Le lacrime della Vergine erano il segno del Suo dolore per il diffondersi dell’eresia protestante? Da un evento miracoloso di oltre tre secoli fa, sorgono domande tuttora attuali.
di Marco Bongi
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Quanti sono stati gli interventi miracolosi della Madonna a favore dei suoi figli? Davvero innumerevoli e ciascuno di essi è diverso, come diverse sono le persone e le situazioni della vita.
Se volessimo tuttavia tentare una classificazione delle più frequenti manifestazioni celesti della S. Vergine dovremmo ovviamente annoverare le apparizioni, le guarigioni miracolose, le traslazioni o ritrovamenti di immagini sacre, i salvataggi da pericoli o aggressioni ecc. Non sono assolutamente infrequenti tuttavia anche episodi di lacrimazioni umanamente inspiegabili. Il più famoso e recente risulta senza dubbio quello avvenuto a Siracusa nell’agosto del 1953, ma molti altri se ne sono registrati lungo i secoli, anche sulla piccola porzione di territorio di cui ci occupiamo.
Oggi ne approfondiremo uno fra i molti, nè il più noto, nè il più “spettacolare” ma comunque un avvenimento storico, ben documentato e pienamente riconosciuto dall’Autorità ecclesiastica.
Ci riferiamo alla lacrimazione di sangue avvenuta, fissata da atto notarile e numerosissime testimonianze, nel piccolo borgo di Lezzeno, oggi frazione di Bellano (LC). Era il tardo pomeriggio del 6 agosto 1688. Una data precisa dunque, ed una persona del popolo ben determinata con nome e cognome: il contadino Bartolomeo Mezzera.
Sarà lui ad accorgersi per primo del fatto prodigioso e, altra significativa coincidenza, toccherà ad un suo lontano discendente, don Carlo Mezzera, bellanese e prevosto per molti anni nella Parrocchia di San Gabriele Arcangelo di Milano, il compito di riunire e riordinare la numerosa documentazione esistente in vista di una nuova pubblicazione apparsa, a firma dello storico Eugenio Cazzani, per celebrare il trecentesimo anniversario del miracolo.
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LA VICENDA
Bellano è un pittoresco paese che sorge sulla sponda orientale del Lago di Como. Poco più a sud dell’abitato inizia proprio quel “ramo” lecchese del Lario che sarà successivamente immortalato da Alessandro Manzoni nel celebre romanzo “I Promessi Sposi”. La frazione di Lezzeno è collocata nell’immediato retroterra del capoluogo, su una propaggine montuosa, da dove è possibile ammirare, tra l’altro, un bellissimo panorama del grande lago e delle zone limitrofe.
Riassumiamo dunque gli avvenimenti. Al tramonto di quel 6 d’agosto, allo scoppiare d’un furioso temporale estivo, Bartolomeo Mezzera, costretto ad abbandonare il lavoro in un suo campo nella località Valle di Lezzeno, s’accostò a una cappelletta che aveva fatto costruire al margine del bosco. All’interno di tale pilone votivo egli aveva collocato un modesto medaglione in gesso con impressa l’immagine della Regina della Pace venerata nel Santuario di Nobiallo, dall’altra parte del lago. Esistevano dunque anche allora i “souvenir” sacri come avviene oggi nei grandi luoghi benedetti dalla S. Vergine, Lourdes, Fatima o Loreto in testa. Il Santuario di Nobiallo tra l’altro, solo per fare una piccola digressione, era stato costruito solo trent’anni prima per ringraziare la Madonna in occasione della cosiddetta “Pace dei Pirenei” che aveva posto fine ad una lunghissima guerra fra spagnoli e francesi, guerra purtroppo combattuta duramente anche in Lombardia.
Il Mezzera doveva aver comprato probabilmente quel dozzinale medaglione durante un pellegrinaggio. Così, ogni volta che transitava vicino alla “sua” Madonnina il buon contadino recitava l’Ave Maria. Ma in quel pomeriggio agostano, egli fuggì sgomento di fronte all’approssimarsi della tempesta. Temeva probabilmente la rovina dei bei vigneti faticosamente coltivati sui terrazzamenti del monte, forse con nel cuore qualche funesto presagio alimentato dalle memorie, tramandate dai racconti dei vecchi, di un’alluvione che molto tempo prima, s’era nel 1341, aveva distrutto addirittura la chiesa di Bellano. Bartolomeo Mezzera, levando lo sguardo implorante verso l’effigie sacra, trovò però una ragione di ancor più grande turbamento. Quella povera Madonnina di gesso, infatti, lacrimava abbondantemente sangue, e il liquido rosso scendeva lungo il viso.
“Signor Dio, misericordia, poveretti tutti noi” – avrà certamente esclamato il Mezzera mentre si precipitava verso casa per raccontare tosto alla moglie il fenomeno straordinario a cui aveva assistito. La voce corre quindi in un baleno tra le povere case della frazione Lezzeno, e la gente sale immediatamente in gran numero, sotto la pioggia, per constatare il fatto riferito. Primi fra tutti accorrono la moglie e uno zio del Mezzera. Si avverte subito il prevosto di Bellano, don Paolo Antonio Rubini, “che era ad esorcizzar il tempo sopra la porta della Prepositurale”, come annoterà diligentemente il notaio Polidoro Boldoni. Egli accorre con gran celerità, vede a sua volta la lacrimazione di sangue, s’inginocchia in preghiera, torna l’indomani con il notaio per meglio accertare, e su tutto manda una diligente relazione all’arcivescovo mons. Federico Visconti in Milano. Alcune fonti riferiscono inoltre che il Curato, fortemente impressionato dall’evento, avrebbe già condotto, nella notte fra il 6 e il 7 agosto, una processione penitenziale di fedeli che salirono numerosi alla piccola cappella a piedi scalzi. Il fatto è dunque immediatamente notato da moltissime persone e segnalato, senza indugi, all’Autorità Ecclesiastica. Viene dunque subito nominata dall’Arcivescovo una commissione d’inchiesta e questa provvede a visitare il luogo prima che finisca l’anno. Controlla, interroga i numerosi testimoni, fa eseguire perizie. Il Concilio di Trento infatti aveva provveduto a disciplinare, con estremo rigore, le procedure da seguire per la verifica di fatti miracolosi. L’indagine sfocia nel riconoscimento ufficiale del miracolo: ma il popolo dei dintorni e d’altre terre più lontane, specialmente della Valtellina e Valchiavenna, non aveva certo atteso il verdetto canonico. Fin da subito infatti erano iniziati pellegrinaggi spontanei, grandi folle presero ad ascendere al colle, ad invocare e ottener grazie, a lasciare offerte. Il medesimo arcivescovo invierà pertanto un suo ingegnere di fiducia per dar consigli in vista della costruzione d’una chiesa, alla quale s’era subito pensato, in ricordo dell’evento; il prevosto Rubini benedirà la prima pietra già il 6 agosto 1690, a soli due anni dal prodigio; quattro anni dopo il nuovo titolare della Diocesi ambrosiana, mons. Federico Caccia, concederà l’autorizzazione per la celebrazione della Santa Messa, segno che i lavori erano a buon punto.
Nel 1706, il 14 di maggio, il tondo di gesso con l’immagine della Madonna delle lacrime sarà quindi solennemente trasferito, dalla cappella della lacrimazione, nel Santuario, sopra l’altar maggiore, dove tuttora si conserva entro una nicchia fra angeli dorati.
Arriverà infine la solenne incoronazione, ad opera del card. Schuster, nell’agosto del 1938.
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IL SANTUARIO
Oggi la chiesa, costruita in un semplice ma elegante stile barocco, presenta una sola navata ed una pianta a croce greca.
Gli elementi che decorano la facciata sono pochi: spiccano soprattutto due statue di pietra che rappresentano San Pietro e San Paolo. Sul lato destro della chiesa si alza il campanile, che in origine era più basso; nelle attuali dimensioni ha un’altezza di 31,60 metri. L’interno del santuario appare riccamente ornato di marmi. Gli stucchi e i dipinti risalgono ad epoche diverse ma successive alla costruzione. L’altare maggiore, naturalmente dedicato alla S. Vergine, è sovrastato dalla nicchia che contiene l’effige miracolosa. Molto vasto è anche il ciclo di affreschi, realizzati nel XX secolo. Quelli delle volte sopra l’altare maggiore (Incoronazione ed Esaltazione della Vergine) sono opera di Giovanni Garavaglia e risalgono al 1953. Sulla volta della parte più stretta spicca invece l’affresco di Luigi Morgari con l’Assunta in una gloria di Angeli. Del Morgari sono anche gli affreschi delle pareti sopra le porte delle sacrestie. Essi raffigurano due eventi che hanno avuto al centro la Madre di Dio: le nozze di Cana e la discesa dello Spirito Santo. Nella volta centrale il Morgari ha dipinto l’Adorazione dei Magi, l’Incontro del Vecchio Simeone con la Sacra Famiglia e la Deposizione. Gli affreschi del Morgari sono stati inaugurati nel 1918.
All’esterno il santuario è circondato da un grande e panoramico piazzale al quale si accede mediante due scalinate. Quella settentrionale è arricchita da sette tabernacoli con mosaici moderni che rappresentano i Dolori della Madonna.
Dal piazzale, salendo verso sinistra lungo un’ampia mulattiera acciottolata, si raggiunge in pochi minuti la cappella del miracolo edificata nel 1888 in occasione del secondo centenario dell’evento. Al suo interno si trova il primitivo tabernacolo contenente una riproduzione del tondo in gesso.
Sopra il portone d’ingresso della cappella oggi si può leggere questa epigrafe: “Qui nelle Lacrime di Maria il cielo pensava alla terra; nel pentimento e nella preghiera la terra pensi al cielo!”.
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L’INTERPRETAZIONE
Non è obiettivamente facile, per noi semplici fedeli, comprendere con precisione il significato di questi avvenimenti. Certo il pianto della Madonna, e ancor di più quello di sangue, indica un segno di dolore e di ammonimento per i pericoli a cui siamo esposti a causa del peccato.
Assai più complessa appare però l’interpretazione del singolo episodio, collocato in un luogo e in un tempo preciso, immerso in una realtà storica tribolata e rivolto a persone semplici ben determinate.
Nel 1888, nel secondo centenario della lacrimazione, il sacerdote bellanese don Luigi Vitali scrisse, in tale prospettiva, un opuscolo che ripercorreva, con ampia documentazione d’archivio, la storia del santuario. Egli, al termine del suo scritto, tentò inoltre una lettura teologica degli avvenimenti narrati.
Oggi commuove davvero, scorrendo quelle pagine e sapendo che viviamo in una crisi profonda della concezione soprannaturale dell’esistenza umana, rileggere le sue illuminanti considerazioni.
Luigi Vitali esordisce infatti con un sillogismo: “Quando Iddio opera, opera per una ragione. Il miracolo è opera sua: deve quindi avere avuto una ragione per compierlo”. Poi soggiunge:
“La prima ragione, di indole generale, è l’affermazione del soprannaturale; affermazione che attestando in modo improvviso e straordinario la presenza di Dio, e di Dio che pensa amorevolmente all’uomo, risveglia la fede, e torna di conferma alla verità di tutta la religione”.
Nel caso specifico le lacrime di sangue versate dalla Vergine non possono, secondo il sacerdote, che essere il segno di un dolore intensissimo per mali altrui, “un dolore d’amore, destato al pensiero di un male sovrastante a persone teneramente amate, unito al desiderio di allontanare da esse il male temuto”.
Il male incombente sulla gente di Bellano poteva essere in quel momento l’uragano “che pareva volesse rovinare il mondo”, come deporrà una testimone.
Ma tutto quel XVII secolo, ormai volgente al termine, era stato portatore di eventi sciagurati che a Bellano avevano lasciato molti segni. L’“ospitazione” dei Lanzichenecchi, per esempio, raccontata nei suoi truci effetti da Sigismondo Boldoni, che vi aveva direttamente assistito, nelle sue “Lettere da Bellano ad amici”, una in particolare a Scipione Cobelluccio, cardinale segretario delle lettere latine di Papa Paolo V. Poi vi fu la peste, quella narrata dal Manzoni, per la quale morì lo stesso Boldoni.
E ancora i saccheggi delle truppe francesi condotte dal duca di Rohan. Il male maggiore che in quegli anni incombeva sui paesi del Lario era tuttavia l’eresia protestante, esportata dalla Svizzera soprattutto nella vicina Valtellina da Zuinglio. “Che vieta il supporre” – lo scrive il Vitali – “che le lagrime di sangue sparse dalla Beata Vergine Maria di Lezzeno fossero il segno di dolore per questo male sempre minacciante, fossero una preghiera a Dio perché l’eresia, fiaccata nelle sue audacie, fosse definitivamente respinta al di là delle Alpi?”.
A conclusione di queste brevi note non è possibile allora esimersi da una domanda: oggi, mi chiedo, un sacerdote della nostra epoca, scriverebbe le stesse cose? Secondo la “vulgata” corrente, Maria avrebbe pianto sangue per il rischio che gli eretici contagiassero quelle terre oppure…, molto più conciliarmente corretta, perchè i Cristiani si combattevano fra di loro evitando di unirsi in spirito ecumenico? Sono forse domande troppo impertinenti?
Che la Santa Vergine ci aiuti allora nel discernere e conoscere i veri mali.
2 commenti su “Il miracolo della Madonna delle Lacrime di Lezzeno – di Marco Bongi”
L’ottimo articolista dimentica un fatto documentato come non mai avvento a Borgo Pantano a 10 chilometri an Nord diCivitavecchia che ebbe principio il 2,Febbraio del 1995.
Una statuetta in gesso della Regina della Pace, acquistata dal parroco di Sant’Agostino a Medjugorie e donata aduna famiglia di suoi parrocchiani, (familgia Gregori) cominciò a lacrimare sangue. Testimoni a centinaia… Il Vescovo, tutt’ora vivo e vegeto,non credette all’evento,feceportatre la statuetta nella sua rsidenza: VillaSan Francesco di Civitavecchia e la ripose in un armadio, pensando che tutto finisse in non molto tempo. Anzi! lo auspicava.Senonché suoi parenti /la sorella; il cognato; il Nipote ventenne, che avevano sentito parlare del fat5to gli fecero visita il 14 Marzo di quellostesso anno eòlamattina dopo chiesero al preesule di pchiesero di mostr loro la Madonnina. Il Vescovo cedette alle insistenzedei parenti si fece portare dalle suore, che custodivano la sacra Immagine in un loro armadio.
Quando egli ebbe la Madonnina fra le mani,mentalmente chiese un segno alla Beata Vergine e cominciò a recitare la Salve Regina in latino.quandogiunse alle parole: “volgi a noi gli occhi Tuoi misericordiosi” dagli occhi della B.V. sgorgarono evidentissime, lacrime di sangue,Il vescovo,mons. Girolamo Gregori, si sentì male per lo shock, gli portarono una poltrona sulla quale si accasciò, lui che, razionalistcamente non credeva a quanto gli avevano attesato tanti suoi parrocchiani ed anche agenti della polizia inviati sul posto dalle autorità civili per disciplinare il traffico davanti alla casa della familgia Gregori,come neppure aveva ceduto alle analisi di quel liquido biologioco effettuato dal Prof.Fiori dell’Ospedale Gemelli di Roma e del Prof.Ronchi, agnostico, pochi giorni prima dell’evento che lotraumatizzòperlunghissimo tempo.
Consiglio di legere il documentatissimo libro delDott.Riccardo Caniato,direttore dell’Editrice Ares di Milano ,che fu, egli pure testimone ed indagatore, scrupoloso di questo fatto prodigioso.Il volume é intitolato: “La Madonna si fa strada”.
Vivecordialità e, ancora,Buon 2014! Normanno Malaguti
Troppe volte abbiamo sentito affermare – con presunta autorità – da personaggi malati di modernismo che i miracoli, persino quelli di Cristo, non valgono per la Fede, non sono prove dell’esistenza di Dio, nè prove che la Chiesa è di Dio. – Falsità. I moltissimi avvenimenti miracolosi, spesso connessi alla canonizzazione dei Santi, stabilita con regolari e rigorosi processi, sono prove per la Fede, analoghe a quelle che Gesù volle fornire coi suoi miracoli.