Riprendiamo dal sito della Parrocchia ortodossa di Torino.
Chi vuole comprendere che cosa stia accadendo veramente in Ucraina legga questo articolo fino in fondo. (a.g.)
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Se c’è una cosa che il nostro Signore Gesù Cristo ha stigmatizzato con tutta la sua forza, questa è l’ipocrisia. Per mantenere una parvenza di legalità, il regime ucraino ha condannato in un processo-lampo il metropolita Pavel (Lebed, a destra nella foto), accusato di violazione della legge sull’odio interreligioso a causa delle sue parole di condanna degli scismatici ucraini e del patriarca Bartolomeo. Allo stesso tempo, persone che hanno meritato ben di più ai sensi della medesima legge ucraina, dopo aver vomitato ingiurie e bestemmie contro la Chiesa ortodossa canonica del paese, godono di libertà e di una perfetta impunità. Scopriamo i dettagli nell’analisi di Kirill Aleksandrov, che riporta punto per punto le rispettive dichiarazioni (NB: contenuti non adatti a lettori troppo sensibili).
Il caso del metropolita Pavel: giustizia selettiva all’opera?
di Kirill Aleksandrov – Unione dei giornalisti ortodossi, 2 aprile 2023
Durante una veglia di preghiera alla Lavra, le autorità hanno arrestato il suo abate, accusandolo di incitamento alla discordia interreligiosa. Quelli che scaricano bestemmie sulla Chiesa ortodossa ucraina saranno sottoposti allo stesso trattamento?
L’abate della Lavra delle Grotte di Kiev, il metropolita Pavel (Lebed), è stato accusato ai sensi degli articoli 161 e 436-2 del codice penale, in base ai quali rischia fino a 8 anni di carcere, ed è stato posto agli arresti domiciliari per 2 mesi. Nel frattempo, altri che hanno commesso atti simili non solo non sono perseguiti, ma sono considerati quasi degli eroi.
In questo articolo non toccheremo l’accusa ai sensi dell’articolo 436-2: “Giustificazione, riconoscimento come legale e negazione dell’aggressione armata della Federazione Russa contro l’Ucraina, glorificazione dei partecipanti”, poiché le registrazioni delle conversazioni telefoniche presentate in quest’accusa non sono state ancora riconosciute dal tribunale come autentiche e pertanto non possono essere utilizzate come prova. Notiamo solo che il metropolita Pavel ha detto quanto segue in risposta a queste accuse: “Ho condannato, condanno e continuerò a condannare tutti i tentativi di attacco al nostro Stato e ciò che la Russia e Putin hanno fatto non è in alcun modo scusabile. Ve l’ho detto e sono sempre stato, sono e sempre saro leale alla mia Patria”.
Il Dipartimento sinodale per l’informazione e l’istruzione della Chiesa ortodossa ucraina riferisce in data 01.04.2023: “Il metropolita Pavel è accusato di aver violato l’uguaglianza dei cittadini sulla base della loro razza, nazionalità, origine regionale, credenze religiose, disabilità e altre caratteristiche (articolo 161 del codice penale) Il riferimento è alle dichiarazioni riguardanti la “Chiesa ortodossa ortodossa dell’Ucraina” e il Patriarcato di Costantinopoli da lui rese nel video appello “Chiediamo giustizia per la nostra Chiesa”. Questo videomessaggio è stato pubblicato sul canale Youtube “Lavra. Il Cammino della Salvezza” il 29.03.2023.
Per quanto riguarda la “Chiesa ortodossa ortodossa dell’Ucraina” e il Patriarcato di Costantinopoli, vladyka Pavel ha detto quanto segue:
“Ora, fratelli e sorelle, guardate dall’esterno questa cosiddetta chiesa, che distrugge la spiritualità, che distrugge la santità della vita, che toglie gli ultimi averi alle persone. Queste cose non vengono da sole… C’è un proverbio: “Se non posso averlo io, non puoi averlo nemmeno tu”. Oggi, penso che le lacrime non cadranno per terra, ma cadranno sul patriarca Bartolomeo, che oggi si comporta in modo oltraggioso in molti paesi del mondo. Quest’uomo ha ottant’anni. Non pensa di morire? Non pensa di finire davanti a Dio, avendo perso tutto il suo gregge e invadendo oggi il gregge degli altri, non il proprio? Guai e vergogna a te, cosiddetto patriarca”.
C’è qualche prova di un reato ai sensi dell’articolo 161 del codice penale in queste parole? Ognuno tragga le proprie conclusioni. La definizione di questo articolo recita come segue: “Azioni volontarie che incitano all’odio e all’inimicizia nazionale, razziale o religiosa, l’umiliazione dell’onore e della dignità nazionale, o l’offesa dei sentimenti dei cittadini rispetto alle loro convinzioni religiose, e anche qualsiasi diretta o indiretta azione di restrizione di diritti, o concessione di privilegi diretti o indiretti ai cittadini sulla base della razza, del colore della pelle, delle convinzioni politiche, religiose e di altro tipo, del sesso, dell’origine etnica e sociale, dello stato patrimoniale, del luogo di residenza, delle caratteristiche linguistiche o di altro genere”.
Non giudichiamo in anticipo la decisione della corte nel caso del vescovo Pavel. Ma eccovi le dichiarazioni di altre persone, solo che queste non sono indirizzate alla “Chiesa ortodossa ortodossa dell’Ucraina” o al Fanar, ma alla Chiesa ortodossa ucraina, che è dichiarata antipatriottica e generalmente sbagliata, dichiarazioni che non hanno ricevuto un’adeguata valutazione legale né nei tribunali né dalle forze dell’ordine.
Ecco una dichiarazione di Evhen Karas: “La Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca è un’unità di banditi che si è venduta all’FSB”. L’accusa è del tutto infondata e incita inequivocabilmente all’odio interreligioso.
Ecco un’altra dichiarazione molto recente dello stesso Karas: “Tutti i demoni sono fr*ci in sacchi neri, zombi, pedofili della Chiesa ortodossa russa e dell’FSB – senza un sorriso sui loro volti. Ricordate. Il diavolo ha lanciato una maledizione su tutti loro. Il cielo vuole che voi scacciate questi demoni”. E quello che segue, tra l’altro, non è nemmeno un appello ma un’istruzione per una rappresaglia.
C’è stata una dichiarazione di un dipendente dell’Ufficio del Presidente, M. Podoljak, a “Canale 24” del 30 marzo 2023, in cui definisce la Chiesa ortodossa ucraina un ascesso, promette di “chiuderlo chirurgicamente”, afferma che nei primi mesi della guerra, era possibile “semplicemente ripulire fisicamente” i “filo-russi”, un nome con cui probabilmente implica la Chiesa ortodossa ucraina, e suggerisce che anche adesso non è troppo tardi per farlo.
Ecco la dichiarazione del deputato O. Goncharenko:
Non annoieremo i nostri lettori con dozzine se non centinaia di schermate di varie risorse Internet in cui vengono pubblicati insulti offensivi contro la Chiesa ortodossa ucraina. Ma non possiamo ignorare le buffonate degli artisti di “Quartiere 95”.
Il 10 dicembre 2023, questi hanno pubblicato un video con così tanta sporcizia, insulti, odio e appelli alla violenza contro la Chiesa ortodossa ucraina che in qualsiasi paese europeo democratico e legale dopo una tale esibizione non solo sarebbero stati ritenuti legalmente responsabili, ma sarebbero stati espulsi dalla professione per sempre. Forse sarà così in Ucraina prima o poi.
“F*ttuti asini, f*ttuti musi di capra, figli di p*ttana, tr*ie di Putin, p*derasti. Fatevi f*ttere e crepate… Facciamo così: per sputare in faccia a un prete della Chiesa ortodossa ucraina – 20 grivnie, per inchiodare la Sacra Scrittura su un fuoristrada – 50 grivnie, per colpirli sulla guancia sinistra e automaticamente sulla destra – 100 grivnie, per espellere il Patriarcato di Mosca dall’Ucraina – senza prezzo”, hanno esortato questi ‘uomini di spettacolo’.
Pochi giorni dopo c’erano persone che facevano esattamente quello che richiedeva “Quartiere 95”.
Il 25 dicembre 2022, un uomo con un coltello ha tentato di uccidere un sacerdote della Chiesa ortodossa ucraina nella chiesa della santa Trasfigurazione a Chernomorsk. I parrocchiani hanno trattenuto l’aggressore che non ha avuto il tempo di colpire.
Il 2 gennaio 2023, un sacerdote della Chiesa ortodossa ucraina della Chiesa della santa Protezione a Vinnitsa è stato pugnalato alla gola con un pericoloso rasoio ed è finito in terapia intensiva.
Certo, difficilmente si può provare in tribunale un nesso causale tra i richiami degli artisti degli showmen di “Quartiere 95” e i delitti, ma la logica dei fatti è chiara.
La Chiesa ortodossa ucraina ha presentato una domanda alla polizia chiedendo che gli artisti di “Quartiere 95” fossero perseguiti ai sensi dello stesso articolo 161 del codice penale utilizzato anche per accusare il metropolita Pavel. Sono passati diversi mesi e non abbiamo visto alcun risultato. Per quanto riguarda il caso del metropolita Pavel, la reazione del sistema giudiziario è stata fulminea.
Forse stiamo assistendo a una giustizia selettiva, in cui lo stato punisce alcune persone e ne loda altre per le stesse azioni. Ci risulta che in Ucraina ci sono persone di prima classe, che rimangono impunite per parole e azioni chiaramente coperte dall’articolo 161 sull’incitamento all’odio interreligioso, e ci sono persone di seconda classe, che sono trascinate in giudizio per aver criticato i loro oppositori.
Ci auguriamo che i giudici trovino il coraggio di agire con onestà e imparzialità, che trovino la forza per adempiere la parola del Signore: “…Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali, darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio; le cause troppo difficili per voi le presenterete a me e io le ascolterò…” (Dt 1:17). Ma finora il metropolita Pavel ha ricevuto due mesi di arresti domiciliari senza diritto di comunicare con i fedeli e con l’obbligo di indossare un braccialetto elettronico, e le persone che hanno vomitato insulti contro la Chiesa ortodossa ucraina godono della loro libertà e continuano ad averla a modo proprio.