Giovannino Guareschi (1908-1968), o della coerenza: dai lager nazisti alla galera italiana, nella consapevolezza che per restare liberi bisogna a un certo punto prendere la via della prigione. Perché la libertà è prima di tutto un fatto interiore: liberi, prima di tutto, bisogna esserlo dentro!
Quindi, scrivere quel che si pensa, che è poi quello in cui si crede: a livello morale e spirituale. E se leggere Guareschi costituisce sempre una scoperta, rileggerlo, magari a distanza di anni, costituisce una conferma. È la sensazione che si prova sfogliando le pagine di questo “Lettere ai posteri di Giovannino Guareschi”, autore Alessandro Gnocchi, biografo e uno dei maggiori studiosi dello scrittore della Bassa (Marsilio; pagine 142; Euro 16,00).
Si tratta di una lettura che l’autore fa dell’ultimo Giovannino, quello per intenderci, che dal 1963 al 1968 scriveva sul “Borghese”, pubblicava vignette sul quotidiano “La Notte”, e sul settimanale “Oggi” teneva la rubrica “Telecorrierino delle famiglie, critica televisiva assai originale.
“Lettere ai posteri” deriva dal titolo di una rubrica guareschiana del “Candido” (1946-1961), il cui incipit recitava, “Postero mio diletto”, e per un libro così emblematico Gnocchi non poteva fare una scelta più adatta. Ripercorrendo infatti gli scritti del periodo 1963-1968, sia di carattere sociale e di costume, sia politico, sia religioso, con un don Camillo amareggiato la sua parte per la deriva mondano-materialista presa dalla Chiesa, Gnocchi chiosa, commenta, evidenzia l’attualità di Giovannino. Talché quegli articoli appaiono proprio come anticipazioni di un “peggio”, per così dire, inimmaginabile (allora) per tanti, ma che è sotto i nostri occhi, di noi posteri di Guareschi, ma contemporanei di quel che sta accadendo.
Non useremo certo l’abusata parola “profeta” (lo stesso Gnocchi vi rifugge), ma certamente queste pagine di mezzo secolo fa appaiono come osservazioni dell’oggi. L’autore sottolinea la critica che già allora Guareschi rivolgeva agli Stati Uniti, ma consapevole di un pericolo ben peggiore del materialismo Usa, quello dell’Urss, aggravato dalla negazione della libertà.
Nei colloqui immaginari con don Camillo, poi, si rivela tutta la consapevolezza di Guareschi di quello che si stava perdendo in una annacquatura della liturgia, del senso del sacro, annacquatura che ben presto sarebbe diventata scempio, tradimento, da parte di tanti “chierici” di Santa Romana Chiesa, in indistinte messe, dove più che rendere omaggio a Nostro Signore, più che porre Nostro Signore al centro, si privilegiava (si privilegia spesso anche oggi) l’ego del sacerdote, showman malato di protagonismo, al quale nessuno della gerarchia tira le orecchie, per così dire, richiamando all’ordine, alla decenza.
Gnocchi sottolinea le “follie contemporanee”, derivate da quelle che il suo autore definiva “messe yè-yè”, con un don Chichì (“Don Camillo e i giovani d’oggi”) all’avanguardia nel proclamare una religione volta soltanto alle mode mondane, una religione che tralasciato lo spirituale, si rivolge soltanto ai bisogni materiali dell’uomo, come potrebbe fare un qualsiasi sindacato o partito politico. Quando, invece, la nostra fede cristiana, il nostro essere cattolici, ci dovrebbero spingere a guardare in alto, ad inginocchiarci davanti a Dio, davanti al Santissimo, non di fronte ai nuovi idola fori che mutano col mutar dei tempi….
Guareschi intuì già allora che cosa sarebbe potuta diventare la messa: non più rinnovazione del sacrificio della Croce (in modo incruento con il sacerdote in persona Christi), ma semplice rievocazione, spettacolo; non più con quegli altari antichi e sopraelevati, per così dire, sostituiti da quelli nuovi: la “tavola calda”, il tavolo del buffet freddo, e con fedeli privi di quel senso dell’adorazione di Nostro Signore Gesù Cristo, “presente in corpo, sangue, anima e divinità” nell’ostia consacrata. Per cui quella particola che si riceveva sulla lingua e inginocchiati non era semplice pane, ma qualcosa d’Altro, di più Alto, appunto. Era (è) il Corpus Christi!
C’è da dire, ancora (da parte nostra che l’avevamo pensato), che se a quel tempo le espressioni di Guareschi potevano apparire esagerate, il “dopo”, e l’oggi, dovevano invece dar loro piena conferma, con eventi riportati fedelmente dalle cronache in cui assistiamo alla desacralizzazione di liturgie e riti, alterazioni e rovesciamenti della retta dottrina, negazione dell’etica della responsabilità personale, essendo sempre pronta una giustificazione, un’attribuzioni ad altri (quando non alla società più in generale) di colpe, con autoassoluzioni totale, complici le gerarchi ecclesiastiche…
Il capitolo finale del libro di Gnocchi è rappresentato da una Lettera del postero, che è poi lo stesso autore del libro, in cui a un certo punto leggiamo: “… Fa veramente sorridere la maliziosa ingenuità di chi ha tentato di accostarla a Pier Paolo Pasolini come critico del sistema di potere. Lo hanno fatto un po’ per La rabbia, il film che firmaste insieme pur lavorando ognuno per proprio conto e da prospettive inequivocabilmente opposte. E un po’ perché, bisogna riconoscerlo, Pasolini seppe andare contro la corrente anche con coraggio […].
“No, caro Guareschi, non c’è Pasolini che tenga. Lei è di un’altra razza rispetto a quella dell’intellettuale italiano, che finisce per essere sempre collettivo, anche quando critica il sistema. L’unico esempio che regga il confronto è quello di Leonardo Sciascia, così poco intellettuale e così poco italiano…”.
Disserta, Gnocchi, con appropriate argomentazioni sul suffisso “anti”, che lo portano a osservare: “per questo, caro Guareschi, mi infastidisce non poco sentirle dare, anche in buona fede, dell’anticomunista. Lei fece guerra senza quartiere al comunismo in nome di ben altro della particella “anti”. Combattè in nome di principi e di valori che vivevano di vita propria: verità, fede, libertà, coscienza, lealtà, tutta mercanzia di cui il potere faceva lucroso mercimonio […]. Alla fine, per opporsi alla logica del Grande Inquisitore, laico o religioso che sia, bisogna votarsi a una scelta che Aleksandr Solzenicyn in termini essenziali: ‘Vivere senza menzogna’”….
Da tutte le pagine di Giovannino esala un profumo di pulito, di onestà, di fedeltà alla coscienza, che si nutre della Verità cristiano-cattolica. Altro che puzza di pecora!
4 commenti su “Cinquant’anni fa Guareschi ci raccontava il disastro di oggi – di Giovanni Lugaresi”
Alcuni stralci dall’edtoriale congiunto dei principali settimanali diocesani del Triveneto: titolo “Le istituzioni e l’Europa patrimonio da difendere” (ricordate il discorso del presidente CEI Bassetti sui suoi valori irrinunciabili? “Europa, Costituzione, democrazia, lavoro”) …Salvini e Di Maio hanno fatto saltare il tavolo, cercando poi di scaricare tutte le tensioni sulla Presidenza della Repubblica… c’è una palese e pericolosa spinta a violare le regole basilari della democrazia … dietro la goffa narrazione secondo la quale Mattarella si sarebbe sottomesso ai poteri forti europei … era possibile per il Presidente della Repubblica mettere in discussione uno dei ministri proposti da chi gode della maggioranza in Parlamento? La risposta è si … perché c’è, appunto, qualcosa che va oltre il volere della maggioranza: è la cornice legislativa e di valori su cui si basa il nostro essere comunità civile. Rinunciarvi rischia di portarci sull’orlo del baratro… lo spread non è un dispetto dei mercati”
C’ è di che restar allibiti, sconcertati; e per fortuna che loro rinfacciavano a Sallvini…
….. di usare la religione in maniera strumentale a fini politici (così l’arcivescovo di Milano, Delpini). Più spudoratamente d parte di così si muore. Parlassero mai di religione, di salvezza eterna dell’anima, dei Novissimi, ecc., a ti pare? Solo e sempre di politica, e sempre a favore dei sinistri (da sempre anticattolici e anti italiani). Il loro vangelo è la politica di sinistra, l’immigrazione selvaggia islamica (con sostituzione etnica, civile e religiosa), l’ecologismo, l’elogio di Lutero e dei protestanti tutti, la parificazione del Cristianesimo alle religioni non cristiane, con un calabraghismo da traditori di Cristo. E’ ora di gridare basta a questa gente qui, di additarli noi al pubblico disprezzo, sottraendo allle loro grinfie diaboliche quante più anime possiamo. Sacro Cuore di Gesù, aiutaci TU, in Te speriamo, amen
Approvo, sottoscrivo e mi unisco fervidamente alla preghiera.
socio club 23 n. 17
Il mondo cattolico è bello perché variabile , il puzzo di pecora mi piace basta metterci un po’ d’incenso