DI QUA O DI LA’, IL PERCHE’ NON SI SA – di Piero Laporta

Anche sull’omofobia gli schieramenti si sono mossi senza spiegare la posta in gioco

Le norme in vigore già prevedono la possibilità di aggravanti


di Piero Laporta

fonte: ItaliaOggi – gruppo Class

tre

lesbica, ministro, travestito. Che bel terzetto


«C’è il rischio di offrire la sensazione di non voler difendere i diritti degli omosessuali» ha detto l’onorevole Claudio Scajola, Pdl, dopo la bocciatura della cosiddetta legge «contro l’omofobia». Noi siamo convinti che l’opinione pubblica è più attenta ai sistemi coi quali gli onorevoli si procacciano un tetto con le tasse che dobbiamo pagare.

In quanto alla cosiddetta legge «contro l’omofobia», essa galleggiò nel solito sistema: non spiegare all’opinione pubblica l’oggetto del contendere, passando sulla testa degli elettori-contribuenti, questi destinati a pagare stipendi ai due fronti per sostenere il proprio con la medesima razionalità dei tifosi di calcio: o di qui o di là, il perché non si sa. Se la minoranza ha peculiare interesse in questo modus operandi, la maggioranza è d’una scelleratezza senza attenuanti.

Il fatto. La minoranza dei Deputati intendeva inserire un comma ulteriore nell’articolo 61 del codice penale che elenca le «circostanze aggravanti comuni», le quali, quando accertate, aggravano la pena. Il testo proposto dalla minoranza: «L’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, commesso il fatto per motivi di omofobia e transfobia, intesi come odio e discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale di una persona verso persone del suo stesso sesso, persone del sesso opposto, persone di entrambi i sessi».

La proposta è stata giustamente respinta.

I padri che scrissero il codice penale non erano stupidi e la prima circostanza aggravante che individuarono con l’articolo 61 «l’avere agito per motivi abbietti o futili», compendiava, con otto parole, anche i prolissi e tortuosi concetti coi quali la minoranza ha cercato invano di istituire una categoria protetta. Da notare che l’aggravante dei motivi abbietti o futili, lascia alla saggezza del magistrato un ampio spazio di manovra per collocare il baricentro delle responsabilità nella maniera più equilibrata possibile. La pretesa di godere di tutele speciali in quanto omosessuale o transessuale, mentre, allo stesso tempo, si afferma l’assoluta normalità di tale condizione (e guai a parlare di malattia o menomazione) si scontra frontalmente con la nozione di uguaglianza costituzionale, evocando situazioni di privilegio che il codice penale non riconosce neppure ai portatori di handicap.

La forzatura dell’assetto costituzionale (visto che si tratta del diritto di uguaglianza davanti alla legge) utilizzando come grimaldello la criminalizzazione di un paese e del suo legittimo parlamento (che i proponenti hanno descritto come violenti e omofobi), è un’aggravante per motivi abbietti dell’escalation da tempo mirata a sovvertire, mediante la preminenza dei diritti delle minoranze su quelli altrettanto se non più legittimi della maggioranza: cioè l’istituzione d’una dittatura post moderna per via parlamentare. E’ un progetto dal quale non demorderanno.

Un gentiluomo britannico spiegò perché si fosse trasferito sulle colline senesi: «Ai tempi di Oscar Wilde» osservò «l’omosessualità era un reato. Più tardi fu una trasgressione, quindi un’eccentricità. Da qualche tempo ormai è motivo di privilegio. Sono venuto via prima che divenga obbligatoria». A ben vedere è il cammino di tutte le cosiddette «libertà» laiche. Per ora quel simpatico Lord non ha motivo di trasferirsi altrove, tuttavia stia in guardia.

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