Ogni comportamento è retto da alcuni principi. Essi sono come le gambe del corpo umano. Se anche una sola è malata, si vacilla, si va storti e si finisce per capitombolare.
Indubbiamente, i principi della modernità sono quelli della Rivoluzione Francese. Ecco qualche domanda retorica sui capisaldi attualmente sanciti dalle magnae chartae, cioè su alcuni diritti e doveri decretati intangibili.
di Piero Nicola
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Poiché il diritto a liberamente promuovere qualsiasi dottrina che non turbi l’ordine sociale stabilito, dà la facoltà di sedurre gli uomini con filosofie e religioni contrarie al vero e alla giustizia quali si trovano nella legge naturale e in Quella divina, non è forse questo un diritto di seduzione iniquo, empio e grandemente nocivo al bene comune? Infatti, in materia di religione e di morale, le costituzioni statali che rivendicano tale libertà per i cittadini, riconoscono a tutte le religioni e a tutte le filosofie la stessa dignità, purché non intacchino il suddetto ordine.
Ma l’ordine sociale così fondato non è forse un disordine organizzato e, tuttavia, volto allo sfacelo?
Il diritto a un uguale potestà elettorale e referendaria, assegnata a tutti i cittadini (che per i loro delitti non se ne siano resi indegni), siccome ne considera equivalenti la sovranità, la capacità morale e di competenza politica (legislativa e governativa), non costituisce forse un’ingiustizia equiparando buoni e cattivi, istruiti e ignoranti, saggi e stolti, probi osservanti, presumibilmente assistiti dallo Spirito Santo, e pubblici peccatori impenitenti?
Il diritto di una maggioranza di cittadini o di loro rappresentanti a deliberare in materia di giustizia e di bene comune non è forse abusivo, in quanto nulla vieta che la migliore risoluzione spetti alla minoranza, anziché spettare al maggior numero dei deliberanti?
È forse lecito il diritto di uno stato di costituirsi in modo che il potere legislativo possa legiferare rendendosi indipendente dal diritto naturale garantito dalla Legge di Dio?
Nella nostra costituzione il potere giudiziario è proclamato indipendente. È forse equo che i magistrati detentori di tale potere possano legittimamente fare politica al pari degli altri cittadini e candidarsi alle cariche politiche elettive?
La famiglia essendo bensì una piccola società e, come tale, necessitando di un capo e di una gerarchia, non risulta deleterio che le siano dati per legge due capi aventi gli stessi poteri?
Può uno stato consentire, in nome della debita libertà e neppure in nome di un’ammissibile tolleranza, il divorzio, l’aborto, la fecondazione artificiale, l’eutanasia, forme di pornografia, la liberalizzazione di droghe?
La legittima uguaglianza dei cittadini può prevedere che uomini o donne, i quali manifestamente intendono agire contro natura e intendono far valere come normale il loro comportamento, godano di tutti i diritti di coloro che rispettano la legge di natura?
Non è un’aberrazione innaturale che, in nome dell’uguaglianza dei sessi, nell’organismo dell’esercito e di altri corpi a carattere militare le femmine siano ammesse insieme ai maschi e alla stessa carriera?
Non è insano e risibile il criterio del comune sentimento del pudore, per il quale spettacoli e pubblicazioni, di per sé disoneste, hanno libera diffusione?
Nell’istruzione pubblica, in molti casi indispensabile per conseguire titoli di studio necessari a svolgere attività nella vita civile, non è obbrobrioso che lo stato preveda che sia ignorata la certezza morale, che siano giustificate immorali applicazioni della scienza, e così venga dato campo alla corruzione?
Non è cosa malefica che un popolo ceda parte della sua sovranità a organismi sopranazionali, i quali dimostrano di calpestare i decreti delle sue sacrosante tradizioni e dell’onestà?
Per l’economia della nazione, bisogna che lo Stato si attenga alla legge, oppure alla supremazia, del cosiddetto libero mercato, sia interno sia internazionale?
Ovviamente, mi interesserebbero le risposte negative. Una sola obiezione vorrei prevenire. Se l’attuale democrazia deve essere tollerata, ciò non toglie che diversi suoi fondamenti siano falsi e cattivi. Sicché, posto che la loro tolleranza sia ragionevole, non è affatto ragionevole e giovevole ignorarne il male e il danno.