I grandi poeti italiani nelle loro odi ai frati iscariotiti. Divertissement poetico dell’Avvocato Julo Alberto junior Scopetani liberamente tratto da “Ohibò : parodie e copie” (Ed.Rha) del Docente fiorentino Carlo Lapucci. I fatti sono immaginari e ogni riferimento a luoghi o persone è puramente voluto. Le dediche e le variazioni sono di J.A.j.Scopetani.
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Vincenzo Cardarelli (1887 – 19529)
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Ai cinque frati iscariotiti ribelli che hanno causato la rovina dei Francescani dell’Immacolata
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Ce ne sono lestofanti al mio paese
per cui si fanno feste onori e spese,
hanno le loro chiese e lor chiesuole
dove rubano quello che Dio vuole;
lestofanti alla buona, familiari:
chi spoglia i cimiteri e chi gli altari;
lestofanti che prendono tangenti
e sbucano qua e là come serpenti.
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Di quando in quando ammazzano un maiale
e con le spoglie fanno carnevale.
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Ruban reliquie, organi, cristiani,
spariscono palazzi a cinque piani,
piroscafi, giardini, cancellate,
ruban perfino il fumo alle schiacciate.
Di fronte a sì mirabili portenti
grande è la fede e il culto delle genti
e chi li prega o tiene in onoranza
riceve grazie e aiuti in abbondanza;
e quei che non li ama o non li onora
fa vita grama e presto va in malora;
e quei che non li onora e non li ama
va alla malora e mena vita grama.
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Giuseppe Ungaretti (1888 – 1970)
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A p. Giordano Bruno Alfonso Giuda Maggiore Dux dei Nuovi Frati Iscariotiti
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Si va
come di maggio
somari
all’arrembaggio.
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Al mare
mi son fatto
un monte di risate
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Chi s’illumina
d’immenso
nulla
stringe.
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Edmondo De Amicis (1846 – 1908)
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A p. Fiorenzo Rubagalline da Volpinaia, Commissario del Soviet
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Non sempre il tempo la beltà cancella,
mangia beve, tabacca e frusta i panni,
Fiorenzo ha novant’anni,
e canta e balla quando non strimpella.
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Ci vede poco, ci sente di meno
e, andando in visibilio, mi dà un bacio;
se chiedo un po’ di cacio,
mi versa il vino nel bicchiere pieno.
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E’ la mia Laura, ovver la mia Beatrice;
parla più svelto d’un radiocronista:
s’io fossi musicista
musicherei ogni sillaba che dice.
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La vorrei musicare tutta intera,
quando si ferma alla pasticceria,
sbatacchia la dentiera
e come una saetta scappa via.
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Oppure quando finge il mal di denti
per avermi daccanto notte e giorno,
se dal cesso non torno,
potersi lamentar con i parenti.
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Tutto vede con gli occhi dell’amore,
sa quel che penso giorni prima assai;
quel che non penso mai
le orecchie gielo dicono del cuore.
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Vorrei donargli la mia età fiorita
il cuor, la barba e questi zibedei
per trasferirmi in lui
e cominciar così la vera vita.
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Giovanni Pascoli (1855 – 1912)
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L’infanzia di Rosarione Giuda Bimarco (Dicette e Facette)
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Io sono un cuore che trema
tapino
vedendo il fiasco che scema
e il senno scemare col vino,
più o meno sincero.
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E sente il pisello che cresce,
il baco che piange nel buco,
il rospo che parla col pesce,
la mosca che ride col ciuco;
e il grillo che rutta e sbadiglia
e l’ape che ponza e fischietta
la tarma che fa una squadriglia
soletta.
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Com’è un fanciullino invecchiato
son io, che chiama la pupa ed il tato
per fare mao mao e pio pio
con un orsacchiotto;
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che vuole, per fare la cacca,
le chicche col mommo e col totto,
poi tira nel muso la pappa
al nonno che dorme in salotto.
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e lacrimo col pecorino,
col cielo stellato d’agosto,
col coccodrillo, col pino,
nel fumo che vien dall’arrosto.
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Ho gli occhi che sono due polle
e, quando il mio ciglio è un po’ asciutto,
mi metto a tagliar le cipolle
e piango più o meno di tutto.
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Ippolito Pindemonte ( 1753 – 1828)
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La maturità di Rosarione Giuda Bimarco (Dicette e Facette)
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Odio di Marte
le fiere imprese
o tra le carte
duro lavor,
parlar di diavoli
con dotti monaci,
ovver di cavoli
con monsignor.
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Con del buon vino
e una caciotta
di pecorino
e un po’ di pan
lungo i ruscelli
star con chitarra,
mangiar baccelli
e poi sonar.
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O sotto un faggio
mangiar formaggio
a volontà
e nelle ore
pomeridiane
un po’al dottore
si può giocar.
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Con qualche frate
parlar di cose
molto elevate
a desinar e, desinato,
giocar col gatto
a nascondino
sotto i sofà.
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Finché ho prosciutto
nella dispensa
tuo sempre tutto
sarò, perché
Melanconia
divina è triste
la vita mia
senza di te.
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Francesco Petrarca (1304 – 1374)
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La “chiamata” di p. Agnellone Giuda Bebè, frate iscariotita.
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Ma sempre Amor vien meco ragionando
Or la vedo in villana , ora in pastora,
in lattaia, in gitana,
ora solinga casalinga, in suora,
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or tutta ignuda sì, com’ella nacque
la vedo in mezzo delle gelide acque.
E mi dimando: – E’ proprio necessario
languir d’amore tra questi sterpai,
tra serpenti, scorpioni, rovi, massi,
usar macigni come materassi,
sognarla sempre e non vederla mai?
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E qui miagolo, sbuffo, soffio, urlo,
modulo e gemo come s’arrabatta
lo gatto vecchio quando vuol la gatta
e priego a mani giunte
il ciel di liberarmi dal dimonio
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ch’io volga in capo a un mese
ad altra vita et a più belle imprese.
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(la chiamata)
Allor piangendo lasso,
a questo interno ardor vo’ dar ristoro:
mi siedo in fonte e mi specchio in sasso
e piango le peccata
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rinnego brame pazze et ansie vane,
bacio i prete, le funi e le campane
e vago tra gli sterpi
in dolce compagnia
d’orsi, lupi, leoni, aquile e serpi
et allungando il muso
guardo questo mio fallo e non lo scuso.
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Per monti piagge e selve,
io Agnellon, con capre, lupi e belve,
piagnucolo tra tonache e sottane,
fo a testa o croce tra la mente e il cuore,
drudo del cielo e sagrestan d’onore.
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Mario Luzi (1914 – 2005)
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Il ritratto di Agnellone Giuda Anglo Bebé
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Ti guardo e non ti vedo: il filtro
della memoria fa di te ricordo
d’un tabacco fumato in altri altrovi,
con la mente distratta da un inferno
d’epifanie notturne
di gattacci in amore e d’ectoplasmi
di tangheri ululanti
nel fioco balenio delle finestre
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Agnello mi confida:
– Creda, la vita non è che una perenne fuga
da un cesso a un altro cesso,
queste laiche cappelle che per altare
hanno uno specchio, con lampada votiva
e un seggio per domandarsi
dove e perché si stia correndo.
2 commenti su “Divertissement poetico dell’Avvocato Julo Alberto junior Scopetani”
cavolo!
siam messi davvero male !
bravissimo l’avvocato Julio Alberto junior!