di Gerardo Viscidi
Il titolo di questo breve intervento è tratto da un capitolo di un libro recentemente pubblicato da Piemme editore: Perché non possiamo essere atei, del giornalista e saggista Francesco Agnoli. Vi si afferma la necessità di rifiutare l’ateismo per conseguire la vera libertà dell’uomo: libertà che riposa nella fede, più che nella scienza o nella volontà politica. Da questo interessante libro di Agnoli, e in particolare dal citato capitolo sui “Presunti orrori della Chiesa”, vale la pena di estrapolare qualche passo che sia motivo qui di riflessione.
L’accusa che si sente rivolgere spesso alla Chiesa è quella di essere stata, nel passato, causa di innumerevoli lutti e fautrice di diversi conflitti armati. Si citano, come sempre, l’epopea delle Crociate, l’Inquisizione, il rogo di Giordano Bruno, le guerre di religione del Cinquecento. Orbene, che da parte della Chiesa ci siano stati degli errori e delle prevaricazioni, questo lo ha riconosciuto anche Giovanni Paolo II, il quale ne chiese perdono in occasione del Giubileo. Ma da questo a negare quanto la civiltà europea deve al cattolicesimo, non cosa è storicamente ammissibile.
Dalla religione cattolica, ad esempio, discendono il concetto di libertà, l’uguaglianza fra uomo e donna, la condanna morale della schiavitù, dell’infanticidio e del sacrificio umano rituale. E vanno ancora ricordate le istituzioni ospedaliere, volute dalla Chiesa, e le straordinarie benemerenze nel campo dell’arte e della letteratura. Bisogna inoltre considerare il fatto che proprio la Chiesa cattolica, già nel Medioevo, cercò di attenuare gli effetti disastrosi delle guerre sulle popolazioni inermi imponendo ai cavalieri un codice etico che li rendesse più umani e che li facesse difensori delle categorie più deboli. La Chiesa, tentò anche di contrastare lo svolgimento stesso delle guerre, attraverso le cosiddette “tregue di Dio” e attraverso la condanna di qualsiasi angheria venisse perpetrata ai danni del clero, dei pellegrini, degli ebrei, delle donne, dei mercanti e dei contadini. In definitiva la Chiesa tentò – come dice Francesco Agnoli – di porre dei limiti all’arbitrarietà dei combattenti.
Per quanto riguarda le Crociate, bisogna analizzare soprattutto gli antefatti, cioè la conquista delle coste dell’Africa e della Sicilia ad opera dei mussulmani, che ovunque saccheggiavano, devastavano, uccidevano e schiavizzavano, rendendo per lungo tempo impraticabile il Mediterraneo. Ricordiamo che le scorrerie dei pirati saraceni avvennero in molte località della Penisola, Roma compresa, e che fruttarono bottini ingenti e rapimenti di persone poi ridotte in schiavitù.
Quanto al Medio Oriente, Gerusalemme fu presa dai mussulmani nell’anno 638. Da allora gli abitanti furono sottoposti a vessazioni e a soprusi di ogni genere, il Santo Sepolcro più volte danneggiato, fino alla sua distruzione avvenuta nel 1009. Nel 1071 i bizantini furono sconfitti dai Turchi a Manzikert e l’Islam, che già aveva conquistato la Spagna, iniziò ad avanzare attraverso i Balcani tentando di chiudere la Cristianità in una morsa pericolosissima. Per scongiurare questa tragedia papa Urbano II chiamò i cristiani alla armi contribuendo a ritardare di tre secoli e mezzo la caduta di Costantinopoli e salvando l’Europa dall’aggressione. Caduta nel 1453 la capitale dell’Impero romano d’Oriente, nulla potè più arrestare la pressione dei Turchi che dilagarono attraverso i Balcani giungendo, per ben due volte, alle porte di Vienna.
Pertanto, la prima Crociata va considerata un guerra difensiva, più che un’azione offensiva; e fu oltretutto un atto politico lungimirante, come afferma lo storico francese René Grousset e come sostiene anche Arrigo Petacco nel volume L’ultima crociata, edito da Mondadori nel 2007. La guerra mirò infatti alla difesa di Bisanzio, del Santo Sepolcro e di terre che erano cristiane.
È indubbio che anche la Crociata, come tutte le guerre della storia, abbia avuto la sua parte dolorosa di morte e di distruzione. Gli scopi essenziali del movimento cristiano più volte sfuggirono di mano a coloro che parteciparono all’impresa e la fragilità dell’animo umano, unita alla cupidigia di nobili e feudatari, si rese responsabile di azioni estranee al Verbo cristiano. Le colpe del passato sono state, come s’è detto, umilmente riconosciute dalla Chiesa che volle attuare la “purificazione della memoria” con la Giornata del Perdono e della Riconciliazione del 12 marzo 2000, Anno Santo.
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