Beato Aloisio Stepinac.
.
Ogni mese l’Autore ci presenta una figura di santo, un volto a cui guardare, un esempio da seguire, un maestro da ascoltare, un amico le cui parole – e le cui opere – ci possano davvero essere di conforto nell’avventura difficile ma affascinante dell’essere cristiani.
.
Il 10 febbraio è da qualche anno una ricorrenza civile in cui vengono ricordate le vittime degli italiani residenti in Istria e Dalmazia uccise dai partigiani comunisti jugoslavi al termine della Seconda Guerra Mondiale. Questa ricorrenza è spesso l’occasione purtroppo per l’espressione – inopportuna – di un sentimento anti-slavo, ostile a croati e sloveni. Assolutamente inopportuna perché i croati e gli sloveni, specie se di fede cattolica e di idee non-comuniste furono le prime vittime della persecuzione scatenata nei loro confronti dal regime comunista del Maresciallo Tito.
Una delle vittime di questo odio contro la Fede fu il cardinale Stepinac, Primate di Croazia. Il cardinale fu il testimone più solido della fede negli anni bui della persecuzione.
Era nato l’8 maggio 1898 a Brezaric, nella parrocchia di Krasic presso una famiglia di contadini. Dopo gli studi elementari al paese, proseguì quelli liceali nel seminario arcivescovile di Zagabria, capoluogo della Croazia, che a quel tempo faceva parte dell’Impero Austro-Ungarico; ottenuta la maturità nel 1916, venne poi arruolato nell’esercito austriaco e come ufficiale fu inviato sul fronte italiano, essendo in corso la Prima Guerra Mondiale.
Fu fatto prigioniero dagli italiani nel luglio 1918 e rilasciato nel dicembre successivo a fine guerra.
Dopo un periodo trascorso a studiare e lavorare, negli anni successivi maturò la vocazione sacerdotale. Venne ordinato nel 1930, e pochi anni dopo, nel 1937, venne nominato arcivescovo di Zagabria. La situazione determinatasi nello Stato, la Jugoslavia, artificiosamente creato con i territori sottratti all’ex-Impero Asburgico, era difficilissima, perché i Serbi facevano di tutto per estirpare la religione cattolica a favore di quella ortodossa, che era la loro religione di Stato; in mancanza di concordati con il Vaticano, i cattolici erano considerati cittadini di serie B, mentre agli ortodossi erano concessi tutti i privilegi.
Nel 1941, cogliendo l’occasione degli eventi bellici, la Croazia divenne uno Stato indipendente sotto il regime di destra di Ante Pavelic, il quale seguendo l’esempio di Hitler, prese a perseguitare le minoranze, ebrei, zingari, dissidenti, serbi.
I serbi si trovarono in posizione opposta di prima del regime, nei confronti dei croati e quindi dei cattolici; l’arcivescovo Aloisio Stepinac prese subito le difese dei perseguitati, proibendo ogni processo contro gli ortodossi, vietando che venissero ribattezzati nel casi di passaggio al cattolicesimo; intervenne con lettera presso Pavelic, per scongiurare che non venissero uccisi serbi che non avessero una provata colpa di delitto, chiedendo il 20 novembre 1941 il “rispetto totale della persona, senza distinzione di età, sesso, religione, nazionalità e razza”.
Questa sua strenua difesa, specie per gli ebrei ed i zingari, lo portò a predicare pubblicamente i suoi pensieri, al punto che il rappresentante tedesco a Zagabria commentò: “Se un vescovo pronunciasse in Germania tali discorsi, non scenderebbe vivo dal pulpito”; Pavelic mandò in Vaticano un inviato speciale per ottenerne la destituzione. Al termine della Seconda Guerra Mondiale ci fu un nuovo ribaltamento politico, infatti l’8 maggio 1945 entrarono a Zagabria i partigiani comunisti di Tito, i quali cominciarono una lotta sistematica contro le attività religiose; fu istituita la polizia segreta comunista, che arrestò, fece processare e condannare a morte migliaia di cittadini, colpevoli di non simpatizzare con il nuovo regime ateo.
Per questo molti sacerdoti cattolici e alcuni vescovi furono imprigionati e il 17 maggio 1945 toccò anche all’arcivescovo di Zagabria Stepinac, che però fu liberato il successivo 3 giugno per l’intervento di Tito, il quale aveva uno scopo: chiese al presule di staccarsi da Roma e di creare una Chiesa nazionale croata.
La risposta dell’arcivescovo fu dura e ferma, quindi ripresero le persecuzioni contro la Chiesa Cattolica: furono uccisi i vescovi di Dubrovnik e Krizcevi; condannato a 12 anni di carcere quello di Mostar, arrestati quelli di Krk e Spalato; espulso da Zagabria l’inviato speciale del Vaticano; condannati a morte senza processo 369 sacerdoti; confiscati i beni della Chiesa.
L’arcivescovo Stepinac il 22 settembre 1945 fece pubblicare una lettera collettiva dell’episcopato croato, che denunciava le ingiustizie subite dalla Chiesa, auspicando nel contempo un Concordato tra Stato e Chiesa. Il regime comunista reagì furiosamente, Stepinac fu arrestato il 18 settembre 1946 e subì un processo-farsa organizzato con false testimonianze e calunnie, svoltosi a Zagabria fra il 30 settembre ed il 10 ottobre.
L’11 ottobre l’arcivescovo venne condannato a sedici anni di lavori forzati ed alla perdita dei diritti civili per cinque anni dopo la fine della condanna; la sua colpa agli occhi del regime, in realtà fu il rifiuto di organizzare una Chiesa nazionale.
Il 19 ottobre 1946 fu rinchiuso nel carcere di Lepoglava in completo isolamento fino al 5 dicembre 1951; gli era consentito solo la celebrazione della Messa e la lettura di libri religiosi; poi alla fine del 1951 venne confinato nel suo villaggio natio, sorvegliato dalla polizia, senza poter esercitare il ministero episcopale.
Il 12 gennaio 1953 papa Pio XII lo creò cardinale, deplorando pubblicamente il regime che gli impediva di recarsi a Roma per la cerimonia, pena il non ritorno in Patria. A seguito di ciò il governo di Tito ruppe ogni rapporto con la S. Sede, instaurando di fatto anche in Jugoslavia quella che venne definita “Chiesa del silenzio” dei Paesi comunisti.
Nel 1956 gli venne fatta conoscere la lettera apostolica con la quale papa Pacelli lodava la fede eroica dei cardinali Mindszenty in Ungheria, Wyszynski in Polonia, Stepinac in Jugoslavia, vittime della persecuzione comunista atea, esortandoli a perseverare nella loro testimonianza.
L’arcivescovo disse: “Se il papa chiede il martirio e rifiuta ogni trattativa col comunismo, allora tutto mi è chiaro”. Intanto le condizioni durissime della carcerazione che aveva subito minarono la sua salute. Lo stato generale si aggravò e inaspettatamente egli morì il 10 febbraio 1960, pregando per i suoi persecutori. Con un permesso speciale del governo, il 13 febbraio 1960, vennero solennemente celebrati i suoi funerali, nella cattedrale di Zagabria, presente l’intero episcopato jugoslavo e il clero e da allora iniziò un pellegrinaggio ininterrotto alla sua tomba nella cattedrale; numerose grazie sono attribuite alla sua intercessione.
Il processo per la sua beatificazione fu iniziato a Roma il 9 ottobre 1981, conclusasi con la solenne beatificazione celebrata da papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1998.
2 commenti su ““Cercate il volto dei santi” – rubrica mensile di Paolo Gulisano”
Ora si fanno accordi con il governo cinese. Altre storie, altro Papà.
Grazie delle belle parole in difesa dei sloveni e croati cattolici. Al picco solo il 7% dei Sloveni era iscritto al partito comunista.
In Slovenia dal 1945 al 1961 sono stati sentenziati di diversi crimini 429 sacerdoti. 339 sono andati in prigione o lavori forzati,..(e la Slovenia e un paese che allora aveva 1 milione di abitanti). Il vescovo di Lubiana e scappato in America(sentenziato in assenza da un tribunale militare come criminale di guerra) e il suo sostituto stato incendiato con la benzina (soppravissuto). Al CVII. i vescovi si fotografavano con il martire vivo.
Anche mons. Schneider e devoto al cardinale Stepinac.
Saluti dalla Slovenia.