Nel 1965 il complesso musicale degli Who lanciava l’urlo disperato di un’intera generazione di giovani che ereditavano le provocazioni della “beat generation” di Jack Kerouac e il suo “on the road” e le trasgressioni di Allen Ginsberg con il suo “howl”, appunto l’urlo. “My generation” era il brano in cui la voce di Roger Daltrey ammoniva violentemente, secondo le parole di Bob Dylan, che “i tempi stavano cambiando” e che tutto sarebbe stato spazzato via dall’onda rivoluzionaria. Quell’onda vorticosa e irruente era sottolineata dalla sezione ritmica con la devastante batteria di Keth Moon, la chitarra elettrica di Pete Townshend e il basso di John Entwistle. Il gruppo musicale inglese faceva riferimento alla subcultura giovanile “mod”, che si sviluppò alla fine degli anni ’50 sull’onda anche dei riferimenti cinematografici del 1953: “Il selvaggio” con Marlon Brando e del 1955: “Gioventù bruciata” con il mito di James Dean. Il logo dei “mod” era rappresentato dal simbolo del bersaglio utilizzato dall’Aeronautica militare britannica. Lo si può vedere stilizzato sulla maglietta indossata da Keith Moon, che esprimeva appunto la capacità e la possibilità di colpire una società repressiva e autoritaria.
Ecco il testo:
My generation
La gente cerca di metterci s-sotto (Parlando della mia generazione)
Solo perché ce la spassiamo in giro (Parlando della mia generazione)
Le cose che fanno sembrano così terribilmente f-fredde (Parlando della mia generazione)
Spero di morire prima di diventare vecchio (Parlando della mia generazione)
Questa è la mia generazione
E’ la mia generazione, piccola!
Perché non s-sparite tutti via? (Parlando della mia generazione)
E non cercate di scoprire ciò che tutti noi d-d-diciamo (Parlando della mia generazione)
Non sto cercando di suscitare grande s-s-scalpore (Parlando della mia generazione)
Sto solo parlando della mia g-g-g-generazione (Parlando della mia generazione)
Questa è la mia generazione
Questa è la mia generazione, piccola!
Perché non s-sparite tutti via? (Parlando della mia generazione)
E non cercate di s-scoprire ciò che tutti noi d-d-diciamo (Parlando della mia generazione)
Non sto cercando di suscitare g-grande s-s-scalpore (Parlando della mia generazione)
Sto solo parlando della mia g-g-generazione (Parlando della mia generazione)
Questa è la mia generazione
Questa è la mia generazione, piccola!
La gente cerca di metterci s-sotto (Parlando della mia generazione)
Solo perché ce la s-s-spassiamo in giro (Parlando della mia generazione)
Le cose che fanno sembrano così terribilmente f-f-fredde (Parlando della mia generazione)
Spero di morire prima di diventare vecchio (Parlando della mia generazione)
Questa è la mia generazione
Questa è la mia generazione, piccola!
Nel testo la speranza di morire prima di diventare vecchi fu vissuta e incarnata da Keith Moon, che morì per abuso di droghe nel 1978. La devastazione spirituale della band britannica e l’immagine rivoltosa che esprimevano era rimarcata dal fatto che sovente (basti ricordare Woodstock 1969) distruggevano gli strumenti sul palcoscenico così come le stanze d’albergo che li ospitavano. Rappresentavano quindi l’affronto duro che una “nuova generazione” sferrava alla società tutta intera, al suo potere, alla sua autorità, ai suoi costumi, alla sua “vecchia” musica.
1 commento su “Il grido di una generazione negli Who”
All’epoca c’era molta omologazione. Se non ascoltavi Who e gruppi simili eri considerato uno strano. In realtà personaggi come gli Who erano i pasdaran del sistema, dato che estremizzavano idee già in voga, facendole passare paradossalmente come anti-conformiste, mentre al contempo i poteri forti strizzavano l’occhio a questi pseudo-artisti (molto più rivoluzionarie le suore che cantano il gregoriano, allora, che infatti non ci vengono propinate ossessivamente dai media). A livello personale, poi, musicisti e attori vari erano un disastro: ricorrevano alle droghe per farsi forza, mentre c’è tanta povera gente che non arriva a fine mese e non assume neanche anti-depressivi. Quella è stata una generazione che ha causato danni che ancora oggi perdurano. Se gli occidentali non hanno spina dorsale lo devono anche agli Who e alla loro musica mainstream.