The Show Most Go on, dopo la morte di Alfie lo spettacolo deve continuare. Questo mondo e questa Chiesa sono già pronti ad altro. Noi, invece, ci vogliamo fermare perché questo è il momento di separare il grano dalla zizzania, gli amici dai nemici e, soprattutto, di mostrare che si può morire di “fuoco amico”, una delle pratiche più letali usate di questi tempi. Perché, oltre ai chierici di una medicina totalitaria, sono stati anche i chierici di una neochiesa altrettanto totalitaria a condannare al patibolo Alfie. Rivediamolo, allora, questo macabro show, con protagonisti, comprimari e comparse.
Bergoglio e la sedicente Pontificia Accademia per la Vita
Sabato 4 aprile. Dopo le numerose pressioni, Bergoglio si vede costretto a intervenire sul caso Alfie e lo fa attraverso un misero tweet in cui invita a “continuare ad accompagnare con compassione il piccolo Alfie”. Ad accompagnarlo dove, allora non era dato saperlo: ora, purtroppo, sì. D’altronde, il giudice Anthony Hayden, il 20 febbraio scorso, nella motivazione della sentenza di morte per il piccolo Alfie utilizzò proprio il messaggio sul “fine-vita” inviato da Bergoglio a monsignor Vincenzo Paglia, CEO della Pontificia Accademia per la Vita. Migliaia di persone chiesero una smentita al vescovo di Roma per impedire la presunta strumentalizzazione delle sue parole: nessuna risposta. Per il semplice motivo che non si trattava di strumentalizzazione. E a confermarlo fu proprio Paglia che, dando il meglio di sé in un’intervista rilasciata a Tempi il 9 marzo scorso, argomentò brillantemente a favore dei medici dell’Alder Hey Children’s Hospital:“Parlare di ‘soppressione’ non è né corretto né rispettoso. Infatti se veramente le ripetute consultazioni mediche hanno mostrato l’inesistenza di un trattamento valido nella situazione in cui il piccolo paziente si trova, la decisione presa non intendeva accorciare la vita, ma sospendere una situazione di accanimento terapeutico”.
Se ora siamo già all’esaltazione dell’eutanasia passiva, vuol dire che presto arriveremo all’eutanasia di stato anche in Italia, e lo dovremo all’apostasia di Roma. Incaricato dallo stesso Bergoglio, lo scorso anno Paglia stese il codice deontologico vaticano per gli Operatori Sanitari, dove veniva ammesso a chiare lettere che l’idratazione e l’alimentazione dovevano essere concesse “solo se utili”.
Meglio ancora era stato fatto con il Messaggio inviato da Bergoglio proprio a monsignor Vincenzo Paglia in occasione del Meeting Regionale Europeo della World Medical Association sulle questioni del “fine vita”. Dove, ad esempio, si legge: “Vediamo bene, infatti, che non attivare mezzi sproporzionati o sospenderne l’uso, equivale a evitare l’accanimento terapeutico, cioè compiere un’azione che ha un significato etico completamente diverso dall’eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte”. Non viene fatta alcuna differenza fra eutanasia attiva ed eutanasia passiva, due facce della medesima medaglia: la morte.
Per chi abbia affinato l’orecchio sulla terminologia in auge, è facile constatare come il termine “accanimento terapeutico” svolga un ruolo molto importante nel processo verso l’affermazione della eutanasia di stato. Si potrà sempre trovare, infatti, un appiglio per porre fine alla vita di qualche innocente giudicato troppo indegno di restare in questo mondo popolato da gente dall’alta qualità di vita. Così è stato con Alfie, e prima ancora con Charlie ed Isaiah.
Tornando a noi, la pressione mediatica che intanto andava via via crescendo attorno al piccolo Alfie condannato a morte, ha spinto Bergoglio a intervenire nuovamente il 15 aprile con qualche frase di circostanza durante il Raegina Coeli, e poi con un tweet del 23 aprile in cui si rinnovava l’invito a rispettare il volere dei genitori. Un caso di una portata ormai planetaria liquidato con qualche “click” alla tastiera e sempre nel rispetto della terminologia politicamente corretta che parla di volontà, di utilitarismo, mai di Dio e di peccato.
L’incontro a muso lungo
Quanto rimane di più memorabile dell’incontro concesso il 18 aprile a Thomas Evans, il padre di Alfie, è il muso lungo con cui Bergoglio non è riuscito a evitare di farsi fotografare. Le parole pronunziate subito dopo, durante l’udienza generale del mercoledì, e cioè che “l’unico padrone della vita dall’inizio alla fine naturale è Dio”, sono state le stesse pronunziate da Thomas durante l’udienza privata: nulla di più, nulla di meno.
Come viene normale pensare, se a Bergoglio fosse veramente interessata la sorte del bambino, avrebbe subito disposto il rilascio di tre passaporti vaticani, come già ha fatto per gli immigrati musulmani. Invece, a Bergoglio è bastato poco per lavarsi pubblicamente la coscienza e passare come eroe dell’ultim’ora: due tweet e un paio di frasi inconsistenti. Gran parte del popolo dei social, come abbiamo documentato (“chi di tweet ferisce di tweet perisce”), ha capito che era un po’ comodo prendersi il palcoscenico standosene in poltrona.
A chi è andato, come portavoce della famiglia, a chiedere i passaporti in Vaticano è stato risposto che se si fosse dovuto smuovere mari e monti per Alfie, allora lo si sarebbe dovuto fare per tutti. Mascherandosi dietro la diplomazia, la neochiesa tace e abbandona gli agnelli condotti al macello. Chi non lo ha capito, o non vuole capirlo, sono i molti “conservatori” che, pur polemizzando genericamente con una chiesa alla deriva, si fermano davanti al vertice della gerarchia, come se fosse all’oscuro di tante manovre.
Chi “conserva” avvelena anche te: digli di smettere
Bisogna sapere l’arcivescovo di Liverpool, monsignor McMahon, è ritenuto un conservatore, quasi un tradizionalista, che celebra persino la Messa in latino. Ebbene, proprio lui, nel silenzio di tutta la conferenza episcopale inglese, consenziente davanti al crimine che si stava consumando, a causa della pressione mediatica che oramai lo aveva schiacciato, ha spiegato che la diocesi di Liverpool si era interessata alla vicenda dando assistenza spirituale al personale dell’Alder Hey Hospital, ma non ai due giovani genitori perché “non sono cattolici”. A parte il fatto che non è vero -Tom lo ha poi scritto – è curioso notare come il sincretismo tanto in voga trovi ostacolo insormontabile di fronte ai casi più spinosi. L’arcivescovo di Liverpool ha avuto persino il coraggio di dire che l’Alder Hey Hospital stava sicuramente agendo bene, secondo il miglior interesse del bambino e della famiglia Evans.
Tuttavia non è l’unico ad essersi macchiato di palese complicità. Nel suo caso si è trattato di complicità attiva. Ma dov’erano tutti quei cardinali e vescovi che marciano per le vie di Roma con gruppetti, circoletti e sitarelli ergendosi a difensori della vita solo quando non c’è nessuno da difendere veramente? Forse qualcuno di loro pensa di potersi salvare con qualche benedizione fatta da casa, magari elogiando il “Santo Padre” per la premura avuta con Alfie, o con un tweet postato per salvare la faccia?
Tutti in libertà vigilata con obbligo di firmare il registro a Santa Marta. Nessuno capace di fare un passo in più rispetto al consentito. Ne ha fornito una prova il vescovo di Reggio-Emilia, monsignor Massimo Camisasca, che invece di esortare alla preghiera pubblica per Alfie, si lamentava della “pressione” di alcuni giovani fedeli alle prese con mille ostacoli ecclesial-burocratici nel tentativo di organizzare una veglia adhoc. Ebbene, oltre a lamentare un’eccessiva “foga” di questi giovani, il vescovo ha criticato un’idea troppo “battagliera” della fede cristiana.
Utilitarismo statal-ecclesiastico
Dal Vaticano è stata detta e ripetuta la necessità di un dialogo fra medici e famiglia, all’insegna del più becero e deleterio utilitarismo volontarista che non bada alla difesa della vita del bambino come valore in sé e come miracolo voluto da Dio, ma come oggetto di contesa fra una volontà e un’altra. Paglia, intervistato dalla Rai poche ore dopo il distacco della ventilazione ad Alfie – il 24 aprile – ha parlato di “una legge fredda che impedisce di ascoltare i genitori (…) perché la vita non è solo un fatto biologico, ma è relazione, affetto, è sentimento”.
Messo in discussione il fatto biologico, Paglia ha avallato la tesi personalista secondo la quale è per sentimento o volontà che si deve decidere se porre o non porre fine alla vita di qualcuno: “nella decisione non possono non entrare i genitori, e non basta quindi un tribunale per decidere della vita e della morte”. Ecco che, se i genitori di Alfie fossero stati d’accordo con la decisione di sopprimerlo, Paglia e la sua PAV avrebbero avuto meno gatte da pelare, e si sarebbero goduti il lieto fine della morte di Alfie con imprimatur genitoriale ed ecclesiale.
Per concludere questa sua tesi necrofila, Paglia ha affermato che è “indispensabile una nuova alleanza fra il campo della medicina e il campo dell’umanità”.
Giusto per capire la differenza con quando la Chiesa era cattolica, vale la pena di riportare alcune parole di Pio XII, tratte da un discorso indirizzato nel 1957 agli operatori sanitari sulla rianimazione: “Per quanto concerne il paziente, egli non è padrone di se stesso, del proprio corpo, del proprio spirito. Non può dunque disporne liberamente. Per quanto riguarda i medici, nessuno al mondo, nessuna persona privata, nessuna umana pietà, può autorizzare il medico alla diretta distruzione della vita; il suo ufficio non è di distruggere la vita ma di salvarla“.
Con Alfie è avvenuto l’esatto opposto, con placet della neochiesa, traditrice del proprio mandato. A tale proposito, colpisce anche il comunicato emesso dall’Accademia “Giovanni Paolo II per la Vita e la Famiglia”, una costola staccatasi dalla PAV. Nella dichiarazione, i membri partono da un presupposto che sembra scivolare sullo stesso errore a cui abbiamo appena accennato, offrendo come prioritaria la riflessione sul rapporto genitori-bambino e Stato-bambino: “La domanda più ovvia che dovrebbe pungolare la nostra coscienza collettiva è: chi ha il diritto naturale di prendersi cura di Alfie e salvaguardare il suo migliore interesse? È lo Stato o sono i genitori del bambino? È evidente che i genitori, in virtù della relazione genitore-figlio, hanno il diritto naturale di agire nel miglior interesse e benessere del loro bambino; e l’esercizio di questo diritto non può essere negato ingiustamente dall’interferenza dello Stato coercitivo, tranne nei casi di abuso e negligenza”.
Chi dovrebbe essere un’alternativa alla Pontificia Accademia per la Vita, finisce dunque per partire dagli stessi presupposti.
Abbattuti o invertiti i motivi per cui la vita va difesa sempre, in mezzo alla nebulosa di parole ambigue e sempre antropocentriche, si arriva a lambire anche il principio, per certi versi assurdo, dell’obiezione di coscienza. Quell’obiezione di coscienza che il povero Padre Gabriele Brusco aveva sollevato all’attenzione del personale sanitario e medico dell’Alder Hey, facendo presente che esiste una morale, un’etica e un codice deontologico in base a cui ci si può rifiutare di prendere parte ad un atto che si ritiene illecito in coscienza. Questa proposta, è evidente, dev’esser costata lui molto cara: non solo è stato denigrato da tutta l’equipe dell’ospedale inglese, ma, stranamente a ridosso dell’incontro avvenuto fra Bergoglio e McMahon il 25 aprile scorso a Roma, padre Gabriele è stato urgentemente richiamato a Londra da un superiore, lasciando Alfie, insieme ai suoi genitori, nel più totale abbandono medico, umano e spirituale.
Le passerelle dell’Ospedale Bambin Gesù
Secondo alcuni però, l’operato di Bergoglio e del Vaticano non consisterebbe solo nell’azione diplomatica intrapresa attraverso monsignor Cavina – rivelatasi poi nulla, come già detto – ma anche e soprattutto nell’intervento dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma. In merito a questo aspetto sono doverose alcune precisazioni.
Le varie passerelle a Liverpool del Presidente dell’ospedale romano, Mariella Enoc, hanno un loro perché, soprattutto per le modalità di azione con cui è stata gestita la vicenda del piccolo Alfie. La Consulta di Bioetica, pronunciandosi attraverso un comunicato agghiacciante, ha colpito nel segno quando ha evidenziato che “già nel settembre 2017 la famiglia Evans aveva richiesto il parere di due specialisti indipendenti e di tre esperti del Bambin Gesù, i quali hanno cooperato coi medici dell’Adler Hey Hospital, giungendo alla unanime conclusione che “la condizione di Alfie è irreversibile e non più curabile” (Alfie’s condition is irreversible and untreatable). È sulla scorta di questa terribile realtà che i medici dell’ospedale di Liverpool si sono chiesti “se continuare il trattamento di Alfie fosse nel suo miglior interesse” o l’insistenza fosse una forma di accanimento terapeutico e hanno sentito il dovere professionale e morale di dare una risposta precisa, ossia quest’ultima”.
Il tipo di approccio è perciò da considerarsi errato alla base, perché punta tutto sulla condizione clinica del bambino – e quindi sull’impossibilità di curarlo – e non su quel “prendersi cura” di lui nonostante la malattia, peraltro mai veramente diagnosticata. Grazie a questo tipo di “sentenza”, sia l’Alder Hey Hospital che la Consulta di Bioetica hanno potuto spazzare via i tentativi di salvataggio posti in campo mesi dopo dall’ospedale della Santa Sede.
Svista o consapevolezza di ciò che si stava facendo?
Duole dire che la Consulta di Bioetica ha fondamentalmente ragione. Come mai il Bambin Gesù di Roma, da settembre fino a poco tempo prima che il caso arrivasse alle Alte Corti inglesi, ha taciuto?
Abbiamo visto Mariella Enoc farsi intervistare davanti alle gigantografie di Bergoglio; l’abbiamo vista volare a Liverpool, come ha detto lei, “non per portare via il bambino, ma per esprimere ai genitori la vicinanza del Santo Padre”. Qual è stato allora, veramente, il ruolo dell’ospedale del papa in tutta questa macabra vicenda? Quale contributo ha portato attraverso un “dialogo” che però, casualmente, è riaffiorato solo quando il clamore mediatico si è intensificato? Da settembre ad oggi, dove erano finiti tutti coloro che poi si sono frettolosamente prodigati per Alfie?
La Enoc, il giorno stesso della morte del piccolo, dicendosi addolorata, ha ribadito l’importanza di “continuare a lavorare tutti insieme e a investire sulla ricerca scientifica perché si possa dare una possibilità a questi bambini e una risposta a queste famiglie”. Allo stesso tempo, ha continuato, “dobbiamo anche iniziare una vera riflessione comune, a livello internazionale: dobbiamo mettere insieme scienziati, clinici, pazienti, famiglie istituzioni, perché non si ripetano questi scontri e queste battaglie ideologiche”.
Il tipo di battaglia sarebbe solo dunque di natura ideologica. Inutile commentare. Più interessante invece approfondire il discorso della “ricerca scientifica”.
Mercoledì 25 aprile, mentre Bergoglio incontrava il vescovo di Liverpool, sul Corriere della Sera appariva un’intervista alla Enoc sul caso Alfie. “La nostra funzione non è guarire, ma curare, e per cura intendo ogni forma di sostegno” – dice il Presidente del Bambin Gesù contraddicendo quantomeno il responso rilasciato dal suo ospedale nel settembre 2017. “Noi avremmo accolto Alfie garantendo le terapie necessarie, senza accanimento terapeutico”. Cedendo sui termini tanto cari al sistema eutanatico (“accanimento terapeutico”), e che Bergoglio e Paglia amano sovente ripetere, la Enoc arriva poi a parlare curiosamente di genetica: “Bisogna capire le origini genetiche di questa malattia, innanzitutto, per tutelare la giovane mamma nelle future gravidanze”. Cosa vuol dire questo? Viene forse ipotizzato il programma per la fecondazione in vitro a tre genitori? Alcuni microbiologi “cattolici”, anche dei domenicani, si stanno del resto già adoperando per poter affermare che la modifica dei geni per ottenere pazienti ancor più sani delle persone sane debba essere considerata moralmente lecita.
A riflettori spenti
Il giorno dopo la morte di Alfie, un Bergoglio sorridente e senza muso lungo ha incontrato Kety Perry, nota satanista per stessa ammissione dei genitori e grande cultrice dei diritti LGBT e dell’eutanasia. Di cosa avranno parlato?
Chi ama la vera Chiesa non può avere rispettoso ossequio per tutto questo. Il piccolo gregge si deve opporre con tutte le sue forze ai lupi travestiti da pastori. L’esercito dei piccoli martiri sarà con noi.
10 commenti su “Alfie, il potere iniquo e il “fuoco amico” – di Cristiano Lugli”
Sul personaggio qui sopra non ho più parole da spendere. Mi resta solo un favore da chiedere: potreste risparmiarmi in futuro la vista di quell’insopportabile “sorriso”?
concordo, però il calice bisogna berlo tutto: i sorrisini ipocriti li vedremo fino alla fine del mondo.
Ha puntualizzato le tappe di questo percorso di ipocrisie del potere. Mi pare che questa chiesa più “uscita” di così non possa essere .Uscita di senno e uscita dal Cristianesimo.
attenzione una fonte interna alla curia di Liverpool ha appena fatto trapelare che l’attuale vescovo di Liverpool è un affiliato alla stessa loggia massonica di cui fanno parte i medici dell’Alder Hey. Nel 1983 Ratzinger, con documento ufficiale “Quaesitum est” affermava che l’iscrizione alle logge massoniche era proibito e gli “appartenenti alle associazioni massoniche sono in peccato grave” e il Vaticano proibisce loro “di fare la comunione”.
la fonte ha espresso il desiderio di restare anonima ma per chi vuole scavare un po’ più a fondo non sarà difficile risalire a tutte le prove e le evidenze del caso, tanto più che ha frequentato attivamente diverse riunioni…
Più passa il tempo e più mi rendo conto di come l’ipocrisia dilaghi ai vertici della neo-Chiesa, nella quale non mi riconosco più. Sembrano dei politici che come nazisti fanno le ipotesi più utlitaristiche sulla vita delle persone. Speriamo che il Signore intervenga al più presto, perché non mi va che omicidi di Stato vengano avallati persino dai vertici della Chiesa.
un articolo da 100 & lode: da incorniciare e divulgare senza sosta, grazie Cristiano…
Veramente mostruoso, anticattolico ed ispirato da Satana il pronunciamento della consulta di bioetica!
Non si può più delegare. Bisogna che i più capaci si adoperino per strutturare un gruppo di potere in grado di agire a tutti i livelli, politico compreso. I grandi cambiamenti della storia sono sempre stati innescati da minoranze organizzate.
Credo che veramente siano appropriate le parole della Madonna: …”quando tutto sembrerà perduto, io sarò con voi”. Veramente ora si ha la sensazione che tutto sia ormai perduto, che non ne usciremo più da questo manicomio, ora più che mai si fa urgente l’atto di fiducia nelle promesse di Maria, perchè altrimenti la disperazione è l’alternativa. I poteri forti sono sempre più scatenati e pare abbiano una potenza indistruttibile, solo Dio potrà fare qualcosa. Non c’è che da pregare, che lo faccia presto, che il sangue innocente, le ingiustizie, le lacrime, le preghiere, Lo muovano a pietà.