I fenomeni delle istituzioni, tenutari del potere dal centro e alla periferia, estraggono conigli colorati dal cilindro magico che è stato consegnato loro in omaggio insieme alla poltrona – o allo strapuntino, o al distintivo. Si divertono a escogitare nuove forme di tortura su una popolazione ridotta allo stremo e ormai votata alla sottomissione per causa di forza maggiore. Giocano tutti al nuovo gioco di società, senza distinzione di fede e di colore politico: vince chi conquista al banco il maggior numero di schiavi.
È un gioco estremo, che genera dipendenza e conquista i poveri di spirito di ogni latitudine. Essi si eccitano a giocarlo, sanno di essere in buona compagnia e di poter giocare sporco perché, tanto, la compagnia medesima li coprirà. Anzi, li premierà.
OBIETTIVO MINORENNI Esterno, giorno, centro città. Due ragazzini stanno tornando a casa. Hanno commesso qualcosa di molto, molto illecito: sono passati a salutare un amico che soffre, non di Covid, no, ma di quello strisciante disagio psicopandemico che tutti tacciono, ma che sta moltiplicando esponenzialmente sintomi depressivi, disturbi alimentari, gesti di autolesionismo. Anche suicidi.
Appare d’improvviso una pattuglia alle spalle. I due si dividono, viene loro istintivo. I gendarmi affiancano uno dei due e lo interrogano: sto tornando a casa, sono andato a salutare un amico. La verità. Multa di duecentottantotto euro. Ma è pieno di gente che gira qui intorno. Sì, ma chissenefrega, noi abbiamo beccato te e tu sei fuorilegge. E ringrazia per lo sconto, che teniamo buona la bici a mano (era a mano) sennò, col veicolo, la sanzione saliva a cinquecento. «Non aveva alcun motivo per circolare fuori dalla propria abitazione» recita il verbale, con sprezzo del ridicolo oltre che della legge, questa sconosciuta specialmente ai suoi pseudotutori.
Pressoché in contemporanea ci scrive un’amica insegnante, di un’altra città, testualmente: «Questa è una guerra contro i giovani e i bambini, si vedono le volanti dare la caccia ai ragazzini che si ritrovano il pomeriggio, dopo una mattina di Dad, a fare due passi insieme, li ho visti coi miei occhi avvicinarli spaventandoli, mentre alcuni di loro si nascondevano dietro le macchine per non farsi scovare. Siamo alla follia pura, la benzina per inseguire gli spacciatori non la consumano più? Questi ragazzi cresceranno con la paura delle forze dell’ordine, le considereranno i loro aguzzini. Fare una passeggiata con un amichetto sta diventando il gesto più trasgressivo per questa generazione».
L’EBBREZZA DELLA PREVARICAZIONE Infierire su ragazzini inermi dà delle soddisfazioni, fa salire il godimento, permette di vincere facile e di appuntarsi stellette gratis. Si torna alla centrale col bottino, l’amministrazione ringrazia per il potenziale incasso. E poi, si sa, la mossa assicura un effetto social collaterale, che è dirompente perché parte il passaparola, dilaga la paura della multa, della sgridata di mamma e papà, non si può mica rischiare, tocca murarsi vivi. Al più circolare dentro la propria abitazione, come sbirro comanda.
Che vuole dire rinunciare a tutto, oltre alla scuola sbarrata, per trasferirsi armi e bagagli negli spazi spettrali del virtuale, gli unici a restare aperti ventiquattrore su ventiquattro per alienare ciò che ancora resta di vagamente umano.
E monta il magone, cresce la solitudine, scavano il rimorso e la paura per quell’amico in difficoltà a cui ci si voleva stringere per un attimo guardandosi negli occhi, perché, quando i grandi si accaniscono, un cordone sanitario autogestito può essere un’ancora per tutti, per chi sta già male e per chi invece chissà.
La si chiami compassione (patire insieme), la si chiami pietà, mutuo soccorso o istinto di sopravvivenza, la bella notizia è che serpeggia ancora tra le nuove generazioni. Finché esemplari più cresciuti ed evoluti non riusciranno a schiacciare ogni residuo di umanità rimasto fuori dai radar del controllo panottico generalizzato.
CITTADINO CRIMINALE Riflettiamo un secondo: nei sistemi giuridici in giro per il mondo, per lo più bonificati della pena capitale troppo disumana, la pena più dura che si può infliggere a un criminale consiste nel privarlo della propria libertà. Della libertà di deambulare per il territorio nazionale, come previsto dalla Costituzione più bella del mondo, certo. Ma soprattutto – la parte più dolorosa della punizione è quella più intima – del contatto umano.
Il condannato per crimini gravi non può incontrare i propri cari se non in tempi contingentati e sotto l’occhio vigile dell’autorità. È privato della facoltà di stare con i parenti, con gli amici, e a maggior ragione – si pensi solo a quanto ora sia diventata pericolosa questa idea – di conoscere gente nuova.
Siamo dunque al paradosso che il carcerato del 2019 vantava più diritti del cittadino incensurato del 2021, condannato incolpevole alla reclusione semipermanente. A lui, che non può nemmeno andare a trovare la nonna segregata o l’amico che si vuole buttare dalla finestra, sono rimasti in mano meno diritti di chi è finito in galera per stupro, per rapina o per omicidio.
La repressione del paradigma biototalitario non è più una teoria da intellettuali ribelli, ma l’incontrovertibile realtà delle cose. E non c’è da stupirsi se gli psicopoliziotti si accaniscono sui minorenni – si chiama abuso di potere, ma la diffusione della fattispecie l’ha, di fatto, depenalizzato – perché loro non sanno difendersi, sono abituati a prendere ordini dai superiori, non invocano la Costituzione e non fanno ricorso. Di più: sono plasmabili, e l’ordine è quello di forgiarli al nuovo paradigma, farli diventare criceti storni nella ruota del Nuovo Ordine. Il poliziotto pandemico che multa e intimorisce tuo figlio lo sta, in realtà, resettando, forse a sua stessa (dello sbirro) insaputa.
Il Grande Reset di cui molto si parla, infatti, non è tanto o solo un piano sociopolitico o geopolitico: è una riforma in interiore homine, della psiche e anche del corpo, ora che la popolazione prona sta subendo modificazioni del DNA attraverso terapie geniche spacciate per “vaccini”.
OBBEDIRE O COMBATTERE? Il rischio maggiore, ora, è quello che i ragazzi interiorizzino la colpa. «Ci dispiace, abbiamo sbagliato noi» diranno allo psico-poliziotto, o ai genitori tornando a casa con la multa. «Ci dispiace, non ci siamo sparpagliati nel modo giusto», «non abbiamo avuto la prontezza di dire che dovevamo andare in farmacia». L’interiorizzazione di una colpa inesistente è – come dimostrano i casi recenti emersi sulle atrocità della Cia nella cosiddetta guerra al terrore – l’esito di una tortura che ha avuto successo. Si ottiene quando la mente di una persona, dopo essere stata bombardata di privazioni, minacce e percosse, si frantuma. Il torturato diventa un’ombra del suo sé precedente ed è disposto a dire qualsiasi cosa – anche falsità, se sono quelle che vuol sentirsi dire l’autorità. È proprio quello che sta succedendo, e le principali vittime predestinate sono i nostri figli.
È allora il momento di ripeterlo a noi stessi, pregando Dio di riuscirci: insegniamo loro non ad obbedire, ma a lottare. Insegniamo loro che la verità e la dignità di ogni essere umano sono incontrovertibili, inscalfibili, sacre: esse valgono lo scontro, valgono persino il sacrificio. Insegniamo loro che, se vogliamo far implodere questo improvviso evo di menzogna, abbiamo bisogno del loro aiuto. E cancelliamo per sempre dal nostro vocabolario la parola resilienza. La parola più giusta è resistenza.
4 commenti su “I nostri figli nel mirino della repressione pandemica”
Vorrei commentare in maniera estesa, ma mi viene solamente da esclamare “Signore, abbi pietà di noi!”.
Cosa fare però nel concreto con i nostri figli? Educazione parentale? La tentazione è forte, ma è forte anche la rivendicazione di una scuola buona, davvero buona, per loro. Il combattimento, se affrontato da soli, può far paura… come unire le forze?
Chiara da Roma
Come abbiamo potuto scendere così tanto nel lasciare che queste e altre prevaricazioni ci riducessero a quasi schiavi? Cosa potrà avvenire da un momento all’altro? Possiie onsi capisca che la misura è stracolma??!
Dottoressa quanta verità! Soffro anche io tantissimo per i nostri bambini e ragazzi adolescenti! Dico “nostri” perché dovremmo sentire in questo momento anche nostri i figli degli altri , quando giro per strada e vedo bambini di 7-8 anni mascherati insieme ai loro genitori mi viene da piangere! Mio figlio a Novembre dello scorso anno e’diventato maggiorenne , da sempre ho cercato di farlo ragionare sulle cose e di pensare sempre prima di agire .Di fronte a questa situazione folle ,io ho scelto di reagire fin dall’inizio , cercando di capire le vere ragioni di tutto questo odio verso l’umanità e gli e l’ho spiegato. Ora sta a lui capire come comportarsi e sono orgogliosa che non china la testa quando viene fermato da un agente di polizia o dal sindaco del paese il quale con fare minaccioso ,affronta i ragazzi che sono in gruppo di essere sanzionati ! Zona rossa- arancione – verde , multe , a noi non importa , continuiamo a fare la nostra vita di sempre ed è quello che invito a fare fare a mio figlio . Il punto dottoressa , è che non tutti i genitori sono consapevoli di tanta verità e non tirano fuori gli attributi per poter lottare non solo per loro stessi ma per i propri ragazzi . Il grande reset oltre a modificare il settore economico e sociale ,distruggera’ l’umanità dell’individuo , farà pulizia di esseri vivi e pensanti e rimarranno pochi esseri viventi che desiderano ancora pensare e vivere liberamente ma che di fatto per poterlo fare , dovranno emigrare in qualche paese dove ancora la democrazia esista ed è quello che spero che scelga di fare mio figlio ! Grazie dottoressa per i suoi pensieri veri e diretti ma anche molto dolorosi per chi ne è consapevole . Elisabetta Gamberini da Bologna .
Purtroppo molti credono che per essere di destra sia necessario difendere sempre, comunque e dovunque chi porta una divisa. Osservo poi che i giornali legati alla “oppofinzione” (“Secolo d’Italia” compreso) sono in prima fila nella campagna terroristica, nel vituperio di chi osa dubitare della “vulgata” vaccinomane e mascherinata e nell’esaltazione di presunti esperti, delatori, sceriffi ecc.