di Piero Vassallo
Nella seconda metà degli anni Sessanta, il successo del relativismo anarcoide, diffuso dalla lobby francofortese, avviò quella contestazione sessantottina, che sedusse le masse giovanili, destando stupori disarmati e febbrili illusioni nelle fasce deboli del clero e nelle associazioni cattoliche inclini al conformismo.
In uno scritto appena uscito dai torchi di Cantagalli, l’arcivescovo di Trieste, Giampaolo Crepaldi, ha rievocato, schivando le suggestioni dell’indulgenza, le timidezze e gli errori che turbarono l’ambiente ecclesiastico nei difficili anni dell’egemonia francofortese.
L’autorevole teologo rammenta che in quegli anni “La teologia cattolica era considerata occidentale, eurocentrica e borghese, la prassi politica avrebbe dovuto inverare il cristianesimo e la sua teologia doveva essere depurata dai residui metafisici e greci … Si diceva sulle orme [francofortesi] di Ernst Bloch, che Dio non è Colui che è ma colui che sarà, l’essere non è mai vero”. (Cfr. “Il cattolico in politica Manuale per la ripresa”, Siena 2010).
Al seguito del progressismo infuriante contro la fede, infatti, numerosi esponenti della cultura cattolica fecero un passo indietro, affannandosi nel sollecitare l’abbandono della filosofia di San Tommaso d’Aquino e nel tentare la declinazione progressista della teologia.
Si era diffuso intanto lo spirito del concilio, ovvero l’insipido candore che affascinato dalla presunta saggezza degli apostati moderni, incoraggiava il disarmo spirituale, culturale e politico dei cattolici.
Risultati dell’ubriacatura conformistica furono la riabilitazione delle polverose e ingannevoli tesi neo-moderniste, già confutate dall’enciclica Humani generis di Pio XII, e la caduta del cattolicesimo politico nell’umiliante trappola del compromesso storico.
Crepaldi dopo aver rammentato che, negli anni intitolati (da Paolo VI) all’infiltrazione del fumo di satana nella chiesa, la gerarchia cattolica non poté far altro che organizzare una resistenza intesa alla limitazione del danno, sostiene che è finalmente iniziato il tempo della ripresa.
La produzione degli effetti disastrosi del relativismo francofortese, suicidii, aborti, denatalità, pornografia, tossicodipendenze, sfascio delle famiglie, hanno spento gli ardori dei cattolici in viaggio negli allucinati territori dell’utopia.
Con ragione Crepaldi può affermare che “la storia del xx secolo testimonia che la ragione sta dalla parte di quanti ritengono del tutto falsa la tesi relativista”.
Di conseguenza i seguaci della cometa moderna, un tempo in festa nella coda del vincitore presunto, oggi sono rifugiati in comunelle patetiche, dove la cieca ostinazione sussurra e biascica parole d’ordine devastate dalla contraria evidenza.
All’orizzonte si affaccia un programma di ricostruzione corrispondente alle esigenze della grande tradizione italiana.
Crepaldi elenca gli obiettivi della cultura politica: “la liberazione dalle ideologie del pluralismo, del dialogo senza verità, della tolleranza senza criteri di discernimento, della assolutizzazione del diverso in quanto tale, recupero della nozione di legge naturale, denuncia della prostituzione della parola da parte di una teologia che guarda più al consenso che alla verità, rifiuto della politica come compromesso al ribasso, emendazione dei temi dell’ambiente e della pace dal moralismo politico e dal messianismo senza Dio”.
Ora la ripresa della politica conforme alla tradizione italiana è possibile a condizione che si ristabilisca quell’armonia tra fede e ragione che fu interrotta dallo spirito del concilio e dalla velenosa esplosione francofortese.
Crepaldi rammenta che “il linguaggio della fede è anche il linguaggio della ragione … La grammatica della fede non può rinunciare alla grammatica della ragione, perché … il Dio che si è rivelato in Gesù Cristo è la stessa ragione creatrice”.
L’uscita dalle strettoie del nichilismo politicante e legiferante inizia dal riconoscimento dell’attualità della filosofia di San Tommaso d’Aquino. Si deve pertanto affermare che la vera destra dipende dalla lezione di Cornelio Fabro sull’attualità della filosofia dell’essere.
Ove fosse incapace di intendere la lezione di Fabro e di archiviare le fuorvianti suggestioni destate dalla lettura di autori quali Evola, Nietzsche e Guénon, la cultura della destra sarebbe destinata a dissolversi nel tramonto della modernità.
Ad ogni modo il giro vizioso dall’illuminismo alla gnosi francofortese è arrivato al punto morto. La rivoluzione si è rovesciata nelle fallimentari mitologie intorno al nulla.
La via d’uscita dal delirio illuminista è finalmente percorribile. Dopo la modernità si afferma la tradizione. Dopo la devastazione si ristabilisce l’autorità della filosofia perenne. Dopo l’effervescenza dell’ateismo si riscoprono le radici cristiane della nostra civiltà.
Nella fase in cui la frazione modernizzante della destra, forse mossa da suggestioni settarie, scende nella morta gora del radicalismo chic, il testo di Crepaldi indica le condizioni per la rinascita di una destra cristiana, fedele alle nobili intenzioni e ai ragionevoli programmi di Benedetto XVI.