Cosa leggere e guardare mentre fuori tutto è fermo

Continua la carrellata di consigli dei nostri collaboratori

ANTONIO DE FELIP Si dice: con il coronavirus, siamo in guerra. Certo, la situazione è seria, preoccupante, persino cupa. Allora, per esorcizzare il momento, o per cura omeopatica, perché non leggere qualche buon libro su veri conflitti? Magari ci renderemo conto che essere obbligati a stare in casa non è esattamente come essere sotto un bombardamento. E, anche con le librerie chiuse, i libri si possono acquistare su internet, senza uscire di casa.

Ad esempio, è recente l’opera di Franco Nerozzi, Nascosti tra le foglie, Altaforte Edizioni. L’autore è un ex corrispondente di guerra che oggi dirige un’organizzazione di volontariato che fornisce assistenza a popolazioni che lottano per difendere la propria identità e per ottenere la libertà. In particolari ai Karen, popolazione cattolica che vive nella Birmania e che da decenni conduce una guerriglia eroica contro il regime buddista birmano che, in combutta con i produttori e i trafficanti di droga, vuole distruggere questo il popolo e la sua cultura e per questo brucia i villaggi, massacra e deporta intere popolazioni. È una tragedia nascosta, perché il mondialismo non ha interesse a divulgarla e la stampa internazionale se ne frega delle sofferenze di un piccolo, sconosciuto popolo cristiano oppresso dai birmani buddisti (che una certa vulgata superficiale vuole pacifici “a prescindere”) nel lontano Sud-Est asiatico.

La storia, romanzata ma in gran parte vera, ben scritta, sicuramente apprezzabile per chi ama la letteratura d’avventura, ottimamente congegnata nella sua avvincente trama, con numerosi riferimenti politici “non conformisti”, lontana dalla volgarità storiografica della correttezza politica, è una sorta di autobiografia dell’autore, delle sue esperienze come corrispondente di guerra, prima, e ora come volontario, assieme a diversi altri europei, a fianco dei guerriglieri Karen che lottano senza aiuti, con armi obsolete, senza mezzi, talvolta senza scarpe contro un nemico spietato e ben equipaggiato. Narra delle loro audaci operazioni militari, della loro lotta contro i trafficanti di droga, spesso occidentali. Un libro crudo, talvolta commovente, ma che non lascia indifferenti. Uno di quei libri che “ti rimane dentro”, che ti fa venir voglia di conoscere l’autore/protagonista e di stringergli la mano (quando si potrà). La pubblicazione di questo libro fa onore alle Edizioni Altaforte (sì, è la casa editrice cacciata dal Salone del libro di Torino perché ritenuta “fascista”). Finché avremo un editore come questo (e altri che negli ultimi anni sono sorti o hanno rinnovato la loro storica offerta culturale costituendo una galassia di qualche decina di “produttori di cultura anticonformista”), un piccolo pezzo della nostra libertà sarà preservato, nonostante le censure, le persecuzioni e le diffamazioni.

Fausto Biloslavo e Gian Micalessin, triestini e figli di profughi istriani, oggi giornalisti a Il Giornale, sono probabilmente i più conosciuti corrispondenti di guerra italiani. Negli anni ’80 fondarono, assieme ad Almerigo Grilz, anche lui triestino, l’Albatross Press Agency, un’agenzia di giornalismo e fotogiornalismo freelance. Almerigo Grilz cadde colpito mentre documentava la guerra civile in Mozambico nel 1987. L’Ordine dei Giornalisti non gli ha mai tributato il più che meritato omaggio (contrariamente a quanto è avvenuto e avviene per altri giornalisti italiani morti sul campo) perché Almerigo Grilz era di destra: era stato segretario del Fronte della Gioventù di Trieste. Gian Micalessin è, tra l’altro, l’autore di un libro che è un atto d’accusa all’Occidente, ai politici e ai media occidentali, Fratelli traditi, sulla persecuzione dei cristiani in Siria a opera non solo dei jihadisti, ma anche dei “ribelli” anti-Assad cosiddetti moderati, finanziati e armati da USA e altri paesi europei o filo-occidentali. Persecuzioni, stragi e distruzioni avvenute nel silenzio dell’Europa, del Vaticano e di tutti i paesi che, presunti cristiani, avrebbero dovuto intervenire per fermare il massacro e la pulizia etnica. Micalessin è anche l’autore, sullo stesso tema, di un fumetto, ottimamente disegnato da A. Fruch: Sangue di Siria. L’assedio di Maaloula e la caccia ai cristiani, edito daSigns Publishing.

Fausto Biloslavo e Gian Micalessin hanno firmato assieme il libro Guerra Guerra Guerra Trent’anni di conflitti, Mondadori Electa, ma rieditato recentemente da Il Giornale (e quindi reperibile o ordinabile nelle edicole), una raccolta dei loro reportage da tutti i teatri di guerra degli ultimi trent’anni: Afghanistan (dove Fausto Biloslavo venne anche imprigionato per diversi mesi), Birmania (ancora i guerriglieri Karen), Angola, Nicaragua, Cecenia, Jugoslavia, Libia, Siria, Ruanda, Zaire e altre terre martoriate dalle guerre, spesso civili, le più sanguinose e crudeli.

Sono racconti asciutti, senza retorica, senza autocensure e quindi talvolta crudi, da cui si percepisce però il grande coraggio dei due giornalisti che non esitano a portarsi in prima linea, sotto il fuoco incrociato, per raccontare, documentare, fotografare quello che succede al fronte. Un interessantissimo repertorio fotografico di un centinaio di pagine completa il libro.

Poi, perché non leggere, o rileggere, i grandi classici della letteratura di guerra? Tra questi, certamente uno dei più intensi è Tempeste d’acciaio (o Nelle tempeste d’acciaio, nelle traduzioni più recenti) di Ernst Jünger, che il premio Nobel per la letteratura André Gide ha definito “il più umano e il più bel libro di guerra che abbia mai letto, della massima esattezza e attendibilità”. Pubblicato per la prima volta in Italia da Il Borghese negli anni ’60, è stato ripubblicato, tra gli altri, da Ciarrapico e da Guanda. È anche scaricabile da internet.

È il racconto autobiografico della partecipazione di uno dei massimi autori tedeschi del ‘900, esponente della Rivoluzione Conservatrice, alla prima guerra mondiale con il grado di sottotenente, da tutti considerato un eroe di guerra: ferito quattordici volte, ricevette numerosi riconoscimenti al valore, compreso il più alto, l’Ordre pour le mérite.

Lo stile è sobrio, non retorico, colloquiale anche nella crudezza delle immagini, descrittivo. Sullo sfondo emerge il tema di una guerra che non è più solo degli uomini, ma sempre più dei mezzi, della Tecnica.

Qualcuno si può legittimamente chiedere se abbia un senso leggere libri sulla guerra in questo periodo. Certo, se cerchiamo consolatori e confortevoli plaid intellettuali per il nostro stare sul divano, certamente no. Ma se riteniamo che abbiamo dei doveri nei confronti del tempo che ci è concesso, allora riflettere – anche, ma ovviamente non solo – sulla guerra, sui suoi accadimenti, sulle sue tragedie, ma anche sulle sue prove che ci fanno crescere, non sarà vano. Fa dire Tolkien a Gandalf: “Non tocca a noi padroneggiare le maree di questo mondo, ma fare tutto quello che ci è possibile per la salvezza dell’epoca in cui viviamo.

MARCO MANFREDINI Partiamo con i Pensieri del lambrusco (2016) di quel personaggio un tantino chic, ma per nulla radical, tanto bizzarro quanto cattolico noto come Camillo Langone. La sua è una verace, colloquiale invettiva su molte delle assurdità e delle deleterie mode modern(ist)e.

Vidi il cuore dell’Italia vuoto per apostasia, le vene dell’Italia vuote per crollo demografico, e prima che la deculturazione riducesse i miei connazionali a indiani nelle riserve, abbrutiti dal paternalismo di nuovi padroni, provai, incoraggiato dal vino, a riempire di parole una parte di quel vuoto”. E “ci riuscì”, facendoci anche sorridere, denudando impietosamente ambientalismo, americanismo, animalismo, ateismo, e tante altre disgrazie, giusto per fermarsi alla A. Se anche a voi piace divertirvi senza perdere d’occhio la retta ragione, fateci un pensierino. O potreste perdervi chicche come questa: “Dicevano che il mercurio inquinava i mari e si accumulava nei tonni ma anche il gallio era inquinante, tutto era inquinante, l’uomo era inquinante oltremodo. Siccome “il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”, pensai che l’ambiente dovesse essere subordinato alla mia sopravvivenza. Non avendo nessuna intenzione di morire per salvare un tonno decisi di comprare un termometro al mercurio sul mercato nero. C’era un sito che li vendeva”.

O quest’altra, sull’immigrazionismo: “Bisognava smetterla di addebitare al cristianesimo l’infatuazione per i profughi da parte di atei e cardinali (categorie che a volte coincidevano, come ricordava spesso padre Amorth)”.

Verrebbe da definirlo “trad-chic”, se fossimo sicuri che non si offendesse. In ogni caso godibilissimo.

Poco meno di un secolo prima invece veniva dato alle stampe Tizzi e Fiamme (1925) di Domenico Giuliotti. Definire l’autore politicamente scorretto sarebbe un pallido eufemismo del tutto inadatto a descriverne la passione apologetica che in alcuni momenti sfociava in una sorta di devota aggressività, pur sempre letteraria. Il testo raccoglie suoi scritti di vari periodi: dai primi, più sferzanti ed espressivamente truculenti, agli ultimi, dal sapore mistico e la prosa più elevata.

La Religione è il Cattolicismo. A tutte le religioni e a tutte le filosofie, prima e dopo Cristo, parzialmente vere, dètte di frego il Vangelo”. Ovvero il Vangelo spazzò via tutti gli errori. Nemico giurato della modernità post rivoluzionaria, definito da alcuni “cattolico belva”, un Giuliotti oggi non potrebbe esistere; prima ancora che dalle autorità civili verrebbe messo a tacere dalla “misericordia” ecclesiale. In realtà sotto la scorza della belva si nascondeva una sensibilità speciale.

Cambiando un po’ genere, da appassionato di anti-utopia e al di là dei classici vorrei segnalare Noi di Evgenij Ivanovič Zamjatin (1924), considerato tra i capostipiti del genere tanto da essere stato letto e recensito da George Orwell che una ventiquattro anni dopo scrisse il suo capolavoro, 1984.

Oppure Il seme inquieto, di Anthony Burgess (1965): “[…] Un quadro familiare d’intenzionale prolificità, ecco il fatto. Già. Come essere un criminale per tare ereditarie. Viviamo in tempi difficili. In confidenza, amico mio, stia in guardia. Attento a sua moglie. Non si metta a fare altri figli. Lasci l’irresponsabilità al proletariato. Un passo falso di tal fatta e per lei è finita. Proprio così, finita”.

Per quanto riguarda i film, mai come in questo momento consiglierei un po’ di sana e testosteronica evasione, in tutti i sensi: Fuga da Alcatraz (1979) se vi piace Clint Eastwood, La grande fuga (1963) se avete una mezza giornata da impegnare, e Le ali della libertà (1994) se sopportate ancora l’onnipresente Morgan Freeman.

MATTEO DONADONI Vista la brutta situazione con la quale siamo alle prese, conviene approfittare della coabitazione coatta per rinsaldare i rapporti familiari, passare del tempo con i propri figli che, come dice la battuta, sembrano brave persone. Poi guardare qualche buona serie tv.

Ecco, consiglio a tutti gli amanti dei cavalli, la serie Yellowstone, offre spunti di riflessione su libero mercato e distributismo, industrializzazione e deindustrializzazione. A proposito, per chi ne ha facoltà: zappare l’orto. Io lo sto facendo, in ritardo perché non è esattamente dietro casa, ma visto che ho salvato qualche seme, non devo violare la clausura per andare chissà dove a comprare le piantine. Quindi quest’anno l’orto di casa è assolutamente distributista.

Dopo che vi siete rotti la schiena potete rompervi la testa. Leggere. Mi aggiungo ai consigli, quindi. Qui conviene tener presente che la bruttezza – come si vede scientificamente nelle donne – ha un serio vantaggio rispetto alla bellezza: dura. La regola non vale, però, per i libri. Ergo meglio leggere un bel libro, la durata dipende dal numero di pagine o dalla velocità di lettura, se poi ve lo dimenticherete, potrete sempre rileggerlo (tanto qui si va per le lunghe e il prossimo inverno non è detto che non ci rinchiudano di nuovo).

Confermo quanto detto da Alessandro Gnocchi: Non è un paese per vecchi è un gran libro. C’è tutto e, come dice lui, “forse anche di più”. Amore, armi, morte, storia, famiglia, patria e soprattutto Dio. C’è anche il diavolo.

Come per ceri versi in un altro libro che offre lezioni di vita al costo di un paio di birre: The Devil in the Kitchen di Marco Pierre White, il primo chef inglese a raggiungere le tre stelle Michelin. Forse perché la mamma era italiana. Io in questi giorni ho letto anche Cordula di Hans Urs Von Balthasaar, che in ogni caso andrebbe conosciuto. E il notevolissimo Metamorfosi della gnosi di Emanuele Samek Lodovici, filosofo vero, non professore di filosofia di quelli che girano nelle scuole a rincitrullire i ragazzi, scomparso troppo presto, ma non tanto da essere dimenticato, credo.

Siccome, però, è bene leggere anche per svago, e per svago in un momento tragico, insegnano i Greci, è bene leggere qualche tragedia, non ho mancato di leggere Il piccolo libraio di Archangelsk, un tremendo capolavoro di George Simenon. La sera invece, quando i bimbi dormono, è possibile concedersi dei piaceri diciamo più carnali. Come lo studio degli scacchi. Io amo Paul Morphy – una prospettiva moderna, di Valeri Beim. E non dimenticate di disinfettare la gola, non ascoltate Paolo Gulisano: del buon Cognac barricato della zona di La Rochelle, va benissimo.

Dimenticavo la cosa più importante: non dimentichiamoci di Dio. Recitiamo il rosario quotidianamente, per noi, per chi soffre, per chi sta morendo, per chi è morto senza sacramenti a causa di una Chiesa indegna, falsa e pusillanime, che renderà conto a Dio, e ai martiri di ogni secolo, anche di questo.

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