Prosegue l’analisi dei contenuti dell’ultimo intervento di Don Julian Carron, Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, fatto il 27 febbraio 2016 all’Assemblea con i Responsabili di Comunione e Liberazione in Italia (clicca qui per leggere l’intervento di Carron pubblicato nel numero di marzo 2016 di Tracce, rivista ufficiale di CL ). Per leggere la prima parte di questa analisi, clicca qui. Per leggere la seconda parte, clicca qui.
di Fabio Trevisan
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La “presenza reattiva”, secondo Carron, ha prodotto e produce una riduzione del cristianesimo a moralismo (“In ciò si vede la riduzione che si è fatta dell’uomo, perché uno che ha capito che l’uomo è desiderio di infinito, non pretende certo di risolvere il problema con l’etica”). Carron si guarda bene dall’agganciare l’etica alla legge naturale né tantomeno di collocare il “dover essere” dell’etica alla metafisica (all’essere in quanto essere). Non solo, riprendendo a suo modo di vedere Don Giussani, collega questa “presenza reattiva” sbagliata ad un’incapacità di culturalizzare il discorso, per cui non nasce una cultura diversa, ma si ripropone la stessa cultura moralistica propria del marxismo: “Adesso vengo io a mettere a posto le cose”.
Carron quindi, dopo aver stigmatizzato i reazionari attivisti post sessantottini (“E’ un’ingenuità, una presunzione, di cui anche noi abbiamo partecipato”) afflitti da tentazione pelagiana, ci riporta al significato autentico della “presenza originale”: “La nostra non può essere una presenza reattiva, che semplicemente si schiera dall’una o dall’altra parte, ma deve diventare una presenza originale…ciò è ben diverso dallo schierarsi e non vuol dire non prendere una posizione: significa prendere una posizione diversa e in nessun senso ritirarsi nelle sacrestie!”. Essendo consapevole dell’irrilevanza socio-culturale della “scelta religiosa”, Carron cerca di precisare meglio in che cosa consiste questa auspicata “presenza originale”, scomodando ancora una volta Giussani, che dovrebbe fungere da garante delle conclusioni di Carron stesso: “Una presenza è originale quando scaturisce dalla coscienza della propria identità e dell’affezione a essa, e in ciò trova la sua consistenza”.
Forse che il cosiddetto reazionario movimentista ciellino post-sessantottino non aveva coscienza della propria identità? Cerchiamo allora di capire meglio la proposta di Carron. Egli si chiede: “Ma come puoi portare a chiarezza un uomo senza che accada un incontro?”. Forse che i reazionari sopra citati non avessero avuto l’incontro con l’avvenimento (usiamo la terminologia di Carron) cristiano? Egli cerca così di suffragare le sue tesi attraverso papa Francesco: “Non siamo nella cristianità, non più. Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi né i più ascoltati (meno male, verrebbe da dire). Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale…”.
Ecco la vera soluzione, in che cosa consiste la “presenza originale”: “Questo non significa cedere al relativismo, ma riconoscere che la situazione è cambiata”. Sveglia! La situazione è cambiata! E ribadisce: “Poiché non c’è rapporto con la verità che non passi attraverso la libertà, la sfida è testimoniare la verità interna del cristianesimo in modo tale da persuadere della sua pertinenza alle esigenze del vivere, oppure sarà difficile convincere le persone”.
“Pertinenza alle esigenze del vivere”; ecco le ulteriori delucidazioni di Carron: “Ciascuno deve fare la verifica (in altri tempi, di staliniana memoria, si sarebbe detto “fare autocritica”) dell’efficacia del modo con cui si pone nella realtà, osservando se una riduzione del cristianesimo a discorso o a cultura, a etica o a valori, sganciati dall’irriducibile novità di un incontro, è in grado di convincere una persona a cambiare la sua posizione”. A nulla serve l’antropologia né una buona teologia poiché, cita Carron: “Nel Sessantotto Don Giussani ha imparato proprio questo, che non bastava un buon corso di antropologia, non bastava una buona teologia, non bastava l’etica. Perciò, ora come allora, la circostanza in cui ci troviamo a vivere è un’occasione strepitosa per capire che cos’è il cristianesimo”.
Liberiamoci di tutti questi inutili fardelli appartenenti al passato: antropologia, teologia, etica. Che cosa è davvero importante? Riprendendo le parole di Giovanni Paolo II (Enciclica Veritatis splendor): “Urge ricuperare e riproporre il vero volto della fede cristiana, che non è semplicemente un insieme di proposizioni da accogliere e ratificare con la mente. E’ invece una conoscenza vissuta di Cristo…”. Perché anteporre la conoscenza anche razionale di Dio alla “conoscenza vissuta” di Cristo? Fede e ragione, devozione ed esperienza cristiana sono forse atteggiamenti diametralmente opposti? Nel non rispondere a queste domande, Carron arriva quindi a definire e collocare la “presenza originale” nel mondo: “E’ come se noi ci trovassimo, oggi, ancora nella necessità di imparare quello sguardo che il Concilio Vaticano II ha introdotto nella Chiesa di Dio”.
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(continua)
7 commenti su “Cosa significa una “presenza originale” ? Parte terza – di Fabio Trevisan”
a leggere questi arzigogoli di Carron e pensare di uscirne con una logica appena appena accettabile c’è il rischio di diventar pazzi!…torno a contemplare il cielo sopra di me e la natura che si risveglia e…penso con gratitudine al Creatore di tutto ciò ;il resto lasciamolo ai “sapienti”!
Magnifica, gentile Alberto, questa lievissima semplicità evangelica che lei esprime in perfetta armonia col “Se non diventerete come bambini…”. Altro che arzigogoli ciellini, spesso accessibili solo a pochi iniziati, che sembrano voler dire tanto, mentre in realtà dicono poco.
Più che altro Carron è allineato, nel suo pensare un cristianesimo di esperienza umana a cui la proposta di Cristo può o non può piacere a seconda delle esigenze (di infinito o di finito non si sa, ma comunque bergoglianamente intese) e, contemporaneamente, nel seguire una posizione politica che sia quanto più possibile aderente all’aria del momento. Davvero riconosciamo che “la situazione è cambiata”; “purtroppo” aggiungerei, se cristiani lo si è accomodando il vangelo alle esigenze della gente. “In questo è lo splendore di Cristo!”, bisognerebbe dire, proponendo le Sue parole immutabili. Al giovane ricco Gesù non propose altro che seguirlo, seguire Lui; e di sicuro non andò incontro alle sue esigenze di vita.
la ringrazio e con un “sussurro”di gratitudine omaggio soprattutto il Santissimo Spirito che per ,incomprensibile e benevolo disegno divino,mi tiene “legato” alla Verità nonostante la mia indegnità e la confusione che regna ovunque!
Rinunciare all’etica e a schierarsi per difendere i principi cristiani? Satana ne sarà contento!
Caliamo un enorme velo pietoso sulla resa al mondo e sui paralogismi di Carron!
Gnoseologia uscita dal baule di monsignor Ricca!
” Per molti teologi oggi il Vangelo e la Dottrina di Cristo sono troppo semplici, occorre complicarli con redazioni e contro-redazioni, con analisi storico-critiche, esegetiche e diavolerie varie … e alla fine che rimane? La prosopopea del biblista e del teologo di turno.Dice bene don Camillo: “Io non posso andare più in là di Cristo: Cristo parlava in modo semplice, chiaro. Cristo non era un intellettuale!” “( Prof. Corrado Gnerre)
condivido!