabilità. Accade così che nel mondo della scientificità e della tecnica il senso dell’essere sembra estinguersi, annullarsi. L’uomo tecnico è essenzialmente il manipolatore del mondo.
“Il nichilismo – scriveva M. Heidegger già negli anni ’30 – è questo occuparsi soltanto dell’essente dimenticando l’essere”. Il soggetto non si meraviglia più di fronte a ciò che è. Non prova stupore di fronte alle cose. Crede di comprendere, perché afferra e utilizza, perché riduce a strumento nelle sue mani la natura, piegandola ai suoi scopi.
Ormai è esclusivamente la pura esigenza tecnica che decide non solo dell’impiego delle cose, ma anche del loro senso. La ragione strumentale, in nome del calcolo e dell’utilizzo tende, quindi, ad un dominio globale sulla natura. Impone all’uomo un ecosistema artificiale ed artificioso, da cui non ci si può più sottrarre e rispetto al quale non è possibile tornare indietro, come scrisse Evandro Agazzi.
Ciò oggi non è solo evidente nei problemi collegati allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, in cui la biosfera tutta soffre ormai per la violenza dell’intrusione umana, ma ancor più quando il potere tecnologico armeggia con i tasti elementari che racchiudono il segreto stesso della vita. Qui si palesa anche la possibilità di falsificare la filiazione, che si accorda con le nuove tecniche della fecondazione eterologa. E’ l’intento di snaturare le relazioni sessuali fino a dichiarare indifferente, inesistente o la relazione eterosessuale come implicante la genesi della vita.
Qui il nichilismo (teoretico, pratico, e poietico) mostra forse il volto più angosciante.
3 commenti su “Il nichilismo della libertà e il nichilismo della tecnica – di Clemente Sparaco”
Il Divorzio fu introdotto in Italia nel 1970. Il principale “motore” politico furono i Liberali (Baslini). Ritengo che la data sia stata fortemente voluta per celebrare i cent’anni della Presa di Roma.
Degno prodromo all’impegno “sacro” del sindaco Marino nell’adesione ufficiale ai Gay Pride e nella registrazione di quei “matrimoni”
Non solo angosciante: demoniaco….
Il contrappeso alle verità scoperte dall’uomo, raccolte nelle diverse scienze, è costituto dalle verità rivelate da Dio. Se queste ultime vengono dimenticate o negate, assistiamo al trionfo del potere ateo della scienza e della tecnica, con tutte le inevitabili degenerazioni. La Scienza cresce comminando nel rispetto assoluto della verità. Questa linea è stata dettata dal cristianesimo che è la religione della verità. Ma il cristianesimo diventò una fede dogmatica. Così la Chiesa non ha capito l’errore di ostacolare la crescita della conoscenza, che crebbe atea. Alla fine la Chiesa ha di fatto abbandonato il culto verso le manifestazioni del mondo soprannaturale e quindi ha finito per diventare ostaggio dell’ateismo scientifico. Per approfondire si può leggere:
http://www.lacrimae-rerum.it/documents/le-macchine-che-fecero-nascere-la-civilta-di-oggi.pdf, a partire dal capitolo: ” … La fede in Cristo e la fede nella ragione.