Lettera aperta al senatore Giorgio Tonini che, invitato ad opporsi alla approvazione del DDL Cirinnà in discussione a partire dal prossimo 26 gennaio, si proclama favorevole ad esso, anzitutto perché ora riguarda le “unioni civili”, che debbono essere considerate come le “nuove formazioni sociali” previste e tutelate dall’articolo 2 della Costituzione, e perché invece della adozione da parte della “coppia” di omosessuali, viene prevista solo la caritatevole adozione del figlio del partner omosessuale. (clicca qui per leggere la risposta del sen. Tonini alla lettera inviata ai parlamentari per invitarli a non approvare il ddl Cirinnà).
di Patrizia Fermani
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Ella è convinto che il disegno di legge Cirinnà, non riferendosi più al “matrimonio” tra persone dello stesso sesso, ma alle generiche “unioni civili”, che troverebbero il proprio fondamento giuridico nientemeno che nella tutela accordata dall’articolo 2 della Costituzione alle “nuove formazioni sociali”, ora risponde senz’altro ad esigenze etiche, e di utilità sociale, e quindi debba essere sostenuto.
Sappiamo perfettamente però, e forse lo sa anche Lei, e lo capisce chiunque, che il tentativo di inserire le unioni tra persone dello stesso sesso sotto l’ombrello dell’articolo 2, è solo il trucco da quattro soldi ideato dai promotori del disegno di legge Cirinnà per aggirare l’ostacolo insuperabile dell’articolo 29, che tutelando esplicitamente la famiglia naturale fondata sul matrimonio, si oppone alla demenziale invenzione del “matrimonio” e della “famiglia” omosessuale. L’articolo 2 della Costituzione è stato scritto con riferimento a tutt’altre realtà di tipo socio politico, quali ad esempio le associazioni sindacali, e non può di certo offrire supporto giuridico ad un fenomeno che d’altra parte, nascendo anomalo e sterile perché contro natura, in qualunque modo lo si chiami, non presenta in sé alcun valore sociale positivo in grado di giustificarne la tutela giuridica. Questa, del tutto arbitraria perché non rispondente ad alcun interesse generale, innescherebbe soltanto una enorme carica distruttiva per i fondamenti etici della società.
Ora dunque lo stratagemma dell’articolo 2 ricalca, anche Ella ne converrà, quello di chi giocando a tombola e non riuscendo a completare la cinquina, si mette d’accordo col battitore per far uscire con qualche trucco proprio il numero che gli manca. Sennonché si dà il caso che dietro i numeri della Costituzione, cioè nei suoi articoli, siano racchiusi dei contenuti, ci sia una ratio e dei principi che non possono entrare in contraddizione tra loro, in virtù di interpretazioni cervellotiche e abusive, pena la disgregazione dell’intero sistema. Dunque anzitutto non si può far dire impunemente alla Costituzione quello che non dice e che non risponde alle intenzioni dei costituenti, anche perché la nostra, come Ella sa, è una costituzione rigida che non tollera modifiche in via interpretativa. Ma soprattutto non si può tentare di sovvertire attraverso giochi di prestigio la costituzione materiale, che precede quella scritta e riflette le vere esigenze profonde e immutabili della società, quelle di autotutela e di conservazione di fondamenti etici senza i quali si apre la porta alla autodistruzione collettiva.
L’articolo 29 tutela il valore della famiglia, che può fondarsi solo sulla promessa e sulla unione sponsale tra un uomo e una donna, in quanto essa è l’unica realtà insostituibile per la continuità fisica e spirituale della comunità umana. Che questa continuità di generazioni legate da vincoli di sangue sia indefettibile e imprescindibile dovrebbe essere chiaro a tutti, come dovrebbe essere evidente il danno inflitto ad intere generazioni quando il valore della famiglia viene aggredito attraverso la confusione delle idee e la contraffazione dei modelli, cioè attraverso la promozione di grottesche imitazioni volte unicamente a soddisfare ottusi e contingenti interessi personali o politici, che nulla hanno a che fare con l’interesse generale.
Ma il gioco di prestigio si fa persino più tragico quando va ad investire direttamente vite innocenti. Quando viene propagandata come il nuovo fiore all’occhiello del disegno di legge, la proposta, avallata con zelo anche da Lei, di consentire ad uno dei conviventi omosessuali di adottare il figlio, naturale o a sua volta commissionato ad altri, del partner. Una proposta con la quale si è pensato con spregiudicata arroganza, di poter aggirare anche l’ostacolo della resistenza che viene quasi unanimemente opposta all’adozione di minori da parte di omosessuali, perché sentita come ripugnante dalla coscienza comune. Ancora una volta si pensa dunque di ottenere sotto una dicitura diversa e attraverso un tartufesco succedaneo, quel medesimo risultato che sembrava ancora troppo difficile da raggiungere direttamente.
Quello che risulta evidente da tutto questo, ed emerge anche dalle Sue parole, è il radicale disprezzo per l’essere umano divenuto oggetto di giochi “politici”, oltreché di sentimenti distorti. L’indifferenza inquietante nei confronti del bambino inerme di oggi che domani sarà l’adulto con una vita forgiata dal capriccio, dalla follia ideologica, dalla convenienza politica, cioè, in una parola, dall’arbitrio altrui. Per lui viene apparecchiato senza scrupoli il teatrino della famiglia fasulla e dei falsi genitori, un teatrino in cui egli è già condannato a recitare quella parte di “figlio”, che è indispensabile per far ottenere ai componenti della “coppia” omosessuale la patente di “genitori”, e a tutto l’insieme l’insegna di “famiglia”. Un gioco perverso di specchi in cui esseri indifesi vengono ingabbiati al pari di animali da allevamento prodotti per le esigenze del mercato. Così Le sfugge, signor Senatore, persino quale sia proprio la scelleratezza di appropriarsi delle vite altrui, di manipolarle e sottometterle ad una inaudita prepotenza travestita da buone intenzioni.
Colpisce insomma come tutta l’operazione, quali che siano i nomi di volta in volta proposti per farla digerire, sia dominata da una cecità irresponsabile verso la società e verso la realtà dell’essere umano, e si tratta di una cecità tanto più insidiosa, perché viene camuffata ipocritamente sotto le vesti della compassione (o magari anche sotto quelle della più aggiornata misericordia). Ma la compassione, diceva la Arendt, è il primo paludamento di cui si veste ogni rivoluzione totalitaria.
Alla fine il dato fondamentale che sembra sfuggire a Lei e a quanti fanno a gara per alzare il vessillo della Costituzione, e se ne accontentano, è che le costituzioni devono assolvere la funzione di orientare le leggi al bene comune, perché senza questo obiettivo, esse si riducano a brutali strumenti in mano al potere di turno, o quanto meno ad effimeri manuali dell’anarchia in cui ognuno può leggere quello che più gli conviene. Prima della Costituzione va interpellato il buon senso e prima ancora il senso della esistenza dell’uomo e della società in cui è destinato a vivere.
Le sfugge che il valore della famiglia, unica e inimitabile, con la sua funzione sociale, e la sua vocazione di edificazione umana, precede ogni costituzione e ogni legge ordinaria, e rimarrebbe immutato e intangibile anche se una costituzione o una legge qualunque finissero per rinnegarlo, magari attraverso la promozione sociale della omosessualità, la invenzione di false famiglie o la pianificazione lucrosa della “riproduzione umana” solo in via tecnologica.
La verità di ciò che è il bene precede la prepotenza e le alchimie degli uomini, e reclama inderogabilmente di essere rispettata. Non può essere frutto di opinione o di votazione, o di contrattazione, non ammette riduzioni di sorta proprio ora che un inquietante diffuso oscuramento della ragione minaccia sempre più da vicino il destino di una intera collettività.
10 commenti su “DDL Cirinnà e il nuovo imbroglio dell’art. 2 Costituzione – di Patrizia Fermani”
Ancora una volta sacrosante parole!
Scusate, ma cosa vi aspettate da un PDiota? E gli andate pure a scrivere una “lettera aperta”? Ma daiiiii…..
Sottoscrivo in pieno l’argomentazione – serena e allo stesso tempo appassionata – di Patrizia Fermani. La prego soltan to di nominare espressamente la nozone di “diritto naturale” o “legge morale naturale”, che è qualcosa di molto più preciso e di molto più decisivo del mero richiamo al “buon senso”. La sana filosofia moderna e la dottrina sociale dela Chiesa non mancano mai di riferirsi a questo vero fondamento ultimo della giustizia e del diritto, anche politico-sociale. La nozione di “bene comune”, che la Fermani giustamente richiama, non è disgiunta da quella di “diritto natuale”. La stesa ermeneutica della Costituzione esige – da un punto di vita scientifico – saper rilevare in ogni specifico argomento giuridico il primato del diritto naturale sul diritto positivo. Seguendo il io sistema di pensiero, Francesco Arzillo, un magistrato molto competente, ha scirtto in proposito un saggio su “Esperienza giuridica e senso comune” (Leonardo da Vinci 2013).
Caro Professore, non c’è dubbio che l’abbandono o, nella migliore delle ipotesi, lo sfocamento del diritto naturale, sia il problema che affligge la cultura giuridica e la teologia contemporanea Basti pensare, a questo proposito come la idea contigua di legge naturale sia stata dichiarata ufficialmente superata in quel documento della commissione teologica internazionale che è stato richiamato espressamente dall’instrumentum laboris del sinodo 2014. Se qui ho parlato di buon senso, è perché il piano sul quale è condotta la attuale campagna ideologico politica, è quello della persuasione ottenuta attraverso la manipolazione delle parole e la suggestione delle idee mediaticamente prefabbricate e inoculate. Un piano cioè che non offrendo nessuno spunto speculativo, inibisce anche il ragionamento. Di fronte a questo procedimento anestetico, forse il primo antidoto può essere proprio il recupero di quella intelligenza istintiva delle cose che precede la sistemazione razionale,
quel buon senso che durante la peste di Milano era stato oscurato dal senso comune. l’operazione distruttiva è arrivata a questo punto perché è stata oscurata la realtà e la sua immediata percezione da parte della gente comune. Ma di certo questo non sarebbe avvenuto se a perdere il senso del diritto non fossero stati proprio i giuristi, e ad accantonare la legge divina non si fossero affaccendati, come Ella ci insegna, tanti uomini di Chiesa.. Grazie per la Sua attenzione.
Vorrei qui ricordare coma a difesa del concetto di “legge naturae” abbia combattuto strenuamente, nel seclo socrso,Jean Madiran, in particolare controp l’episcopato francese, che appoggiò apertamente le rivolta studentesca del maggio ’68 a Parigi affermando, per bocca del suo portavoce Mons. Joseph Paul Schmitt, che l’idea di legge naturale andava sostituita con quella della “coscienza collettva” (la fede ascolta il mondo, diceva qel tale Schmitt); quest’ultima, ovviamente, per quei vescovi modernisti, era solo quella abilmente manipolata dai rivoluzionari marxisti (per quei vescovi il marxismo incarnava quasi a perfezione il messaggio cristiano!); del rifiuto che la maggiornaza dei francesi oppose a quella rvolta comunista a quell’episcopato non importava un fico secco.
Concordo con l’Autrice, salvo annotare che purtroppo è stata la Corte costituzionale con la sentenza n. 138 del 2010 a “inventare” e ricondurre illogicamente sotto l’ombrello dell’art. 2 Cost. un’inesistente tutela costituzionale delle unioni omosessuali ! Occorrerebbe un improbabile revirement giurisprudenziale!
Lei ha perfettamente ragione, ma bisogna cercare di scoraggiare il radicarsi di luoghi comuni fasulli anche se partoriti da magnanimi lombi, poiché con essi vengono manipolate le coscienze. Il produttore è nefasto, ma proprio per questo occorre non stancarsi di dire che il prodotto è avariato.
Il problema oltre all’EROSIONE del diritto naturale è proprio quella che ormai una buona fetta di giudici e della Corte costituzionale e dei tribunali civili sono diventati la longa manus di questa demolizione per qualsiasi legge si faccia buona o malvagia.sta a noi nello sconquasso conservare il verum il bonum e lo iustum.
Grazie patrizia al prof.livi e a chi contribuisce ad accendere qualche luce
Deo gratias
Giampaolo
Appellarsi all’articolo 2 della Costituzione è un arzigogolo da azzeccagarbugli. Purtroppo i legulei trovano sempre l’appiglio giuridico per qualunque mostruosità. Rimane, però, l’insulto allo spirito della Costituzione e alla storia. Nell’assemblea costituente neppure i più incalliti mangiapreti pensavano che la famiglia potesse fondarsi su qualcosa di diverso dall’unione eterosessuale. Nè ne immaginavano ridicoli surrogati come le unioni civili. Se qualche padre costituente le avesse proposte lo avrebbero direttamente trasferito in quei manicomi che allora, per fortuna, esistevano.