REPRINT è una nuova sezione con cui Ricognizioni risponde ai molti lettori che chiedono di ripubblicare articoli usciti in passato e divenuti, o rimasti, di grande attualità data la piega che hanno preso questi tempi. Buona (ri)lettura.
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«La pillola, anche quella del giorno dopo, la potete prendere senza dirlo ai genitori, basta veniate al consultorio da me e ve la faccio prescrivere; le ragazze dovrebbero fare sesso prima dei diciassette anni perché è più appagante; spesso i maschi vengono subito e per loro il piacere è più difficile da raggiungere; il salto della quaglia va evitato, infatti in Inghilterra lo praticano e restano tutte incinte; meglio siano le ragazze a conservare i preservativi perché i maschi li tengono in tasca e li rompono invece una ragazza li tiene in borsa e restano integri; se una va in giro coi preservativi non per questo deve essere ritenuta una (come dite voi?) “troia”».
Sono solo alcuni degli edificanti insegnamenti impartiti a ginnasiali quindicenni in una lezione intitolata alla “Conoscenza del SÉ nell’incontro con l’altro”, parte di un corso omonimo appaltato a un “esperto” esterno e inserito a sorpresa in orario curricolare in sostituzione delle materie fondamentali.
La carica culturale dello psico-educatore in dotazione alla scuola, un liceo classico, è così prorompente da esprimersi anche attraverso interessanti licenze ortografiche, come testimonia per esempio quell’”iNbarazzo” disinvoltamente vergato alla lavagna. Dall’esperto, si capisce.
Eccoli qui, i nuovi maestri. Questi gran signori, peraltro, sono gli stessi che elargiscono il proprio psico-servizio dentro le mura scolastiche a qualunque minore decida, all’insaputa dei genitori, di far sfruculiare all’estraneo un qualche tipo di problema personale, vero o presunto, con privacy garantita. C’è da immaginare di quali prestazioni professionali possano essere capaci, cotanti esperti, nell’intimità del colloquio individuale, con un ben-di-dio di pongo umano in cui affondare le mani.
Resta il fatto, comunque, che uno manda il figlio a scuola per studiare l’italiano, il greco, il latino, la matematica, le scienze e la storia, povero illuso, e questo gli viene rimpinzato di idiozie non richieste e mai nemmeno immaginate. E gli ritorna a casa arricchito di locuzioni forbite da annettere al frasario d’ordinanza e nutrito di tanta sostanza umana e speculativa donatagli dal precettore aggiunto. In gergo giuridico si parla di aliud pro alio quando, pattuita una prestazione, me ne viene fornita dalla controparte un’altra, qualitativamente diversa (e nel caso specifico, oggettivamente rivoltante).
Non si tratta di un fenomeno isolato, la casistica offre di più e di peggio, ammesso che abbia un senso stilare graduatorie di gravità tra le infinite nefandezze che vengono perpetrate nelle scuole di ogni ordine e grado sotto etichette creative quanto capziose: ciascun singolo intervento che punti a invadere la sfera della sensibilità individuale rappresenta di per sé, vuoi per i contenuti vuoi per l’età dei destinatari, un sopruso conclamato ai danni degli alunni e delle loro famiglie. Le quali, nella maggior parte dei casi, nemmeno registrano l’anomalia: perché si fidano sulla parola, perché si ritengono rassicurate dai “titoli”, perché i figli tacciono (raccogliendo l’invito a tacere), perché credono che sia tutto normale, o inevitabile, o persino giusto, come il sistema pretende che tutti debbano credere.
LE MILLE E UNA ATTRAZIONE DEL CIRCO SCUOLA Già. Tanta parte di responsabilità ce l’ha anche l’”utenza”, osceno neologismo adottato dal vocabolario della neoscuola plasmata sull’indice di gradimento e sulla legge del profitto: modello aziendale, insomma. Sono infatti le stesse famiglie, addomesticate al suono dei ritornelli a presa rapida diramati dai talk show e rilanciati nei cenacoli che contano – dai salotti esclusivi ai saloni dei parrucchieri – a premiare la scuola che esponga in vetrina (chiamasi POF) l’”offerta formativa” più ricca e variegata, tecnicolor e poliglotta. Più progetti psichedelici uguale più iscrizioni, in perfetta logica (super)mercatista. Meno si insegnano i fondamentali, meglio è, perché ignorante è bello.
È questo, d’altra parte, il malcelato motto di Eduscopio, l’osservatorio della Fondazione Agnelli che consegna le pagelle alle scuole italiane premiando quelle meglio allineate ai miserabili standard internazionali, e così orienta dall’alto i flussi di materiale umano da imbottigliare e immettere sul mercato liquido globale con le qualifiche richieste: soggetto iperspecializzato, iperconnesso, invertebrato, analfabeta. L’establishment non punta ad altro che a guadagnare a se stesso eserciti di diplomati, aspiranti schiavi di livello superiore e perciò orgogliosi dei ceppi conquistati sul campo. Le macchine imponenti dell’alternanza scuola-lavoro o dell’erasmus coatto servono da allenamento preventivo per crescere zombie vessati e contenti.
Ecco quindi che il dirigente – l’ex preside, ora promosso ad amministratore delegato del circo scolastico – gongola per lo share e incamera lauti finanziamenti e medaglie al valore. Ecco che sale il tasso di occupazione per la categoria degli imbonitori certificati, ecco che i docenti si arrendono all’ineluttabile (o ritenuto tale) e cedono le proprie cattedre, senza fiatare, al primo che passi di là e si dichiari portatore di una qualche “esperienza” che tira: l’”esperto” di sesso tira parecchio ed è ormai diffusamente ritenuto un sostegno universalmente necessario, a scopo – si dice, e suona bene per tutti e il genitore evoluto se ne compiace – “di prevenzione”.
Ma c’è poi l’esperto in sicurezza, in alimentazione, in bullismo, in nonviolenza e non-discriminazione, in inclusione, in integrazione, in legalità, eccetera eccetera eccetera. Per contro, non si vedono in giro molti esperti, chessò, in arte medievale, filologia romanza, astronomia, musica barocca, teatro antico. Forse perché sono tutte cose troppo belle, troppo buone, tanto necessarie quanto clamorosamente inutili. E ciò che nutre l’anima e forma la persona – si sa – deve essere rimosso dai luoghi di (ri)educazione, a vantaggio della scienza (rigorosamente “applicata”) e della propaganda etico-politica capaci di garantire al potere un tornaconto sicuro. Va sventato il pericolo che qualche pollo ceda alla tentazione di guardare oltre la propria stia (e sopra il proprio ombelico), di vedere l’orizzonte, magari di pensare, sia mai.
Il candidato al titolo di cittadino per bene – cioè obbediente, disinibito, liquido e itinerante quanto basta – mentre viene rimpinzato di paccottiglia ideologica, va convinto che l’indottrinamento intensivo serva a fondare una sicura superiorità antropologica in armonia col monopensiero televisivo. Non è difficile da persuadere, il discepolo collettivo, e nemmeno i suoi genitori, basta sventolargli davanti la carta truccata del “benessere” personale e soprattutto di gruppo (perché le belle persone non sono mai egoiste).
La salute individuale e collettiva, e la pace dei sensi diffusa, sono il traguardo ambìto tanto dal potere e dai suoi commissari quanto, di riflesso, dai sudditi inconsapevoli. Il pacifismo, in fondo, nasce proprio per disarmare ex ante ogni potenziale avversario. Il mantra della non-violenza è funzionale a preservare lo status quo creato a beneficio di pochissimi e a spese di tutti gli altri: vietato dissentire, vietato alzare la testa, vietato combattere, e se ci si azzarda a non conformarsi all’esperanto mieloso che piace alla gente che piace si diventa ipso facto degli odiatori (haters in lingua anglica) e pure fascisti. Il totem della “legalità” serve allo stesso obiettivo, a garantire la predisposizione all’obbedienza acritica generalizzata, ma chi può essere tanto pazzo da dirlo ad alta voce?
È così che una squadra compatta e gerarchicamente ordinata muove la macchina da guerra nella direzione segnata. Chi non è della cordata, peggio per lui, il sistema troverà il modo di scalzarlo fuori e sanzionarlo per insubordinazione.
Ogni nuovo dogma, dunque, ha a scuola il suo esperto dedicato, e ciascun esperto insegna un pezzo della nuova religione. La religione è quella del cosiddetto mainstream che deve essere recepito, ripetuto a voce alta, memorizzato, metabolizzato, interiorizzato, alla fine pensato in automatico. Possibilmente in lingua barbara, ovvero nell’inglese obbligatorio del mercato e supermercato (ché certo non viene insegnato a scuola l’idioma di Shakespeare, inutile come le belle cose di cui sopra), strumento ideale di colonizzazione di masse amorfe con velleità cosmopolite.
ADDIO CULTURA, VAI COL SESSO Nel pacchetto dell’offerta formativa non può mancare, come dicevamo, l’esperto in sesso (libero e variegato, come moda impone) e in affettività: quest’ultima è la componente pudica del binomio magico che esalta il primato delle pulsioni, rinominate con eleganza “emozioni”, pilastro pedagogico universalmente riconosciuto della nuova paideia sacra e profana.
Scuole primarie, secondarie, materne, pubbliche e private, laiche e religiose, mettono a bilancio – paga il contribuente ignaro – remunerativi incarichi per sedicenti educatori sessuali e affettivi i quali, forti del patentino rilasciato a norma europea secondo le direttive dell’OMS, hanno titolo a carpire la confidenza dei figli altrui e a manipolare la personalità di bambini, adolescenti e ragazzi al di fuori del raggio di influenza dei genitori. Il ruolo istituzionale di questi esperti, preferibilmente analfabeti anche loro, nonostante (o forse grazie a…) verbosi curricola accademici – ah, i titoli! – li rende praticamente intoccabili.
Del resto, l’educazione sessuale è stata concepita proprio per questo nelle tecnosfere e poi calata in modo capillare con progressiva invadenza in ogni spazio educativo: con lo scopo, dichiarato, di abbattere nei giovani ogni remora legata al senso del pudore e le più elementari norme morali magari recepite in ambito famigliare. Sì da deprimerne le facoltà superiori concentrandoli sugli istinti primari quali che siano, anche deviati.
La diffusione mediatica della pornografia per tutti e senza limiti di età legittima l’adeguamento dei contenuti e dell’eloquio ai parametri corrivi; per paradosso, cioè, la scuola si trasforma nel ripetitore istituzionale di usi, costumi e linguaggio da suburra. Con desolante quanto compiaciuta capacità mimetica, i sedicenti esperti, interpreti designati del capovolgimento del rapporto educativo, riproducono temi e termini tarati sul degrado della peggio gioventù. Così da spalmare ben bene su tutti l’abbruttimento di qualcuno. Evidentemente il “sé” che si vuole costruire dentro ogni esemplare in batteria è un “sé” per forza omologato sul tanto ambìto livello subumano.
Digiuno di cultura, di logica, di storia, il nuovo australopiteco informatizzato in via di produzione seriale, fluttuante nell’eterno presente e nell’ognidove indistinto, coopererà felice alla liquidazione fallimentare della straordinaria civiltà a cui, inconsapevole, appartiene. Remerà convinto secondo il tornaconto dei poteri sovranazionali globalizzanti per i quali ogni sprazzo di coscienza identitaria costituisce un disturbo molesto. La scuola, ogni singola scuola, lavora per questo: per plasmare l’individuo omogeneo e pacificato e regalarlo impacchettato alla società liquefatta degli uguali eterodiretti.
Si sta realizzando, con sconcertante accelerazione e immenso spiegamento di forze, lo smantellamento programmato di un patrimonio inestimabile di lingua, di arte, di storia, di pensiero, per mezzo di un micidiale sistema di Pubblica (d)Istuzione di massa. Il pachiderma acefalo della burocrazia militarizzata prosegue inesorabile la sua marcia, nell’inerzia di quanti dovrebbero avere l’interesse a frenare lo scempio, di sicuro ne hanno la responsabilità.
Insegnanti, vi sta bene subire questa umiliazione continuata? Genitori, a questo ambite per i vostri figli? E qualcuno di voi, politici di tutti i colori, si rende conto di quale sia la posta in gioco nel gioco a cui state giocando? Nessuno batte un colpo. Ed è così che ci aspirano l’anima.
5 commenti su “Dove c’era la scuola ora sorge Babele”
Può essere che certi fenomeni abbiano oggi una maggiore diffusione o gravità, ma non dimentichiamoci che è la legge 194/1978 (41 anni fa), che ha introdotto la possibilità dell’aborto senza consenso dei genitori per le minorenni, nonché la libera vendita e la propaganda degli anticoncezionali ai minori. Vent’anni fa, giovane viceparroco, avevo saputo dai miei adolescenti che c’era stato nel locale liceo scientifico (e parlo di Albenga, che fa 25000 abitanti) un corso di educazione sessuale da parte del consultorio familiare laico che si poteva riassumere così: “Fate tutto quello che vi pare, usando gli anticoncezionali e se va male non preoccupatevi, perché c’è l’aborto”, che allora era quello chirurgico. Le ragazze che me lo raccontavano erano disgustate, pur non essendo delle Sante Marie Goretti. Non so se oggi vi sarebbe la medesima reazione, per la totale acriticità dei nostri ragazzi. Forse è qui il primo problema.
Purtroppo quella che lei hai sintetizzato è proprio l’essenza dell’educazione sessuale, quale altro scopo dovrebbe avere? Ormai è solo pubblicità, non interessa più tanto neanche la “prevenzione”. L’aborto legale, senza neanche lo spauracchio delle conseguenze sanitarie, spirituali neanche a parlarne, non è che una brutta toppa messa a nascondere il clamoroso fallimento di millenni di tentativi di arginare malattie veneree e gravidanze (indesiderate), ormai lo possiamo affermare serenamente alla luce di dati inoppugnabili, con buona pace deLLASCENZA. E’ che quando qualcosa è stato creato con uno scopo, è dura affermare il contrario, bisogna arrivare a soffocare letteralmente la realtà.
Articolo tanto terrificante come contenuto quanto ben scritto.
Cosa possiamo fare per combattere questo imposizione di disvalori dilagante che ha invaso anche la scuola? E’ il trionfo del nichilismo e del relativismo, ma ho notato che i giovani cercano comunque disperatamente un capitano che guidi la nave alla deriva che è il nostro mondo , qualcuno che indichi una direzione e dia un senso alla loro vita, facciamogli conoscere Cristo, parliamogli di Lui, Loro vogliono delle regole, magari da infrangere, ma delle regole, che diano ordine alla loro vita che noi adulti gli stiamo rovinando con lo slogan Tutto è permesso, abbiamo sdoganato l’ omicidio con la 194 e le tecniche di fecondazione assistita sacrificando embrioni, abbiamo permesso il sesso libero privo di qualsiasi freno inibitorio e di qualsiasi fine procreativi, ma i giovani non ci capiscono , vogliono che gli sia ridato un mondo con dei limiti ricavati se non dalla religione almeno dall’ etica….basta, bisogna ribellarsi!
Uno scritto che non ha perso (purtroppo!) un milligrammo di attualità. Grazie della ripubblicazione.