“Fargo” & femminismo. Cari vecchi cavoli dove eravate quando avevamo bisogno di voi?

Forse qualcuno, anche non cresciuto negli Anni Ottanta come me, avrà dovuto subire come me diverse volte il ritornello: “Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”. La famosa frase di Virginia Woolf oggi sarebbe facilmente oggetto di reprimende provenienti da ogni direzione: perché donna e non partner? Dire donna è sessista, non politicamente corretto nei confronti del genere. Non del genere letterario della Woolf, ma del genere cui aspira o in cui si riconosce il lettore, qualunque cosa significhi. Per non parlare poi dei femminicidi (termine giuridicamente abominevole): dietro all’uomo omicida della donna chi ci sta? Non certo un grande uomo e dubito si possa dire una donna senza incappare in accuse di sessismo retrogrado patriarcale bianco et cetera. Non si sa. Nell’epoca della relativizzazione del sesso, è relativo tutto, tranne la colpa, quella è assolutamente dell’uomo bianco.

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La peste relativista non è certo una novità del neofemminismo, è congenita a un certo modo di pensare. Risale, credo, alla prima sofistica. Per restare fra persone note ai più: un certo Giacomo Leopardi – autore che non ci sentiamo di non amare – scriveva nel suo Zibaldone: “Voi continuate a stare sull’assoluto invece che pensare al relativo”. Tale questione del relativo è una magagna metafisica di cui si potrebbe parlare per uno Zibaldone e mezzo.

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Quando uno pensa al relativo non pensa certo alle relazioni sentimentali della Woolf, ma come prima cosa alla relatività di Einstein. Non è il nostro campo, però siamo abbastanza sicuri che il tempo sia un ente di ragione, quindi ovvio che sia relativo, non è nemmeno in discussione che sia assoluto. Ab-solutum significa sciolto, non dipendente da altro. Nell’epoca dell’ateismo di maniera esiste ancora qualcosa di assoluto? Femminismo a parte si intende. Perché Dio sarebbe assoluto. Il giusto e lo sbagliato sono ancora concetti assoluti oppure ognuno fa per sé, a parte il maschio bianco, quello non può fare niente, lui è solo assolutamente, intrinsecamente, sbagliato. Per tutti gli altri esiste tutta una serie di declinazioni per tutti gli usi, i gusti e i costumi, o consumi.

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Siamo nell’epoca della più potente e assoluta capacità tecnologica: l’innovazione tecnologia è esattamente fuori controllo dello stato e della ragione, figuriamoci della morale. Esiste ancora un limite all’applicazione di certe tecnologie? Esiste qualcosa di assolutamente giusto o sbagliato nell’idea di far crescere esseri umani in una sacca amniotica artificiale? Quello che so per certo è che non sarò io a dover spiegare a un bambino il perché abbia fluttuato in un liquido sintetico che non metteremmo nel motore, a causa di un delirio di onnipotenza o per capriccio di un vizioso privo di uno straccio di morale. Cari vecchi cavoli dove eravate quando avevamo bisogno di voi? Questa sarebbe un’iniziativa green che, sine dubio, mi sentirei di sostenere: far di nuovo nascere i bambini sotto i cavoli. Invece il rischio ecologico che corriamo maggiormente è quello di dover mangiare cavoli a merenda. Ma questo è un altro argomento.

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Il genio tecnologico, se mi si passa il termine, ha portato all’ipertrofia social, tuttavia, i social media sono utili, perché c’è sempre qualcuno pronto a inoltrare articoli assurdi dai giornali più quotati, così da renderne superfluo l’acquisto. Già il fatto di per sé fa sorridere, però, per esempio salta fuori che “la scuola non sa insegnare la matematica alle ragazze”, ma come? Non avevate speso ore immersi in fiumi d’inchiostro per spiegarci che le femmine sono uguali (anzi, “più uguali”) ai maschi? Assolutamente.

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Chi, invece, è assolutamente al di sopra della legge è lo sceriffo Roy Tillman. Il cattivo della quinta stagione della serie FARGO, creata da Noah Hawley, dall’umorismo nero ispirato dai fratelli Cohen. Allevatore, predicatore e sceriffo, Roy Tillman, si considera al di sopra della legge: il ragazzo è pensato da “loro” per essere precisamente “uno di noi”. Con tutti gli stereotipi di genere che relativamente al Marlboro Man è doveroso appiccicare, perché non è assolutamente discriminatorio discriminare il maschio alfa. Non vuol essere gregario e sottomesso? Allora è un’entità malvagia proveniente dai recessi oscurantisti della preistoria – Domanda en passant: se gli organi genitali non definiscono il genere, perché asportarseli lo definisce? – La serie sembra concepita ad hoc, con la puntualità della bomba a orologeria, per fungere da volano alla triviale diatriba contro la presunta società patriarcale, sistema reputato non così inusuale nell’America profonda e divisa di oggi, presa per sineddoche del mondo occidentale.

Lo esplicita senza timori di sproloquio in un’intervista lo stesso attore John Hamm che interpreta lo sceriffo: «Nell’America e nel resto del pianeta viviamo in uno strano mondo patriarcale, dove la religione è un mezzo per prevaricare e dove il maschio bianco crede ancora di essere al di sopra delle regole». Il riferimento all’ex  presidente americano e futuro candidato repubblicano alle presidenziali del 2024 non è nemmeno sottinteso: «Donald Trump è l’esempio più facile da fare, ma non l’unico». L’intento è precisamente quello di fare la morale all’uomo bianco (non è razzismo generalizzare sull’uomo bianco ndr), come se già non la subissimo quotidianamente al lavoro: se voti Trump odi le donne (? Sic!). L’obiettivo è, secondo gli autori nonché chiunque sia appecoronato alla vulgata del momento, la distruzione di quella che viene percepita come mascolinità tossica (ovvero mascolinità tout court) che porta i maschi a fare cose stupide (ovvero tutte le cose che, si presume, non farebbe una femmina). Ormai in una società invertita è evidente che il canone dell’eroe è divenuto proprio dell’antieroe e Propp può farsi benedire da una pastora di passaggio. Non fosse altro che questo personaggio piacerà molto e il volano si tramuterà in boomerang, per i primitivi che sanno ancora cos’è.

A proposito di sceriffi. Una cosa che rientra negli assoluti, pur non essendolo, è l’arma. L’arma deve assolutamente sempre essere considerata carica, indipendentemente dal fatto che lo sia o meno. Indipendentemente dal fatto di avere o meno l’ironia dei fratelli Cohen. Detto ciò, a meno che si stia facendo un discorso teologico, il termine “assoluto” non andrebbe mai adoperato. Soprattutto nella lingua scritta.

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