di Giacomo Rocchi
Abbiamo visto che Benedetto XVI ritiene che la permanenza delle leggi che legalizzano l’aborto ostacoli l’educazione dei giovani e, quindi, il futuro dell’umanità. Non si tratta certo di una posizione nuova del Papa che, ad esempio, nella Messa Crismale del 1/4/2010, aveva affermato: “La lotta dei cristiani consisteva e consiste non nell’uso della violenza, ma nel fatto che essi erano e sono tuttora pronti a soffrire per il bene, per Dio. Consiste nel fatto che i cristiani, come buoni cittadini, rispettano il diritto e fanno ciò che è giusto e buono. Consiste nel fatto che rifiutano di fare ciò che negli ordinamenti giuridici in vigore non è diritto, ma ingiustizia. (…) Anche oggi è importante per i cristiani seguire il diritto, che è il fondamento della pace. Anche oggi è importante per i cristiani non accettare un’ingiustizia che viene elevata a diritto – per esempio, quando si tratta dell’uccisione di bambini innocenti non ancora nati”
Pensavo questo discorso nel leggere l’articolo di Piero Gheddo apparso sulla Bussola Quotidiana e su Zenit, in cui, commentando alcuni dati sull’aborto in Italia, egli si premura così di precisare il senso delle sue osservazioni: “Negli ultimi tempi è venuto sempre più alla ribalta dell’informazione il problema degli aborti, non direttamente per abolire la Legge 194, ma almeno per applicarla con rigore, visto che la Legge afferma e tutti concordano sul fatto che l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato con vari provvedimenti economici di aiuti alle famiglie e anche psicologici di aiuto alle donne in difficoltà di vario genere per partorire”. Quindi Gheddo si allinea al tabù che, in questo periodo, circola nel mondo cattolico italiano: “la legge 194 non si tocca, si applica“; unisce la sua voce ad altre, facendo intuire che il Comitato per l’abrogazione della legge 194 inizia a creare qualche timore.
Ma “applicare integralmente la legge 194” significa, in primo luogo, accettarne la logica: considerarla, inevitabilmente, una legge “buona“; significa, per Gheddo, cadere nella trappola delle statistiche e del linguaggio dei fautori dell’aborto libero e pagato dallo Stato.
Partiamo dal linguaggio: se è vero che – per fortuna! – Gheddo parla di “bambini”, per riferirsi a quelli abortiti egli dice: “bambini che non hanno potuto vedere la luce”. Il problema è perché quella luce quei bambini non l’hanno vista: e forse sarebbe stata più aderente alla realtà dei fatti parlare di “bambini che vivevano tranquillamente nel grembo delle loro madri e che sono stati raggiunti da lame appuntite che li hanno fatti a pezzi e uccisi per essere poi risucchiati via” (oppure di “bambini che sono stati avvelenati e sono morti tra atroci dolori”). Parole dure, certo: ma corrispondenti a quanto avviene davvero.
Ancora più sorprendenti sono le parole usate da Gheddo per riferirsi al soggetto che ha deciso l’uccisione del bambino: la madre. Sì, perché – davvero vogliamo negarlo? – nel sistema della legge 194 che Gheddo vorrebbe applicata integralmente, è la donna che decide: e, su 117.000 aborti legali eseguiti nel 2009 (in seguito vedremo quanti sono davvero gli aborti volontari in Italia), solo 2 (due) riguardavano donne interdette (dati Ministero della Giustizia), per le quali la decisione era stata presa dal tutore. Gli altri aborti volontari sono stati decisi da donne pienamente capaci di intendere e di volere. La malvagità di questa legge – come di tutte le leggi di aborto – si vede anche da qui: è la madre (e non una commissione medica) incaricata di decidere che il proprio figlio innocente debba morire atrocemente; e quindi il dato – che ha ovviamente a che fare anche con l’educazione del popolo – è questo, ed è tremendo: nel 2009 117.000 donne hanno scelto di uccidere il loro figlio.
Nell’articolo Gheddo parla sì, di scelta, ma solo per rimarcare i danni subiti dalla donna: “Le donne che hanno scelto di abortire, nella grande maggioranza dei casi subiscono un forte o anche fortissimo trauma fisico e psicologico, del quale spesso non si liberano più del tutto“; e, se questo è vero, risulta evidente nel parlare di Gheddo che le donne sono esclusivamente vittime: “l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato con vari provvedimenti economici di aiuti alle famiglie e anche psicologici di aiuto alle donne in difficoltà di vario genere per partorire”. Sì, perché – intende Gheddo – se si fornissero soldi alle famiglie in difficoltà e psicologi alle donne incinte, l’aborto volontario scomparirebbe …
Leggiamo la chiusa dell’articolo: Gheddo critica il Presidente Napolitano perché “Non ha parlato della vita che deve nascere e non può per mancanza di solidarietà umana e di sostegno da parte dello Stato italiano“. Vedete? La responsabilità non è mai delle donne, è colpa della Stato che non fornisce il denaro e gli psicologi di sostegno …
Lo Stato, quindi, non è responsabile perché ha reso un diritto assoluto l’uccisione dei bambini non ancora nati; è responsabile perché non dà soldi e aiuto psicologico.
Con una visione così falsata di quanto è permesso dalla legge 194 e di quanto avviene davvero in conseguenza della piena attuazione di quella legge, come stupirsi che Gheddo “sragioni” anche sui numeri? Lo vedremo nel prossimo post.