L’altra sera festa grande a Montecatini, presso l’abitazione di Manolo Torrini, un giovane e promettente avvocato amico di mio figlio Manfredi e, ora, anche mio. Una festa in onore del novantacinquesimo genetliaco del professor Vinicio Catturelli, che fu amico e sodale di mio padre. E con noi c’erano anche il mio Corradino, il Comm. Cherubino Montechiaro e l’avvocato Julo Alberto junior Scopetani, che ha portato una bottiglia di “Veuve Clicquot” vintage 2004 con la quale, al termine della piacevolissima serata, abbiamo brindato “ad multos annos” in onore del vegliardo professore che, alla sua bella età, scrive ancora articoli su diversi giornali della Tradizione e sta preparando un libro che dovrebbe uscire i primi giorni di dicembre. La serata è stata spumeggiante e il prof. Vinicio ci ha raccontato di quando, fresco di laurea in lettere antiche, prima della Cattedra Universitaria, in accordo con i vescovi di Firenze – Pistoia – Pescia e Prato, organizzò – e ancora il Catturelli, come il suo collega Romano Amerio, reputa sbagliato il verbo “organizzare” ed usa “organare”…e quando prende l’ascensore per andare dal quarto piano al pian terreno lo chiama “discensore”…se la lingua italiana ha un senso, mi dice accattivante – le settimane per la formazione del clero e lui era uno dei Docenti incaricati di tenere quelle lezioni durante le quali era bello vedere, come ci racconta:
“con che passione questi sacerdoti, tutti in talare, vecchi e giovani, uniti da un medesimo zelo, si abbeverassero alle fonti dei Padri della Chiesa…con che passione andassero a rileggersi le “Confessioni” di Sant’Agostino o, addirittura, in latino – all’epoca non c’erano traduzioni – i “Dubia” di San Tommaso e con quale umiltà venissero da me, che all’epoca ero giovanissimo, a chiedere lumi….e poi, a sera – le lezioni si tenevano nel pomeriggio – sciamavano…e via in parrocchia, per fare, prima di accorrere dai loro malati, un po’ d’adorazione in chiesa di fronte al Tabernacolo…e, una volta a casa, dopo la parca cena, quando cenavano, perché allora la vita era dura,e i preti erano poveri davvero, via a recitare il loro breviario prima di cadere, stanchi morti, sul letto…e la notte c’erano le candele per risparmiare la luce…non c’era, allora, certo bisogno di un’enciclica sui rifiuti differenziati…allora c’erano i geloni e i ghiaccioli attaccati ai vetri delle finestre…e non si parlava di riscaldamento globale…magari vi fosse stato, allora ,il riscaldamento, quando si moriva di freddo e ci si contentava di un’acciuga o di una scatoletta di sgomberi…mangiata in piedi…”
I ricordi di Vinicio Catturelli son sempre commuoventi e lì, nel salotto ottocentesco dell’avvocato Torrini, mentre il vecchio docente sciorinava nomi, mi son passati davanti – e non come “rei fantasmi” ma “dolci visioni” – tanti personaggi a me cari che mi ricordano la fanciullezza e le battaglie paterne in difesa della liturgia e della lingua latina: don Luigi Stefani e la sua Galleria d’Arte Sacra “Lo Sprone” con l’Accademia di Pittura, il fotografo David Levi, fedelissimo di Re Umberto, che regalò a mio padre un album con duecento foto della “Vecchia Firenze”; il Conte Neri Capponi, il discendente di Pier Capponi che, di fronte all’arroganza francese di Carlo VIII (“noi suoneremo le nostre trombe”) rispose guardandolo negli occhi, senza paura : “E noi suoneremo le nostre campane”, fraterno amico di papà, che è stato ed è tuttavia il baluardo della Tradizione cattolica, il Maestro e la guida di chi ha per motto il “Tradidi quod et accepi”; Ugo Fanfani, con la sua bottega di legatore in via de’ Leoni, che fu il “pittore della Certosa” e le cui acqueforti, che mio padre acquistava, conservo gelosamente; il professor Adolfo Oxilia, che era spessissimo in casa nostra, quando abitavamo in viale dei Mille, a tre passi dallo Stadio…era il Direttore de “l’Ultima” che, appunto, fu l’ultima rivista fiorentina, dopo la felice esperienza de “Il Frontespizio”, sempre fondata dal Papini e sulla quale scrivevano Tirinnanzi, lo stesso Papini, e Tito Casini, il “Virgilio Cristiano”, che vergava i suoi scritti – come racconta il Papini – “in quella sua bella lingua che sa di Mugello e di Trecento” e Piero Bargellini…e qui il professore Vinicio Catturelli ci ha narrato alcuni episodi riguardanti Bargellini che fu suo grande amico:
“Vedi, Corradino – dice il Catturelli rivolto a mio figlio – hai ragione quando ti accalori con coloro che scambiano la Tradizione con il Fascismo…il Fascismo fu giacobino, perfino la simbologia lo sta a dimostrare, come il fascio littorio; e i teschi e le tibie dell’arditismo non sono i simboli dei gradi massonici? E il cieco di guerra Carlo Delcroix, fascista, monarchico sabaudo e massone, nel suo libro patriottardo “Sette Santi senza candele”, non fa l’apologia di una “chiesuola laica e laicista” i cui eroi sono combattenti contro l’Impero cattolico austriaco e la cui religione è quella della patria invece di quella di Cristo ? Per non parlare de “L’Altare della Patria” , l’orrenda “dentiera in marmo” bianco che deturpa il paesaggio, dove non c’è un simbolo cristiano e dove arde perenne il massonico “Fuoco della dea Vesta” invece di un cero alla Vergine benedetta…un monumento che quando qualcuno, che tu ben conosci, propose di “smontarlo” e di portarlo in una periferia degradata della città – anche per restituirci la bellezza dei Fori Imperiali – fece scattare l’ira funesta non solo dei sinistrorsi in servizio permanente effettivo ma anche di gente come Francesco Storace che scrive lorso (l’orso) e lalbero (l’albero) tutto attaccato e che è degno tirapiedi di Gianfranco Fini….ma lasciamo perdere, queste sono polemicuzze da quattro soldi….veniamo a noi… Durante il Ventennio, nel 1930, su “Il Bargello”,organo della federazione fascista fiorentina, si sviluppò una polemica tra Alberto Luchini e Angelo Bartolini sui “Viva Maria” che, come forse non tutti sanno, furono i popolani toscani che di fronte al Granduca – e chi parla è un fedelissimo dell’attuale Granduca Sigismondo che, ancora, considera il legittimo Sovrano di Toscana – Pietro Leopoldo e all’infame arcivescovo di Pistoia, il giansenista Scipione de’ Ricci, che insieme avviarono, con il Conciliabolo di Pistoia (che fu l’antesignano dell’altro, ovvero del Concilio Vaticano II), le riforme giacobine della chiesa e della società, insorsero in armi al grido di “Viva Maria” e “Viva Gesù”, abbattendo addirittura l’Arma dei Lorena e innalzando le Palle dei Medici; si batterono strenuamente per il Trono e l’Altare…addirittura contro il Sovrano Pietro Leopoldo che, pur avendo una legittimità di origine non ebbe una legittimità di esercizio…e furono gli stessi popolani ad assalire la carrozza dell’eretico e apostata Scipione de’ Ricci e del suo Granduca al grido di “O funzioni vecchie o legnate nuove”, quindi combatterono contro i francesi napoleonici e rivoluzionari abbattendo e bruciando i loro alberi delle false libertà…sai, Corradino, come tu mi dicesti sono andato a consultare il libro dell’Oriana Fallaci , “Un cappello pieno di ciliegie” …avevi ragione tu…anche la scrittrice parla delle Insorgenze antifrancesi e tifa per i “Viva Maria”…
ma – prosegue il prof. Vinicio Catturelli – veniamo a noi e torniamo alla polemica su “Il Bargello” tra Alberto Luchini e Angelo Bartolini, due “fascistissimi” rivoluzionari: il primo, un “girondino” potremmo definirlo, affermava che, pur con mille riserve, anche i “Viva Maria” potevano far parte della tradizione toscana, mentre per il secondo (il Bartolini, un vero e proprio giacobino che ammirava la Rivoluzione francese) dovevano essere dimenticati, “cassati” dalla storia perché a nessun titolo potevano dirsi interpreti della Tradizione Toscana: la polemica non piacque di certo ai cattolici de “Il Frontespizio”, per i quali l’unica Tradizione italiana vera e valida era quella della Controriforma, che voleva un cattolicesimo integrale e che, pertanto, consideravano i “Viva Maria” come i veri interpreti della storia toscana. E questi “cattolici belva” si chiamavano Giuliotti, Papini, Bargellini, De Luca, Tito Casini e rappresentavano il “cattolicesimo integrale”…non quello dei pataccari che cercano cavalierati e croci e medagline da far tintinnare sulle mantelline paonazze, non il cattolicesimo dei cattolici neomodernisti che sognano il Granduca e accettano le stesse riforme liturgiche, come la messa vernacolare, contro cui insorsero i “Viva Maria”…Vedi Corradino, il Luchini era un classico “moderato” ovvero il peggio del peggio, che pur aveva difeso tiepidamente su “Il Bargello” i “Viva Maria” ma che, affermava, se fosse vissuto a quell’epoca li avrebbe combattuti. Ebbene Piero Bargellini che, nelle polemiche, si firmava “Petrus Magister” (in effetti il Bargellini oltre che agrimensore fu maestro elementare e, quindi, Ispettore Scolastico), con quel suo bel linguaggio chiaro, antintellettuale, “selvatico” non solo difende i “Viva Maria” ma va oltre – diglielo, Corradino mio, tu che, spero, sarai il nuovo rappresentante della Tradizione Toscana, a questi bellimbusti ignoranti – scavalca i termini della disputa e sostiene la necessità di una revisione completa della storiografia ottocentesca parziale e settaria (lo stesso che hanno fatto e state facendo, o meglio stiamo facendo, caro Corradino, noi tradizionalisti di fronte a questa ignoranza “conciliare”). E scrive il Bargellini – diglielo, Corradino, a coloro che vorrebbero trasformare Bargellini in una sorta di “doroteo” messo prono, a mamma d’agnello, a novanta gradi – quello che ha scritto
“…per capire compiutamente di quale ingiustizia e di quale partigianeria abbiano patito fino ad oggi i nostri poveri madonnai (i popolani dei “Viva Maria” portavano in processione le statue della Madonna alle quali la pia tradizione attribuiva miracoli, come quello della lacrimazione – n.v.c.) , oscurantisti in tempo d’illuminismo , cattolici in tempo d’ateismo, dispregiatori di quei geni, tutti francesi, cui l’esser genio non bastava …(loro, i giacobini francesi)hanno abbattuto ogni stemma gentilizio e religioso e introdotto l’uso del disarmonico tricolore; abolite le feste religiose e improvvisate quelle ‘nazionali’, mutati i nomi delle piazze e delle vie (fino a chiamar Piazza Nazionale la piazza del Campo a Siena!). Aboliti i titoli nobiliari per il titolo comune di cittadino, e mutati i bei nomi nostrani con quelli di ‘municipalità’ e di ‘commissari’. Spogliati gli altari e piantate aree ‘sacre’ di cui fino ai giorni nostri è durato il cattivo uso. S’è citato fin qui quello che poteva offendere il nostro popolo spiritualmente. Ci sarebbe ora da aggiungere i soprusi”.
E ai “fascisti rivoluzionari’ de “Il Bargello” Petrus Magister, ovvero Piero Bargellini,che, praticamente è stato uno dei precursori della tradizione cattolica – vedi Corradino come con queste parole di Bargellini si potrebbe fare benissimo un manifesto del vero tradizionalista! – risponde che lui, a quell’epoca, sarebbe stato con i “madonnai”, con gl’insorgenti e che ben volentieri avrebbe sparato contro quel poeta Orco Bisorco, carissimo ai seguaci di Mino Maccari”.
Vinicio Catturelli ha ancora l’eloquio fluido di quando era il “re dei conferenzieri” invitato e coccolato, negli anni Quaranta e Cinquanta, in tutte le parrocchie quando c’era bisogno di “intellettuali” da contrapporre al Fronte Popolare; allora c’era la Chiesa con a capo il Venerabile Pio XII, il “Pastor Angelicus”, il “Defensor Fidei” e al Sant’Uffizio il Cardinale Ottaviani. Mi complimento con Vinicio che ha ancora, in quei suoi occhi celesti e vivaci, l’entusiasmo e la combattività dei vent’anni…soffre di solitudine ma riesce a vincerla impegnandosi nello studio e nella preghiera. Ora tutti gli fanno intorno corona e il Comm. Cherubino Montechiaro gli consegna, a nome di tutti medici e gli avvocati del mio studio (Julo Alberto junior Scopetani rappresenta quest’ultima categoria), una pergamena ricordo e una medaglia fatta coniare con davanti lo stemma dei Lorena e, dietro, l’incisione : “Al professor Vinicio Catturelli i lealisti toscani con animo grato in occasione del suo novantacinquesimo genetliaco”. Insomma, stasera innalziamo i calici e libiamo felici…io, in particolar modo, in quanto, presente il prof. Catturelli anche il mio Corradino diviene più trattabile, meno impetuoso…stavo per dire “dialogante”, un vocabolo che, udito dal mio pargolo più giovane, rischierebbe di rovinare la serata.
Cerchiamo di convincere il nostro ospite, l’avvocato Manolo Torrini che, brillantemente, si laureò con una tesi sui “Viva Maria” a pubblicare il suo lavoro, ma lui, more solito, è molto schivo e risponde quasi si parlasse di altro: “Ma no, no…è un lavoretto da poco…no, non val la pena pubblicarlo…”
Eppure mi ha confidato il suo collega, l’avvocato Julo Alberto junior Scopetani che, in effetti, è un lavoro di grande interesse, ben documentato, di agile lettura dove – mi ha detto Scopetani – in questo scontro tra gl’insorgenti dei “Viva Maria” e il Granduca illuminista Pietro Leopoldo insieme al vescovo giansenista Scipione de’ Ricci prima e contro i giacobini francesi poi, si denotano due opposte maniere di concepire e di affrontare la vita: l’eterna guerra che da sempre divide il genere umano e anche nella Grande Insorgenza del 1799 fu il popolo delle campagne e delle città, il basso clero, la nobiltà, ad opporsi alle utopie e alle astruserie dell’alto clero, della nobiltà corrotta e di una certa borghesia affaristica, così come i popolani, la nobiltà e la sana borghesia si opporranno a quella rivoluzione italiana chiamata Risorgimento che pretendeva (oggi se ne vedono i risultati) di unire l’Italia non attraverso quel collante a tutti comune come la religione, bensì “contro la religione”…e in effetti la Guerra civile risorgimentale fu quella che fu…
Prima di lasciare la casa del caro avvocato Torrini, l’amico di mio figlio maggiore, sempre così gentile, mi (e ci) segnala l’uscita di un nuovo libro, guarda un po’, proprio su “L’Ultima”, me l’ha detto don M. Tagliabronzi stamani mattina, prima della celebrazione della Santa Messa Tridentina che, finalmente, siamo riusciti a portare anche qui, a Montecatini… Siccome Julo Alberto junior Scopetani è particolarmente curioso, Manolo va in studio prende il libro e ce lo mostra: Giovanni Pallanti: “L’Ultima: scrittori artisti e teologi tra cattocomunismo e fascismo” (Società Editrice Fiorentina), con una postfazione di Carlo Lapucci.
Visto l’interesse che il prof Catturelli dimostra rispetto al libro Manolo Torrini gliene fa dono: “Così – ci saluta il nostro caro ospite – leggerò la sua recensione caro professore…”
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Rigoletto Corsini
2 commenti su “Diario del dott. Rigoletto Corsini, medico fiorentino”
La lettura degli incontri conviviali con i suoi amici fa sempre venir voglia di far parte del gruppo, caro dottor Corsini. Bentornato. La aspettavamo.
Anche questa è una storia sconosciuta. Come è potuto accadere: tanto s’è trangugiato senza nulla sapere ?