di Roberto Pecchioli
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GAFA, OTT, NATU, FINTECH. Il mondo nuovo abbonda di sigle. Acronimi vecchi e nuovi dietro i quali, nel linguaggio di John R.R. Tolkien, prosperano gli oscuri signori di Mordor. Invero, del tutto oscuri non lo sono, ma nella società delle mille luci, dello spettacolo che, come gli affari, deve continuare e non fermarsi mai, riescono ancora a restare sullo sfondo del grande pubblico. Innanzitutto, sveliamo gli acronimi, i quali non sono sigle neutre e sbrigative per addetti ai lavori, ma fanno parte integrante dell’apparato scenografico e psicologico del potere. Esso nasconde la verità e la sua stessa identità, cela, avviluppa, si circonda di aloni esoterici e iniziatici anche, e forse soprattutto nella società dello spettacolo, della finta trasparenza e delle notizie sparate h. 24.
GAFA è l’acronimo che unisce le iniziali dei quattro super giganti della tecnologia informatica, Google, Apple, Facebook, Amazon. Ad essi possono essere aggiunti Microsoft e IBM. OTT non è che l’iniziale di Over the Top, oltre la cima, ma anche esagerato, sopra il massimo, l’appellativo comune attribuito alle colossali corporations finanziarie e tecnologiche che, in stretta alleanza, dominano il mondo. NATU sono i fratelli minori, ma quasi altrettanto potenti dei GAFA. Si tratta di Netflix, che opera nel fondamentale settore dei media audiovisivi di intrattenimento, Airbnb, la piattaforma di intermediazione turistica, alberghiera ed immobiliare; Tesla, dal nome dal genio scientifico serbo Nikola Tesla è uno dei giganti della robotica, all’avanguardia nel settore dell’intelligenza artificiale (A.I.), capofila del famoso progetto delle automobili senza guidatore. Uber è un’altra piattaforma digitale, quella del mondo dei trasporti, nota in Europa per la concorrenza sleale ai tassisti ed agli operatori del charter.
Questi sono i nuovi signori di Mordor, uniti alla cupola della finanza internazionale -Goldman Sachs, Jp Morgan, UBS, le galassie Rockefeller, Warburg, Rothschild, i grandi fondi di investimento come Carlyle, Black Rock, Vanguard – con i quali hanno stretto una formidabile alleanza, all’ombra di un terzo soggetto, le agenzie riservate degli Stati Uniti, CIA, NSA e il DARPA. La meno nota al pubblico internazionale è quest’ultima, la discussa, per alcuni famigerata agenzia per i progetti di ricerca avanzata di difesa, che sviluppa, in collaborazione con entità private e di società controllate, ogni tipo di ricerca suscettibile di avere impiego militare. Il vecchio simbolo del DARPA era l’occhio massonico che tutto sorveglia. Creatura del DARPA fu Arpanet, il progetto per collegare tra loro i computer dell’esercito, che sviluppò le conoscenze da cui nacque la rivoluzione di Internet.
Dalla collaborazione tra le strutture di ricerca e di intelligence in sinergia con i migliori cervelli del pianeta, consacrata da apposite società di capitali miste con complessi incroci azionari, è esploso in pochi anni un mondo totalmente nuovo, quello della quarta rivoluzione industriale, i cui dominatori sono divenuti le aziende più capitalizzate del mondo, avendo superato giganti della “old economy” come le sette sorelle del petrolio. Google, nata come motore di ricerca, ribattezzata Alphabet per sottolineare che le sue attività spaziano in ogni lettera dell’alfabeto, è valutata in Borsa oltre 500 miliardi di euro, il doppio della petrolifera Exxon Mobil. Signori della rete, padroni del denaro, monopolisti della tecnologia e della tecnoscienze all’ombra degli “stati profondi” dell’apparato di controllo statunitense e, conseguentemente, del più potente esercito del pianeta. A tutti costoro è attribuito un altro neologismo, Fintech, ovvero l’unione tra finanza e nuove tecnologie, in parte legate all’ascesa inarrestabile della rete Internet, in parte ad un nuovo potentissimo attore globale, le cosiddette tecnoscienze (robotica, nanotecnologie, ricerca sull’uso del DNA ecc.).
Il controllo ferreo sui grandi mezzi di comunicazione, intrattenimento e formazione dell’opinione pubblica impedisce di conoscere e valutare il tremendo impatto di tale sistema di dominio sulle vite di tutti i popoli e di ciascuna persona. Rinviamo ad un successivo intervento un’analisi complessiva, e ci concentreremo invece su alcuni elementi di carattere economico, finanziario e antropologico. Persino osservatori di provata fede mercatistica stanno prendendo atto con timore della violenza e rapidità dei cambiamenti della società indotti dal potere Fintech. In Italia, uno di loro è il noto giornalista economico Paolo Panerai, di cui citiamo un brano tratto da un recente pamphlet scritto a più mani, il cui significativo titolo è Che mondo sarà con il mondo in mano ai Creso del digitale?
“Da quando è esploso il potere dei Creso di Internet, i cosiddetti OTT (Over the Top), da Google a Facebook; da quando è sorta una tacita (tacita? Non faccia il pesce in barile, dottor Panerai! N.d.R.) XXX alleanza tra gli OTT e il mondo della finanza e di alcune banche principalmente americane, che dà luogo al nuovo modello denominato Fintech, si intravvede fortissimo il rischio che a vincere siano i Creso e che la politica di fronte alla loro forza siano impotenti e destinati alla sconfitta, facendo diventare i cittadini una sorta di paria del nuovo potere”. Parola di un sostenitore del modello economico globalista, non di paranoici complottisti o, come si preferisce dire adesso, di populisti ignoranti. Un altro nomignolo collettivo è Big Data, che designa i colossi di Silicon Valley gestori di reti e connessioni, dai quali non possiamo aspettarci che schedature, politiche, culturali, pubblicitarie, mediche e di ogni altro genere. Ma sono sempre gli stessi dianzi nominati, sotto l’ombrello sempre meno creduto della narrazione progressista, democratica e libertaria (storytelling, direbbero loro). Al riguardo, possiamo tranquillamente sottoscrivere il giudizio di uno dei padri del sistema, il nipote di Sigmund Freud, Edward Bernays, autore del celebre saggio Propaganda: il miglior travestimento di una dittatura è la democrazia, se si controllano i mezzi di informazione.
La cronaca, per chi la osserva senza passività e pigrizia, è chiarissima: l’Unione Europea, una volta tanto, ha battuto un colpo, esigendo dall’Irlanda il recupero di ben 13 miliardi di euro di sconti e benefici fiscali concessi ad Apple. L’ex tigre celtica aveva vissuto un suo piccolo boom ad inizio millennio, ospitando le sedi di aziende del Fintech, offrendo condizioni tributarie e riparo legale alla girandola di conti, società controllate o di comodo, fatturazioni “carosello” che hanno gonfiato ricavi e profitti della Mela – e non solo- alle spalle dei sistemi tributari di mezza Europa ed alla faccia della libera concorrenza, il mantra più falso che mai, con il quale codesti giganti nemici ci dominano.
Il presidente di Amazon, il cui patrimonio personale è di circa 60 miliardi di dollari, dichiara gli introiti europei in Lussemburgo, il paradiso fiscale “legale” dell’Unione Europea, patria dell’oligarca Jean Paul Juncker, ma soprattutto il porto sicuro di Clairstream ed Eurostream, le società di clearing (compensazione dei debiti e crediti generati dalle attività economiche e finanziarie) che inghiottono, digeriscono e sbiancano i patrimoni più sporchi del mondo. Adesso, lo stesso granducato reclama all’azienda di Jeff Bezos 250 milioni di imposte, che, per uno staterello di circa mezzo milione di abitanti, non sono pochi. Non è difficile intuire che sono gli OTT a gestire i potentissimi server del sistema di clearing e la mole di dati crittografati che, se conosciuti, cambierebbero definitivamente la visione del mondo di miliardi di persone.
Quanto all’Italia, è nel mirino Google, il motore di ricerca con 900.000 server in giro per il mondo, capofila degli investimenti nelle tecnoscienze e dell’intreccio tra alta finanza e tecnologia. L’Agenzia delle Entrate reclama oltre 2,5 miliardi al supercolosso di Mountain View, ed è stupefacente che Confindustria, attraverso il suo organo, Il Sole 24 Ore, abbia preso le difese del grande elusore fiscale seriale. Situazioni analoghe vive Facebook, di cui si conoscono dati ufficiali agghiaccianti: in Francia è riuscita a pagare imposte per 319 mila euro nel 2015 a fronte di ricavi per 266 milioni di euro. Si tratta di meno dello 0,2 per cento, circa l’uno per cento del dovuto! I dati italiani non sono troppo diversi.
Airbnb mette in contatto chi offre locali, stanze, immobili, alberghi e simili e chi li utilizza. Solo a Roma, si parla di un giro di migliaia di pernottamenti giornalieri che sfuggono ad ogni controllo, non solo tributario. Il sistema è assai utilizzato anche per coprire prostituzione e illegalità varie. Gli operatori tradizionali soffrono e non di rado chiudono, oppure devono sottostare ai consueti ricatti del mercato dove il pesce grosso divora senza pietà tutti gli altri, sino a determinare impoverimento e deserto economico. Di Uber sappiamo molto, a partire dalla farsesca liberalizzazione del trasporto privato promossa dal compagno Bersani.
Quanto riferito non è che uno spaccato minimo di quanto sta succedendo da circa dieci anni, con un’accelerazione che possiamo datare all’inizio della presidenza Obama. Fu l’abbronzato avvocato dell’Illinois, infatti, a determinare l’avanzata dei nuovi signori di Mordor, attraverso l’assenza di qualsiasi regola negli Usa, sede delle aziende, dei laboratori di ricerca e, naturalmente, delle entità finanziarie che hanno sostenuto il progetto planetario.
Tuttavia, è proprio negli Usa che si parla di “uberizzazione” o “walmartizzazione” della società, con riferimento all’immensa catena di beni di consumo a bassa qualità ed alla proletarizzazione progressiva di masse umane sempre più ingenti negli stessi paesi cosiddetti sviluppati. La giustificazione teorica, ripetuta sino alla nausea, è che le piattaforme informatiche ed i GAFA, in modo diverso, beneficiano i consumatori. Polverizzata l’intermediazione ed il commercio diretto – anche di grande superficie – i costi scendono. Vero solo in parte, ma intanto milioni di impieghi, migliaia di aziende muoiono, e il consumatore, questo nuovo esemplare zoologico in forma umanoide, non è più tale per mancanza di denaro. Anche l’indebitamento coatto e continuo, il credito al consumo non riescono più a equilibrare il sistema: gli unici vincitori sono i supergrandi, Over the top, appunto.
Un altro osservatore privilegiato che ha lanciato più di un allarme è Giulio Tremonti. Una sua intervista al Corriere della Sera è particolarmente dirompente; forse per questo è comparsa in pieno Ferragosto. Egli è convinto che in Europa, in assenza di una politica di protezione dei valori sociali e personali in pericolo, la combinazione tra OTT e finanza farà scoppiare una nuova crisi, che si può considerare il secondo tempo di quella scoppiata nel 2007 ed esplosa l’anno successivo. Tremonti è forse l’unico appartenente al ceto politico di massimo livello ad ammettere che il cancro del mondo è “l’ascesa al potere totale e globale dei Creso”. Neppure lui, però, si azzarda a portare l’analisi sino in fondo, riconoscendo che le crisi periodiche del modello capitalista mercatistico sono febbri volute e provocate dai piani più alti, per liberarsi dei fardelli “inutili”, impoverire altri popoli e sempre nuovi ceti, concentrando in mani sempre più grandi il mondo privatizzato.
La tecnologia, specie quella informatica e tecnoscientifica, vede realizzare fatturati superiori al PIL di interi Stati di rispettabili dimensioni. La mancanza di regolamentazioni, norme o limitazioni risponde ad una ideologia precisa, che è quella di cui è banditore Mark Zuckerberg, il padrone di Facebook, ovvero l’abolizione di ogni barriera giuridica, economica, fisica o politica che freni il potere economico, finanziario, tecnologico. Ciò è molto chiaro nel manifesto ideologico ha diffuso nel febbraio 2017, ovviamente in forma digitale ed esclusivamente in lingua inglese. Lo ha denominato Building Global Community, costruire la comunità globale, inquietante distopia universalista destinata a realizzarsi se milioni di persone non ne comprenderanno il devastante potenziale antiumano. E’ l’atto di fondazione della nuova repubblica digitale, che è in realtà un impero con al vertice Zuckerberg e la ristretta cupola di coloro che possiedono le conoscenze tecnologiche, indirizzano la ricerca scientifica, controllano l’industria, il denaro, la comunicazione e, possedendo tutti i mezzi, determinano tutti i fini.
L’ideologia che sorregge il progetto di cui Zuckerberg si fa interprete è un libertarismo estremo, tanto nel campo economico sociale che in quello dei cosiddetti “nuovi diritti”, l’intenzione è quella di forgiare una “umanità nova” che nasce, vive e muore sotto la regia di un Grande Fratello tecnologico globale. Basta con il potere degli Stati, quindi dei popoli e delle nazioni che li hanno fondati. Una società del tutto nuova, plasmata a misura di dominio e caratterizzata da un controllo sociale ed individuale generalizzato in cui, paradossalmente, sono i sorvegliati ad offrirsi come prede, in una sconcertante servitù volontaria difficilmente distinguibile dalla dipendenza da stupefacenti. Non si può non citare un brano del libretto cinquecentesco di Etienne de la Boétie, Discorso sulla servitù volontaria: “Eppure questo tiranno, solitario, non c’è bisogno di combatterlo, e nemmeno di difendersi da lui. Non si tratta di strappargli nulla, ma solamente di non offrirgli nulla”.
A differenza del XVI secolo, oggi è molto più difficile riuscire a non offrire nulla di noi stessi alla tirannia digitale. Almeno, cerchiamo di riconoscerla, e qualificarla senza timore totalitarismo del terzo millennio. Per farci accettare il controllo sociale, ci drogano di libertà astratta. Il potere ha ben capito un’intuizione di Friedrich Schiller: “la gente esige la libertà di parola per compensare la libertà di pensiero, che, invece, rifugge”. Il mondo a cui abbiamo accennato sta portando a termine una rivoluzione paragonabile ai cambiamenti prodotti dal petrolio o dall’energia elettrica che sconfisse il buio. Lenin affermò che la rivoluzione comunista era il Soviet più l’elettrificazione. Oggi, abbiamo l’informatica più le biotecnologie al servizio di un grumo di multinazionali, con al centro le cosiddette Big Data. La rivoluzione digitale ci sta trasportando verso una docilità volontaria, premessa all’irreversibile rinuncia alla libertà ed alla personalità. L’intento delle multinazionali con sede negli Stati Uniti, i Big Data, i giganti dei dati e della tecnologia informatica, è quello di operare una radicale trasformazione delle nostre società sino a renderci, collettivamente ed individualmente, dipendenti da loro come un tossico dalla dose quotidiana.
Il fiume di denaro e profitto è vorticoso. La società Booz Allen Hamilton, per la quale lavorò il famoso divulgatore di segreti spionistici digitali Edward Snowden, ha incassato 13 miliardi di dollari (circa 25.000 miliardi delle vecchie lire!) dal Dipartimento di Stato per la Sicurezza, e le sue prestazioni sono di natura schiettamente spionistica. L’azienda è controllata dal gruppo Carlyle, uno dei massimi fondi d’investimento del globo, che vanta un attivo di 150 miliardi di dollari ed è definito, negli ambienti finanziari, la banca d’affari della CIA. Un’altra società, Palantir (il nome è una citazione del Signore degli Anelli, le pietre che permettono di conoscere il futuro) è specializzata nella raccolta analitica di dati, vale già 15 miliardi di dollari, è del ricordato Peter Thiel (Paypal, Google) e, stando alle “voci di dentro”, elabora algoritmi destinati a CIA, NSA, FBI. Lo stesso Thiel è promotore di Organizzazioni Non Governative che professano un liberismo economico assoluto e considera suo maestro il filosofo francese René Girard. Il teorico del Capro Espiatorio fu infatti lo scopritore del “desiderio mimetico” che animerebbe l’umanità, studiato con attenzione dagli scienziati del marketing, della pubblicità per le sue ricadute nell’ambito del consumo.
Significativamente, stanno scoraggiando l’uso di denaro contante con la risibile scusa del contrasto alla criminalità organizzata, la quale altro non è che la faccia nascosta di Fintech, il verminaio che scopriamo nel bosco sotto un tronco spezzato. A parte le ragioni di interesse immediato delle cupole finanziarie e quelle politiche di chi teme, in tempi di crisi, le corse agli sportelli, esistono altri due scopi. Da un lato, la mappatura di ogni nostra spesa o transazione per fini di varia natura, ma essenzialmente per ricatto e dominio, dall’altro si alimenta il già florido mercato delle carte elettroniche e dei microchip a radio frequenza (tecnologia RFID). In più, ci lasciano senza portafogli, con effetti psicologici profondi: homo sine pecunia imago mortis, e non c’è bisogno di traduzione.
Altre dominazioni incombono: i due maggiori fondi d’investimento, Carlyle e Blackstone, i cui domines sono le tre- quattro famiglie più potenti del globo, hanno speso la bazzecola di dieci miliardi di dollari per rilevare NCR, il gigante che produce registratori di cassa, distributori di banconote e dà in licenza la tecnologia dei POS, le macchinette attraverso le quali paghiamo con bancomat o carta di credito, presto obbligatorie anche presso i venditori stagionali di angurie e caldarroste. Intanto Paypal sta studiando una pillola che consentirà di non dover più conservare o ricordare le password di accesso ai servizi. La soluzione finale è un circuito stampato, che diventa un tatuaggio elettronico in grado di monitorare dati corporei, aprire i cancelli al posto delle card e simili prodigi: l’alienazione dell’Apocalisse, portare sul corpo il marchio della Bestia postmoderna, il 666 personalizzato ed inconfondibile di Big Data.
Poi c’è il fondo In-Q-Tel, messo in piedi dall’intelligence americana in collaborazione con i giganti di Silicon Valley, che investono in società specializzate nell’analisi e nel controllo delle reti sociali (social media). Un applicativo il cui nome è Dataminr, al fine di anticipare gli eventi, processa dati provenienti da Twitter, il cinguettio preferito dalle classi dirigenti di tutto il mondo. Prodotti simili vengono regolarmente utilizzati dalle banche d’affari per prevedere i movimenti di mercato. In parole semplici, se la cantano e se la suonano. Ma vogliamo essere “smart”, furbetti solo per qualche attimo, ed allora diciamo che si tratta di aggiotaggio ed “insider trading” in grande stile. Il mercato deve essere libero, anzi sgombro; prima fuori i piccoli, poi i meno grandi o i non allineati, infine fuori tutti. La privatizzazione del mondo per concentrazione successiva procede spedita e la fintech degli OTT ne è il profeta e braccio secolare. Come ha rivelato il giornalista investigativo Daniel Estulin, i vertici di Big Data partecipano alle riunioni del riservatissimo Gruppo Bilderberg, dove, alcuni anni fa, si è discusso amabilmente della collaborazione tra Stati nel ciberspazio, con ampia approvazione della partecipazione attiva dei giganti privati.
Microsoft investì centinaia di milioni di dollari per consentire ad alcune multinazionali, tra le quali Coca Cola e Blockbuster, l’accesso ai dati di Facebook, autentica miniera di informazioni planetarie e potente strumento di controllo. La più grande azienda che compravende legalmente dati è Acxiom, di cui Facebook è socia. Google è il colosso dei colossi e possiede migliaia di server dislocati in tutto il mondo dedicati ad immagazzinare e conservare informazioni personali e globali; sta inoltre sviluppando un computer quantistico che polverizzerà la già ragguardevole velocità raggiunta dagli apparecchi in attività. Il controllo telematico, dunque, ha Google come snodo ed insieme terminale. Il suo stesso nome è un vasto programma, giacché richiama la potenza inesprimibile dell’infinito. Googol è infatti un termine coniato da un matematico per esprimere il numero formato da 1 con 100 zeri, cioè 10 alla centesima potenza. Quel numero illustra la differenza tra un numero enorme e l’infinito. Gli indicatori che Google usa per tracciarci sono almeno sessanta, e il Bilderberg ha orientato vari incontri sulle tecnologie di controllo della popolazione.
Quanto ad Apple, la creatura di Steve Jobs dispone di capitali liquidi per almeno 215 miliardi di dollari, quasi interamente nascosti nei numerosi paradisi fiscali (gli autentici Stati canaglia) con il consenso del governo USA ed a spese di un intero popolo. Possono farlo, giacché gli interessi sono inestricabilmente connessi e il potere di ricatto di chi, letteralmente tutto sa, è immenso. La capitalizzazione è la più elevata mai raggiunta, 815 miliardi di dollari. La Mela ammise già nel 2008 di poter controllare gli i-phone a distanza, una delle sue invenzioni rivoluzionarie, con i computer Macintosh, i lettori di musica iPod, i tablet i-pad e tanto altro. Amazon segue con circa 500 miliardi. I ricavi annui di Facebook e Google, nella piccola provincia dell’impero chiamata Italia sono di almeno 2,5 miliardi ciascuno, ed aumentano del dieci per cento ad ogni esercizio, fagocitando e quasi sputando dalle fauci ogni concorrenza, nell’impotenza normativa e tributaria tanto italiana che europea.
Microsoft gode di una posizione di monopolio planetario nei sistemi operativi dei personal computer Windows, ed è proprietaria, tra l’altro di Skype, il colosso della messaggistica istantanea il cui portafogli è di circa 700 milioni di utenti registrati. I loro dati, ça va sans dire, sono entrati nella disponibilità della NSA americana. Lo stesso sistema Windows, nella sua versione più recente (Windows 10) raccoglie informazioni sul nostro conto. Può farlo, giacché li forniamo noi stessi: difficile che disattiviamo le opzioni che ci vengono offerte all’atto dell’installazione, raro che neghiamo alle applicazioni il permesso di usare il nostro identificativo.
L’economia postmoderna segue due linee principali: l’innovazione e la tecnologia distruggono il lavoro degli uomini, i costi immensi degli investimenti espellono inesorabilmente dal mercato anche i grandi. Restano i giganti. Whatsapp, il noto servizio di messaggi istantanei, è stato fagocitato da Facebook per 19 miliardi di dollari. Il monopolio generalizzato vede protagoniste nuove figure aziendali, le piattaforme digitali. Una è ormai molto conosciuta dal grande pubblico, ed è Uber. Si tratta di un servizio di intermediazione per trasporti di persone destinato ad eliminare i tassisti e le aziende di trasporto charter. Con un semplice accesso, si prenota un’automobile che ci porterà a destinazione. Uber incassa una percentuale (sono i nuovi caporali dal raggio d’azione illimitato), chi ci trasporta intasca pochi euro, oneri e rischi sono a suo carico. Ricordate la serrata propaganda sul diventare imprenditori di se stessi? Questo era l’obiettivo, il risultato è sotto gli occhi di chi vuol vedere.
I NATU, Netflix, Airbnb, Tesla, Uber sono legati ai supergiganti, poiché il processo di concentrazione è devastante. Airbnb è il concorrente del settore alberghiero, in Francia ha solo 25 dipendenti ed un fatturato di 800 milioni. I contratti sono individuali, precari, espellono i sindacati, ma soprattutto la solidarietà interpersonale. L’universo NATU generalizza una visione puramente mercantile della vita, hanno sostituito il concetto di persona- e di cittadino – con quello di consumatore, il nuovo idolo per i cui interessi dicono di lavorare. Il costo del lavoro nel mondo calerà ulteriormente, probabile un 16 per cento in meno in due-quattro anni. La torta da dividere è sempre quella, però, ed al 90 per cento dell’obsoleta umanità tocca contendersi poche briciole graziosamente sparse sotto il tavolo. Rivoluzione industriale senza crescita.
Le uniche funzioni che il monopolio globale degli OTT lascerà agli Stati saranno quelle di polizia e difesa intransigente della loro proprietà privata- contraffazione, brevetti, privativa industriale, licenze. Loro forniranno a caro prezzo i mezzi informatici e tecnologici di supporto e la facoltà di distribuire un reddito universale a quella maggioranza (a regime forse l’80 per cento) che non potrà più produrre redditi. Troppo pericolosa una massa senz’arte né parte. Bisognerà pagarla affinché non si ribelli e, consumando almeno un po’, alimenti il sistema. Tanto il denaro tornerà alla base, ovvero all’oligarchia.
Un bel dì vedremo alzarsi un fil di fumo, canta la triste Cio-Cio-San (Madame Butterfly) sognando il ritorno dell’amato Pinkerton. Il fumo verrà dalla Cina e sarà un incendio già attizzato con prepotenza, si chiama Alibaba, Tencent, Baidu, Huawei: altri OTT. Un’ulteriore rivoluzione è quella delle criptovalute, il denaro virtuale tra cui spicca il Bitcoin, su cui si allungano gli appetiti di Goldman & Sachs e probabilmente creerà problemi alle stesse banche centrali nell’emissione monetaria, con possibili nuove bolle speculative dagli effetti imprevedibili. Ciò realizzerà le teorizzazioni degli ultraliberisti Von Hajek e Friedman sulla concorrenza tra soggetti emittenti di monete.
Negli anni trenta del Novecento, Irving Fisher, un importante economista dell’epoca, diffuse beffardamente l’idea di “helicopter money”, la proposta cioè di lanciare denaro alla folla per sostenere i consumi. Con accenti diversi, i due citati venerati maestri del liberismo più intransigente immaginarono ciò che sta diventando realtà. Ne riparleremo in una riflessione successiva: un modesto reddito a tutti, inferiore al salario minimo di chi lavora, per ungere le ruote del meccanismo e, soprattutto, per disinnescare la bomba sociale (noi diciamo antropologica) di una società senza lavoro. Al vertice gli OTT fintech, finanza più tecnologia più gli “Stati profondi” degli Usa e dei loro alleati più stretti, Israele e Gran Bretagna.
Coming soon, come dicono loro: stanno arrivando.
5 commenti su “I nuovi padroni del mondo, i signori della rete e delle nuove tecnologie – di Roberto Pecchioli”
è spaventoso
Non è spaventoso. E’ l’Apocalisse silenziosa che si sta realizzando. San Giovanni l’aveva vista nei suoi aspetti allegorici. Ora, noi, la stiamo vedendo nella sua lenta ma inesorabile manifestazione. Un consiglio pratico e minimo. Uscire immediatamente da Facebook, Twitter, Messenger, Whatsapp e da qualsiasi altro social network.
bravo Alessandro! E’ il minimo sindacale, essendo ormai impossibile recidere altri e ben più stretti cordoni che ci legano alla pubblica amministrazione, alle banche, alle transazioni commerciali sempre più agevolate nella loro telematicità..
Senza parole e, purtroppo, nella consapevolezza della mia personale impotenza di fronte alla pervasività senza limiti delle Sirene ammaliatrici, braccio amabile a carezzevole, di queste nuove tecnologie che vezzeggerebbero ogni aspetto della Nostra umana quotidianità. Ricordo, oramai più di vent’anni fa, le discussioni animose fra il sottoscritto ed uno dei lettori di tedesco II all’università, entusiasta fautore della rivoluzione di Internet. E’ indubbio che siano ora possibili cose fino a qualche lustro fa impensabili e che in parte ci abbiano reso la vita enormemente più agevole; la domanda è, e per me è sempre stata, fin dall’inizio e non solo in quanto inorridito dalla lettura di Orwell, QUANTO CE LA FARANNO PAGARE in termini reali ? Ecco, questa domanda rimane tutt’ora senza risposta perché un baratro sempre più fondo si sta aprendo di fronte a noi.
Signori miei, compratevi un cellulare da 19 euro, con i tasti veri, un bel display leggibile e l’auricolare. Potrete telefonare e mandare tutti i messaggini che volete: “cara, butta la pasta che sto arrivando”. La batteria durerà a lungo, prenderete poche radiazioni, i vostri occhi, le mani e il portafogli vi ringrazieranno; avrete più tempo per voi e i vostri cari, e non darete un centesimo a quei farabutti. E non capirete la necessità di avere un “telefono intelligente”. Basta la vostra, di intelligenza.