A meno di un anno dall’omicidio di Charlie Gard: Alfie Evans – 18 mesi – è affetto da una patologia misteriosa che, secondo i medici dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool dove il bambino è ricoverato, sarebbe motivo sufficiente per farla finita e per staccare anche a lui, in nome dell’Europa dei diritti, la spina dell’apparecchiatura che gli permette di ricevere un’assistenza ritenuta oggigiorno mezzo ordinario.
di Cristiano Lugli
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La storia si ripete – dicono – e la macchina della morte che la nostra società ha collaudato a pennello, pare non volersi arrestare nemmeno un istante. Gli esperimenti che i russi facevano già negli anni ‘50 sui cani, trapiantando teste canine dentro al corpo di altri cani, non è niente confronto agli abomini che oggi, in nome della scienza e della “tutela dei malati”, si perpetuano con moto progressivo nell’Europa necrofila.
A meno di un anno dall’omicidio di Charlie Gard, staccato dalla macchina che gli permetteva di respirare e “addormentato” nel “sonno” della “dolce morte”, ora tocca ad Alfie Evans – 18 mesi – affetto da una patologia misteriosa che però, secondo i medici dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool dove il bambino è ricoverato, sarebbe motivo sufficiente per farla finita e per staccare anche a lui, sempre in nome dell’Europa dei diritti, la spina che gli permette di ricevere un’assistenza ritenuta oggigiorno mezzo ordinario. Secondo i medici, Alfie non ha più prospettiva di vita, motivo per cui si sono rivolti all’Alta Corte inglese per avere il via libera a sopprimere una vita troppo qualitativamente indegna per essere vissuta, e troppo compromessa per provare a tentare il tutto per tutto. Il giudice, ovviamente, ha accettato. D’altronde l’uomo moderno, e quindi anticristiano per eccellenza, pone la vita su una bilancia di godimenti e sazietà dei sensi: chi non sia in grado di farlo, è meglio che sparisca per sempre e il mondo, insieme ai brulicanti umanoidi che lo compongono, gliene saranno grati.
Come nel caso di Charlie, Alfie deve morire: punto e basta. Nonostante la forte catena di sostegno nominata “Alfie’s Army”, i fondi raccolti per provare cure sperimentali, e nonostante la forte volontà dei genitori di ascoltare il parere di un medico ricercatore, offertosi volontario per approfondire il tipo di patologia neurologica che affligge il bambino inglese, la sentenza del giudice non tarda ad arrivare e, come la lama del boia, piomba affilata su una famiglia che sta lottando per difendere il proprio figlio dal volere degli aguzzini, custodendo, come dono inviolabile, la vita che Dio ha loro donato, pur provandola al fuoco con il peso della Croce: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”
Il piccolo Alfie è in coma dallo scorso dicembre, e ancora non è chiaro di cosa soffra esattamente. Per questo motivo i genitori hanno cercato a tutti i costi un ospedale che potesse fare una diagnosi precisa al bimbo e, di conseguenza, solo Dio lo sa, curarlo. Ma l’Alder Hey ha deciso appunto di rivolgersi all’Alta Corte perché secondo l’equipe medica “non ci sono più speranze” e “sono esaurite tutte le opzioni”. Peccato che, oltre al medico del quale si è accennato, l’ospedale Bambin Gesù di Roma si è reso disponibile per accogliere il bambino e provare a curarlo. Ma anche questo non basta. Basta solo la vergognosa volontà di metter fine alla vita di una creatura senza nemmeno aver ancora effettuata una dettagliata, accurata e certa diagnosi.
“Perché dovremmo portarlo in un hospice quando c’è un ospedale disposto ad accoglierlo? – ha dichiarato Thomas Evans, papà del piccolo Alfie – Un dottore si è offerto volontario, voleva capire meglio la situazione di nostro figlio, ma i medici dell’Alder Hey si sono rifiutati di parlare con lu. Credono che la vita di nostro figlio sia inutile”.
Di contro, l’ospedale, ha così risposto: “Capiamo la situazione drammatica in cui si trova la famiglia, ma sfortunatamente, nonostante l’impegno dei nostri dottori, non è possibile salvare tutti i bambini”.
Quindi, senza troppo girarci intorno l’ospedale afferma che quando non si può salvare un bambino – e ovviamente già qui non è ben chiaro cosa si intenda per “salvare”, visto che se la situazione rimane tale, con l’ausilio dei mezzi ordinari che aiutano il bambino a continuare a vivere, non c’è nessuno da salvare da morte imminente – l’alternativa è sopprimerlo levando il sostentamento per vivere. In queste dichiarazioni c’è la chiave di volta per comprendere questo nuovo, infernale, ingranaggio, iniziato con Charlie e ora via via proseguito: il malato impossibile da curare – e anche qui il fatto rimane ad oggi indimostrabile – non deve rimanere malato, ma deve, hic et nunc, morire per decisione di un tribunale che, tramite una folle visione del diritto e della legge, autorizza una squadra di folli medici, traditori di Ippocrate e del principio assoluto primum non nocere, a sospendere l’assistenza a un bambino, sedandolo e uccidendolo con una massiccia dose di antidolorifici.
Il patibolo sopra il quale è stato alzato Charlie Gard, sarà lo stesso per il piccolo Alfie: soppressi in nome della “legge”, gettati dal dirupo perché indegni di stare a questo mondo. Tutto ciò è avvenuto e ancora avverrà con il consenso di quei tiepidi che, invece di sguainare la spada, siedono in panciolle intervenendo all’ultimo minuto, prendendosi l’ultimo atto della scena quali “eroi” di un finale ormai destinato a chiudere il sipario pregno di sangue innocente nel modo più tragico.
Se non ci rialzeremo, se non reagiremo con una risposta bioetica in grado di spronare quell’uomo che fu cattolico, saremo destinati a prenderci la piena responsabilità di quanto sta accadendo in un mondo dove i Marco Cappato e le Bonino sono, in fondo, qualcosa di ormai superato.
2 commenti su “Condanna a morte per un altro innocente – di Cristiano Lugli”
La verità è che si vuole staccare la spina perché Alfie non è ricco e/o famoso, se lo fosse decine di cliniche si contenderebbero l’onore di tenerlo in vita per anni e anni (e di incassare ricche prebende). Fare qui un discorso medico è troppo lungo ma c’è da dire intanto che Alfie non è in coma ma in stato vegetativo e che può accadere che, in stato vegetativo, uno sia consapevole di ciò che gli accade attorno senza poter interagire (si veda il libro “Coma e ritorno”, purtroppo di difficile reperibilità, anche se recentemente l’ho visto proposto su Amazon). Io ho conosciuto personalmente una persona che si è trovata in questa situazione. Una equipe, mi pare belga, in cui lavora anche un italiano ha trovato un metodo per distinguere i vari casi ed in alcuni addirittura di interagire, ma del suo lavoro si interessano in pochi.
Con questa logica fra qualche anno si staccherà la spina (con una bella iniezione letale) a chiunque costi mantenere in vita (ad esempio i pensionati poveri) e la cui vita venga dichiarata non più degna di essere vissuta (come faceva anche Hitler).
Caro Andrea, molti dalle nostre parti sono convinti che quelli li: gli anglosassoni siano quasi una razza superiore o comunque i più buoni, i veri democratici, quelli che sono i difensori della libertà (a suon di bombe), io invece sono di tutt’altro parere non voglio dire come diceva Mussolini: Dio stramaledica gli Inglesi, ma tuttavia se lei si va a leggere la dichiarazione di guerra all’Inghilterra vi troverà scritto tra le righe anche questo, poiché lui vedeva in quel mondo una sottocultura contraria alla vera civiltà.