Cosa c’è di sbagliato nei videogiochi? – di James Donlon

(TRADUZIONE DI ISIDORO D’ANNA) I videogiochi sono dannosi in se stessi? Impoveriscono o arricchiscono la nostra cultura? Devono essere evitati del tutto?

La maggior parte delle persone saranno d’accordo che stare “troppo” ai videogiochi è dannoso. Ancora più persone non vedranno di buon occhio Grand Theft Auto, che esalta il crimine, o giochi esoterici e violenti come The Last of UsBioshock Infinite o Fallout. Ma rimane comunque la domanda: Quand’è che si supera il limite? E come andrebbero valutati quei giochi apparentemente innocui come Angry Birds?

Fuga dalla realtà

I videogiochi vengono ideati per dare al giocatore un senso di soddisfazione immediata. Ogni volta che raggiunge un obiettivo della realtà virtuale, il giocatore si eccita e tende ad insistere sempre di più.
I videogiochi presentano un mondo immaginario separato dalla realtà e offrono una facile “fuga” dalle limitazioni naturali che le persone incontrano in questa valle di lacrime.
Nella vita reale, la riuscita è legata alla realtà, al duro lavoro, allo sforzo, al sacrificio e al talento. Ma nel mondo fittizio dei videogiochi, si può fingere di essere e fare cose che sono del tutto irrealistiche.
La situazione si complica ancor di più quando una persona deve affrontare problemi come una famiglia a pezzi, la depressione e le dipendenze.
Prendiamo il caso di Elliot Rodger. Questo studente di 22 anni viveva una vita piena di frustrazioni. Disprezzava le relazioni sociali, non aveva molti amici ed era ossessionato dal gioco World of Warcraft. Invece di darsi da fare per risolvere i suoi problemi, si è rinchiuso in se stesso e ha riempito il vuoto con i videogiochi e la pornografia. Poi ha ucciso sei persone, ne ha ferite 13 e si è suicidato. La sua dipendenza dai videogiochi è stata riconosciuta come una delle cause del tragico accaduto.

Uno spreco di tempo?

Un altro problema dei videogiochi è la tendenza a dedicarsi per un tempo sregolatamente lungo a qualcosa che è del tutto senza significato.
Si potrebbe argomentare che i videogiochi sono semplicemente un passatempo, un modo per combattere la noia. Ma che senso ha dedicarsi a un passatempo dove non c’è una meta concreta, non ci si realizza in alcun modo e non si trova un significato più profondo?
Dato che il fine del gioco rimane inafferrabile, i giocatori spesso si sentono spinti a giocare sempre di più.
Secondo il Rapporto Boy Genius, «attualmente negli Stati Uniti ci sono oltre 34 milioni di giocatori assidui, che stanno ai videogiochi una media di 22 ore alla settimana».
22 ore alla settimana equivalgono all’incirca a un lavoro part-time. Sarà del tempo speso bene?

Effetto-droga che rimodula il cervello

Secondo uno studio riportato in Neurology Now, una pubblicazione dell’American Academy of Neurology, nove bambini americani su dieci passano del tempo sui videogiochi – circa 64 milioni. Lo studio ha riscontrato che «l’uso eccessivo di videogiochi prima dei 21 o 22 anni può rimodulare fisicamente il cervello».
«“L’uso dei videogiochi inonda di dopamina il centro del piacere che si trova nel cervello”, dice David Greenfield, Ph.D., fondatore di The Center for Internet and Technology Addiction (Centro per la dipendenza da internet e dalla tecnologia) e professore assistente di psichiatria clinica presso la Scuola di Medicina dell’Università del Connecticut. In tal modo i giocatori si eccitano, ma solo temporaneamente, spiega. Con tutta quella dopamina in sovrappiù, il cervello riceve il messaggio di produrre in quantità minore questo importante neurotrasmettitore. Come risultato finale, i giocatori si ritrovano con una dotazione ridotta di dopamina.»
Per il benessere dei bambini, la Corea del Sud ha regolato l’uso di videogiochi, trattandoli come droghe o sostanze da tenere sotto controllo. In modo simile alle droghe, i videogiochi forniscono una gratificazione immediata. Quando uno li usa numerose volte, si crea una dipendenza simile a quella dell’eroina.

Violenza e videogiochi

Ci sono moltissimi casi di violenza e crimini legati direttamente o indirettamente ai videogiochi. Grand Theft Auto, per esempio, si è lasciato dietro una lunga scia di morti.
Tuttavia, pochi hanno avuto il coraggio di richiamare al dovere i suoi ideatori e promotori, di bloccarne la produzione e di rimediare ai gravi danni che ha provocato.
Ecco di seguito solo alcuni dei molti crimini legati a Grand Theft Auto:
• Un uomo è stato pugnalato e gli è stata rubata la sua copia del videogioco;
• Uno studente universitario ha rubato un’auto, ha rapito una donna e si è lanciato contro nove veicoli parcheggiati. Ha detto che voleva provare quel gioco «nella vita reale».
• Un ragazzo minorenne in Thailandia ha ucciso un tassista in un delitto da copione seguendo il gioco (dopo di ciò in Thailandia il videogioco è stato vietato).
• Un bambino di otto anni nella Louisiana ha sparato alla sua bambinaia novantenne, uccidendola, qualche minuto dopo aver fatto uso del videogioco (il tribunale ha giudicato l’atto come omicidio).
• Degli scolari di appena sei anni hanno messo in atto scene di droga e violenza sessuale come nel videogioco. […]

Altri esempi di crimini legati a vari videogiochi si possono vedere nei seguenti casi:

• Dopo che gli è stato tolto il videogioco Call of Duty, un tredicenne ha sparato diversi colpi contro sua madre, l’ha uccisa e ha cercato di violentarla.
• Il padre di un bimbo di due anni ha dato un pugno in faccia al figlioletto, uccidendolo, per farlo smettere di piangere mentre lui giocava a un videogioco.
• Un (o una) diciassettenne in un internet caffè della Cina è stato(a) pugnalato(a) nel cranio con un coltello da cucina dopo esser stato(a) scoperto(a) mentre imbrogliava in un videogioco.
• Un ragazzo di 16 anni ha ucciso sua madre a martellate nel sonno, dopo che lei gli aveva tolto la Play Station.
• Due genitori nella Corea del Sud hanno lasciato morire di fame il proprio vero bambino mentre loro nutrivano un bambino “virtuale” in un gioco chiamato Second Life.
• Un bambino di 8 anni si è impiccato dopo esser stato rimproverato perché passava troppo tempo ai videogiochi.

Sui videogiochi fino alla morte

La dipendenza dai videogiochi può essere così oppressiva che i giocatori a volte perdono il loro basilare istinto di autoconservazione. Decine di persone si sono procurate danni o la morte continuando a stare ai videogiochi. […]

Quando l’immaginazione prevale sul pensiero

Con i videogiochi frequentemente succede che l’immaginazione annebbi l’intelletto e indebolisca la volontà. Il giocatore vede un “mondo” virtuale nello schermo e interagisce con quello come se fosse reale. Viene a confondersi la distinzione tra il falso e il reale.
Persino in giochi estremamente semplici come Angry Birds, dominano l’impulso e l’immaginazione. A causa del respawn – quell’espediente che fa tornare in vita il giocatore dopo essere stato ucciso – i giocatori prima agiscono e poi pensano.
Per vincere, il giocatore prende delle decisioni senza riflettere abbastanza, ignorando ogni pericolo. Dopo tutto, è solo un gioco. Tuttavia, questo comportamento tende a creare uno squilibrio reale. Se uno “fa” abitualmente cose che non farebbe mai nella realtà, c’è qualche probabilità che si possa comportare nella vita reale come si è comportato durante i videogiochi.
Il giocatore può “fare” cose folli – di solito ricorrendo alla violenza – che nella vita reale sarebbero crimini orribili. Questa dicotomia [separazione] mentale rende il giocatore insensibile.
Per esempio, in un grandissimo numero di videogiochi, il giocatore può sgozzare, tagliare il collo, sparare, pugnalare delle persone e investirle guidando un’auto. Immaginate la mente di un giovane che ha appena passato sei ore a giocare a Gears of War II, un videogioco estremamente violento. Poi cammina per strada nella vita reale dopo aver “ucciso” delle persone con una sega elettrica, ma improvvisamente questa non sembra più essere una buona idea. Il giovane deve passare da una “realtà” all’altra. Se questo soggetto magari vede un sega elettrica in un giardino, gli torneranno in mente le immagini della carneficina umana del suo videogioco. Potrebbe ridacchiare tra sé e sé, pensando: «Mi piacerebbe farlo nella vita reale». […]

Qual è la soluzione?

La soluzione più semplice: spegnere il computer o l’apparecchio e trovare un’attività che abbia un senso. Anche se uno sceglie un gioco “pulito” che non presenta immoralità o violenza, e ci gioca per un tempo limitato, un’attività simile rimane comunque di dubbio valore.
Quali possono essere delle alternative? Cosa faceva la gente nel tempo libero prima che venissero inventati i videogiochi?

Leggere un buon libro: Leggere libri che abbiano la capacità di elevare il pensiero, ispirare l’anima e rafforzare la volontà.

Visitare bei posti con la famiglia o gli amici: Proviamo a visitare un parco, luoghi d’interesse come musei, biblioteche, acquari o luoghi storici. Visitiamo le coste ed altre bellezze naturali.

Attività fisiche: Proviamo a cacciare, pescare, nuotare, fare campeggi, escursioni, a pattinare o andare in slitta. […] Cronometriamoci la corsa e misuriamo la distanza percorsa. Battiamo il nostro record di flessioni o di trazioni alla sbarra. Ancora meglio, facciamo a gara con un amico. [Il traduttore si permette di aggiungere un suggerimento: se maschi, curiamo la nostra preparazione al combattimento, con le arti marziali, la corsa, lo sviluppo muscolare e l’uso consentito di armi; troppi uomini occidentali oggi rischiano di essere carne da macello in caso di attacco personale o alla loro Patria].

Dedicarsi ai giochi e passatempi classici: Risiko, Monopoli, scacchi, dama, vari giochi di carte e l’elenco può continuare. Proviamo a intagliare il legno, a disegnare (se abbiamo talento), a scrivere, fotografare, cucinare, fare dolci, tirare con l’arco, produrre birra o praticare il tiro a segno.

Sviluppare l’arte della conversazione: Passiamo del tempo con gli amici e la famiglia. Parliamo e godiamoci la loro compagnia. Chiediamo a un familiare o conoscente più anziano di raccontarci delle storie del suo passato.

Cercare un aiuto: Incoraggiamo qualcun altro ad aiutarci o a fare come noi che evitiamo i videogiochi. È molto più facile trovare qualcosa da fare quando non stiamo ai videogiochi, se abbiamo l’aiuto di un amico.

Pregare. Manteniamo una vita spirituale intensa. Recitiamo il Rosario ogni giorno con la nostra famiglia e cerchiamo di andare a Messa ogni giorno. Trascorriamo del tempo nell’adorazione davanti al Santissimo Sacramento.

Trovare la vera felicità

I videogiochi sono un problema che nasce da una causa profonda. Nel suo splendido libro, Return to Order (Ritorno all’Ordine), John Horvat II osserva come la nostra cultura abbia perduto il desiderio del meraviglioso e del sacro. L’uomo una volta aveva una visione di Dio che permeava la società e influenzava ogni ambito di vita. Nel mondo di oggi, al contrario, questa visione più alta è quasi completamente scomparsa.
Horvat parla di accidia, una «disaffezione dalle cose sante e spirituali che ha per conseguenza la tristezza del vivere». «Nonostante le enormi opportunità offerte per i divertimenti, i piaceri e le emozioni, la felicità ci sfugge. Questo è ancora più incomprensibile se si pensa che l’infelicità affligge anche persone circondate da ricchezze, beni di consumo, progresso tecnologico, persone che magari godono di buona salute».
I videogiochi non soddisfano l’anelito dell’anima ad una vita che abbia un senso e un fine, ma riescono solo ad alimentare il fuoco dell’accidia. Non è ora di lasciar perdere questi apparecchi? Perché recitare la parte di un finto eroe nello schermo, quando invece possiamo ammirare gli eroi veri e diventare noi stessi degli eroi? Perché stare a maneggiare quei telecomandi quando nella vita reale possiamo davvero metterci alla prova?
Dobbiamo combattere e vincere l’accidia. Solo allora ci sentiremo realizzati e proveremo gioia – un senso di felicità vera che nessun videogioco potrà mai darci.

Fonte: lucechesorge.org

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