di P. Giovanni Cavalcoli, OP
I modernisti stanno organizzando un’operazione in grande stile per accaparrarsi il Papa giocando sulla carta, sempre molto efficace, della simpatia universale che Papa Francesco ha suscitato nei suoi confronti per le sue parole, i suoi gesti e i suoi precedenti da Cardinale che ce lo fanno vedere come un uomo semplice e umile, vorremmo dire “francescano”, fortemente sensibile ai bisogni dei poveri e contrario agli atteggiamenti della prepotenza, dell’avarizia e della mondanità.
Dopo aver mandato avanti Vito Mancuso, i modernisti di recente ci hanno propinato altri due eminenti e famosi rappresentanti del più raffinato modernismo: Leonardo Boff sul sito comunista Bandiera Rossa ed Hans Küng sul sito Leggioggi. La mossa è abile e nel contempo perfida, tutta intrisa del loro caratteristico secolarismo, che li porta ad argomentare non come uomini di fede, consapevoli di quello che è il ministero petrino, il carattere sacramentale e il fine soprannturale della Chiesa, nonché le vere esigenze evangeliche della dottrina, dell’etica e della vita cristiane, ma con lo stesso stile col quale si ragiona di politica, di affari, in una prospettiva meramente umana e terrena, senza alcuna apertura o comprensione per l’autentica realtà della Chiesa Sposa di Cristo Crocifisso, come ha già detto con chiarezza Papa Francesco. Inoltre non mancano le velate minacce di insuccesso mondano, cosa che alla Sposa di Cristo avvezza a seguire il suo Sposo Crocifisso, non desta particolare preoccupazione. Essa sa comunque che il suo Sposo ha vinto il mondo e che pertanto essa attende serenamente la vittoria.
Ma già queste parole del Papa sono cadute nel vuoto per i modernisti, i quali, come è loro abitudine, si stanno costruendo un Papa ad usum delphini senza rendersi conto di quanta delusione proveranno tra poco, delusione che li trasformerà da dolci ed entusiasti adulatori in feroci e sarcastici nemici, anche se noi come cattolici, dobbiamo sempre sperare e pregare per la loro conversione.
Qualcosa di simile successe anche quando fu eletto Benedetto XVI. Immediatamente dopo la sua elezione Hans Küng, il quale aveva lavorato insieme con Ratzinger come perito al Concilio Vaticano II, per cui c’era stata una vecchia amicizia, si precipitò dal Papa ed ebbe con lui un colloquio di due ore nel quale molto probabilmente egli, ricordando la vecchia amicizia, tentò di avvicinare il Papa ai modernisti.
Sennonchè però già da molti anni Ratzinger si era opposto ad essi soprattutto nella loro tendenza rahneriana, per cui non ci fu nulla da fare. Allora Küng, su tutte le furie, si scagliò contro il Papa, riprendendo la sua vecchia abitudine che gli aveva causato l’intervento da parte di Roma, la quale gli tolse il titolo di “docente cattolico”.
E’ questo del resto il tradizionale metodo degli eretici, i quali o attaccano il Papa direttamente spesso con insulti e calunnie, oppure cercano di portarlo dalla loro parte. Esempio famoso di questo atteggiamento fu quello di Giordano Bruno, il quale venne in Italia dall’estero con l’intento e la speranza di convincere il Papa delle sue idee. Ma, come sappiamo, mal glie ne incolse, anche se naturalmente e giustamente la Chiesa oggi ha abbandonato una tale severità.
Ma la perfidia dell’operazione dei modernisti consiste nel tentativo assurdo di squalificare Papa Ratzinger presentato come un retrivo legato al potere della Curia Romana, dalle visuali ristrette ed insensibile al grido dei poveri, mentre ogni speranza è volta nel nuovo Papa, così come si fa quando caduto un dittatore ci si getta nelle braccia, non si sa con quanto sincerità, del nuovo regime che ha cacciato quello precedente. Dal che noi vediamo con quanta miopia questi modernisti prendono in considerazione e valutano l’operato e il dovere del Sommo Pontefice.
Così, in questo quadro meschino di considerazioni, le dimissioni di Papa Ratzinger, secondo Boff, sarebbero state causate dal “fallimento della sua teologia” arretrata ed autoritaria, come se il Magistero pontificio fosse il riflesso delle personali idee più o meno discutibili dello stesso Papa e non l’espressione del Magistero perenne, universale ed infallibile della Chiesa.
In realtà, come ho spiegato di recente su questo sito, Benedetto XVI, come appare da molti segni e prove e non dalla fantasia morbosa ed ipocrita di Boff, si è trovato impari all’impresa di continuare a guidare una Chiesa all’interno della quale i modernisti hanno dato la scalata al potere, sino a giungere di recente, come testimonia per esempio l’affare Gabriele, all’interno stesso della Segretaria di Stato. Tali modernisti, anche se non lo vogliono riconoscere, sono alleati ed espressione del grande potere finanziario massonico corruttore e corrotto internazionale, oppressore delle grandi masse di poveri nel mondo, compresa l’America Latina.
In tal modo Papa Ratzinger si è trovato nell’impossibilità di continuare il suo ministero, che era in procinto di esprimersi con un’enciclica sulla fede, la quale certamente avrebbe smascherato le mene dei corruttori della Chiesa, cosa per loro evidentemente insopportabile e che li ha spinti a bloccare il Papa.
Naturalmente se questi mestatori hanno fermato un Papa, certamente non potranno fermare il Papato, e per questo a Papa Benedetto è succeduto Papa Francesco, ma i modernisti non si illudano che il nuovo Papa smentisca o cambi quella linea di dottrina e di governo, che non ha caratterizzato Ratzinger in quanto persona privata, ma il Magistero della Chiesa come tale, chiamato nella perennità e nell’universalità della sua dottrina a sfidare i secoli e a guidare l’umanità alla pienezza finale del Regno di Dio.
D’altra parte, non pensino i modernisti che Ratzinger ora stia zitto, anche se egli con tanta umiltà e forte spirito religioso, ha detto di volersi ritirare nella solitudine e nel silenzio per prepararsi al finale incontro col Signore. Tuttavia Ratzinger, rivolgendosi ai fedeli, pochi giorni prima di lasciare il ministero, ha detto bensì loro di “lasciare il mondo”, ma non la Chiesa, cosa che evidentemente significa che egli, considerando la sua grande cultura di teologo e la sua lunga e ricca esperienza di pastore, certamente sente ancora la responsabilità di dare un suo contributo al bene della Chiesa nella piena comunione e sottomissione al nuovo Vicario di Cristo. E sono certo che quest’ultimo, con l’umiltà che lo caratterizza, sarà ben contento di sentire i pareri del Papa emerito.
Potremmo aggiungere che un elemento sul quale i modernisti certamente cercheranno di far leva sono le recenti lodi fatte dal Papa al Card. Kasper per un suo libro dedicato alla misericordia divina, tema evidentemente fondamentale dell’etica cristiana, e dal quale il Papa ha preso spunto per offrirci alcune sagge parole.
Occorre a tal riguardo notare subito, al fine di sventare una probabile mossa dei modernisti, che le lodi di Papa Francesco non vanno certamente alla teologia di Kasper nel suo complesso, e questo è molto importante, giacchè purtroppo il Kasper, prima di essere elevato al cardinalato, scrisse alcune opere di cristologia contenenti tesi non conformi alla dottrina della fede, come ho illustrato e documentato nel mio libro “Il mistero della Redenzione”[1].
Il difetto della cristologia di Kasper riguarda in modo particolare la concezione della Redenzione, nella quale non emerge il tradizionale aspetto espiatorio e riparatore dell’opera di Cristo come soddisfazione vicaria data al Padre per il peccato dell’uomo e quindi per la remissione dei peccati, come dice il Concilio di Trento: “satisfecit pro nobis”.
Questa, che è la più grande opera di misericordia che il Padre ha compiuto nel Figlio e nello Spirito Santo per la salvezza dell’uomo, è invece interpretata da Kasper, con esplicito riferimento ad Hegel, in modo dialettico, ossia come ritorno di Dio a Dio nella sintesi dialettica che si opera sulla base dell’autoalienazione di Dio. Traducendo in termini teologici, la croce di Cristo appare in questa visuale come Dio che nega sé stesso, mentre l’accettazione che il Padre fa del sacrificio di Cristo, si presenta sempre in modo dialettico come la ricongiunzione di Dio Figlio con Dio Padre.
Ora è evidente che in questa visuale non si salva la visione cattolica della misericordia divina, che invece appare non come un mistero di fede, ma come il risultato di un processo dialettico per lo più basato su di una contraddizione tra Dio e Dio che mette in crisi quella che è la semplicità e l’unità della natura divina, nonché l’amore che unisce il Padre al Figlio, anche se il Padre ha chiesto al Figlio di sacrificarsi per la salvezza del mondo.
Dobbiamo allora osservare che la vera misericordia nel senso cristiano non è una semplice solidarietà con i poveri o una compassione per i sofferenti, cosa che si nota anche in altre religioni come per esempio il buddismo. Infatti nel citare le parole di Kasper, il Papa presenta la misericordia come semplice sentimento umano, il che naturalmente non è sbagliato, però non è ancora sufficiente e questo è testimoniato dal fatto che il Pontefice riprende per conto proprio il discorso di Kasper e lo approfondisce in un senso autenticamente cristiano.
Questo significato cristiano della misericordia è legato all’opera della riparazione, che è innanzitutto quella di Cristo, che si offre al Padre al nostro posto non perché noi siamo esentati dal dovere di collaborare a quest’opera riparatrice, ma per il semplice fatto che Cristo, essendo Dio, è solo Lui in grado di compensare adeguatamente il Padre per l’offesa infinita del peccato.
Invece purtroppo nella cristologia di Kasper, mancando il concetto della riparazione, viene compromesso anche il significato autentico della misericordia cristiana, la quale, come insegna San Tommaso, ha condotto il Padre celeste a darci in Cristo la possibilità di riparare ai nostri peccati. Pertanto l’opera della misericordia comporta certamente l’attenzione ai sofferenti e ai bisognosi, ma da un punto di vista cristiano va intesa soprattutto come opera di liberazione dell’uomo dalle tenebre del peccato.
In questa visuale San Tommaso poteva dire che la più grande opera di misericordia è condurre il fratello dalle tenebre dell’errore alla luce della verità, anche se è chiaro che in certe circostanze, nelle quali l’uomo è afflitto dalla fame del cibo materiale, occorre innanzitutto sovvenirlo in questo nell’intento ultimo di soddisfare la sua fame di Dio.
[1] Ed. ESD, Bologna, 2004.