1° dicembre 2017
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IL CONTADINO CHE DIVENNE PAPA
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di Fabio Trevisan
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“Aveva quel pregiudizio per cui la mistica parola “sì” dovrebbe essere distinta da quell’altrettanto insondabile espressione che è “no””
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A pochi giorni dalla morte di Papa Pio X (1835-1914) Gilbert Keith Chesterton scrisse, in sua memoria, un interessante articolo sull’Illustrated London News, dal titolo “The peasant who became a Pope”. Se pensiamo che la conversione ufficiale di Chesterton al cattolicesimo sarà nel 1922, questo commento del 29 agosto 1914 appare ancor più stupefacente. Il grande scrittore londinese aveva seguito le tracce che avevano rilevato il fatto che il defunto Papa era per nascita un contadino.
Questo fatto inconfutabile aveva alimentato nella mente di Chesterton una serie di considerazioni, prima fra tutte quella, altrettanto inconfutabile, che l’antico Papato costituiva praticamente l’unica autorità in cui questo poteva accadere: “Il più antico trono d’Europa è l’unico a cui possa salire un contadino”. Inutile dire che a Chesterton quel mondo legato alla terra affascinava, tanto che l’amico e frate domenicano Padre Vincent McNabb gli dedicherà la sua opera più famosa, “La Chiesa e la terra” e che tutto il Distributismo, sorto con Hilaire Belloc attraverso la lettura attenta della Rerum novarum del 1891 di Leone XIII, poneva un ruolo centrale all’agricoltura, alla famiglia e alla proprietà privata.
Chesterton quindi, da grande pensatore e artista qual era, faceva balenare nelle menti ottuse degli scettici delle immagini che mostravano le conseguenze del fatto che San Pio X era stato un contadino di umili origini venete. Egli sosteneva infatti la semplicità e ragionevolezza del contadino: “Nel contadino che divenne Papa è ancora possibile trovare il tipo forte, paziente, arguto che mantiene vivi buon umore e carità tra milioni di persone…”. Dinanzi a questa solare evidenza metteva a contrasto la spaventosa e inquietante cecità dei cosiddetti “illuminati” del mondo: “Hanno telescopi e non vedono; hanno telefoni e non odono. Una qualche segreta paralisi della mente o dei nervi impedisce loro di essere consapevoli di qualunque cosa sia evidente e presente”. San Pio X attestava il fatto, ancora con le testuali parole dello scrittore inglese: “Questo era vero del grande prete che di recente ha reso a Dio il più terribile potere del mondo. Quelli che mormoravano contro di lui, si lagnavano della caparbietà e della riluttanza da contadino ma proprio quel motivo chiariva che la più antica istituzione rappresentativa d’Europa funziona, mentre tutte le nuove sono crollate”.
Anche se Giuseppe Sarto, diventato Papa nel 1903, aveva tutti i pregiudizi di un contadino: “Aveva quel pregiudizio per cui la mistica parola “sì” dovrebbe essere distinta da quell’altrettanto insondabile espressione che è “no”, quel sano realismo contadino si opponeva umilmente all’arroganza di tutta l’Intellighenzia europea (come la chiamava Chesterton): “Il Papa non pretese mai di avere un intelletto fuori del comune, ma sosteneva di essere dalla parte del giusto; e infatti c’era. Ogni uomo onesto …avrà ragioni per ringraziare la sua buona stella per il contadino in quell’alta posizione. Egli soppresse l’enorme eresia che due teste siano meglio di una, quando crescono sul medesimo collo. Soppresse l’idea pragmatista di volere la botte piena e la moglie ubriaca. Lasciò che le persone concordassero o no con il suo credo, ma non le lasciò libere di travisarlo”.
Queste frasi eccellenti di Chesterton andrebbero, ancor oggi, meditate a lungo assieme all’incredibile e commovente chiusa finale dell’articolo: “C’era in lui qualcosa di più, che non sarebbe stato nel comune contadino. Per tutto il tempo ha pianto a causa delle nostre lacrime; e gli si è spezzato il cuore per il nostro spargimento di sangue”.
4 commenti su “L’angolo di Gilbert K. Chesterton – Grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Bellissimo! W Chesterton! W SAN PIO X!
Grazie a Fabio Trevisan! Quante perle del sopraffino G.K.C. ogni volta ci fa gustare! E se troviamo qui un invito a meditare, devo dire che mi colpisce molto quel “Lasciò che le persone concordassero o no con il suo credo, ma non le lasciò libere di travisarlo”. Ecco, proprio di questo hanno bisogno le persone: di non travisare la verità. Perché niente di più dannoso è lasciare la libera interpretazione di una materia che tratta i principi irreformabili della nostra Santa Religione. Le persone non hanno bisogno di accompagnamento qualunque cosa pensino o elaborino a questo proposito, ma hanno bisogno di una guida certa che indichi loro la strada giusta. Non si tratta di quisquilie, ma di raggiungere il Cielo: un affaruccio che implica l’eternità.
Grande Chesterton, ricordo ancora la sua frase,chi non crede non è vero che è ateo, poiché comincia à credere a tutto quello che gli dicono.
Semplicissimo! perciò, bellissimo!