Siamo cobelligeranti a tutti gli effetti, grazie a Sarkozy
di Piero Laporta – da Italia Oggi – gruppo Class
Dopo la morte di Osama Bin Laden noi e il mondo occidentale dobbiamo interrogarci. Quali sono i nostri rapporti attuali con il mondo islamico? Come influiscono le potenze, europee e non, su questi rapporti? Cercano di trarne vantaggio? Cercano di metterci in difficoltà? Quali le prospettive di tali rapporti? Come incideranno sulla nostra vita sociale, sulla nostra economia? Il mondo occidentale come analizza questa situazione così vitale per il suo futuro? La morte di Osama, dopo tutto, è soltanto una tappa, ma non è l’unico evento importante.
L’attentato al gasdotto di El Arish nel Sinai, il 27 aprile 2001, dopo il precedente del 5 febbraio, ferma per innumerevoli mesi il gas dall’Egitto a Israele.
Nel frattempo, il 54% degli egiziani, secondo lo statunitense Pew Research Center, vuole cancellare l’accordo di pace tra Egitto e Israele. Il 75% per cento hanno fiducia nei Fratelli Musulmani e il 62% vogliono leggi egiziane ispirate al Corano. Settantanove egiziani su cento sono ostili agli Usa, nonostante i loro robusti aiuti economici e la determinazione contro l’ex presidente Hosni Mubarak. Prima di tutta questa macelleria politico militare gli ostili agli Usa erano l’82%: solo 3% in più! Hussein Barak Obama tuttavia ha eliminato Osama bin Laden. Resta da capire qual è il prezzo. Se il Pakistan è prono davanti a Obama, l’India potrebbe giovarsene per fermare gli attentatori islamici che l’hanno attaccata anche di recente. In cambio Nuova Delhi può svuotare i recenti accordi con Cina e Indonesia, per consentire a Obama il conteinment della Cina, quindi oscurando Donald Trump, che della lotta a Pechino ha fatto il simbolo delle sua candidatura alle prossime elezioni presidenziali.
Sarà interessante la risposta della Cina che da tempo pone la questione di un’altra moneta per le transazioni petrolifere.
Guarda caso i ribelli anti Gheddafi, prima ancora di costituire un governo provvisorio, il 19 marzo annunciarono la costituzione d’una loro Banca Centrale che prenderebbe il posto di quella tripolina. Nel solco della proposta cinese, Gheddafi aveva lanciato a sua volta l’idea di una moneta unica africana, il Dinaro oro («una minaccia per l’umanità», secondo Nicolas Sarkozy). Unico paese africano contrario al Dinaro, il Sud Africa, fu scelto per la mediazione tra ribelli e Nato.
L’ Italia ha un problema in più. Perché è coinvolta in molteplici missioni militari nel mondo islamico e ora, il conflitto con la Libia ci ha resi vulnerabili e appetibili come obiettivi del terrorismo.
La comunità di fedeli mussulmani, attraversata da tradimenti reciproci, è più mito che realtà. Non di meno la stratificazione di rancori e il fall out di violenza contro l’Occidente sono potenzialmente maggiori di quando Osama era in buona salute e Gheddafi felicemente regnante. Questo spiega l’insistenza dei francesi a coinvolgere l’Italia nei bombardamenti su Tripoli, piuttosto che il grottesco insistere sul «decisivo apporto militare italiano». La «triplice», consapevole di scoperchiare il vaso di Pandora, è ansiosa di condividere col maggior numero possibile di complici le responsabilità, sperando di annacquare le proprie conseguenze. La dichiarazione di Silvio Berlusconi dopo il vertice con Sarkozy – «non si tratta di bombardamenti, ma di precisi e mirati interventi contro obbiettivi militari» – suona come beffa atroce, dopo il precisissimo strike su figlio e nipotini di Gheddafi. L’Italia, come dopo l’8 settembre, è cobelligerante che fiancheggia gli stessi che la escludono dalle decisioni. Morto Osama, la shura di al-Qaeda ha preso le redini dell’organizzazione, la cui operatività non avrà delle flessioni, piuttosto programmano rappresaglie. Comunque si concluda, l’ostilità musulmana verso l’Occidente non scema, la nostra dignità nazionale non ne guadagna, la violenza ci incalza e il futuro è sempre più incerto. Non è un problema che possa essere sottovalutato.