Riflessioni sul transito, senza troppi ostacoli, dalla “gloriosa” stagione sessantottina alla mistica omosessualista del ddl Cirinnà.
di Patrizia Fermani
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Non ricordo chi abbia detto che se c’è un uomo in piedi e davanti a lui uno in ginocchio, è stato il secondo a mettere in piedi il primo. In ogni caso la metafora rispecchia il fenomeno che ha segnato questi lunghi anni del teatro dell’assurdo in cui ogni sorta di follia non sarebbe germogliata per poi radicarsi tenacemente, senza la connivenza, la passività, la remissività generalizzate, la pavidità di chi aveva responsabilità di governo, o anche la possibilità di richiamare tutti alla realtà per impedire il disastro annunciato. Così si è transitati senza troppi ostacoli dalla gloriosa stagione sessantottina alla mistica omosessualista del ddl Cirinnà.
La idiozia sessantottina, spacciata a buon mercato per pensiero politico filosofico, rappresentava bene la nuova alleanza tra l’utopia marxista che appagava l’ego adolescenziale, e il mito del benessere sublimato nello edonismo degli istinti liberati. Si poteva tornare a cantare la marsigliese, sentirsi eroici al pensiero dei feroci soldati che sarebbero venuti a “égorger de nos bras, nos fils, nos compagnes”. Bastava inventarsi un nemico sul quale scaricare ogni disagio personale, la famiglia, la società, la scuola in nome della libertà, della uguaglianza, del disimpegno morale che rendono buoni a prescindere chi alza quelle bandiere. A cominciare dall’università, venne attaccata e poi uccisa la scuola che funzionava a dovere, come era stato ucciso Giovanni Gentile che l’aveva simboleggiata. Nella migliore delle ipotesi, la distruzione della scuola e della cultura è stata dapprima tollerata quando non coccolata, nella convinzione che si trattasse di malattia giovanile, innocua perché passeggera, e poi resa volontariamente definitiva e irreversibile. Infatti il germe che doveva svuotare il pensiero da ogni difesa naturale, era stato inoculato, non solo nelle fragili menti dei rivoluzionari telecomandati. E siccome le idiozie ritenute innocue venivano ripetute ossessivamente, sono diventate per tanti habitus mentale. Anche perché intanto la regia aveva allestito il gulag dei nemici del nuovo e del bene, e si era diffusa la paura di esserci rinchiusi. Il nemico del nuovo, impersonato dai giovanotti che invocavano analfabetismo per tutti, diventava un nemico del popolo. Il nemico del progresso era, allora come ora, il nemico del popolo. I violentatori di uomini e cose misero con profitto i fiori nei cannoni altrui, perché accanto alla dea della democrazia elevata anche sui nuovi altari casual della ex chiesa cattolica, era stata messa la dea della pace preposta al disarmo del nemico secondo il piano sovietico volto a disarmare l’occidente con il pacifismo. Siamo diventati tutti liberi, uguali e pacificamente dialoganti. Si poteva persino sventolare il vangelo senza leggerlo perché bastava interpretarlo marxianamente e sentirsi nella parte dei buoni a prescindere.
Contro l’ insensatezza e le idee avvelenate, non ci si è difesi con la verità e il buon senso, con la sapienza e l’esperienza. Si è abbandonata l’autorità. La reazione verso chi spadroneggiava nelle università è arrivata al massimo alla ironia di Ettore Paratore, che fece tradurre in latino dai belligeranti il fiore dei pensieri più severi di Mao. Alla fine si è finito per assorbire le novità che viaggiavano in groppa ad un lessico beota e fasullo, per accogliere ogni pretesa di annichilimento collettivo, assistita dai “valori” della resistenza creata dopo la resistenza. E perché l’autonomia speculativa non minacciasse il nuovo ordine, la nuova scuola di ogni ordine e grado si è messa a servire solo il libero pensiero precotto. L’arma per annientare il giudizio distribuita a tutti è stato lo slogan, la formula magica delle alchimie totalitarie, che funziona come il parquet predefinito: costa poco, lo metti giù da solo e fai la tua figura, perché tutti ce l’hanno uguale come da catalogo. Così ottenemmo senza ostacoli anche l’analfabetismo del pensiero per tutti. Dopo la cancellazione della storia e dell’arte fatta gratuitamente dai sadici bombardamenti angloamericani, abbiamo ottenuto quella a pagamento degli architetti licenziati col voto politico. Le femministe hanno trionfato. I padri post sessantottini spingono il passeggino e le donne emancipate portano a spasso il cane.
Dunque dalla nuova democrazia dopo le dittature, abbiamo ricavato l’idea di dover pensare solo quello che altri pretendono che noi pensiamo, rinunciando devotamente e preventivamente ad ogni possibilità di giudizio. Una sorta di malattia autoimmunitaria che ha interessato i processi cognitivi della stragrande maggioranza delle persone, ed è stata applicata ad ogni aspetto della vita collettiva e anche individuale, creando la “cultura” del falso, storico, etico, politico , religioso e artistico. Perché ognuno si è acquietato con sconcertante passività ad accettare ogni controsenso, riconoscendo l’autorità di chi glielo andava imponendo con arroganza e nel pantano sono affondate insieme le ragioni delle parti che avrebbero dovuto essere avverse.
La vicenda Cirinnà, simboleggia di nuovo a dovere questo fenomeno autoimmunitario e ne riassume tutti i passaggi. Vediamo che l’ordigno micidiale ora in preparazione, capace di stravolgere senza scampo la intera la vita collettiva, insulto alla ragione e alle leggi naturali, allestito da una potente regia, gode ancora una volta del contributo determinante della insipienza delle vittime, incapaci di avvertire il pericolo, ma soprattutto dalla spregiudicata irresponsabilità di chi dovrebbe guidare ed orientare ogni resistenza. Abbiamo visto come tutti più o meno parlino con disinvoltura dei diritti degli omosessuali, anche se a nessuno è venuto in mente finora di parlare dei diritti dei bulimici, degli ipocondriaci o dei giocatori d’azzardo. Segno che a ripetere anche questa sciocchezza la si è fatta entrare nel repertorio del linguaggio comune che nessuno sembra mettere in discussione. Il risultato finale è che i diritti degli omosessuali sono una realtà ontologica, che essa si riassume nel diritto alla felicità, e che questo a sua volta per esigenze morali, deve essere consacrato per tabulas con adeguata collocazione anche nel bilancio dello Stato. Per questo esso è già il piatto forte della educazione civica, cioè della formazione del “cittadino”, discendente orgoglioso del cittadino Robespierre o cittadino del mondo nuovo in costruzione, quello che sarà presto abitato da esseri perfetti perché selezionati in laboratorio o anche attraverso l’eutanasia infantile.
C’è poi l’uguaglianza che deve dare la parità secondo l’obiettivo primo della lotta di classe. Infatti la parità tra disuguali è la grande ambizione della nuova democrazia. I diritti sono uguali per tutti soprattutto a disparità di condizioni. Il sovvertimento della logica, del diritto e della essenza delle cose umane che è cosa diversa dalla loro esistenza, viene completato.
Ma ecco che il senso di quella metafora iniziale ora si completa: un numero cospicuo di giuristi, non l’organizzazione nazionale delle onoranze funebri o il sindacato degli autoferrotranvieri, che svolgono peraltro attività essenziali per la comunità, sottoscrivono sotto autorevole guida accademica, che le “unioni civili” sono cosa buona e giusta e dunque s’hanno da fare. Sono cosa buona, perché rispondono alla cura che lo stato deve avere dei sentimenti e delle emozioni (leggi affettività), anche se di altrettanta attenzione non usufruiscono né i cleptomani, né i piromani, che pure godono pazzescamente nella soddisfazione dei propri orientamenti e delle rispettive emozioni. Sono cosa giusta, perché evidentemente ad essere secundum Ius , non è per i giuristi ciò che risponde ad un criterio di retta ragione ed è orientato al bene generale, ma semplicemente ciò che accade, e che dunque per il fatto di esserci deve essere anche iscritto nel bilancio dello Stato. I giuristi non si chiedono neppure a quale interesse per la collettività corrisponda la tutela giuridica accordata a due soggetti (o anche più, non si sa mai) che vantano come titolo della propria pretesa solo i propri gusti sessuali. Né si chiedono se tale elargizione benefica non costi il sacrificio di esigenze collettive irrinunciabili, o chiami in causa il problema capitale della responsabilità verso le nuove generazioni sempre più indifese. Eppure è da credere che nessuno di essi si adopererebbe per fare riconoscere i diritti dei collezionisti di farfalle inchiodate.
Gli stessi giuristi affermano però anche con grande partecipazione emotiva che bisogna evitare, perché aberrante, la adozione di qualunque tipo da parte degli stessi soggetti ai quali però riconoscono come meritevole di tutela la aspirazione a vedere consacrate pubblicamente le proprie particolari inclinazioni affettive. E proprio loro non si accorgono del fatto evidente che le adozioni sono aberranti perché è aberrante il presupposto di quelle unioni assistite dalla legge, e che queste, una volta introdotte, oltrechè un abuso giuridico, sarebbero l’imposizione intollerabile di un modello in contrasto con ogni sana esigenza educativa, mentre incasserebbero senza indugio anche le adozioni per via giurisprudenziale.
Eppure quello strano personaggio che risponde al nome di Monica Cirinnà lo ha detto a chiare lettere ai propri compagni di partito e di fede omosessualista: dobbiamo parlare di “figli” quando chiediamo che i piccoli vengano dati in adozione ai nostri amici omosex, perché così questi diventano a ritroso “genitori”, e il tutto costituisce gruppo di “famiglia”, in un interno. Creiamo i “figli” con tutte le alchimie della tecnica riproduttiva, così dietro a loro si formeranno automaticamente “genitori” e “famiglia”. E ha aggiunto con una sapienza giuridica che pare mancare ai volenterosi e sensibili giuristi di cui sopra, come creare “figli” , “genitori”, e “famiglia” con le parole, serve a dare a tutta la faccenda una giustificazione ai fini del diritto pubblico, serve cioè a trafugare con la magia delle parole la protezione che il diritto accorda alla famiglia vera in quanto luogo in cui vengono allevati i figli. Questa la stoffa morale della madre delle unioni civili che ho avuto la ventura di sentir dire: “io non sono stata eletta per difendere principi etici, ma la Costituzione”. Ci risparmiamo l’esegesi della proposizione che meriterebbe commento a parte.
La gente comune è stata abituata a ripetere che due poveri omosex che si amano non possono assistersi anche in ospedale, cosa notoriamente concessa a chiunque dietro richiesta scritta, e che questo giustifica a una legge apposita per consacrare coram populo la loro ”unione”. Così viene ripetuta compulsivamente la favola commovente prodotta dalla macchina mediatica preposta alla persuasione delle masse e all’imbroglio organizzato.
Tuttavia che ripetano una scempiaggine dalle conseguenze incalcolabili come quella della necessità delle “unioni civili”, anche quelli che avrebbero il dovere di denunciarla , ha il sapore del contrabbando delle idee a fini che certo non sono quelli dell’utile collettivo, senza scomodare il Bene che sembra arnese obsoleto e incomprensibile ai più, con o senza incarichi di governo ecclesiastico.
Ecco perché quella metafora iniziale si attaglia anche alla situazione attuale. Chi con inaudita arroganza e senza ombra di scrupolo tenta di imporre una mostruosità giuridica capace di devastare tutto il vivere comune, riceve l’aiuto determinante di quanti dovrebbero ben capire il senso e le conseguenze di quello che propongono.
Si ripete la storia dell’aiuto dato a chi sta segando l’albero sul quale siamo seduti, che è quello della verità e del senso delle cose senza i quali la nostra vita diventa meno di niente, un inutile e insidioso tragitto verso il vuoto.
21 commenti su “Fenomenologia dell’autosoggezione: come legarsi le manette ai polsi e vivere in pace con il boia – di Patrizia Fermani”
Beh la costituzione parla di famiglia NATURALE se la Cirinnà volesse difenderla davvero potrebbe accomodarsi. Ma il problema non sono solo questi personaggi ma assai più quanti ultimamente stanno in Vaticano e zone limitrofe
La nostra vita ridotta -dalla ribellione alla Verità, perché l’uomo cristiano l’ha incontrata, e perciò la respinge deliberatamente- a un viaggio verso il vuoto (amato, osservato, idolatrato, come fanno le Massonerie).
E il propellente di questo viaggio è la rabbia contro Dio.
A Parigi, colonna sul sito della Bastiglia, un “Genio con la stella a cinque punte” reca una catena spezzata: quella della Legge Naturale.
Presso Roma, un recentissimo monumento offerto dalla Inner Wheel (Rotary Club femminile) rappresenta una donna interamente proiettata nello Spazio, fuori dal Globo Terrestre (raffigurato), nell’atto di spezzare le catene che la avvolgono: PrometeA
“La nostra vita ridotta -dalla ribellione alla Verità…..a un viaggio verso il vuoto ” : ma il modernismo è nato e cresciuto così, con l’odio verso la verirtà, con il “non serviam” luciferino come stella polare, proponendo un’utopia dopo l’altra (liberté, egalité, fraternité,… viva l’Italia – sabauda e massonica – a morte Pio IX,…avanti popolo, alla riscossa… viva tutte le forme d’amore, ecc.), a cui gli illusi come Roncalli hanno deciso che la Chiesa si doveva “aggiornare”, definendo “profeti di sventura” coloro che Maria SS.ma aveva mandato a riferire i Suoi piani per salvare l’umanità dall’assalto di satana (l’ultima battaglia del diavolo); poi Montini (forse l’oscuro regista della presa di potere dei modernisti al vertice della Chiesa) ha portato avanti egregiamente la barca di Pietro verso gli scogli e adesso Bergoglio sta cercando di colarla a picco, facendo apparire ciò come un gesto di misericordia, una “delenda cartago” della vecchia Chiesa chiusa e integralista, una “damatio memoriae” del suo passato, da cancellare dalla mente e dal cuore del popolo di Dio, ormai votato al culto luciferino dell’uomo e del progresso.
Brava, Dott.ssa Fermani. Condivido totalmente! La surreale (se non fosse tragica) situazione da combattere sta zippata in questa sua frase: “…insulto alla ragione e alle leggi naturali, allestito da una POTENTE REGIA, gode ancora una volta del contributo determinante della INSIPIENZA DELLE VITTIME, incapaci di avvertire il pericolo, ma soprattutto dalla SPREGIUDICATA IRRESPONSABILITA’ DI CHI DOVREBBE GUIDARE ed orientare ogni resistenza”: la regìa massonico-mondialista che usa i comunisti, i sinistrorsi “progressisti”, i “tiepidi” (sedicenti “cattolici adulti”) e manipola il comune sentire delle masse (popolo-bue) con la colpevole scandalosa complicità passiva di chi dovrebbe invece guidare la reazione; in primis il mellifluo attuale Pontefice “rivoluzionario”, misericordiosamente massacratore della Tradizione Cattolica a colpi di esternazioni ed atti sconcertanti ben pianificati ed attuati in una nauseante amalgama di apparente confusione, impreparazione e “cerchiobottismo”.
EXURGAT DEUS!
non dimentichiamo – per cortesia – che è falsa e disgraziata la dottrina “umanistica” che attribuisce al popolo l’autorità necessaria a stabilire la differenza che corre tra il bene e il male
non dimentichiamo mai che l’assolutismo democratico è enorme errore e fomite di sciagure
Ben detto
Ottima precisazione, caro Vassallo!
Di quale appello di giuristi parla l’articolo? Perché ne girano diversi…
Gentile lettore la Sua domanda è quanto mai opportuna perché consente di richiamare tutto un quadro “politico”. il mio riferimento riguarda direttamente il recente appello venuto dai giuristi del Centro Rosario Livatino, dove si respinge “la sovrapposizione contenuta nel DDL del regime matrimoniale a quello delle unioni civili la cui sostanza fa parlare a pieno titolo di matrimonio tra persone dello stesso sesso “, che condurrebbe alle perniciose simil adozioni che sappiamo. il passaggio va letto in combinato disposto con il famoso Testo Unico dei diritti dei conviventi “varato a margine del “Si alla famiglia” il 16 gennaio 2015, in cui di prepara addirittura lo schema del riconoscimento giuridico delle “convivenze” che sono le Unioni civili al netto delle adozioni e altro. Cioè i promotori dell’appello sono gli stessi che hanno addirittura preparato lo schema per cui non va bene ciò che formalmente abilita le adozioni ecc, ma va benissimo accordare tutela giuridica a chi vanta solo un
particolare orientamento sessuale. dunque adozioni e altro no, ma la convivenza di qualunque tipo è cosa comunque meritevole di riconoscimento giuridico, I nomi lasciamoli stare perché è su questi che viene condotto il gioco. E il gioco sembra sempre di più quello di stabilire un compromesso furbastro quanto indecente : un contraente spara alto e vuole il matrimonio tra persone dello stesso sesso. L’altro dice vuoi troppo perché ci sono di mezzo i bambini e noi siamo bravi cattolici. allora tu scendi dal matrimonio alle “unioni civili” , io ti appoggio le convivenze o unioni che dir si voglia senza adozioni. facciamo insieme un Cirinnà dimezzato così noi salviamo la faccia, voi salvate le tasche e i voti, e gli LGBT sanno che poi la corte costituzionale mette tutto a pari. Mi permetto anche,per praticità, di rimandare ad un mio articolo sul tema pubblicato qui il 7 /2/2015 col titolo “la via cattolica alla distruzione della famiglia”. spero di essere stata esauriente, ma sono a Sua disposizione…
E pensare che la “guida accademica” di questi giuristi cattolici è il professor Ronco, persona di vera coscienza, che ho ascoltato più di una volta con frutto e con ammirazione!
Conclusione:
1- è stato “precettato” anche lui dai Vescovi, come -da tempo- Alleanza Cattolica, di cui fa parte
2- il c.d. “mondo cattolico”, cioè la mitica galassia di movimenti, associazioni, persone pie ecc.,. è irrecuperabile.
O meglio: è recuperabile solo in quanto IGNORI (non dico “combatta”) gli input, espliciti e impliciti, della “Chiesa burocratica”. Uno di tali input, ricordiamolo, fu “Berlusconi è un lussurioso: qui ci vuole il serissimo candidato del meraviglioso Presidente Napolitano, cioè il prof. Monti. Così il caro Presidente concluderà in bellezza i festeggiamenti per i 150 anni dell’occupazione piemontese del Regno di Napoli”.
L’esempio fulgido -addirittura eroico- ci è stato dato da M.Palmaro: PER la persona umana, con i documenti pontifici in mano, SENZA (non “contro”) il Clero
Cara Dottoressa, non sono una giurista – e dati i tipi e i tempi che corrono forse è meglio – ma ho l’impressione che non si abbia più chiaro il concetto di diritto.
Voglio comunque sperare che almeno le coppie eterosessuali si orientino verso il matrimonio tradizionale, se non in chiesa, almeno in municipio, in quanto quest’ultimo istituto mi appare fondato su una giurisprudenza più salda che non il ddl Cirinnà (che nome!). Premesso che sarò presente al Family Day del 29 gennaio, aggiungo che, comunque vadano poi le cose in parlamento, noi cattolici dovremmo presentare il nostro modello di matrimonio non solo come valido per i credenti (perché in tal caso ci risponderanno: ok, fate voi, noi andiamo per la nostra strada ecc.) ma come il migliore alla luce del diritto naturale. La partita finale si giocherà in un grande dibattito di idee, da cui gli impreparati e gli incolti dovranno astenersi.
Gentile lettrice, purtroppo il modello omosessualista viene già proposto nelle scuole di ogni ordine e grado dalla arroganza di una parte politica che da decenni ha in pugno l’Italia dove ha realizzato il proprio sogno totalitario sotto la maschera della democrazia: dalla fucina sessantottina sono venuti i quadri della scuola e della magistratura oltre ai politici di professione che hanno imposto la loro ideologia antiumana. e il sopruso etico ha già fatto le sue vittime fra gli adolescenti per i quali l’omosessualità è già una variante normale della sessualità. se e quando fossero munite del sigillo dello Stato le convivenze omosessuali, non potremo neppure scambiare le nostre idee, né vantare pubblicamente la nostra “diversità” perché quel modello non potrà neppure essere messo in discussione, e la dittatura diventerà definitiva non lasciando certo spazio agli scambi culturali. Ecco perché questa legalizzazione è micidiale di per sé, indipendentemente da adozioni, pensioni, successioni ecc.
Non sono d’accordo. Il testo di un appello va giudicato per quanto vi è scritto e non per quanto si ritiene che i proponenti l’appello vogliano, in realtà, perseguire. Del Testo Unico sulle convivenze redatto da Si alla famiglia non c’è traccia nell’appello. Riporto il n. 1: “L’ordinamento già riconosce in modo ampio diritti individuali ai componenti di una unione omosessuale. Il ddl in questione, pur denominandosi delle unioni civili, in realtà individua un regime identico a quello del matrimonio, riprendendo alla lettera le formule che il codice civile adopera per disciplinare l’unione fra coniugi. Ciò contrasta con la Costituzione, che tratta in modo specifico la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, distinguendola dalle altre formazioni sociali, in considerazione della sua funzione fondamentale e infungibile: è iniquo mettere sullo stesso piano realtà diverse”; l’appello si chiude così: “In un momento di così seria crisi demografica e di tenuta del corpo sociale, auspichiamo
Vorrei anche segnalare una frase di un altro lettore: “E pensare che la “guida accademica” di questi giuristi cattolici è il professor Ronco, persona di vera coscienza, che ho ascoltato più di una volta con frutto e con ammirazione!”.
Ecco, io non lo conoscevo, l’ho conosciuto poco tempo fa: mi sembra che il quadro che viene dato corrisponda al reale. Se è così, occorre un minimo di prudenza per attribuirgli la precisa volontà di distruggere la famiglia: ma forse sono un ingenuo …
Giacomo Rocchi
… proseguo con la citazione: “… una legislazione che, in coerenza con lo spirito e con la lettera della Costituzione, in particolare degli articoli 29 e 31, promuova la famiglia e favorisca la maternità, e così metta da parte ddl come quello c.d. sulle unioni civili, ostili alla dignità della persona, all’interesse del minore, al bene delle comunità familiari, al futuro dell’Italia.”.
Cosa c’è – in queste parole – di inaccettabile? il fatto che una “relazione omosessuale” venga definita una “unione omosessuale” e una “formazione sociale”? Forse, ma se questi sono i difetti non mi sembra che l’appello meriti una censura così severa.
Come firmatario dell’appello, non nascondo il timore che un’evoluzione del dibattito parlamentare possa portare a risultati diversi da quelli auspicati nell’appello (rigetto dell’intero disegno di legge Cirinnà); ma, per il momento, la posizione assunta dai firmatari dell’appello non mi sembra affatto quella descritta nel titolo.
Giacomo Rocchi
Senza entrare nel merito, caro dottor Rocchi -non sono un giurista-, cito l’articolo di “Corrispondenza Romana”
http://www.corrispondenzaromana.it/family-day-la-fuorviante-dichiarazione-dei-vescovi-del-piemonte/
Questo non tanto per ripetere ciò che i lettori già sanno, cioè che il Piemonte (Clero compreso, nella sua maggioranza) è a mio giudizio il vero fulcro del suicidio della Chiesa e della Civiltà Italiana, quanto per evidenziare nella dichiarazione dei Vescovi del Triveneto, riportata in chiusura, il grande totem: la “SOCIETA’ DEMOCRATICA” in cui viviamo.
Per definizione -secondo questi Vescovi- in “Democrazia” ognuno fa, pensa, reclama ciò che gli pare: Liberté-Egalité-Fraternité. Citoyen, non più Uomo.
In altre parole: è molto probabile che il professor Ronco non intenda correre verso “il diabolico intreccio”. È certo, invece, che i Vescovi “più avveduti e illuminati” lo pretendono: come fecero nel 2011 “ungendo” il tecnocrate Monti, sotto l’ala di Giorgio Napolitano
Caro Giacomo
• quando si parla di tutela giuridica di legami erotico affettivi tra persone dello stesso sesso, che la si chiami matrimonio, unione civile o convivenza a seconda delle rispettive decrescenti prerogative, la sostanza non cambia, perchè la differenza può essere quantitativa ma non è qualitativa. In tutti i casi si tratta della tutela di un rapporto personale di nessun interesse generale e che invece consacra un modello di vita in contraddizione con le più elementari esigenze educative e le categorie morali naturali della gente. Del resto è solo una istituzione come il matrimonio o il rapporto di sangue che danno rilievo giuridico al rapporto personale di tipo affettivo che, di per sè, nella sua volatilità e incommensurabilità, sfugge alla possibilità di una corretta regolamentazione giuridica. La cosa è tanto chiara anche ai propagandisti delle varie legalizzazioni omosex che sostengono pervicacemente l’idea secondo cui la “genitorialità” sia cosa indipendente dalla paternità e maternità biologiche. Che poi la legge sia arrivata a dare tutela giuridica in certi casi solo in omaggio al rapporto affettivo personale, non risponde alla logica del diritto ma solo a quella della politica che, come sappiamo, può usare la legge oltre il diritto, e fare leggi ingiuste.
• tutto ciò premesso, il Testo unico delle convivenze varato dal “Si alla famiglia”, è stato sfornato per assicurare protezione giuridica proprio al rapporto personale affettivo dei conviventi more uxorio dello stesso sesso (agli altri è evidente che la cosa non può interessare), dunque per consacrare il rapporto omosessuale come valore. Se l’appello non fa riferimento esplicito al Testo Unico, è anche vero che non lo sconfessa, infatti si pone contro le regolamentazioni che modellate sul matrimonio consentirebbero soprattutto anche le adozioni, ma non dice affatto che non ci deve essere spazio per la disciplina giuridica di una relazione omosessuale, disciplina che sarebbe comunque l’anticamera di ogni estensione successiva in via giurisprudenziale. D’altra parte se i promotori dell’ appello, che sono gli stessi del “si alla famiglia”, fossero contrari ad ogni tipo di regolamentazione dei rapporti omosessuali, avrebbero dovuto sconfessare il Testo Unico che continua a fare bella mostra di sè come fiore all’occhiello della associazione che lo ha partorito, a meno di dover ammettere che essi esibiscano due idee diverse e opposte a seconda della tribuna da cui parlano, il che ovviamente non è da considerare verosimile . In ogni caso diventa molto significativo proprio il riferimento alle “nuove formazioni sociali”, intesa come la categoria in cui si può inserire senza problemi la tutela delle relazioni omosessuali. Ora nel nuovo ddl Cirinnà , per bocca della stessa firmataria, non si fa più appello all’articolo 29 per trovare una giustificazione al matrimonio ora diventato unione civile tra persone dello stesso sesso, perché ci si era accorti che era prematuro tentare di forzare la lettera della norma.( Faccio notare per inciso, che , secondo quanto mi hanno riferito, nei manuali Simone di diritto costituzionale, si legge già a chiare lettere che l’articolo 29 va interpretato estensivamente fino a comprendere le “famiglie”omosessuali.). Dunque per motivi di strategia “costituzionale” si è preferito mettere, proprio il matrimonio, o unione che dir si voglia, tra persone dello stesso sesso sotto l’ombrello dell’articolo due, con un esito, dovresti convenirne anche tu, da un lato umoristico, e dall’altro estremamente espressivo di una notevole insolenza verso il contribuente .
“…serve cioè a trafugare con la magia delle parole la protezione che il diritto accorda alla famiglia vera in quanto luogo in cui vengono allevati i figli.”
Così p. Cornelio Fabro introduce la propria opera “L’avventura della teologia progressista”. Siamo nel 1974: il tono della riflessione tanto dolente quanto affilata ed energica, è indicativo del fatto che l’illustre uomo di fede, sacerdote e studioso, avesse individuato come l’esiziale scollamento tra parola umana e Logos divino, fosse la causa precipua dello scadimento della sacra doctrina in porno-teologia, del conseguente deficit immunitario del cattolico di qualsivoglia livello e l’inizio dell’era in cui sarebbe prevalso il cretino.
Mi viene in mente una parafrasi:
Fenomenologia dell’autosoggezione: Come tenersi un eretico sul soglio e vivere in pace come se tutto sia normale.
O in altri termini: come per restare rispettabili cattolici si diventa eretici.
Mi pare che questa fenomenologia dell’autosoggezione sia diffusa ben oltre l’ambito giurisprudenziale no?
“come per restare rispettabili cattolici si diventa eretici”: parafrasi efficace e problema centrato!