La Resurrezione di Gesù, un fatto vero!
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Apologetica – rubrica quindicinale di Corrado Gnerre
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La Resurrezione di Gesù, un fatto vero!
di Corrado Gnerre
Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioé Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta. (1 Corinti 15,3-6)
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Introduzione
La Resurrezione è un mistero centrale della nostra fede; senza di essa il Cristianesimo non avrebbe senso. San Paolo lo dice chiaramente: “(…) se Cristo non è resuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la nostra fede.”[1]
Il Cristianesimo è vera risposta alle esigenze dell’uomo, in quanto è risposta e soluzione al male, alla sofferenza, alla morte; ed è risposta alla morte, perché Gesù, il Dio fattosi uomo, è risorto. Se il Cristianesimo si arrestasse alla Croce, si ridurrebbe ad un’opinione e ad una dottrina filosofica; ma il Cristianesimo non è questo perché, attraverso la Resurrezione, è la Verità che manifesta la sua potenza di Vita.
E’ giusto indagare sulla credibilità della Resurrezione
Il Cristianesimo è costituito da verità “naturali” e da verità “rivelate”.
Le prime (esistenza di Dio, conoscibilità delle Sue caratteristiche, ecc.) sono conoscibili e dimostrabili autonomamente dall’uomo, grazie all’uso della ragione. Le seconde (Trinità, Incarnazione, Resurrezione, ecc.) sono, invece indimostrabili e hanno bisogno di un assenso di fede; ma la fede che il Signore ci chiede non è una fede cieca, acritica. La Fede cattolica è assenso dell’intelletto alle verità rivelate.
Per questo, le verità “rivelate”, pur non essendo oggetto di dimostrazione razionale, sono comunque oggetto di “credibilità”. In esse confluiscono tutta una serie di fattori razionali che le rendono “credibili”. La Resurrezione è una di queste verità “rivelate”, dunque è possibile ed è doveroso indagarne la credibilità.
Motivi generali e specifici di credibilità della Resurrezione
I motivi generali di credibilità della Resurrezione possono ridursi a quattro:
- Rapidissima diffusione del Cristianesimo.
- Conversioni al Cristianesimo, malgrado le persecuzioni.
- I testimoni della Resurrezione accettano il martirio.
- La storicità della tomba vuota.
I motivi specifici di credibilità sono invece relativi alle tre più famose ipotesi critiche sulla Resurrezione:
- Ipotesi sincretista.
- Ipotesi del trafugamento del corpo.
- Ipotesi dell’allucinazione.
1° motivo generale di credibilità
Rapidissima diffusione del Cristianesimo
Un elemento di credibilità del Cristianesimo, e quindi della stessa Resurrezione, è la sua rapidissima diffusione.
Alcuni hanno affermato che tale diffusione sia stata dovuta al fascino della dottrina di Cristo. Ciò è sicuramente vero, ma non può essere l’unica spiegazione. Il Giudaismo, con il suo monoteismo, con la sua attenzione alla dignità della persona umana, con il suo sostenere l’uguaglianza di tutti davanti a Dio, non era poi dottrinalmente tanto diverso dal Cristianesimo. Cristo, infatti, non si oppose alla Legge, ma all’interpretazione della Legge. Possiamo dunque chiederci: come mai il Giudaismo, nei secoli precedenti, non ebbe la stessa universale diffusione del Cristianesimo? La risposta è fin troppo semplice: oltre alla prospettiva non universalista del Giudaismo, l’elemento determinante della rapida diffusione del Cristianesimo non è tanto dottrinale, quanto relativo alla testimonianza di due avvenimenti peculiari che il Giudaismo non aveva: l’Incarnazione e la Resurrezione.
2° motivo generale di credibilità
Conversioni al Cristianesimo, malgrado le persecuzioni
Teniamo presente la situazione religiosa della Palestina del tempo: coloro che decidevano di divenire cristiani, sapevano di rischiare la vita. Le persecuzioni contro i cristiani non iniziarono solo a Roma intorno al 60 (sotto l’impero di Nerone), ma già in Palestina immediatamente dopo la Pentecoste, e ad organizzarle saranno gli stessi che avevano messo a morte a Gesù. La lapidazione di Santo Stefano (primo martire cristiano) avverrà nei primi tempi dell’attività apostolica. Lo stesso San Paolo, prima di ricevere la visione del Signore sulla via di Damasco, era un convinto persecutore dei seguaci di Cristo.
Immedesimiamoci negli uomini del tempo: avremmo richiesto, sapendo che accettare il Cristianesimo significava con molta probabilità morire, prove della veridicità della dottrina propostaci? Come ci narrano gli Atti degli Apostoli, ciò che spinse molti ad accettare il Cristianesimo furono i miracoli che gli Apostoli iniziarono a compiere in gran quantità proprio per dimostrare l’autenticità di ciò che predicavano. Pietro, dopo aver guarito lo storpio seduto presso la Porta cosiddetta “Bella”, dice alla gente meravigliata del miracolo: “Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e continuate a fissarci come se per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato (…). Ma Dio l’ha resuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni, proprio per la fede riposta in lui il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede in lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi.”[2]
3° motivo generale di credibilità
Gli stessi testimoni della Resurrezione accettano il martirio
Gli Apostoli non possono non predicare Cristo risorto. Quando Pietro e Giovanni vengono condotti dinanzi al Sinedrio, all’ordine di non dover predicare rispondono così: “Non possiamo non parlare di queste cose che abbiamo visto e udito.”[3] E per queste cose che hanno “visto e udito” gli Apostoli accetteranno anche il martirio. Pascal, a tal proposito, dice di credere volentieri quei fatti i cui testimoni si fanno sgozzare.
Qualcuno, però, potrebbe obiettare: ma la storia conosce tanti uomini che hanno saputo sacrificare la loro vita per un ideale, anche per un ideale errato (si pensi ai terroristi). Dunque, non basta il martirio, l’accettazione del sacrificio, per dimostrare vero il motivo per cui si decide di morire. Giustissimo. Ma il caso degli Apostoli è completamente diverso. Essi non accettano la morte per una semplice dottrina o per un semplice ideale; accettano il martirio per un fatto che hanno “visto e udito”, perché hanno incontrato il Signore che ha vinto la morte. Il terrorista accetta la morte per la difesa di un’idea, credendo fermamente in questa idea, non sospettando minimamente della sua possibile falsità. Gli Apostoli, invece, se avessero “inventato” la Resurrezione di Gesù, sarebbero stati senz’altro consapevoli di dover morire per una menzogna, per una banale invenzione. E’ umanamente credibile che tanti uomini accettino la morte per una cosa che essi sanno essere non vera?
Inoltre, gli Apostoli hanno dimostrato chiaramente di non avere coraggio di sacrificarsi per un ideale: con la cattura di Gesù, ebbero timore e codardamente scapparono.
4° motivo generale di credibilità
E’ sicuramente storico il ritrovamento della tomba vuota
Stando ai Vangeli, i primi testimoni del ritrovamento della tomba vuota sono state delle donne. Si tenga presente che in quel tempo la donna non era ritenuta un testimone giuridicamente attendibile. Pertanto, se gli evangelisti avessero voluto scrivere una falsità, allora, bugia per bugia, tanto valeva dire che erano stati degli uomini a trovare per primi la tomba vuota. Il fatto che gli evangelisti dicano che sono state delle donne, dimostra il loro intento di essere sinceri, di voler rimanere fedeli alla realtà dei fatti.
1° motivo specifico di credibilità
Falsità dell’ipotesi sincretista
Di questa ipotesi si sono fatti sostenitori alcuni storici della religione come Reinach, Zimmern, Gunkel e Petazzoni.
L’ipotesi afferma che la Resurrezione di Gesù deriverebbe dall’influsso di miti ellenistici, che narravano di alcuni déi morti e poi risorti, miti presenti in alcune religioni misteriosofiche molto diffuse in quel tempo in Oriente. Grazie a questo influsso, i primi fedeli in Cristo avrebbero mitizzato la morte di colui che veneravano, fantasticandone una resurrezione.
Come rispondere a questa ipotesi? Prima di tutto va detto che l’idea di un dio morto e resuscitato non esiste in nessuna mitologia. Scrive Arialdo Beni: “Nei miti si trovano simboli vaporosi e vagamente umanizzati di fecondità della terra, di forze morali nel gran dramma della vita feconda; ma non se ne trova uno in cui ci sia dato di vedere un dio che si affanna per espiare i delitti dell’umanità, non uno che ci offra un’autentica risurrezione. Anche a disturbare Dioniso, Osiride, Attis, Adone, nulla di ciò appare”[4]
Inoltre va detto che dei semplici pescatori non potevano essere a conoscenza di questi miti. Gli Apostoli non solo erano semplici e ignoranti pescatori, ma, da Giudei, avevano in orrore tutto ciò che sapeva di paganesimo. Si potrebbe obiettare: gli Apostoli successivamente vennero a contatto con il mondo ellenistico. Ma anche questa obiezione non regge, perché se è vero che per esigenze di predicazione gli Apostoli vennero a contatto con la cultura ellenistica, è pur vero che quando essi conobbero tale cultura già predicavano la Resurrezione.
2° motivo specifico di credibilità
Falsità dell’ipotesi del trafugamento del corpo
Di questa ipotesi si è fatto sostenitore il Reimarus, filosofo illuminista tedesco. L’ipotesi afferma che gli Apostoli, delusi dalla fine di Gesù e per rifarsi dinanzi alla gente, decisero di trafugare il corpo del Maestro, lo nascosero e diffusero la voce di una sua resurrezione.
Prima di tutto va detto che per spacciare Gesù come messia non era necessario farlo “resuscitare”. L’Antico Testamento parla di un messia che dovrà venire, ma non dice che sarebbe dovuto risorgere. Se la Resurrezione fosse stata condizione necessaria e sufficiente per essere messia, allora sì che potrebbe essere compresa una tale ipotesi.
Secondo: gli Apostoli erano fuggiti durante la Passione, come possono in poche ore essere cambiati tanto? Come si sono potuti trasformare in poco tempo da codardi in coraggiosi? Coraggiosi, perché, in quel tempo, se si era scoperti a trafugare un cadavere si veniva condannati a morte[5].
Si potrebbe obiettare: e se i discepoli di Cristo lo hanno fatto proprio per riscattarsi del loro atteggiamento codardo assunto nel momento della cattura di Gesù? Anche questa obiezione non regge. Riscattare un atteggiamento codardo con un atteggiamento coraggioso è un gesto nobile, ma come può un gesto nobile conciliarsi con un gesto così poco nobile come quello di andare a trafugare un cadavere ed ideare una menzogna?
Terzo: se così fosse, perché non furono mai condannati per questo ma per altro? L’accusa di trafugamento fu inizialmente espressa dai Farisei, ma poi venne abbandonata perché non riuscirono mai a provarla. In seguito gli Apostoli verranno giudicati solo per aver diffuso delle dottrine non in accordo con la tradizione mosaica.
Quarto: per trafugare il corpo di Gesù sarebbero servite diverse persone; come mai poi nessuno, tra i supplizi più atroci, ha ceduto e svelato l’inganno? Si potrebbe obiettare: e se i discepoli pensarono: continuiamo a mentire tanto saremo condannati ugualmente… Questa obiezione non regge: non è psicologicamente credibile che i discepoli abbiano potuto pensare ad una cosa del genere, in quanto i farisei non li accusavano più di aver trafugato il corpo, volevano solo che essi rinunciassero alla predicazione. I discepoli avrebbero potuto senz’altro fare questo ragionamento: Non confessiamo di aver trafugato il corpo, rinunciamo solo a predicare, perché morire per una menzogna non ha assolutamente senso.
All’interno di questa ipotesi del trafugamento del corpo si potrebbe fare un’altra obiezione: e se a trafugare il corpo di Gesù fossero stati i Farisei? Verrebbe da rispondere: a che scopo? Non c’è logica. E se così fosse, perché i Farisei non hanno mostrato il cadavere di Gesù a tutti, proprio quando il racconto della resurrezione riscuoteva sempre più successo?
3° motivo specifico di credibilità
Falsità dell’ipotesi dell’allucinazione
Di questa ipotesi si sono fatti sostenitori lo scrittore francese Renan e lo storico italiano Omodeo.
Secondo questa ipotesi, i testimoni della Resurrezione di Gesù sarebbero stati vittima di un’allucinazione, cioè avrebbero creduto di vedere Cristo risorto, ma in realtà non hanno visto nulla.
Attenzione, c’è da fare una premessa importante: se i testimoni sono in buona fede, vuol dire che anche i vangeli sono sinceri.
Va detto prima di tutto che negli Apostoli non si riscontrano elementi che potrebbero predisporre ad un’allucinazione. L’allucinazione è un’immagine della fantasia che viene scambiata per una percezione reale, ovverosia è una percezione senza oggetto. Fenomeni del genere sono possibili. Forse in piccole proporzioni si sono verificati anche nella vita di ognuno di noi (dormiveglia, febbre alta, tensione psicologica). Però, per verificarsi in grande stile, in maniera permanente ed invincibile, l’allucinazione ha bisogno di condizioni particolari che non si riscontrano per nulla nei testimoni del Vangelo. Ci vogliono dei soggetti anormali, psicopatici; e ci vuole soprattutto una loro preparazione fatta di “fede”, di “attesa” e di suggestione. E’ necessario cioè che l’allucinato abbia in sé, nella sua fantasia, quello che poi, proiettato all’esterno, egli crederà di vedere e sentire fuori di sé.
Nel caso delle apparizioni di Gesù abbiamo tutto l’opposto di quello che si verifica nei fenomeni allucinativi. I testimoni della Resurrezione sono più di cinquecento.[6] Come si può pensare che tutti fossero psicopatici? Di fatto, sappiamo che gli Apostoli, tutt’altro che isterici, erano persone concrete, molti di questi pescatori. Erano persone sane, robuste, estremamente realiste; pensavano a chi nel “Regno” avrebbe occupato i primi posti; si preoccupavano di chi poi potesse assumere la funzione di capo; non esitavano a domandare a Gesù che cosa sarebbe stato dato loro in cambio se l’avessero seguito.
Inoltre nel fenomeno allucinativo si riconosce l’immagine; i testimoni della Resurrezione, invece, non riconoscono subito Gesù. L’allucinazione è una creazione della propria psiche. Se ho sete e penso all’acqua, posso avere l’allucinazione dell’acqua e riconoscerò senz’altro questa allucinazione come acqua, perché essa è una mia creazione. Come allora si spiega che i discepoli quando vedevano Gesù risorto, non lo riconoscevano immediatamente? I due discepoli di Emmaus riconoscono Gesù solo allo spezzare del pane.[7]
Va detto ancora che il fenomeno allucinativo ha bisogno di un’attesa spasmodica, di una tensione psicologica; e invece i testimoni della Resurrezione non pensavano affatto alla Resurrezione. I discepoli avrebbero dovuto pensare continuamente alla possibilità di una resurrezione, crearla nella loro fantasia, aspettarla con ansia; invece regnavano in loro il dubbio e lo sconforto. Prima della morte di Gesù non capivano nulla dei suoi continui annunci della futura Resurrezione. Se avessero capito, non avrebbero tenuto l’atteggiamento pavido che tennero durante la Passione. Essi, non solo a suo tempo non compresero, ma non si ricordarono di nulla nel momento in cui ricevettero l’annuncio della Resurrezione dalle donne. Tanto è vero che quando queste si recarono da loro e dissero quello che dissero, gli Apostoli le presero per pazze: “Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse.”[8] Né migliore accoglienza toccò alla Maddalena: “Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il Sabato, apparve prima a Maria di Magdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere.”[9] I due discepoli di Emmaus confessano tutta la loro sfiducia, allorché commentano: “(Speravamo) che Egli avrebbe redento Israele.”[10] Tanto i discepoli erano sfiduciati ed increduli che non volevano credere neanche quando Gesù apparve loro nel Cenacolo: credevano di vedere un fantasma e non si persuasero se non dopo che lo toccarono e mangiarono insieme a lui. Tommaso, però, che era assente, non ci fu verso di farlo persuaso: “Se non vedrò da me…e non metterò la mano nel suo costato, non crederò.”[11] Perfino le donne erano incredule allorché al mattino della domenica si erano recati al sepolcro per completare la preparazione alla salma. L’unico pensiero che hanno è questo: “chi ci leverà la pietra alla bocca del monumento.”[12] La Maddalena stessa, quando trova il sepolcro vuoto, non pensa per nulla alla resurrezione, ma a un furto. E ad uno che è lì e sembra un ortolano chiede: “(…) se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai messo ed io lo andrò a prendere.”[13]
E poi – altra considerazione – se gli Apostoli e i discepoli avessero pensato alla Resurrezione, non avrebbero preparato la salma per la sepoltura. Invece la si preparò accuratamente, avvolsero la salma nella sindone, legandola con bende e cospargendola di aromi: “(Giuseppe d’Arimatea), comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia.”[14]
E come trascurare il fatto che il Risorto viene visto da molte persone per quaranta giorni e poi non più; e sempre nelle stesse circostanze, mai durante una situazione straordinaria e durante il sonno, ma nella loro vita normale, nel medesimo istante, per la stessa durata, allo stesso modo. Con tali soggetti, con simili effetti, l’allucinazione è un assurdo.
E poi rimarrebbe da spiegare il cibo realmente consumato dal Risorto: “(Mentre gli Apostoli) parlavano apparve in mezzo a loro e disse. ‘Pace a voi!’. Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: ‘Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne ed ossa come vedete che io ho’. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi, ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: ‘avete qui qualcosa da mangiare?’ Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.”[15] Un’allucinazione può farsi toccare?
Conclusione
Le ipotesi che abbiamo fin qui dette si escludono a vicenda: quella del “trafugamento” non regge perché i testimoni della Resurrezione arriveranno a farsi ammazzare e non è credibile che chi sa di mentire si faccia uccidere per una menzogna.
Ma non è credibile nemmeno quella dell’allucinazione perché in questo caso i Vangeli sono in buona fede, essendo in buona fede i testimoni della Resurrezione. E se i Vangeli dicono la verità, come è possibile che un’allucinazione consumi il cibo e si faccia toccare? Inoltre, se fosse stata un’allucinazione, bastava prendere quei visionari, portarli al Sepolcro e far loro toccare con mano che cosa era avvenuto del presunto “risorto”.
Piuttosto chiediamoci: occorre più fede nel credere che Cristo sia davvero risorto o nel credere che nulla sia avvenuto? Se siamo onesti, se siamo attenti alla realtà delle cose, non possiamo che ritenere che occorre più fede per la seconda ipotesi.
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[1] 1 Corinti 15,14.
[2] Atti 3,12-16.
[3] Atti 4,19.
[4] A.Beni, Teologia fondamentale, Firenze 1980, p.272.
[5] Le leggi romane, in tal senso, erano rigorosissime. Un rescritto imperiale, forse di Augusto, forse Tiberio, o più probabilmente di Claudio, inciso, in lingua greca, su una stele, proveniente a quanto pare da Nazareth, e reso pubblico nel 1930, afferma: “E’ assolutamente vietato a chiunque rimuovere i cadaveri. E io voglio che se uno si rende colpevole di tal cosa lo si condanni a morte per violazione di sepoltura.” (Ivi p.271).
[6] Cfr. 1 Corinti 15,16.
[7] Cfr. Luca 24,13-35.
[8] Luca 24,11.
[9] Marco 16,9-11.
[10] Luca 24,23.
[11] Luca 24,37.
[12] Giovanni 20,15.
[13] Marco 16,3.
[14] Marco 15,46.
[15] Luca 24,36-43.
3 commenti su “Apologetica. Rubrica quindicinale di Corrado Gnerre”
Ringrazio veramente tantissimo C. Gnerre per questa preziosa rubrica, ed in particolare per quest’ultimo intervento, sull’argomento cardine della nostra Fede e perciò della vita stessa, del suo significato, del suo fine ultimo. La schematicità, non disgiunta da profondità di ragionamento, e la limpida consequenzialità del discorso sviluppato contrastano nettamente con le elucubrazioni fumose di tanti cattolici contemporanei, dimentichi della logica tomistico-aristotelica e financo delle più elementari norme del retto scrivere (e parlare). Perciò, grazie, grazie, e ancora grazie a questo nostro valido apologeta. Il Signore gliene renda merito.
Mi associo volentieri al commento di ‘Alessandro 2’ e con pari gratitudine, al Prof. Gnerre per la sua esauriente rubrica.
Nel contempo, pur uscendo lievemente dal tema, vorrei ricordare la forza apologetica incontrovertibile degli innumerevoli miracoli che confermano in modo inoppugnabile la nostra fede, verificatisi anche in tempi contemporanei e verificabili personalmente da parte di chiunque voglia accertarli personalmente, dai miracoli eucaristici, cominciando da quello remotissimo di Lanciano e pur presente intatto, come quando si verificò oltre dodici secoli fa, sino a quelli di Buenos Aires indagati accuratamente da Maurizio Blondet, che li rese noti in Italia con uno scritto presente nelle migliori librerie del nostro Paese. Ma non soltanto di questi e non meno inoppugnabili come quello descritto da Antonio Socci nella sua recentissima opera “Avventurieri dell’Eterno”, in particolare nel capitolo “Cielo andata e ritorno”. Ma vi sono volumi inoppugnabili di prodigi testificanti la nostra…
Come sempre prezioso l’approfondimento del Prof. Gnerre. Fede e ragione, perseveranza nella quotidiana lotta spirituale. Grazie.