“Va dilagando il dannosissimo uso dei liquori, massime in forma di aperitivi e di cocktails”. Questo si legge su un Dizionario di Teologia Morale stampato alla metà degli Anni Cinquanta. Altra Chiesa, altre stagioni. Ora, per evangelizzare, ci si affida alla favola musicale di Ligabue, dove “dicono che nasci solo per soffrire, ma se soffri bene vinci il premio di consolazione” e dove “dicono che il Cielo ti fa stare in riga, che all’inferno si può far casino, mentre il purgatorio te lo devi proprio infliggere”. Insomma, vai col ritornello: “Sei già dentro l’happy hour. Vivere costa la metà”.
L’Oratorio di Lugano si adegua a quest’ora felice dai prezzi scontatissimi e propone ogni mercoledì sera, addirittura con un hashtag (poteva mancare?) sui social network (appunto), la #FaithHappyHour. Un segno dei tempi. Lasciamo in un cantone ulteriori simpatiche trovate di moderna evangelizzazione in quest’angolo di Cantone Ticino: come l’iniziativa mattutina “Caffè e Parola”, sempre in oratorio, dove tra tazzine e lenti sorsi di “droga voluttuaria” (sorpassata definizione del già citato e sorpassato testo moralista) si dovrebbe meditare il Vangelo della domenica seguente. O come il CinePizza del venerdì, che sicuramente offre occasione di svago lindo ad adolescenti fragilmente emotivi che altrimenti non si saprebbe che strada pigliano, tra il lago Ceresio, il Sottoceneri e il Sopraceneri. Però l’aperitivo cattolico, autodefinito “ricco” e per di più “offerto”, eh no, non si può sottacere.
Non è dato conoscere se sia alcolico o analcolico (acqua più acqua in rispetto ovviamente agli islamici, come il tortello ripieno di pollame). Tuttavia allarma, sia consentito, soprattutto scorgendo e analizzando il tasso alcolemico ormai raggiunto nel cristianesimo da ballo (il tango) e da sballo catechetico che dai piani alti dei Sacri Palazzi si diffonde giù giù fino all’ultimo campanile, fino all’ultimo pulpito della Svizzera italiana. Ormai ci vorrebbe l’alcol-test, la prova del palloncino, dopo ogni discorso pretesco, omelia, incontro di dottrina cosiddetta cristiana. Perché l’alcolismo pastorale, magisteriale, è piaga sociale che andrebbe sanata, non propagandata. Succede perfino che, più degli articoli del CIC (Codex Iuris Canonici), si mettano in pratica quelli del ciùc. A leggere lettere e note diocesane, a seguire documenti di indirizzo, ad ascoltare sinodi e parole in libertà sembra evidente pure a un profano che è tutto un ebbro veder doppio, un camminare barcollante da ubriachi, un reggersi in piedi a fatica, un guidare zigzagando.
Certo, l’happy hour in questione è momento “informale”, occasione “di condivisione, di confronto, di libero approfondimento” su quei temi che stanno tanto a cuore: la vita, la fede. Benissimo. Leggiamo comunque, attenzione, che viene proposto “per giovani dai 18 ai 40 anni”. Cosa? Come? Accidenti, una fede dove a quarant’anni si è ancora considerati, definiti, chiamati “giovani”, mentre si dovrebbe essere e venire trattati e rispettati come adulti, formati e vaccinati, mette davvero i brividi. È una fede troppo infantile, adolescenziale, giovanilistica, immatura per affrontare non dico le sfide contemporanee ma neppure un vecchio Dizionario di Teologia Morale, un Catechismo serio, una Messa in latino. Otre agli scritti di un grande luganese, Romano Amerio, che notava: “Se si divinizza la gioventù, la si getta al pessimismo, perché le si fa desiderare di perpetuarsi, mentre non si può. La gioventù è un progetto di non-gioventù e l’età matura non deve modellarsi su di essa, ma sulla saggezza maturata. Del resto nessuna età della vita ha per modello al proprio divenire un’età della vita, né la propria né l’altrui. Il modello infatti di ciascuna è dato dall’essenza deontologica dell’uomo, la quale è da ricercare e vivere, identica, in ciascuna età della vita”.
Dunque in circolazione c’è forse la religione del momento che attraversiamo, la fede che meritiamo: infantile, adolescenziale, giovanilistica, immatura. Ad alta gradazione alcolica. Anche Gesù bevve una specie di aperitivo fra i trentatré e i trentasette anni: acqua e aceto. Non era, tuttavia, una happy hour. Era sulla croce, prima di morire.
2 commenti su “Arriva l’happy hour della fede. A quando l’alcol test?”
Approvo tutto, però….
con l’aria dubbiosa che tira, “Tra i trentatré e i trentasette”, caro Bartoletti, ce lo poteva risparmiare.😇
E’ il successivo scalino della SCALA che ci sta trasportando nella DISPERSIONE DEMONIACA!!!