di Mauro Faverzani
L’approccio doveva essere “rigorosamente medico e scientifico”, in realtà si è rivelato in molti casi “amorale”, tanto da suscitare in buona parte dei presenti vera e propria indignazione: preoccupante l’esito della XVIII assemblea annuale della Pontificia Accademia della Vita, svoltasi a Roma dal 23 al 25 febbraio scorsi. La denuncia è giunta da diverse agenzie di stampa, come la francese “Riposte catholique” o Kathleen Gilbert su “LifeSiteNews.com”.
Denuncia -ciò ch’è peggio-, confermata direttamente da fonti interne all’importante istituzione, voluta peraltro dal Beato Giovanni Paolo II con l’intento esplicito di promuovere il rispetto della vita e più specificamente la bioetica secondo la morale cristiana. Tutt’altro… A scatenare la collera dei presenti pare abbian provveduto le relazioni sul tema della fecondazione artificiale, per lo più di esterni, pare invitati dagli stessi vertici dell’Accademia.
Quanto han detto è stato percepito come assolutamente distante da quella Dottrina Cattolica, pur evocata da Papa Benedetto XVI nel discorso rivolto ai partecipanti. Ma vi si è preferito un approccio tecnico, che prescindesse da “considerazioni etiche”, considerate “altro”, “un altro argomento”, come ha specificato mons. Ignacio Carrasco de Paula, succeduto a mons. Rino Fisichella alla testa della Pontificia Accademia.
Unico obiettivo, insomma: far conoscere mezzi ancora poco noti, per permettere di aiutare le coppie sterili. Purchessia ed al di là del necessario dialogo tra “fede e ragione”, pur richiamato dal Santo Padre, che, nel proprio discorso, ha viceversa rigettato un approccio meramente tecnicistico della questione, ha messo in guardia dallo scientismo e da una logica del profitto, assoggettando tutto piuttosto al rispetto “dell’umanità integrale dei soggetti coinvolti”.
“L’indifferenza della coscienza nei confronti del vero e del bene – ha detto Benedetto XVI – rappresenta una pericolosa minaccia per un autentico progresso scientifico”. Ed ha ribadito come il matrimonio, “unione dell’uomo e della donna”, sia “l’unico luogo degno per la chiamata all’esistenza di un nuovo essere umano, che è sempre un dono”.
Un appello, quello del Santo Padre, inascoltato: nella mattinata di venerdì 24 febbraio la maggior parte degli interventi – tre su quattro – ha presentato come panacee contro l’infertilità la fecondazione in vitro e la stessa fecondazione diretta dell’ovulo per iniezione di uno spermatozoo. Nel pomeriggio, Eberhard Nieschlag, del Centro di Medicina riproduttiva ed Andrologia dell’Università di Münster, ha proposto il ricorso all’inseminazione artificiale “in caso di mancanza di sperma”.
Altri oratori han sostenuto, in perfetta linea con l’industria della contraccezione ormonale, come la pillola protegga dal cancro alle ovaie. Un medico cattolico, però, il prof. Thomas Higlers, direttore del Centro Nazionale per la Salute delle Donne, ne ha evidenziato le connessioni col cancro al seno, ma ciò sarebbe stato bollato come “falso” da uno dei moderatori, nonostante gli studi citati dalla controparte a sostegno della sua tesi.
Quello troppe volte emerso sarebbe stato, insomma, uno sguardo distante anni luce dal Magistero e dalla vera Dottrina cattolica. La presa di distanza dei moderatori non è bastata a placare il moto di sdegno e ribellione di molti dei partecipanti, che han parlato di “disastro”, di “disservizio”, di un “esempio tipico di scienza amorale” ed anche di “tragedia”. Pare che il 25 mattina un noto e prestigioso filosofo, considerato vicino al Santo Padre, il prof. Josef Seifert, dell’Accademia di Filosofia in Cile, si sia fatto interprete della protesta levatasi da larga parte dei membri della Pontificia Accademia della Vita, accusando gli organizzatori del convegno di aver tradito lo spirito di Jérôme Lejeune.
“Se non fosse stato per il discorso del Papa” – ha affermato un altro Accademico – l’assemblea “avrebbe rappresentato un devastante colpo alla verità”. Sconcerta che tutto questo sia accaduto in un contesto come questo, che ha raccolto scienziati da Europa, Canada, Stati Uniti ed America Latina. Il “caso” emerso sembra addirittura più grave di quello, che a suo tempo condusse alle dimissioni dalla stessa assise di mons. Fisichella. Il che non può non preoccupare.