di Marisa Orecchia (*)
Robert Edwards è morto. Insignito del Nobel per la medicina, è il padre della fivet che, a partire da Louise Brown, nata nel ’78, ha prodotto nel mondo un gran numero di bambini e una sterminata moltitudine di aborti.
Edwards ha applicato alla procreazione umana le metodiche che, dai primi decenni del secolo scorso erano state messe a punto, proprio nella sua Cambridge, nella riproduzione zootecnica, per migliorare le razze bovine , metodiche off limits per la specie uomo fino a quando l’irruzione delle legislazioni abortiste nei Paesi occidentali non ha mandato in frantumi la barriera della tutela dell’embrione umano e la condivisa consapevolezza della sacralità ed intangibilità della vita.
Soltanto ad aborto sdoganato, reso giuridicamente e socialmente irrilevante, diventa accettabile applicare all’uomo tecniche che, per far nascere un bambino, se e quando ci riescono, sacrificano consapevolmente e volontariamente più di una decina di embrioni
Con Edwards e la sua fivet l’orrore del Mondo Nuovo di Huxley è divenuto realtà.
L’eugenismo infatti è insito e naturalmente connaturato alla pratica della produzione dell’uomo . Nessun medico – affermava Jerome Lejeune , Nobel mancato per il suo profondo e indefettibile rispetto per la vita umana – consegnerà mai ai committenti un figlio meno che perfetto.
Con l’eugenismo , le più aberranti sperimentazioni e l’ uso più commercialmente allettante sugli embrioni umani, appositamente prodotti o soprannumerari si sono aperti la strada.
La concezione stessa della famiglia con la fivet subisce un sottile, ma profondo stravolgimento.
Il figlio non è più il dono che si riceve da un Altro e che si ama per quello che è, ma diventa, quando non arriva naturalmente, l’oggetto dei desideri per conseguire il quale si arriva a sacrificare la vita di tanti altri suoi fratelli, quando non addirittura la stabilità di coppia. Con la stessa logica, il figlio, quando arriva non programmato o indesiderato, può essere tranquillamente rifiutato. La famiglia, da luogo degli affetti in cui ciascuno è accettato ed amato per sé stesso, a prescindere dai suoi meriti e dai suoi pregi, in cui ogni presenza ha un senso, anche quando si rivela difficile o faticosa, diventa la costruzione che ciascuno decide per sé, secondo il suo intendimento, dove ha senso rimanere finché conviene e, in una sorta di contrattualistico scambio, si riceve quanto si era messo in conto ricevere.
La fivet non è una terapia della sterilità – che infatti non cura, ma si limita ad aggirare – come solitamente è presentata, ma via facile e privilegiata a quel mutamento antropologico che ha di mira la distruzione dello stesso concetto di natura e che attua il suo disegno attraverso l’indebolimento e la disgregazione della famiglia. Se il figlio si può produrre con l’apporto di gameti di terzi o commissionare con la pratica dell’utero in affitto, diventa in fondo accettabile per la pubblica opinione riconoscere lo status di famiglia anche alla coppia omosessuale che il figlio se lo procura in questi modi. Gli esempi non mancano.
La fecondazione in vitro è un’arma potente nelle mani di chi ci propina, un giorno sì e l’altro anche, la normalizzazione della famiglia omo, passaggio obbligato verso la deriva della cultura queer del gender .
Ma queste implicazioni ai più sembrano sfuggire. Per restare nel nostro Paese, dove la fivet è regolamentata dalla legge 40/2003, questa pratica non è stata purtroppo oggetto di vera e salda opposizione. Si è cercato di renderla inoffensiva attraverso una normativa che limitasse i danni , ma in fondo con la rassegnazione che la fivet sia, come sosteneva Edwards is made to stay, fatta per rimanere, appunto. Ma limitarsi a perseguire la limitazione del danno ha sempre dato frutti scarsi e bacati.
Al male occorre fare argine con la forza della verità, non con i paletti.
Ed è con la forza della verità che in questi giorni la Conferenza Episcopale Polacca sta opponendosi all’approvazione di una legge che regolamenti in Polonia la fecondazione in vitro. Nel documento pubblicato il 9 aprile scorso “Le sfide della bioetica per l’uomo moderno”, i Vescovi si soffermano sulla fivet sottolineando che “prevede l’aborto selettivo”. Importante la denuncia “del cambiamento radicale della percezione della genitorialità e la mancanza di sensibilità per l’unicità e il valore di ogni vita umana.” “I compromessi politici – concludono i vescovi polacchi- sono possibili quando “ servono alla realizzazione di un bene maggiore, e non come metodo per risolvere problemi etici o fissare criteri del bene”.
(*) Presidente di Federvita Piemonte