Il Divin Poeta, cristiano autentico, estraneo a qualsiasi forma di “politicamente corretto”, celebrato in Senato dal comico fiorentino, che addirittura cerca di farne un’icona progressista. Ricordiamo una celebrazione ben più seria, vent’anni fa. Ma ogni epoca ha, evidentemente, ciò che si merita.
di Giovanni Lugaresi
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Antonio Socci, che si fa leggere sempre volentieri e che costituisce una voce fuori dal coro del conformismo, ha dato ultimamente, e con una certa eleganza pure, dalle colonne del quotidiano “Libero” una sberla sui denti al “dantista” Benigni, chiamato a celebrare solennemente in Senato il 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri, da lui interpretato, poi, ad usum delphini, evidentemente, cioè facendo di un grande personaggio a suo tempo definito da un altro esponente della sinistra intellettuale come Edoardo Sanguineti reazionario, nientemeno che un progressista doc!!! Alla maggior gloria del presidente del Senato, Grasso, di quello della Camera dei deputati signora Boldrini, nonché del premier Renzi.
Non ci vuol molto (conoscenza e onestà bastano) a concordare con Socci sul fatto che in altri tempi a celebrare il Sommo Poeta in Senato sarebbero stati chiamati un De Sanctis o un Croce, ma qui è nostra intenzione, di fronte ai vantati meriti del guitto toscano per la divulgazione della “Divina Commedia” nelle comparsate in tv, osservare sommessamente come ci sia stato un “precedente”, e quale precedente, ai fini di una operazione culturale eccezionale.
Correva l’anno 1995 e un innamorato della cultura, nonché protagonista dal 1956 al 1960, del Trebb Poetico (insieme al compianto Toni Comello), vogliamo dire il ravennate Walter Della Monica, pensò e organizzò un’impresa senza precedenti, appunto. O meglio, con un “precedente” di Giovanni Boccaccio, rimasto peraltro incompiuto, per così dire.
E fu la lettura, con commento, dell’intero poema dantesco nella chiesa di San Francesco, prospiciente la tomba dell’Alighieri, protagonista Vittorio Sermonti, che senza quel forte (e fastidioso) accento toscano (di Benigni), senza smorfie e occhiate di sguincio varie, ma con toni appropriati, per tre anni compì l’impresa. 1995, 1996, 1997: in due riprese, primavera e autunno, i fine settimana dei ravennati, e di tanti appassionati, turisti, studenti, studiosi, italiani e stranieri, furono occupati con quegli appuntamenti. Dulcis in fundo, per così dire, cioè ottenendo un riconoscimento pure straordinario: l’udienza vaticana concessa da Papa Giovanni Paolo II davanti al quale venne letto l’ultimo canto del Paradiso.
Walter Della Monica aveva visto giusto, dimostrando anche come cultura, sensibilità, conoscenza e senso dell’organizzazione possano coniugarsi progettando grandi imprese, e realizzandole, anche senza i grandi mezzi dei quali dispone per esempio una Rai-tv. “Progetto Dante” vennero chiamati quelle letture e commenti del poema protrattisi per un triennio.
Ma concluso quel ciclo dell’intero poema, per la prima volta, appunto, nella storia, Walter Della Monica non si fermò, aggiungendo all’impresa, un “seguito” ugualmente originale e significativo, importantissimo.
E fu “La Divina Commedia nel mondo”, che dal 1998 ad oggi ha visto, sempre a Ravenna, nel “bel San Francesco di Dante” (come lo abbiamo definito una volta) incontri sulla presenza-conoscenza del poema all’estero.
Oltre cinquanta sono stati gli appuntamenti con traduttori, studiosi, italiani e stranieri, aventi per oggetto, appunto, la conoscenza della “Commedia”: dalla Cina e dal Giappone agli Stati Uniti e al Brasile, dalla Francia e dalla Germania, alla Turchia e a Israele, dall’Iran e dalla Corea al Sud Africa e alla Georgia, dal Bangladesh e dall’India alla Lettonia e all’Islanda, dalla Francia e dalla Spagna all’Irlanda (lingua gaelica) e alla Finlandia, dalla Russia e dalla Lettonia all’Inghilterra e al Portogallo. E ci fermiamo qui…
Sarà bene, perciò, prima dell’esaltazione (spesso acritica) di letture e commenti a cura del Benigni, considerare le precedenti “operazioni” in omaggio e alla maggior gloria di Dante Alighieri, poeta sommo e cristiano autentico, estraneo a qualsiasi forma di “politicamente corretto”, come giustamente ha sottolineato Antonio Socci nel suo inappuntabile scritto.
6 commenti su “Dante Alighieri, poeta sommo, e il comico Roberto Benigni – di Giovanni Lugaresi”
De Sanctis e Croce, in tempi odierni, verrebbero relegati nel cantuccio, scherniti e disprezzati. Meglio Benigni, che in poche parole ha fatto capire che del sommo vate e della sua opera non ha compreso un bel nulla, nonostante il plauso dei pecoroni moderni.
E Boccaccio e Petrarca, secondo l’esimio comico, in quali partiti li collochiamo?
Le poche immagini che ho potuto vedere mi hanno colpito non per le parole del grande comunicatore fedelissimo al politicamente corretto, ma per la permanenza a mio parere oscena, in Palazzo Madama, di chi si è sempre professato di Destra e che, pertanto, non avrebbe dovuto assistere allo “spettacolo” propalato da un “genio” della cultura conformista di stampo comunista, non a caso sempre ben accetto da comunisti e cattocomunisti sempre pronti ad applaudire il compagno Benigni.
Socci trascura tutto il filone “Dante grande iniziato” sponsorizzato storicamente dalla massoneria per ricondurre il discorso alla solita trita polemica pro/contro Islam.
In questi tempi l’Italia e l’Occcidente sono alle comiche finali grazie alla rivoluzione antropologica in atto ed anche ricordando il grande Dante ci si è adeguati alla mentalità corrente. Ci sarebbe stato da meravigliarsi se avessero optato per un insigne dantista come Vittorio Sermonti, sicuramente indigesto alla nomenklatura imperante.
Una figura tragica e potente come quella di Dante, interpretata da un giullare sono cose che ormai fanno parte dell’incultura nostrana.Ricordo che un tempo lo recitò Gassman, e già fu criticato perché ampolloso, ma in confronto era super!
Mala tempora…
Mi vanto di aver fatto interrompere,nel giugno del 2006, i riassunti delle sue così dette Lecturae Dantis che il guitto teneva di sabato in santa Croce di Firenze e che l’inserto domenicale de Il Sol 24 Ore pubblicava in seconda pagina. Delle tredici puntate previste, dietro proteste ragionate mie e di altri lettori dantisti, solo le prime quattro hanno visto la pubblicazione. In quella che doveva essere la quinta apparve la mia puntuale critica sul canto XXVI dell’Inferno che stroncava le bischere smarronate del comico. Poi più nulla: Benigni era stato vaporizzato. Eppure, mamma RAI trova ancora il tempo di imporlo a suon di milioni e col plauso di Papa Bergoglio e del cardinal Bertone che han visto in costui un “grande teologo”. Poveri S:Agostino e Tommaso!!