di Enore Giordano
L’evangelista Luca ci narra che “… In quel tempo fu emanato un editto da Cesare Augusto per il censimento di tutto l’Impero … Giuseppe salì dalla Galilea per recarsi in Giudea, nella città di Davide chiamata Betlemme, perché egli era della casa e della famiglia di Davide, per farsi iscrivere insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano là, si compirono i giorni in cui ella doveva avere il bambino… lo avvolse in fasce e lo adagiò in una mangiatoia, perché all’albergo non c’era per loro posto. Vi erano in quella regione dei pastori che pernottavano in mezzo ai campi per far la guardia al proprio gregge. Ora, un Angelo del Signore apparve loro e la gloria del Signore li avvolse di luce, sicché furono presi da grande timore. Ma l’Angelo disse loro: ‘non temete; ecco, vi porto una lieta novella, che sarà di gioia per tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide il Salvatore, che è Cristo Signore. Questo vi servirà di segno: voi troverete un bambino in fasce, adagiato in una mangiatoia’… Allora se ne vennero in fretta e trovarono Maria con Giuseppe e il Bambino adagiato nella mangiatoia…”. E l’evangelista Matteo ci narra che “… dei Magi arrivarono dall’Oriente a Gerusalemme, e chiesero: “dov’è il Re dei Giudei, nato da poco? Perché noi abbiam visto la sua stella in Oriente, e siamo venuti per adorarlo…ed ecco la stella, che avevano veduto in Oriente, li precedeva, finché, giunta sul luogo ove era il fanciullo si fermò…”.
E così, con due brevi citazioni evangeliche, abbiamo raccolto i personaggi principali che non mancano in nessun presepe del mondo: Gesù Bambino, Maria e Giuseppe, i pastori e i Re Magi. La nostra società, detta “società dei consumi” perché, a nostro parere, si sta rapidamente consumando, ha fatto di tutto per insegnarci che il Natale è un orrendo guazzabuglio che serve principalmente ad incrementare il commercio nei più diversi settori e ad elevare il tasso di colesterolo. E che non è il caso di fare il presepe per non turbare la pace sociale, sconvolgendo gli amici islamici, ovunque apprezzati peraltro per la loro tolleranza nei confronti delle religioni diverse dall’Islam.
Ma nella gran parte delle nostre case è ancora vivissima la tradizione di “fare il presepe”, per ricordarci che il Natale è la festa della nascita di Gesù, è l’annuncio di quel paradosso che vede il Salvatore del mondo adagiato in una mangiatoia, e dei miseri pastori scelti come primi testimoni dell’evento che ha riscritto la storia degli uomini. Non è forse vero che ogni anno restiamo un po’ stupiti a guardare quelle statuine, non è forse vero che ci mancherebbe qualcosa il giorno in cui, in quel solito angolo della casa, non si allestisse il presepe? Quando una tradizione è così radicata, ci sembra che sia esistita da sempre; e invece l’ usanza di rappresentare la nascita del Salvatore fu introdotta solo nel 1223, da quell’uomo che fu definito “tra tutti il più somigliante a Cristo”: San Francesco d’Assisi. Il presepe quindi è italianissimo: inventato in Italia dal Santo che è Patrono d’Italia. Nei giorni prossimi al Natale del 1223 Francesco si trovava con alcuni suoi frati nel paese di Greggio, vicino a Rieti. Rattristato perché gli pareva che il popolo intendesse il Natale solo come occasione di feste e banchetti e non come ricorrenza religiosa, volle “rappresentare” col maggior verismo possibile l’avvenimento del Natale, ricordando anche l’origine umilissima di nostro Signore.
Ora, proprio nelle campagne di Greggio vi era una grotta usata da alcuni contadini come ricovero temporaneo per le bestie, e Francesco chiese di poterla utilizzare “A Gloria di Nostro Signore, per rappresentarvi la Sua nascita e la Sua Santa Famiglia”. Egli stesso intagliò nel legno la figura di un bimbo che pose in una mangiatoia; portati poi nella grotta un asino e un bue veri, chiese ad alcuni popolani di voler interpretare i personaggi di Maria, di Giuseppe e dei Pastori che per primi videro il Salvatore. Quella che doveva essere una “sacra rappresentazione” limitata alla Notte di Natale si ripeté invece per giorni e giorni, perché la voce di quanto aveva realizzato San Francesco si era sparsa con eccezionale rapidità, e dai paesi vicini si mosse una moltitudine di persone che voleva vedere il “presepe”. E questo fu l’inizio di una tradizione portata poi per il mondo dai frati.
Perché il nome “presepe” o “presepio”? Comunemente diciamo che Gesù è nato in una stalla, ma questo non è esatto. Il “praesepium” di cui ci parla San Luca era una costruzione destinata a riparo per i cavalli e le bestie da soma e dove si rifugiavano anche i viaggiatori quando non trovavano posto altrove. Spesso il praesepium constava semplicemente di due pareti costruite a ridosso di una grotta. Tale era il luogo in cui nacque Gesù, che fu deposto in una mangiatoia, che venne poi portata a Roma e conservata nella Basilica di Santa Maria Maggiore, mentre sulla Grotta Sant’Elena, madre di Costantino, fece costruire la Chiesa della Natività.
Quando San Francesco ideò il primo presepe era già in fama di grande santità: sarebbe morto tre anni dopo, e dopo soli due anni dalla morte (caso unico nella storia della Chiesa) proclamato Santo. Ogni suo gesto, ogni sua parola erano tenuti in grandissimo conto da tutta la cristianità e la rappresentazione della nascita di Cristo fu subito imitata. Naturalmente il presepe vivente, di grande suggestione, non era però sempre di facile realizzabilità e soprattutto era vivo il desiderio di portare il presepe in ogni casa. Si ignora il nome del primo realizzatore del presepe composto interamente da statuette, ma la tradizione vuole che San Francesco, gravemente sofferente di malattie agli occhi, affidò l’anno successivo (siamo dunque nel 1224) ad un suo zelante frate il compito di scolpire alcune statuine in legno di Gesù Bambino, per portarle nei numerosi paesi che le chiedevano, volendo realizzare delle “sacre rappresentazioni” con una statuina proveniente dal convento di colui che per il popolo era già un Santo. Le statuine di Gesù Bambino furono così ben realizzate da indurre San Francesco a invitare il frate, che si era rivelato un così abile intagliatore, a scolpire anche gli altri personaggi, affinché il presepe potesse anche entrare nelle case a confortare ogni famiglia.
E già pochi anni dopo la prima rappresentazione del presepe a Greccio, in molti altri paesi non solo si ripetevano ad ogni Natale le “sacre rappresentazioni”, ossia i presepi viventi, ma anche si sviluppava un artigianato che in diversi casi è arrivato sino ai giorni nostri, a testimonianza di una fede popolare vivissima. Infatti, insieme ai presepi artistici si svilupparono sempre di più opere semplici ed anche presepi sempre più elaborati, che nascevano anche dal desiderio di ogni categoria di lavoratori di dimostrare la propria devozione a Cristo. Sappiamo che furono i pastori a visitare per primi il Bambino; ma nel corso degli anni e dei secoli il presepe si affolla e sempre più si afferma la tendenza a costruire attorno alla Grotta di Betlemme un mondo vario, dove trovano posto lavandaie, formaggiai, pescivendoli, taglialegna, fornai, calzolai, oltre ai più diversi animali, a simboleggiare tutte le creature che vengono a vedere il Salvatore. Sarebbe impossibile elencare tutti i paesi che vantano secolari tradizioni in materia di presepe. Ne elencheremo solo alcuni, né gli altri se ne abbiano a male dato che il nostro spazio è necessariamente limitato.
Anzitutto bisogna ricordare Greccio: nel paese patria del presepe si rappresenta ogni anno la nascita di Gesù, come la volle San Francesco quella notte del 24 dicembre 1223. Il presepe vivente di Greccio è noto universalmente e richiama ogni anno migliaia di persone. Ma non da meno è Rivisondoli, in Abruzzo: anche qui il presepe vivente ha una tradizione che si vuole risalga a pochissimi anni dopo quella di Greccio. A Rivisondoli la rappresentazione della nascita di Gesù è un avvenimento preparato da un anno all’altro: viene infatti indetto annualmente un concorso internazionale per le ragazze tra i 15 e i 21 anni, per decidere chi vestirà i panni della Vergine, mentre il ruolo di Gesù spetta all’ultimo bambino nato nel paese. A San Severino Marche, in provincia di Macerata, il presepe vivente coinvolge tutta la città, spostandosi la rappresentazione da un luogo all’altro: la grotta di Betlemme, la corte di Re Erode, la Sinagoga, le porte della città.
Ma altri paesi hanno invece una secolare tradizione di costruzione di statuine. La vita frenetica del giorno d’oggi ha fatto sì che anche le statuine del presepe nascano da stampi di plastica e trovino smercio nella “grande distribuzione”, che da pochi anni si è resa conto che la richiesta di statuine, al di là delle scemenze abolizioniste, è tuttora molto elevata Ma chi potrà mai sostituire il fascino e il sapore che hanno i presepi artigianali? Se andiamo in Friuli, a Sutrio, possiamo trovare le figure del presepe fatte con carta, legno, stoffa, foglie di pannocchia, tela di sacco, pasta di pane o ceramica. Tra i numerosissimi presepi che vengono allestiti il più famoso è il “Presepe di Teno”, che ha oltre un secolo di vita e che viene abbellito anno per anno, in cui le statuine in movimento riproducono i vari mestieri e tradizioni della Carnia: il taglio e il trasporto del fieno, la filatura e la tessitura delle stoffe, il lavoro al mulino, la segheria, la festa di nozze, e così via.
A Napoli, nel quartiere di San Gregorio Armeno, si allestisce ogni anno un grandissimo mercato del presepe. Centinaia di bancarelle espongono statuine di ogni tipo, da quelle più tradizionali a quelle che addirittura riproducono i personaggi più famosi dello spettacolo, della politica, dell’attualità, come a voler significare che la nascita di Gesù non è un mero ricordo, ma ci coinvolge sempre, nella nostra vita di tutti i giorni. E per restare ancora tra i custodi della tradizione, vogliamo ricordare Lecce, dove i presepi di cartapesta hanno una storia di oltre due secoli. Le statuine vengono fatte tuttora interamente a mano da abili artigiani, che le costruiscono come si faceva un tempo.
Assurdo, vero? Nessuno di questi pazienti costruttori di presepi dei diversi paesi che abbiamo citato diviene certamente ricco col suo mestiere: evidentemente c’è qualcosa di più che spinge a continuare a raffigurare la nascita del Salvatore con un lavoro faticoso, fatto con le proprie mani, quel “qualcosa in più” per cui, con tutto il nostro progresso e la nostra scienza, ogni anno ci troviamo stupiti a rimirare una statuina che raffigura un bimbo nato un paio di millenni fa.
Abbiamo finora fatto un gran giro d’Italia del presepe, non tanto per nazionalismo natalizio, ma perché, come dicevamo, l’Italia è la patria del presepe e il paese in cui questa tradizione si è di più radicata. Rimandiamo gli amici lettori che volessero ampliare ulteriormente le loro conoscenze sulla storia dei presepi al Museo del Presepio di Dalmine (Bergamo), via XXV Aprile 179, tel. 035/563383. Questo museo, internazionalmente conosciuto, raccoglie presepi italiani ed europei. E volendo appunto dare un’occhiata fuori dai nostri confini, non possiamo non citare la città austriaca di Steyr, in cui la tradizione del presepe viene fatta risalire al 1695 quando un giovane di nome Ferdinand Sertl, epilettico, si affidò a Nostro Signore per guarire dalla malattia che lo affliggeva.
Pose all’interno di un albero cavo una statuina in cera di Gesù Bambino e vi pregò dinanzi quotidianamente per lungo tempo, finché non ottenne la grazia della guarigione. Attorno alla statuina miracolosa venne costruita in un primo tempo una cappella e poi, nel 1708, l’attuale santuario, affollatissimo durante la messa natalizia di mezzanotte. A Steyr il periodo dell’Avvento vede fiorire moltissime iniziative, tutte incentrate sul presepe, e in particolare sui presepi meccanici. Proprio a pochi passi dal Santuario che abbiamo citato si può ammirare il presepe permanente denominato “Karl Klauda”, in cui ogni figura è in movimento, con un complesso sistema di trasmissioni a catene ed ingranaggi, realizzato in ben quaranta anni di lavoro. Steyr vanta anche il primato del presepe più grande del mondo, il “Pottmesser”, che viene montato ogni anno su un’area di 60 metri quadrati, ed è formato da 778 statue di legno di 20 – 30 centimetri di altezza. Altra tradizione di questa città austriaca sono i “presepi della Valle dell’Enns”, o “presepi in scatola”. La scena della natività viene allestita in una scatola di legno chiusa da un vetro. Il tutto viene appeso alle pareti o ai davanzali delle finestre. Infine, nella frazione di Steinbach, si trova la Krippenausstellung: una mostra di presepi provenienti da tutto il mondo e fatti con i materiali più disparati, dal cristallo, alla stagnola, fino ai fiammiferi.
Centinaia di anni fa San Francesco volle rappresentare la nascita di Gesù; da allora il presepe si è sparso nel mondo e resta l’immagine insostituibile del Natale. La stella che guidò i Magi continua evidentemente a guidare tante persone che caparbiamente, nonostante tutto lo smarrimento del mondo in cui viviamo, continuano a sentire in cuor loro quel messaggio che l’Angelo diede ai pastori: “non temete; ecco, vi porto una lieta novella…” E da ultimo, vorremmo chiudere con una piccola curiosità storica: la Chiesa ha fissato, dal sesto secolo, la data della nascita del Salvatore sulla base degli studi fatti da Dionigi il Piccolo stabilendo il 25 dicembre dell’anno 754 dalla fondazione di Roma. Ma il confronto con gli anni dei censimenti ordinati da Augusto fanno ritenere che Gesù sia nato tre o quattro anni prima. Quindi, poiché gli anni si conteggiano dall’anno di nascita di Gesù, potremmo già essere nel 2013 o nel 2014. La cosa non è di grande interesse; ben di più ci interessa concludere queste brevi note sulla storia del presepe con un vivo augurio ai nostri lettori, perché rimirando la statuina di Gesù Bambino possano avere pace e serenità nei loro cuori e nelle loro case.