A proposito dell’ultima tragedia in mare… Cito solo lo straniante concetto di “ricerca della felicità” applicato da papa Francesco ai poveretti morti nel naufragio. Concetto straniante, perché tremendamente, terribilmente, impietosamente umano. Concetto estraneo a una visione cristiana della vita e della morte, ma così caro al mondo.
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Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
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Il successo di questa rubrica è testimoniato dal numero crescente di lettere che arrivano in redazione. A questo proposito preghiamo gli amici lettori di contenere i propri testi entro un massimo di 800 – 1.000 battute. In tal modo sarà più facile rispondere a più lettere nella stessa settimana. Ringraziamo tutti per la gentile attenzione e collaborazione.
PD
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Martedì 21 aprile 2015
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E’ pervenuta in Redazione:
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Carissimo Alessandro Gnocchi,
vorrei porle una domanda molto semplice che, temo, richieda di una risposta complessa. La domanda è questa: perché oggi i cattolici non hanno più nulla di cattolico da dire su quanto accade nel mondo? Prendo spunto dall’ultimo naufragio del barcone carico di quelli che si continua a chiamare “migranti” ma in realtà non si sa bene che cosa siano, avvenuto nei giorni scorsi nel canale di Sicilia. Ecco, prendo spunto da questa tragedia e penso alle banalità uscite dalla bocca di tanti, troppi cattolici che non fanno che ripetere quanto dicono gli altri. Ma potrei prendere spunto da infiniti altri esempi. Mi dica lei dove sta la ragione di tutto questo, di questa rinuncia a dire qualcosa di vero su quanto accade nel mondo.
Grazie per l’attenzione.
Marcello Lorenzetti
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la domanda che pone è semplice nella formulazione, ma niente affatto nella sostanza. E la risposta, più che complessa, è remota, affonda le radici nella crisi che la Chiesa sta patendo manifestamente dai tempi del Concilio Vaticano II e nascostamente da molto prima. Per darci un limite possiamo fermarci alla diffusione cancrenosa del modernismo, ma senza esaurire certo l’argomento. La radicale novità della primavera conciliare sta nell’aver formato una gerarchia che, in tutto o in parte, ha assecondato la crisi invece che combatterla, a differenza di quanto avveniva prima, quando la gerarchia, in tutto o in parte, combatteva la crisi invece che assecondarla.
A proposito del fatto che lei porta ad esempio, salto a piedi pari le dichiarazioni, gli articoli, le interviste, i commenti che i cattolici hanno copiato dal mondo per imbrattare i loro giornali, per saturare le onde a modulazione di frequenza, per addobbare antenne e parabole e ingolfare il web. Cito solo lo straniante concetto di “ricerca della felicità” applicato da papa Francesco ai poveretti morti nel naufragio. Concetto straniante, caro Lorenzetti, perché tremendamente, terribilmente, impietosamente umano. Concetto estraneo a una visione cristiana della vita e della morte, ma così caro al mondo.
Se ci si guarda attorno nella Chiesa del terzo millennio, dire che il sale della terra sia ormai tutto tramutato in zucchero sarebbe forse sbagliato. Ma, se si dice “quasi tutto”, non si è lontani dal vero. Sarebbe fuorviante nascondersi che la radicale diversità del cattolicesimo, per sua natura antagonista al mondo, ormai è stata dilapidata da una gioiosa macchina di pace votata a un dolciastro laicizzare, a un mellifluo omologare. L’asprezza del dogma non piace più, la spigolosità della verità spaventa proprio chi dovrebbe amare la fatica della via stretta.
È questa, caro Lorenzetti, la causa remota del fenomeno che tanto giustamente la inquieta. Ma non è colpa del mondo, che troppo spesso i cattolici rincorrono scriteriatamente, salvo poi imputargli la mondanizzazione del cattolicesimo. Nell’inedito tentativo di conquistare il consenso della modernità, invece che convertirla, il cattolicesimo di questi decenni ha annunciato l’avvento di un villaggio globale praticamente privo di dogmi: una sorta di “serenopoli” da spot pubblicitario su cui è stata appiccicata l’etichetta di “pastorale” e dove nulla più è urticante al punto da richiedere un “sì” o un “no”. Ma il mondo moderno aveva già una “serenopoli” siffatta e si è ben guardato dal comprare l’imitazione cattolica. Così, gli unici a invaghirsi della “serenopoli” cattolica a dogma variabile sono stati i cattolici stessi. Solo loro, gli abitanti della cittadella del rigore dogmatico, potevano percepire, tra il proprio universo e quello libero da vincoli proposto dal nuovo corso, una differenza tale da provarne un desiderio incontrollabile.
Ma senza dogma non c’è rigore, senza rigore non c’è obbedienza, senza obbedienza non c’è unità e senza unità non c’è forza. Così oggi, quando va bene, la Chiesa balbetta là dove dovrebbe urlare la sua verità in faccia al mondo. Per farlo, però, non basta l’impeto fugace di reazioni anche meritorie. Bisogna andare alla radice del problema, a quella deriva luterana che ha conquistato vasti settori della Chiesa. Pur con tutte le dichiarazioni congiunte possibili, non si può essere cattolici e anche filo luterani, cattolici e anche anticattolici, romani e anche antiromani: lo chiede la ragione prima che la fede.
Invece, caro Lorenzetti, è evidente che Lutero, il monaco agostiniano che non comprese Agostino, eserciti un fascino prepotente nella cittadella del dogma, minata a suo tempo da tomisti che non compresero Tommaso. Quel geniaccio tedesco è riuscito là dove schiere di eretici avevano fallito. Il motivo lo ha spiegato nel XIX secolo dom Prosper Guéranger, abate benedettino di Solesmes in uno scritto che si intitola L’eresia antiliturgica e la riforma protestante: “Lutero (…) non disse nulla che i suoi precursori non avessero detto prima di lui, ma pretese di liberare l’uomo, nello stesso tempo, dalla schiavitù del pensiero rispetto al potere docente, e dalla schiavitù del corpo rispetto al potere liturgico”.
Proclamando la liberazione della ragione e del corpo, Lutero ha conquistato l’individuo illudendolo di poter essere maestro, sovrano e sacerdote a se stesso. Ma, di fatto, lo ha condannato alla dissoluzione. Che il cattolicesimo oggi sia su questa china lo si scopre osservando che i risultati della riforma luterana, lucidamente enunciati nella sua opera da Guéranger nell’Ottocento, sono gli stessi che flagellano la Chiesa cattolica dagli Anni Sessanta del Novecento: “Odio della Tradizione nelle formule del culto”, “Sostituzione delle formule ecclesiastiche con letture della Sacra Scrittura”, “Introduzione di formule erronee”, “Eliminazione delle cerimonie e delle formule che esprimono i misteri”, “Uso del volgare nel servizio divino”, “Odio verso Roma e le sue leggi”, “Distruzione del sacerdozio, “Il principe capo della religione”.
E ora, caro Lorenzetti, siamo qui davanti alle macerie di una Chiesa che piange con le lacrime del mondo le vittime di una tragedia causata dalle logiche del mondo. Una Chiesa che non ha il coraggio di dichiarare che una tragedia ben più grande che quella di perdere la vita, è quella di perdere la fede.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
15 commenti su ““FUORI MODA”. La posta di Alessandro Gnocchi – rubrica del martedì”
D’accordo con la lettera e con la risposta.
A me sembra che quando la Chiesa cerca di seguire il mondo per paura di rimanere indietro, allora sì che rimane proprio indietro e oltre a smarrire se stessa non sa essere punto di riferimento all’occasione. Se in questi anni, segnati dalla crisi economica e dal calo di illusioni su un benessere garantito, da cambiamenti gravi all’interno della società, avesse continuato a riproporre, in modo coerente, cristallino, unitario, la Verità ricevuta, sono convinta che col tempo molte persone ne sarebbero rimaste colpite. E invece… assistiamo a quel che la lettera denuncia.
Anch’io ho notato l’espressione “ricerca della felicità” (non si può nemmeno imputare a una scarsa conoscenza della lingua, dopo oltre due anni e da uno nato in una famiglia italiana). Ma qui preferisco fermarmi e ripetere: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di noi peccatori.
A volte mi chiedo se il racconto evangelico del tradimento di Pietro (nome dietro cui spesso, anche storicamente, si è voluto indicare la Chiesa romana) non sia in realtà una profetica prefigurazione del tradimento che sarebbe avvenuto “prima che il gallo canti” della storia cristiana, ossia subito prima dell’alba, dove l’alba è il ritorno di Cristo. D’altra parte per quale ragione riportare un fatto così nei vangeli, rimarcandone l’ora in cui avviene, se il significato fosse solo letterale? Sono troppo ottimista a pensare che il tradimento attuale sia il segno che la resa dei conti è vicina?
Chi può sapere se lei è troppo ottimista? Può darsi. Ma su un punto sono sicura anch’io che lei non sbaglia: nel pensare che il tradimento di Pietro non riguardi solo il Pietro di 2000 anni fa; la storia ce ne mostra altri nel passato e non scandalizziamoci se può ripetersi anche in futuro. Io mi sono fatta l’idea che la Chiesa debba ripercorrere la strada del Signore Gesù, tradito da uno dei suoi, rinnegato da Pietro, abbandonato da quasi tutti gli apostoli.
Vero, e d’altra parte anche l’evangelista Giovanni aveva intravisto giusto: “Pietro, quando sarai vecchio un altro ti portera dove tu non vuoi”
Non mi sembra che nel passato ci siano stati Papi traditori: grandi peccatori sì, ma sempre anche grandi difensori del deposito della fede e della morale, pur quando essi stessi immorali.
Meglio (cioè meno peggio) un Papa che predica bene e razzola male (anche se è disdicevole), piuttosto che uno che razzola bene e predica male inducendo il popolo a razzolare male.
Riflettendo tristemente sugli avvenimenti di cui sopra, mi è venuto in mente che, mentre il latino nella Chiesa viene fieramente avversato, tanto che riesce sempre più difficile trovare celebrazioni V.O., ben due istituzioni portano una dicitura latina: Caritas e Migrantes. Sono due istituzioni la cui mission è l’importazione dei migranti e che fanno ciò in uno spirito che suscita in me non poche perplessità. Infatti maneggiano molto denaro pubblico, si rendono complici di un’invasione islamica che mina le basi del nostro esistere e di fatto si rendono complici di quegli scafisti che loro stessi chiamano schiavisti. A volte il latino serve per mascherare la vera natura delle cose…
Lucidissima visione della realtà! Grazie!
Io sinceramente sono perplesso, una perplessità che si allarga a carattere generale e che si riallaccia a quanto hanno scritto altri lettori prima di me e cioè: se si ventila l’ipotesi che la Chiesa del 2000 sia il Pietro, inteso come tradimento, del 2000 questo vorrebbe dire che:
1) il Papa non è stato scelto dalla Spirito Santo
2) il Papa non è infallibile, anche se l’infallibilità si dovrebbe riferire al dogma
oppure
3) Lo Spirito Santo ha scelto proprio Bergoglio per far precipitare la situazione
oppure
4) La Chiesa cattolica non è, o non è più, la Chiesa di Cristo.
e quindi
5) La vera Chiesa di Cristo è, ad esempio la Chiesa Ortodossa
Sono troppo tranchant?
6) Gli attuali gerarchi della Chiesa Cattolica, forse pensano (più o meno in buona fede, affari loro) di essere Cattolici, ma, in realtà NON lo sono;
7) “Il lo sceglie lo Spirito Santo, ma lo eleggono i cardinali”( Ratzinger Dixit). Ovvero, eletto ed elettori, se vogliono, sono liberi di resistere allo Spirito Santo. In definitiva questi punti 6 e 7 sono modi diversi di esporre lo stesso concetto. Volendo, di questi punti, ne potremmo trovare fino a centomila. Dei suoi 5, solo il 3 può essere (fino ad un certo punto) compatibile con la sana dottrina.
Del resto, non ricordo quale santo disse:”Alcuni papi, Dio li vuole, altri li permette, altri li sopporta. Altri li INFLIGGE”.
San Vincenzo di Lerins
nella profezia di S.Francesco lasciata come testamento ai suoi prima di morire, dice che negli ultimi tempi la fede dei cristiani si raffredderà e l’iniquità si diffonderà e che quindi per punizione divina Dio manderà loro, “non un degno pastore” ma….lascio a voi andarvi a leggere questa parola.
Su effedieffe cìè un articolo su quella profezia.
Tuttavia quella profezia è spuria. Non è nelle Fonti e non è accreditata.
la bibliografia è: Opera Omnia S. FRANCISCI ASSISIATIS, col. 430 Paris Imp. Bibliothèque écclésiastique 1880 (dalle annotations de Louis-Hubert Remy)
Questo Louis-Hubert Remy è uno storico francese, sedevacantista (di quelli che dichiarano che il papa nel 1958 era Siri) e monarchico.
Questo dato può tornare utile per capire se l’eventuale profezia sia davvero accreditabile a san Francesco d’Assisi:
insomma, sembra che Remy consideri quella profezia avvenuta a Giovanni XXIII.
Occhio!
Dott. Gnocchi la sua chiarezza di pensiero è uguale e contraria alla confusione che c’è nella Chiesa, complimenti.
Che dire del fatto che il Comune di Roma vuole intitolare una piazza a Lutero?