Il “modello Svezia” è al collasso – di Lupo Glori

di Lupo Glori

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Mentre in Italia si discute sui pro e i contro circa l’approvazione del disegno di legge sullo Ius Soli, dalla Svezia, il paese europeo che più di ogni altro ha aperto le proprie porte all’immigrazione e che, per anni, è stato preso da tutti a modello per la sua generosa politica di integrazione nei confronti dei richiedenti asilo, arriva un disperato grido d’allarme.

La “accogliente” e “celebrata” politica delle “porte aperte”, basata su un welfare sostenibile e concessione di larghi benefit ai nuovi arrivati, sta infatti oggi presentando il suo salatissimo conto. La Svezia, secondo diversi attenti ed autorevoli osservatori, si sta lentamente logorando dall’interno per via della presenza di masse di immigrati e rifugiati musulmani che, in questi anni, invece di integrarsi nel tessuto socio-economico svedese, sono andati ad isolarsi, costituendo delle vere e proprie zone autogestite al di fuori di ogni legalità.

In una relazione a riguardo, recentemente diffusa, si legge infatti come il numero di aree “no limits”, ovvero territori “fuorilegge”, comunemente denominati “no-go zones”, ma che il governo svedese preferisce chiamare con la più criptica e rassicurante definizione di «aree vulnerabili», abbia raggiunto l’inquietante cifra di 61.

Un numero che cresce in maniera esponenziale e drammatica, di anno in anno, aumentando progressivamente l’estensione geografica di tali aree “fuori controllo”, dove nemmeno la polizia ha accesso. Delle vere e proprie enclavi musulmane che, giorno dopo giorno, conquistano ed ampliano il proprio territorio, erodendo gradualmente l’area legale del paese. In tali zone, dove la legge svedese è stata soppiantata, dal punto di vista legislativo, vige infatti un regime di totale “anarchia” fondato su un mix di legge della giungla e di legge islamica, la sharia.

Gangs musulmane armate e gruppi radicali islamici stanno, in tal modo, lentamente sottraendo interi pezzi della Svezia per sottometterli sotto il proprio dominio. Se ad oggi non si è ancora arrivati a conflitti armati su vasta scala, in questo paese un tempo pacifico e sicuro, fanno notare alcuni commentatori, è semplicemente perché l’attuale governo di coalizione tra il Partito Socialdemocratico e i Verdi, guidato dal primo ministro Stefan Löfven, sta optando per una politica “soft” che non oppone alcuna reale resistenza nei confronti dell’avanzata islamista.

Tuttavia, anche se il governo svedese decidesse domani di invertire la rotta, la Svezia non possiede, al suo interno, le risorse e capacità militari necessarie a contrastare in maniera efficace la situazione. Un avvilente quadro, confermato dal fatto che ben l’80% degli agenti di polizia del paese sta valutando di abbandonare il proprio lavoro in quanto le forze militari, in questo paese tradizionalmente pacifista, sono state progressivamente ridotte al minimo termine.

Tra coloro che hanno sottolineato il fallimento del “modello d’integrazione svedese” vi è lo stesso commissario della polizia svedese, Dan Eliasson (nella foto in alto), che, attraverso la televisione nazionale, ha rivolto un accorato appello al proprio popolo, avvertendo che le forze di polizia non riescono più a far rispettare la legge e chiedono pertanto aiuto e sostegno a tutte le persone interessate al bene del paese. Parole simili a quelle del capo della polizia, Lars Alversjø, che, intervistato sull’attuale esplosiva situazione sociale della Svezia, ha dichiarato: «in alcune aree di Stoccolma (capitale della Svezia) vi è illegalità. (…) Il sistema giuridico, che è un pilastro in ogni società democratica, sta crollando in Svezia».

Tra le “no-zones” di Stoccolma, una delle più tristemente note, in quanto balzata spesso ai “disonori” delle cronache, è Rinkeby, sobborgo della capitale svedese, oggi soprannominato “Piccola Mogadiscio” per la forte presenza di immigrati di origine somala, dove sono attivi “reclutatori” vicini a organizzazioni jihadiste come Al-Shabaab.

L’immigrazione ha giocato un ruolo decisivo anche nella diffusione della seconda piaga, fino a poco tempo fa sconosciuta alla popolazione svedese, ossia il vertiginoso aumento delle violenze sessuali che secondo Amnesty sono addirittura quadruplicate negli ultimi vent’anni. Un dato confermato anche dalle statiche ONU che hanno evidenziato come la Svezia sia il primo paese in Europa e il secondo al mondo, dopo lo stato africano del Lesotho, per incidenza di stupri con ben 69 casi ogni 100 mila abitanti.

Sull’attuale catastrofica situazione del paese concorda anche Johan Patrik Engellau, esperto di ricerca per i paesi destabilizzati, nel 2011 insignito della massima onorificenza svedese, la medaglia dell’Ordine dei Serafini, che ha parlato di una guerra civile strisciante sul territorio svedese, destinata a deflagrare nei prossimi tempi: «Temo che sia la fine della Svezia ben organizzata, decente ed egualitaria che abbiamo conosciuto finora. Personalmente, non mi sorprenderebbe se si verifichi una forma di guerra civile. In alcuni luoghi, la guerra civile è probabilmente già iniziata».

Ad aggravare ulteriormente il quadro sociale della Svezia vi è inoltre il fatto che tali aree autonome sono divenute zone franche e monopolio degli estremisti islamici che trovano terreno libero e fertile per fare proselitismo e diffondere il proprio messaggio sovversivo. A tale proposito, Magnus Ranstorp, ricercatore sul tema del terrorismo e della radicalizzazione presso il Collegio Nazionale della Difesa svedese, osserva: «Le peggiori aree sono sotto il controllo degli estremisti islamici. L’intero senso della giustizia e della pace sono minacciati dal fatto che la polizia sta sempre di più scomparendo da queste aree. La Svezia è in una situazione disastrosa».

Dati confermati anche dal servizio di sicurezza nazionale Säkerhetspolisen (Säpo) che recentemente ha reso noto di come il paese stia, via via, scoprendo di avere come “concittadini” “migliaia di islamisti” che condividono l’ideologia dello Stato islamico. Situazione che costringe, in molti luoghi, i funzionari pubblici a richiedere la protezione della polizia in quanto autorità non riconosciute poiché non islamiche.

Secondo Johan Patrik Engellau, la Svezia si trova ad un punto di non ritorno e il governo svedese dovrebbe agire prima che sia troppo tardi: «Il governo non sembra capire di aver perso il controllo. C’è un punto in cui non puoi più fermare lo sviluppo di una situazione. Non so se la Svezia abbia raggiunto questo punto quando riguardo le conseguenze dell’immigrazione, ma temo che ci stiamo avvicinando. Se ora, e proprio adesso, intraprendiamo un’azione chiara e forte  tra cui l’arresto dell’immigrazione e della promozione della politica del multiculturalismo  potremmo con qualche difficoltà salvare la Svezia».

Ci auguriamo che il clamoroso fallimento del “modello Svezia”, apra gli occhi ai nostri politici affinché boccino in Senato senza indugio il disegno di legge sullo Ius soli. Di fronte a tali inequivocabili dati che riportano le reali conseguenze di anni di politica “multiculturale” di “porte aperte”, chi ancora si ostini a schierarsi a favore dello Ius soli o è accecato dall’ideologia o giudica in maniera irresponsabilmente superficiale tali drammatici risultati.

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fonte: Corrispondenza Romana

6 commenti su “Il “modello Svezia” è al collasso – di Lupo Glori”

  1. E’ difficile capire perché in Italia queste notizie non girano. Anzi credo che se qualcuno le raccontasse verrebbe sommerso da insulti. In primo luogo la Chiesa. I preti e le suore sarebbero le prime vittime, perché a differenza della Svezia, in Italia occupano ancora un ruolo sociale importante. Eppure nessuno parla, anzi si accalorano nel dare addosso a chi solleva qualche dubbio all’accoglienza senza limiti. Persino i magistrati, in altri campi onnipotenti, su questo punto vengono messi a tacere. Certo le sinistre e certi cattolici debbono arrivare a fare le elezioni con il voto agli immigrati regolari o no. Chi arriverà per primo: le elezioni vecchia maniera o elezioni con gli immigrati tutti al voto?

  2. niente disturba i volontari della cecità quanto l’evidenza dei fatti che dimostrano l’infondatezza delle teorie da loro professate e imposte “democraticamente”

  3. Dati da mettere i brividi. La politica dello “struzzo” non può portare altro che catastrofi. Alla base di tutto ciò, il folle odio contemporaneo per la verità (anche con la v minuscola: quella non metafisica, perfettamente conoscibile da chi sia a lei interessato). Previsione facile: qualunque notizia arrivi dalla Scandinavia, qui nessuno farà nulla e l’Italia si ridurrà come la Svezia.

  4. Vista la pasta di cui sono fatti questi immigrati con cui l’Italia ha a che fare (spesso il peggio del peggio delle nazioni da cui emigrano), sono pronto a scommettere che un eventuale referendum sullo ius soli si risolverebbe in un plebiscito. Contro, ovviamente.

  5. Non si tratta di una notizia tra le tante quella che ci dice la Svezia andare in crisi per gli immigrati. Ormai gli arrivi sono in rapida crescita. Siamo sull’ordine delle diecimila persone al giorno. Tutte le navi in giro per il Mediterraneo fanno a gara a portare clandestini in Italia. Se non sbaglio ogni nave ha la bandiera di una nazione e la nave stessa è territorio della nazione della quale reca la bandiera. Allora ognuno si tiene i clandestini che ha raccolto. Sembra che Minniti abbia accennato ad applicare questo principio ma poi la cosa non sembra avere un seguito. Se sappiamo che nella perfetta ed organizzatissima Svezia l’immigrazione è un disastro, che cosa asspettiamo a prenderne atto?

  6. sembra superfluo scriverlo, ma questo è il destino che attende ciascuno dei nostri paesi se non si mette freno a questa controllatissima (dalle alte sfere) invasione. Non mi stancherò mai di dirlo, ma per le alte sfere noi siamo e resteremo solo carne da macello, così come è Carne da macello buona parte di coloro che vengono costretti a lasciare il loro paese per l’ostentata accidia di quella politica internazionale che dovrebbe congiuntamente governare le sorti del mondo e che invece persegue, braccio operante, disegni altri a cui non può sottrarsi… Tutto ciò quando, proprio in questi giorni, assistiamo ai nuovi siparietti da avanspettacolo dei nostri politici che fingono di far la voce grossa bisbigliando la minaccia di chiudere i porti alle imbarcazioni delle ONG.

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