Ancora sui presunti orrori della Chiesa – di Gerardo Viscidi

libro agnoli

di Gerardo Viscidi

libro agnoliL’intervento che presentai nel numero del luglio scorso di “Riscossa Cristiana” era diretto ad illustrare alcuni spunti da un saggio di Francesco Agnoli, Perché non possiamo essere atei, uscito lo scorso anno per le Edizioni Piemme di Casale Monferrato. In quel breve contributo mi soffermavo, riprendendo fedelmente l’argomento dal libro di Agnoli, sui motivi delle crociate che furono concepite, in buona sostanza, come reazione della cristianità di fronte all’avanzata mussulmana.    
In questo secondo intervento, che si basa come il precedente sulla lettura del chiaro e interessante volume di Francesco Agnoli, vorrei porre l’attenzione sulle vicende della Santa Inquisizione perché proprio sull’Inquisizione non si contano le accuse e le inesattezze da parte di antichi e moderni pensatori. Il rimprovero più frequente che viene mosso alla Chiesa è di essersi servita del Tribunale dell’Inquisizione per mandare al rogo individui accusati di stregoneria. Si è creata, intorno a ciò, una “leggenda nera” diffusa per motivi sia ideologici che commerciali. Presa di mira, in particolar modo, è sempre stata l’Inquisizione spagnola, calunniata soprattutto dagli avversari della Spagna, cioè inglesi, francesi e olandesi. Come Agnoli osserva, tutti i moderni denigratori dell’Inquisizione spagnola fondano le proprie opinioni su quanto sta scritto nei quattro volumi della Storia critica dell’Inquisizione in Spagna composta dall’ecclesiastico Juan Antonio Llorente (1756-1823). Ma Llorente non è da considerare un testimone super partes, perché fu colui che in età napoleonica ricevette l’incarico di sopprimere gli ordini religiosi nella penisola iberica. A coltivare la “leggenda nera” interverranno, in seguito, anche diversi storici di ispirazione marxista, avversari “naturali” della Chiesa.
Per comprendere l’Inquisizione va ricordato che essa nacque nel Medioevo per contrastare l’eresia catara. Secondo questa eresia la creazione era opera di una divinità cattiva, e dunque i corpi erano visti come prigione dell’anima. I catari giunsero a professare con violenza e fanatismo  la propria idea, a perseguitare i religiosi e a scatenare disordini. Era un’eresia folle e disgregatrice che professava il disprezzo per il lavoro, per la donna, per il matrimonio.
L’autorità civile fu la prima ad opporsi all’eresia catara, viste le gravi conseguenze sociali che da essa sarebbero derivate; e ovviamente cercò di allearsi alla Chiesa per arginare il movimento. Fu così che nel 1184 nacque la Santa Inquisizione: per indagare a fondo sull’eresia e per riportare gli eretici nel gregge cattolico. L’Inquisizione, istituita dunque in pieno Medioevo, sopravvisse poi in età moderna come strumento per combattere la stregoneria e le supersitizioni: superstizioni che non erano del tutto innocue – come sottolinea Francesco Agnoli – perché talvolta portavano ad infanticidi, a sacrifici umani rituali e a torture sugli animali. Del resto la stregoneria non è un’invenzione della Chiesa, ma è storicamente documentata fin dall’età precristiana. Agnoli parla della magìa come di un “mondo sommerso”, che tenta ogni tanto di riemergere. Gruppi di fanatici dediti a pratiche criminali sono presenti perfino nell’attuale società. Basti solo ricordare in Italia la setta delle “Bestie di Satana”, che si formò a Varese e che si rese responsabile, negli anni Novanta, della sopressione di diciotto giovani vite.
La Chiesa è sempre stata fermissima nel condannare la magìa e le superstizioni, ma nell’ambiente italiano e in quello iberico la famosa caccia alle streghe, di cui tanto si parla, fu meno cruenta che altrove. Agnoli cita, tra le sue fonti bibliografiche, un lavoro dello storico Adriano Prosperi (I tribunali della coscienza, Torino, Einaudi, 1996) in cui si dimostra che la Chiesa agì tutto sommato con moderazione nell’affrontare il fenomeno della superstizione e della stregoneria. Insomma fu meno sanguinosa e violenta di quel che si è voluto far credere. Fra l’altro, alcuni studiosi come Joseph Perez (Breve storia dell’Inquisizione spagnola, Milano, Corbaccio, 2007, e Bartolomé Bannassar (Storia dell’Inquisizione spagnola, Milano, Rizzoli, 1980) esprimono seri dubbi su quel numero dei condannati a morte (32.000) che Antonio Llorente calcolò nella sua opera: numero che, soprattutto secondo il Bennassar, andrebbe ridimensionato.
Un terzo studioso citato pure da Agnoli, Henry Kamen (L’inquisizione spagnola, Milano, Feltrinelli, 1966), sostiene che l’Inquisizione spagnola, sottraendo le cause di stregoneria ai tribunali laici, salvò la vita a una moltitudine di persone mentre nell’Europa di Lutero, Calvino e Melantone la chiesa cattolica fu oggetto di persecuzioni inaudite. Francesco Agnoli, nel capitolo preso qui in esame, accenna infine agli atti del “Simposio internazionale sull’Inquisizione” (1998) curati dal prof. Agostino Borromeo e pubblicati nel 2003 dalla Biblioteca Apostolica Vaticana. Il volume in questione fa parte dell’autorevole collana “Studi e testi” e vi si ribadisce che la spietatezza dell’Inquisizione fu meno marcata ed oppressiva di quanto ha finora divulgato la credenza popolare: una falsa credenza diffusa soprattutto nel Cinquecento ad opera dei circoli protestanti europei. Eppure – così conclude Francesco Agnoli – c’è più di qualcuno che ancora oggi vorrebbe paragonare i roghi dell’Inquisizione agli “stermini di milioni di persone che il comunismo ha realizzato in meno di cent’anni, inghiottendo e triturando popoli e continenti interi”.

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