Questo editoriale è stato pubblicato sul numero 326, marzo 2017, del mensile «Le Chardonnet», il bollettino di Saint-Nicolas-du-Chardonnet, la grande bella chiesa del XVII secolo, divenuta, di fatto, il cuore pulsante della Fraternità Sacerdotale San Pio X a Parigi.
di Don Patrick de La Rocque (*)
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Il 4 febbraio scorso, il quartiere del Vaticano si è svegliato tappezzato di manifesti che interpellavano il papa: «A Francè, hai commissariato Congregazioni, rimosso sacerdoti, decapitato l’Ordine di Malta e i Francescani dell’Immacolata, ignorato Cardinali… ma n’do sta la tua misericordia?»[1].
Dunque si leva un vento di rivolta contro papa Francesco. È perché il suo ultraprogressismo quasi dittatoriale non è alla sua prima vittima. Del giovane ordine dei Francescani dell’Immacolata, pure fiorente, non resta più nulla, per volontà personale del papa. La causa è la rimessa in discussione del Concilio Vaticano II da parte dei suddetti francescani. Un vescovo filippino accoglie qualcuno di loro? Viene subito rimosso dalla sua carica da papa Francesco.
Altro esempio, quello del cardinale Burke. Dopo essere stato rimosso dalla Segnatura apostolica e relegato come cappellano dell’Ordine di Malta, eccolo di nuovo rimosso de facto anche da questa funzione. La causa: l’opposizione del cardinale ad Amoris laetitia, che apre ai divorziati risposati l’accesso alla comunione eucaristica. Quanto all’Ordine di Malta, anch’esso troppo conservatore, il papa ha nominato l’ultra progressista Mons. Becciu per garantire il suo «rinnovamento spirituale».
Mentre nelle sue decisioni disciplinari annienta ogni opposizione, papa Francesco continua la sua rivoluzione dottrinale. Dopo la comunione ai divorziati risposati, ora la sovversiva rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica promuove l’ordinazione delle donne, con gli applausi del papa.
Questo medesimo papa, si afferma, vorrebbe il bene della Tradizione – s’intenda la FSSPX e le comunità amiche. Il suo amore per le periferie lo disporrebbe a concedere una prelatura personale. Alcuni, che desiderano il riconoscimento, si rallegrano per questa manna, mentre altri si preoccupano, a causa della scarsa fiducia che è possibile accordare a questo papa. E se la questione fosse mal posta?
Come ricorda Aristotele, se gli uomini si uniscono, è per unire i loro sforzi in vista dell’ottenimento di un fine comune. Da un punto di vista soprannaturale, la prima questione, dunque, è sapere se noi, con la Roma di oggi, perseguiamo lo stesso fine, se abbiamo la stessa fede in Nostro Signore Gesù Cristo unico redentore, se abbiamo la stessa fede nella Chiesa cattolica, fuori dalla quale non può esserci salvezza. Ahimè, c’è da temere di no.
Così, lungi da ogni pasquinata, sarebbe indispensabile interpellare papa Francesco sul contenuto della sua fede, ancor prima d’interrogarsi sull’opportunità prudenziale di un riconoscimento canonico. Perché non può essere volontà divina far dipendere la propria salvezza eterna da qualcuno che non professa la fede cattolica. Stabilire un’unità legale senza unità reale sarebbe d’altronde un controsenso. Senza dubbio era a questo che Mons. Lefebvre mirava quando, dopo le consacrazioni, ha dichiarato alla rivista Fideliter:
«Se io dovessi vivere ancora un poco e supponendo che da qui ad un certo punto Roma faccia un appello […] porrei la questione sul piano dottrinale: “Siete d’accordo con le grandi encicliche di tutti i papi che vi hanno preceduto? Siete d’accordo con Quanta cura di Pio IX, Immortale Dei e Libertas di Leone XIII, Pascendi di Pio X, Quas Primas di Pio XI, Humani generis di Pio XII? Siete in piena comunione con questi papi e con le loro affermazioni?” […] Le posizioni sarebbero più chiare».
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(*) L’abbé Patrick de La Rocque è nato il 20 novembre 1968; entrato nel seminario di Écôn nel 1986, è stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1992. Il suo ministero sacerdotale inizia con l’insegnamento, prima come professore di filosofia, poi come rettore del collegio di San Giuseppe dei carmelitani nell’Aude[2] e, infine, come formatore dei seminaristi di Flavigny. A partire dal 2002, è priore a Tolosa e, dal 2008, a Nantes.
Il distretto francese gli affida diversi incarichi, come la direzione de «La lettera ai nostri fratelli preti», la pubblicazione con cui la FSSPX mantiene i contatti con quella parte del clero francese più sensibile alla Tradizione; è sua l’ideazione del DVD per imparare a celebrare la Santa Messa di sempre. È membro della Commissione teologica della Fraternità ai colloqui dottrinali con la Santa Sede (2009-2011). All’interno di tale Commissione, viene considerato dalla stampa come il teologo più flessibile ed aperto, anche se non esita a prendere posizioni nette, come, ad esempio, quando, nel 2004, ha pubblicato «Dall’ecumenismo all’apostasia silenziosa, 25 anni di pontificato», presentato a Roma da Monsignor Fellay.
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[1] Il testo, nell’originale, è in francese, ma nella traduzione è parso opportuno riprendere le esatte parole scritte sui manifesti citati, piuttosto che tradurre semplicemente in italiano.
[2] Dipartimento francese della regione pirenaica con capitale Carcassonne.
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traduzione a cura di RC
9 commenti su “A France’! – di Don Patrick de La Rocque”
In realtà Mons Lefebvre dichiarò a Fideliter (66/1988): «Supponendo che ad un certo momento Roma faccia un appello, che ci voglia ricevere, riprendere a parlare, a quel punto sarò io a porre le condizioni. Non accetterò più di trovarmi nella situazione in cui ci siamo trovati al momento dei colloqui. È finita! Io porrò la questione sul piano dottrinale: siete d’accordo con le grandi encicliche di tutti i papi che vi hanno preceduto? Siete d’accordo con Quanta Cura di Pio IX, Immortale Dei e Libertas di Leone XIII, Pascendi di Pio X, Quas Primas di Pio XI, Humani generis di Pio XII?». Concluse poi: «Se voi non accettate la dottrina dei vostri predecessori, è inutile parlare. Fino a quando non avrete accettato di riformare il Concilio, considerando la dottrina di questi papi che vi hanno preceduto, non v’è dialogo possibile. È inutile». Parole durissime, utili per sfatare il mito propagandistico secondo cui Mons. Lefebvre sperò fino alla fine di giungere ad un accordo con Roma. In realtà dopo il 1988 egli comprese bene che quest’illusione non poteva che essere abbandonata.
“Siete d’accordo con le grandi encicliche di tutti i papi che vi hanno preceduto?” : ecco cosa bisogna rispondere a quei preti, o vescovi, che ci accusano di criticare il CV II; bisogna passa<re al contrattacco, prima di risponder loro; devono erre loro i primi a rispondere a questa fatidica domanda; sena una loro risposta affermativa a questa domanda non ci può e non d DEVE essere alcuna comunione tra noi e loro, e questo perché il loro disaccordo con i papi precedenti Roncalli (e con il loro magistero, come pure con i primi 20 Concili) li pone in rottura con la VERA Chiesa di NSGC. Quindi se così è (ed è ovvio che lo è) la loro Chiesa non è la nostra Chiesa, che essi hanno eclissato, occupando abusivamente tutte le sedi, persino la Prima Sede. Ma come ci insegna S.Atanasio, "cos'è più importante, occupare tutte le sedi o conservare la Fede?" "Ovviamente conservare la fede" aggiunge il grande santo. Non facciamoci mettere con le spalle al muro da loro ultimatum, amici, sono loro che debbono risponderci, foss'anche Bergoglio in persona : noi siamo nel giusto, Dio ce ne è…
testimone, siano loro a dichiararsi rispetto al magiastero perenne di Santa Romana Chiesa ! Laudetur Jesus Christus !
A proposito di dialogo, mi è capitato di incontrare ebrei, protestanti e gli immancabili testimoni di Geova (G al centro della stella a cinque punte delle logge, la dottrina cabalista di Dio che poi è il portatore di luce, Lucifero, il signore della setta verde, alla quale fu affiliato il fondatore dei Tdg, miscuglio di cabala, ebraismo, filosofia massonica e protestantesimo). A costoro ho fatto la stessa domanda: credete sia utile e necessario il dialogo tra le religioni, soprattutto con la Chiesa romana? Tutti sono stati categorici: NO! Evidentemente solo gli uomini di Chiesa credono nel dialogo.
Bergoglio ha confermato la negazione del dogma sugli eretici condannabili, attuata dall’ecumenismo che afferma le sette eretiche essere utili vie di salvezza; egli ha confermato che i maomettani e gli ebrei hanno lo stesso Dio nostro, credendo in Allah e negando la divinità di Gesù Cristo; egli ha confermato la separazione dello Stato dalla Chiesa, ossia l’eresia del laicismo; egli ha messo in dubbio l’indissolubilità del matrimonio e il peccato mortale del concubinato; ha violato la Legge di Dio sottoponendola alla coscienza individuale. Ma che cosa deve fare di più un uomo come lui per negare il Vangelo e la dottrina della Tradizione? Bergoglio non ha risposto o ha tergiversato di fronte alle più timide richieste di confermare la sua fedeltà ai dogmi. Che cosa si deve chiedere di più per rigettate un uomo che, nella sua posizione può fare, e fa, tanto male alle anime?
Io non penso che la totalità dei presbiteri e religiosi sia una massa di vigliacchi; sono certo che moltissimi, forse la maggioranza, sono perplessi, sbandati, scoraggiati e si sentono abbandonati. Se avessero pronunciato un tale giuramento (leggerlo per crede-re) molti di loro (compresi i Vescovi) si sentirebbero rinforzati dal giuramento stesso, troppo esplicito per poter essere rigettato da coloro che conservano un minimo di co-scienza i quali, ripeto, ritengo essere molto più di quanto appaia dal loro quasi assolu-to silenzio.
Purtroppo il giuramento è stato abolito da Paolo VI. Non sono un detrattore in assolu-to di questo Papa, penso che sia stato trascinato da cattivi consiglieri e quindi non sia mai stato il malafede nel prendere alcune decisioni deleterie; certamente però ha compiuto degli errori esiziali, ed uno di questi è proprio l’abolizione del giuramento antimodernista.
Ormai l’ermeneutica e la teologia della pressi dominano il pensiero della Chiesa attuale. Il mio docente di Teologia Morale Fondamentale durante una lezione ha affermato che quello che oggi dice la Chiesa potrebbe essere modificato fra 50 anni come è avvenuto per il Vaticano II nei confronti della Dottrina pre-conciliare. Aggiungerei alle encicliche citate ‘Contro il Modernismo’ di san Pio X e ‘Rerum novarum’ di Leone XIII, quest’ultima particolarmente decisa nel condannare l’ideologia comunista.
Preghiera ad invicem
A me la favola di un concilio che non può essere discusso è frutto di ipocrisia e di finta dimenticanza. Di concili ignorati in parte e non posti in pratica ne enumero soltanto tre: Elvira, Costanza e Basilea. Il primo che aveva imposto la castità ai preti sposati fu sconfessato pochi anni dopo perché ritenuto inapplicabile; gli altri due furono disattesi proprio dai papi che non volevano saperne di sottomettersi al concilio. Per cui stiamo tranquilli, i concili non sono un dogma a meno che decretino col crisma del dogma e siano poi approvati dal Papa. Del CVII non c’è ombra di dogma ma fumo di qualcos’altro, come ben s’accorse Paolo VI, seppur troppo tardi per rimediare.
Eppure si attende il “Timbro”…