Un commento alla lettera scritta da undici parroci veneti per il Santo Natale
di p. Ariel S. Levi di Gualdo
.
Sia lodato Gesù Cristo …
Nella festa del protomartire Stefano mi è lieto augurare grazia, pace e benedizioni da Dio e dal Signore Nostro Gesù Cristo a voi tutti cari lettori, in questa Ottava di Natale che celebra il ricordo vivo del Verbo di Dio fatto Uomo che è inizio, centro e fine ultimo del nostro intero umanesimo, come nell’anno 2000 la Congregazione per la dottrina della fede fu costretta a ricordare a tutti noi con la Dichiarazione Dominus Jesus, data a quattro decenni di distanza da un concilio ecumenico della Chiesa per ribadire, nell’infausta stagione del post concilio egomenico, certi trascurati criteri di centralità e di assolutezza della fede all’esercito di teologi allo sbando e di preti allo sbaraglio, quantunque certi criteri siano noti sin dal Concilio di Nicea celebrato nell’anno 325, perlomeno a chi conosce il Catechismo della Chiesa Cattolica, senza dover tirare neppure in ballo la teologia.
Qualche prete à la page in jeans, scarpe da ginnastica e maglioncino alla Antonio Mazzi o alla Luigi Ciotti – ma anche qualche vescovo toninobellista – potrebbe storcere il naso dinanzi a questo profondo e sincero saluto iniziale tratto dal formulario dell’epistolario paolino. E qualcuno di questi preti trendy, a me che porto la talare nei momenti prescritti e il clergyman negli altri momenti, potrebbe perfino dire: «Quanto sei vecchio e clericale!». Ignari, dietro ai loro jeans sdruciti, che io la talare la porto per coprire i sacerdotali attributi che il Signore mi ha donato per sua grazia e che sono parte imprescindibile del sacerdozio ministeriale che dovrebbe essere conferito tutt’oggi soltanto a uomini certi, quindi per coprire il mio viscerale anticlericalismo. Come infatti ho più volte spiegato, scritto e ripetuto, mai come oggi la Chiesa era giunta ai perniciosi livelli di clericalismo nei quali l’hanno fatta sprofondare i pretini in jeans circondati da giovani brufolosi schitarranti durante liturgie declassate da sacri misteri a teneri incontri sociali e filantropici, dove si parla con gran sentimentalismo di pace, di diritti civili, di profughi sbarcati a Lampedusa, di ecologia e di politica sociale, sino all’apice dell’aberrazione: la carità trasformata in mera e umana solidarietà, in scuola ecclesiale di educazione civica.
Quando nei momenti pubblici mi rivolgo al Popolo di Dio, specie ai giovani o agli amabili chierichetti che in questi giorni di festa mi hanno servito all’altare come degli angeli di Dio, di solito saluto dicendo: «Sia lodato Gesù Cristo!». D’altra parte sono convinto – e tale resterò – che questo saluto di lode rivolto da un sacerdote del Signore ai Christi fideles sia molto più importante di un ammaliante e inopportuno: «Buongiorno a tutti voi» e «buonasera». O come dissi poco tempo fa a un prete trendy che dicendo «Buongiorno» ha preso il vezzo d’iniziare le sacre celebrazioni: «Caro confratello, secondo te è più importante rivolgersi al Popolo di Dio con l’invocazione trinitaria di rito “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la Comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi”, oppure dire ai fedeli riuniti in assemblea per la celebrazione dell’ineffabile Sacrificio Eucaristico: “Buongiorno a tutti voi”? Dimmi: non sarebbe meglio spiegare ai nostri fedeli l’importanza di questo saluto contenente una preziosa invocazione trinitaria, anziché lasciarli in pasto alla più desolante e superficiale ignoranza emotiva racchiusa dentro un semplice e inopportuno «Buongiorno a tutti voi»?
È però cosa buona e giusta precisare che il confratello in questione non aveva alcuna colpa, forse non era neppure colpevole della sua superficialità, tutta dovuta non alla sua persona ma alla cattiva formazione che da alcuni decenni viene data nei seminari, da me non a caso ribattezzati nel mio penultimo libro: «pretifici». E ancora ripeto che questo prete – come forse il gruppo degli undici parroci veneti che hanno scritto la loro letterina a Babbo Natale – non era responsabile, perché come recita un saggio proverbio popolare: «Il pesce che marcisce puzza sempre a partire dalla testa», mai dalla coda.
Dopo questo breve panegirico veniamo a questa lettera di Natale 2013 [qui] scritta da un gruppo di preti tristi rimasti fermi ai fumosi comitati di base del Sessantotto, come lascia capire su Corrispondenza Romana Mauro Faverzani [qui], negli anni in cui il peggio dei clericali che avevano gettato la tonaca alle ortiche per rivestirsi di “spirito nuovo” e di “parole nuove”, parlavano di “Chiesa di base” di “reinventare la Chiesa” o di “reinventare la fede”. Il tutto coi risultati che a quattro decenni di distanza sono ormai palesi in tutta la loro tragicità: “Nel mese di marzo il neo eletto Sommo Pontefice si è affacciato alla loggia centrale di San Pietro per annunciare urbi et orbi “buonasera” a una Chiesa europea al collasso nella quale le chiese di Olanda, Belgio, Germania – fulcri dello “spirito nuovo” e di mille devastanti reinvenzioni e altrettante stramberie liturgiche – sono da anni a tal punto vuote che le diocesi stanno mettendo in vendita uno dietro l’altro gli stabili usati sino a poco prima per il culto divino, il tutto dopo che le Chiese locali d’Europa hanno cominciato a raccogliere i frutti prodotti dalle semine funeste fatte attraverso i pensieri del gesuita Karl Rahner e del domenicano Edward Schillebeeckx”. Per questo in un mio recente scritto affermai che in modo coerente e ragionevole, su ogni chiesa vuota messa in vendita per mancanza di fedeli, andrebbe posta una lapide a perenne memoria di tutti i teologi bandiera della Nouvelle thèologie [qui].
Dunque è proprio il caso di dire: buonasera Chiesa Cattolica Apostolica Romana in fase avanzata di scristianizzazione in tutta Europa.
Buonasera a te, Chiesa Latinoamericana impestata dalle peggiori derive teologiche che i ricchi tedeschi strapieni di soldi vi hanno importato in virtù dei propri quattrini, a ben considerare che spesso, una singola parrocchia della Germania, mantiene una diocesi intera in certi paesi dell’America Latina.
Buonasera a te, Chiesa del Brasile dove ormai i preti che vivono in situazione di irregolarità sono così numerosi da essere divenuta cosa quasi tollerabile che i figli di certi parroci servano la Santa Messa al papà prete. O come disse anni fa al Sommo Pontefice un arcivescovo metropolita brasiliano – che la sera stessa lo riferì lui personalmente a me dopo quell’incontro mattutino – «Non è accettabile che le donne dei preti vivano direttamente dentro le case canoniche con i loro bambini». Rispose affranto l’arcivescovo a questo sacrosanto monito del Romano Pontefice: « … ma se dovessi sanzionare canonicamente i preti che vivono simili situazioni, dovrei ridurre allo stato laicale una media di cinque o sei preti su dieci». A quel punto convennero – ah, benedetta diplomazia ecclesiastica! – che i bambini e le donne dei preti non vivessero perlomeno nelle case parrocchiali.
Buonasera a te, Chiesa dei vari paesi d’Oriente dove li boni gesuiti della nuova Compagnia delle Indie nata sulle ceneri della Compagnia di Gesù – che per inciso nessuno commissaria perché certi sicari della curia romana sono troppo impegnati a fare la pelle ai Francescani dell’Immacolata – portano avanti forme di sincretismo religioso spinte a tal punto che certe sacrileghe celebrazioni eucaristiche paiono una via di mezzo tra mantra buddisti e non meglio precisati riti cattolici.
Buonasera …
Nel 2010 trascorsi due giorni con un vescovo africano, un autentico uomo di Dio, al quale cercai di insegnare a leggere il messale di Paolo VI in latino. Pochi giorni dopo il presule sarebbe andato in udienza privata dal Santo Padre che lo aveva invitato a concelebrare con lui e che con lui si sarebbe poi intrattenuto dopo la celebrazione. Il vescovo temeva che Benedetto XVI celebrasse col messale latino, per questo mi chiese di aiutarlo a fare esercizi di lettura. Durante le ore trascorse insieme il vescovo mi volle confidare di sua libera iniziativa il motivo di quella richiesta di udienza: «La mia diocesi è poverissima e io ho un grande problema. Dobbiamo in qualche modo sostenere i figli che i nostri preti hanno seminato in giro per i villaggi. Loro hanno sbagliato, indubbiamente. Ma noi, come Chiesa, non possiamo lasciare queste creature abbandonate per le strade. Questo è il motivo della mia visita al Santo Padre: sto andando a chiedergli soldi, semplicemente a chiedergli soldi per far fronte a questa situazione che coinvolge ormai centinaia di bambini e altrettante centinaia di ragazze madri spesso abbandonate o espulse dai loro nuclei familiari senza alcun genere di sostegno».
I problemi della Chiesa e nella Chiesa non nascono certo a partire da mezzo secolo fa, incluse immoralità, chierici libertini, figli illegittimi dei preti, malversazioni economiche, cariche ecclesiastiche acquisite tramite ricatti e varie forme di simonia e via dicendo. Ciò che però sfugge è un passaggio di non poco conto: ieri la Chiesa – come ben sanno coloro che conoscono almeno un po’ la storia – era attaccata da fuori, condizionata da poteri secolari e politici, col risultato che in varie stagioni si sono sviluppate al suo interno le peggiori nefandezze; ma tutto proveniva dall’esterno e dall’esterno aggrediva e fermentava al nostro interno. Oggi la situazione è totalmente mutata: la Chiesa si è trasformata in una struttura di peccato che genera e produce peccato al proprio interno. Se poi all’interno e dall’interno qualcuno osa ribellarsi a questo stato di degenerazione finirà colpito, ostracizzato e perseguitato dai macchinisti che trainano questa locomotiva e che gettano carbone nella sua caldaia per condurla quanto prima verso il dirupo al di fuori di tutti i possibili binari».
La lettera di questo gruppo di preti trendy post sessantottini, oggi forse non più giovani e forse afflitti da artrite reumatoide, è paradigma di tante cose, molte delle quali nascono proprio da un semplice «buonasera!». E sentendosi legittimati da quel «buonasera!» e auto legittimandosi su quel «buonasera!», assieme alla vecchia tonaca hanno gettato alle ortiche anche il sano e pedagogico: «Sia lodato Gesù Cristo!».
Ho notato che questi preti tristi rimasti ancorati ai fumosi comitati di base degli anni Settanta e autori della lettera a Babbo Natale sono un gruppo di sacerdoti veneti. Or bene se non erro, Patriarca di Venezia, nonché metropolita di diverse Diocesi suffraganee è Francesco Moraglia, amato da sempre dal mondo della tradizione, da quello dell’ortodossia e della corretta dottrina, stimato e descritto qual prodigo e prodigioso allievo della scuola del Cardinale Giuseppe Siri. Proprio per questo mi domandavo: quest’uomo di indubbia fede e di profonda spiritualità che di stima ne merita molta, dinanzi al pubblico scritto di questi preti, pensa forse di salvare la fede e il Popolo di Dio dagli scandali sempre peggiori dati da un numero sempre maggiore di preti allo sbando indossando pianete laminate d’argento e d’oro e splendide mitrie gemmate, procedendo in processione durante i pontificali con tutta la dignità che di prassi è richiesta a un vescovo, facendo belle omelie improntate sul migliore magistero e sulla più impeccabile dottrina, in tempi cupi e terribili nei quali per mettere in crisi l’essere e il divenire futuro della Chiesa sono bastati solo pochi secondi è un semplice: «Buonasera!»? Perché se persino i custodi veri e autentici della fede e della retta dottrina si nascondono dietro il dito del “tacere per amore della Chiesa” e dello “stare in silenzio per il bene dell’unità della Chiesa”, allora vuol dire che il marciume sta giungendo ormai dalla testa alla coda del pesce.
Certo, coi tempi che corrono oggi, sulle rovine della sana autorità apostolica e della certezza del diritto della Chiesa frantumati in mille pezzi sono stati infine edificati l’autoritarismo più degradato e malato e l’arbitrio umorale più aggressivo. Chi osa manifestare dissenso anche in modo larvato, o semplicemente attraverso un corretto predicare e soprattutto un agire cattolico, può rischiare di finire destituito come prefetto della Congregazione per il clero ed essere spedito a fare il penitenziere, si può finire destituiti dalla presidenza del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, si può essere depennati dalla Congregazione per i vescovi ed essere sostituiti presso di essa come membri da un vescovo emerito che ha devastato due intere diocesi alle quali ha donato sacerdoti improponibili prodigandosi nel mentre in vari intrallazzi economici, si può non essere ricevuti per due volte consecutive pur essendo vescovi della più grande diocesi del mondo … figurarsi quindi quanto può essere facile essere dimessi dalla sera alla mattina dal patriarcato minore di Venezia o più misericordiosamente non essere creati cardinali al prossimo concistoro.
Giorni fa, al termine di una mia omelia d’Avvento nella quale avevo spiegato il senso vero e profondo dell’atto penitenziale in cui ci accusiamo di avere peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, giunse in sacrestia un fedele che mi disse: «Caro padre, sicuramente tu potrai anche confessare a Dio di avere peccato in pensieri scritti e in parole dette, ma per quanto riguarda le omissioni, quelle proprio no, perché attraverso i tuoi pensieri scritti e le tue parole dette sembra proprio che tu non abbia omesso niente».
È un pensiero, quest’ultimo, che durante quest’Ottava di Natale affido umilmente al Patriarca di Venezia per quanto riguarda lo specifico discorso legato alla lettera eterodossa di questi preti che con manifesta ignoranza e palese ideologia malsana hanno offeso il senso più profondo della sana ecclesiologia cattolica. È un pensiero che affido a lui ma anche agli altri nostri vescovi, per molti dei quali, il patrono di questo nuovo modo di fare alla «buonasera» resta in ogni caso depositario delle nuove nomine episcopali e della creazione dei nuovi cardinali che dovrebbe compiersi nel concistoro di febbraio del 2014, tanto da fungere da grande freno, perché sono i freni a farci precipitare nel peggiore immobilismo che genera i peggiori peccati di omissione, per i quali noi pastori in cura d’anime dovremo rendere seriamente e gravemente conto a Dio.
Abbiamo festeggiato Santo Stefano protomartire, vero principe in quanto principio vivente della Chiesa vivificata dal sangue dei martiri, rivestitosi del proprio rosso sangue non per avere taciuto ma per avere annunciato e poi difeso davanti ai suoi accusatori la verità del Verbo Incarnato [At 6, 8 – 12; 7, 54 – 60].
Tra poco festeggeremo la nomina dei nuovi cardinali, diversi dei quali saranno rivestiti di rosso per avere taciuto e compiaciuto i peggiori «buongiorno», «buonasera», «buon pranzo» e suvvia a seguire. Diversi riceveranno la porpora per avere cambiato nome al grave peccato di omissione ribattezzato oggi “prudenza”, volutamente ignari che il rosso di cui i Padri Cardinali sono rivestiti ricorda proprio la gloria di tutti i santi martiri fedeli a Cristo fino all’effusione del sangue.
Possa Dio perdonarvi Eccellentissimi Padri Vescovi ed Eminentissimi Padri Cardinali, per il male che molti di voi stanno recando alla Chiesa di Cristo attraverso silenzi che generano spesso i peggiori peccati di omissione.
Dopo avere detto di nuovo per l’ennesima volta ciò che per imperativo di coscienza ritenevo doveroso dire, lanciatemi pure una nuova raffica di pietre, però vi prego: almeno per una volta colpitemi frontalmente mirando in mezzo ai miei occhi e lanciando direttamente voi il sasso, senza usare come sicari mezzi uomini, ruffiani e piccoli monsignorini in carriera, che all’ombra delle grandi valli e dei piccoli vallini mi hanno sempre e di rigore puntato alla schiena mirando il sasso diritto alla mia nuca.
Possa infine il Signore concedere a tutti voi un felice «Buongiorno» una felice «buonasera» e non ultimo anche un «buon pranzo»!
E che il «Buongiorno» la «buonasera» e il «buon pranzo» …
… sempre sia lodato!
.
26 dicembre 2013
Nella festa di Santo Stefano, Protomartire cristiano
24 commenti su “Letterina a “Babbo Natale” dei pretini trendy del Veneto cattolico che fu… – di p. Ariel S. Levi di Gualdo”
Caro Padre Ariel,
voglia il Signore “lanciarle” non pietre ma tante grazie quante sono le sue dimostrazioni di virtu’ cristiana che non si arresta, ma anzi si rafforza, di fronte alla ormai evidente implosione della nostra civiltà occidentale.
Si ricordi anche di me nelle sue preghiere.
Che la Madre di Dio la protegga sempre.
Caro Padre Ariel, pur in un quadro così deprimente alla fine sono sbottato in una risatata liberatoria. Grazie.
Temo comunque che fra vent’anni non ci saranno più né confessori né confessionali. Già oggi è difficile trovarne uno vero. Padre Ariel, dove confessa, che da Verona vengo fin da Lei?
Padre Ariel che Dio La benedica e che Le conceda sempre questa chiarezza e rigore morale in linea con il vero spirito del Vangelo e non come quei dieci poveretti che dovrebbero togliersi la tonaca e andare da Vendola o da Cuperlo a raccimolare qualche poltrona dove elargire a basso costo spero, queste idiozie malcelate da soccorso rosso riproposto in salsa postsessantottina o in qualche Onlus a fare superbo sfoggio della loro insana dottrina e del vagheggiare barzellette ridicole che fanno solo venire il vomito. Vergogna, voi non annunziate Cristo.
“Noi pensiamo che le parole e i gesti di Francesco vescovo di Roma e papa esprimano in maniera diretta ed esplicita la fede e l’annuncio di Gesù di Nazaret e del suo Vangelo”, ma dove, scusate non vorrei mancare di rispetto per il Papa, ma io dal primo momento dal suo buonasera al mondo, sono rimasto di stucco e poi per non parlare delle sue perle di relativismo e buonismo, di uomo per tutte le stagioni che dice tutto e pio il contrario di tutto, Svegliamoci, questo vescovo di Roma fa rabbrividire e smantisce tutto quello di buono che hanno fatto i suoi predeccessori.
Sia lodato Gesù Cristo e lode ancora ad Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro che hanno avuto il coraggio e l’onestà di scrivere questo papa a Noi non piace, come a me del resto fin dal primo momento che lo sentito parlare.
Al carissimo Don Ariel un sentito GRAZIE.
Lei non ha idea quanto bene faccia leggere da un autentico Sacerdote di Cristo, parole coraggiose autenticamente Cattoliche Apostoliche Romane.
Lei mi ricorda il mio coraggiosissimo padre spirituale di cui sento ancora tutto il suo bene e amore per le anime delle sue pecorelle, così come altri coraggiosi Sacerdoti che per amore delle anime hanno saputo fare resistenza agli errori, a scapito di pesantissime ed ingiuste sanzioni.
Povero Veneto come lo hanno conciato. Il Veneto un tempo era chiamato la Sacrestia d’Italia, quel Veneto dove S. Pietro in persona inviò S. Prosdocimo per evangelizzare le genti, colui che tramutò molti templi pagani in luoghi di Culto al vero Dio…. quel Veneto, dove al culto celtico dei Druidi venne sostituito il primo monachesimo cattolico….. Druidi che convertiti a Cristo, divennero Monaci eremiti di grande sapienza e santità.
Venezia, una città dalle numerosissime Chiese e Sacre Reliquie…. Treviso la terra natia del Santo Papa Pio X, colui che condannò il modernismo la summa di tutte le peggiori eresie.
Laddove ha abbondato la Grazia di Santità e di Fede, ora abbondano demoni e i vari satelliti.
Sia Lodato Gesù Cristo.
Che dire del contenuto? Che Dio ci aiuti.
Caro don Ariel,
ho letto, anche se in fretta, la lettera degli undici parroci veneti per Natale e mi rendo conto che essa trova lo spunto dalle parole e dagli atteggiamenti di papa Francesco. Più di due terzi della lettera è costituita da un riporto letterale delle parole del Papa. Quando gli undici preti parlano a nome proprio vanno all’avanguardia, sia sul piano teorico che su quello pratico e mi spiego: Teorico quando affermano che ” la verità è relazione…ciò non significa che sia variabile e soggettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita”. In questa frase c’è una contraddizione e un equivoco spaventosi. Come fa la verità (si noti bene il minuscolo) ad essere una relazione. La relazione è un fatto, un avvenimento non un pensiero, una ricognizione dell’intelletto. Come fa, inoltre, a non essere variabile se deriva da una relazione che necessariamente deve essere un confronto di idee e di proposizioni? Trovo queste espressioni molto simili agli slogan sessantotteschi, parole al vento prive di logica e di senso compiuto. Un Sessantotto che è il figlio primogenito del Concilio, tanto che ci si può chiedere se esso sarebbe avvenuto se non ci fosse stato il Concilio, o meglio una certa lettura del Concilio fatta da quei partecipanti che più si dettero da fare per suggerire l’interpretazione che poi fu divulgata e sostenuta con l’apporto determinante dei Media. Gli undici della squadra pretesca veneta passano poi ai fatti affermando, a proposito del Concilio, che per loro è ” in atto un’evidente discontinuità , uno spostamento del baricentro dalla dottrina al Vangelo ( questa differenza è una novità talmente “luterana” che vale come una confessione vera e propria di scisma), dalla Chiesa chiusa in sé alla storia, con attenzione alle storie di tutte le persone, senza pregiudizio ed esclusione alcuna” Qui la squadra si mostra frettolosa e vorrebbe dire ma non dice compiutamente quel che vorrebbe e lo dice male. Siamo in pieno storicismo, anzi in pieno relativismo se valgono le storie dei singoli. Se la discontinuità per la squadra veneta significa attenzione alle storie dei singoli dove va a finire la Verità, quella con la maiuscola? La posizione scismatica di questi preti risulta chiara in chiusura della lettera quando accennano a “Francesco d’Assisi, alla sua radicalità evangelica, di cui Francesco, vescovo di Roma e papa sta dando splendida testimonianza”. Passano poi ad elencare queste testimonianze, quasi a voler sottolineare che loro aspirano ad un cambiamento e alla riforma della Chiesa. Quale riforma? Non c’è tanto da andar lontani per capire che cosa intendono. E’ la riforma luterana e calvinista. Forse hanno letto il Francesco di Paul Sabatier, il calvinista franco/svizzero e pensano di averlo ritrovato nel papa Francesco. La ciliegina sulla torta la mettono infine con quel richiamo al “ripensamento sereno dell’amore e della sessualità nelle loro diverse espressioni”. Beh! Sono andati ben oltre Lutero e Calvino e si sono associati ai loro discendenti attuali che hanno accettato le convivenze più strane e anticristiane che si potesse soltanto immaginare prima del Postconcilio.
Caro Don Ariel, penso che stiamo vivendo in questo periodo la vendetta consumata a livello Ordini Religiosi ma alle spalle della Chiesa. I Gesuiti si sono vendicati dello scioglimento sancito nel 1773 da un francescano, Papa Clemente XIV ( Papa Ganganelli) su di un’altro Ordine francescano, quello dei Frati dell’Immacolata. In entrambi i casi si sono segregati i vertici dei due ordini. Nel 1773 il generale gesuita e i suoi principali collaboratori furono imprigionati nel Castel Sant’Angelo, Padre Stefano Manelli e i suoi in sperduti conventini fra i monti. La vendetta non è mai un frutto cristiano e i fatti che stiamo vivendo lo dimostrano. Continui, la prego, a tenerci svegli e ad essere vigili. Ne abbiamo bisogno e dobbiamo tenere una buona riserva di olio per le nostre lampade. L’olio della buona dottrina è quello che ci occorre.
Lo sconcerto per quel primo inaspettato e inimmaginabile“buonasera” ancora non mi lascia. Vorrei che mi abbandonasse e che potessi convincere me stessa che sto sbagliando o per eccessivo rigore o per il vizio di giudicare. Brutto vizio che Gesù stesso ci dice di evitare, ché con lo stesso metro saremo giudicati.
Però non ci riesco e leggere don Ariel mi fa pensare che forse non mi sbaglio e allora mi rimbalzano davanti certi pensieri tristi, come quello che noi fedeli nella nostra innocente ingenuità, senza rendercene conto, siamo stati trascinati fuori dal recinto santo, dal recinto della verità e della giustizia. E così, fuori, con i pastori che non conoscono più la strada, andiamo brancolando chi qua chi là credendo di trovare il vero dove prima ci si presentava il falso e il falso dove prima appariva chiaro e netto il vero. E che significa quel “chi sono io?” se non una eliminazione, una cancellazione volontaria dell’autorità papale in fatto di magistero? E in fondo, in ultima analisi, che significato avrebbe infine il magistero?…
Caro Benedetto, durante il pranzo a cui oggi sei stato invitato, sei riuscito a rispolverare il tuo pensiero sul relativismo o fra una portata e l’altra ti è stata chiusa ancora una volta la bocca?
Grazie, padre Ariel, per il tuo coraggio che nasce da una fede robusta perché fondata sulla fede autentica della Chiesa.
Come può piacere ad un cattolico un “papa” la cui teologia non è cattolica? E’ troppo chiedere che un vescovo cattolico con giurisdizione si alzi e lo affronti chiedendo conto delle sue esternazioni scandalose? Noi genitori e nonni cosa possiamo fare per proteggere i nostri figli e nipoti quando ci chiedono – per esempio – perché siamo contro i gay quando papa Francesco non li giudica. Oppure quando ci dicono che tutte le religioni sono ugualmente buone perché Dio non è cattolico oppure anche la Vergine Maria pensò che Dio le avesse mentito, e altre numerosissime esternazioni simili? Certamente non vorrei Bergoglio come catechista per i miei nipoti. Purtroppo conosco molta gente che dalla venuta di Bergoglio ha buttato al vento quel briciolo di cattolicesimo che le era rimasto.
Grazie! Sia lodato Gesù Cristo!
Reverendo Don Ariel,
Ho letto cpon profonda tristezza la Sua missiva. Tristezza determinata dalle cose che Ella denuncia e che, poste sulla bocca di chi ci dovrebbe guidare con polso sicuro, risultano devastanti per la dottrina dlla Fede. Le dirò che spero spesso, forse ingenuamente che il Timoniere sia una sorta di comandante Schettino, nel momento che precede l’urto contro gli scogli sommersi dell’Isola del Giglio, in quella manovra di “cordiale avvicinamento per il saluto entusiastico tibutato a chi sulla banchina attendeva inconsapevole l’infausto ossequio”
Mi sembra un bambino che non ha contezza di sé e le dirò che vorrei che fosse così perché tutte le altre ipotesi sono terribili, per lAugusta Persona, e per le conseguenze che quando di percepirà lo scontro accadranno.
Dobbiamo pregare? Certamente, ma il Signore ora é in Cielo anche se la sua affermazione: “sarò con voi fino alla fine del mondo” debbono farci sperare che Egli nella Sau Misericordia interverrà!
Come interverrà, come predetto alla privilegiata suorina di Akito? “Un magma ribollente si rierserà sulla terra sterminando buoni e malvagi”? cosa ribolle sulle rive dello Yellowstone e che, come dicono gli sienziati va attentmente ‘monitorato’? Oppure l’angelo sterminatore non più trattenuto compirà su giusti e su malvagi un anticipo del giudizioe di Dio prennaunciato per gli ultimi tempi?
In quzanti sento dire: “Ma il Signore interverrà?” od anche insenso non interrogativo ma, quasi carico di desiderio: Ma presto il Signore in trverrà con mano potente….”
Ma anche affiorano altri pensieri: “Ma la Fraternità San Pio X é scismatica o sono essi stessi il piccolo resto che resta fedele e preseguitato restaureà la Chiesa?”.
Sì Ella ha detto cose gravissime, che in gran parte non consocevo. gliene sono grato, ma mi ha innondato di tristezza.
Bon Anno Novello, nel signore Gesù” Normanno Malaguti
Grande Padre Ariel!! Dunque, a me hanno insegnato che dopo aver preso coscienza dell’entità dell’avversario e dopo avergli preso le misure bisogna pianificare una controffensiva. Biogna contare su quante forze si può disporre (Burke, Scola, i frati dell’Immacolata etcc. e cominciare un’azione di guerriglia finalizzata a: far conoscere ai fedeli il rischio che corre la Chiesa con questi ideologhi del “buonasera”; mettere a nudo le loro debolezze e le loro alleanze ideologiche con gli anticristiani massoni, marxismi vari, e teologie della liberazione; Cominciare a dissentire apertamente come fa lei. Al riguardo mi viene in mente un particolare che ho notato. Bergoglio non ama la preghiera a voce alta…dice sempre……preghiamo in silenzio! Cheé usanza dei massoni. Dopo di che, Reverendo Padre, se serve, perchè non andarsene temporaneamente. I Lefebriani lo hanno fatto e anzi il loro numero é in continua ascesa. Prima o poi questa Chiesa paganeggiante crollerà su se stessa ( e ci impiegherà pure poco) e poi la ricostruiremo. Tempo ne abbiamo. Sia lodato Gesù Cristo! Che Dio la protegga da Parolin!
Alex
Grazie padre Ariel. Sia lodato Gesù Cristo!
Si vede che non sono moderato non avete pubblicato i lcommento da me fatto
Caro Leo,
se ti riferisci al tuo commento di ieri, relativo all’articolo sul Card. Burke, è regolarmente pubblicato.
un forte abbraccio a te e a Maria
Paolo Deotto
Grazie, caro don Ariel, ogni volta le Sue parole sono illuminanti e confortanti: vorrei sentirne di simili da tanti altri sacerdoti, da tutti i nostri sacerdoti, dai nostri Vescovi, dai nostri Cardinali ma soprattutto dal Papa …
mah … credo che dovrò aspettare ancora a lungo.
Ma voglio ugualmente sperare, spem contra spem, perchè il Signore non può abbandonare la sua Chiesa. Anzi, io so che ubi superabundavit delictum, abundavit et gratia.
Grazie ancora don Ariel e … anche – se pur con un po’ di ritardo – buon onomastico, se il suo secondo nome le deriva da quello del protomartire Santo Stefano.
Sono disorientato; il quadro della chiesa descritto da don Ariel sicuramente corrisponde a verità. Quanta sporcizia nella Chiesa! – basterebbe rileggere la famosa via Crucis del 2005, ma leggere anche le profezie di Santa Ildegarda, tanto care a papa Benedetto. L’iimagine della sporcizia e della corruzione della Chiesa è terribile. Ma mi viene un pensiero, ed onestamente non so se sia buono o cattivo: parlare e riparlare di tutto ciò che non va non rischia di condurci alla disperazione? Io personalmente provo una immensa tristezza e mi riesce difficile testimoniare la gioia del vangelo. Piuttosto mi sento schiacciato da questa valanga di male sì da temere e gridare a Dio: di questo passo chi si salverà! Se solo avessimo idea di cosa significhi la perdizione eterna cosa non faremmo per cambiare vita? Fuggite il male con orrore ed attaccatevi al bene! E invece cosa vediamo e ascoltiamo ogni giorno da uomini di Chiesa? La seconda domanda che mi pongo riguarda i tanti dubbi e le critiche che anche nei commenti affiorano nei confronti del Papa attuale. Il disagio che ne provo è grandissimo perchè so che è il Vicario di Cristo ma dentro non capisco tanti atteggiamenti di questo pontefice. Anch’io con quel primo “buonasera” dopo l’elezione mi sentii raggelare il sangue nelle vene! Nessun entusiasmo, nessuna esultanza mentre in tanti acclamavano al nuovo pastore della Chiesa! Dio abbia pietà di noi e ponga presto fine a tanta confusione
Sono veramente sconcertato per quello che ho letto, anche se in parte l’avevo già intuito. Un GRAZIE fortissimo ed un “Evviva” a p. Ariel per l’acutezza e per la determinazione che dimostra da tempo nella sacrosanta denuncia di questa situazione. Continui ad illuminarci, padre!
Vedo che non sono stata solo io a rimanere di sasso davanti al ‘buonasera’.
Mi duole il cuore, perché anch’io come il sig. Fontanini non mi sono mai permessa di fare critiche ai papi; li ho sempre difesi se trovavo chi li criticava. Non vorrei però cadere nell’opposto. Ma devo anche dire che ho provato sollievo nel leggere le prime critiche pubbliche (Gnocchi e Palmaro in primo luogo): ciò che vivevo io, nel mio piccolo ambito, in silenzio, senza parlarne con nessuno, non era qualcosa circoscritto a me, ma tanti altri lo provavano.
Che dire ancora? Pregare, vivere il più santamente possibile la quotidianità, pregare e pregare ancora, nella certezza che Lui ha vinto e vincerà.
“Non si convertiranno finchè i tempi dei Gentili non saranno compiuti ” E’ una frase che ho letto nel Vangelo e che mi rimase impressa.
Mi fa enorme piacere leggere le parole sempre affilate e precise di don Ariel che senza alcun timore sa dove rispedire i fedeli lungo la vecchia ma giusta strada.
I suoi commenti alla situazione, scivolano con lievità laddove si indica chiaramente il capo e responsabile pure di una chiesa al disastro. Ma non incidono mai con violenza, come i commenti che farei io ,indignato dalle frasi pessime di un novello teologo alla Rahner.
Novello, ma più aperto e sincero seguace dello spirito conciliare che è stato impersonato in sordina dai precedenti “vescovi di Roma”, tuttora in fase di beatificazione forsennata per accreditare se stessi nella continuità della distruzione del cattolicesimo.
Carissimo p. Ariel S. Levi di Gualdo
solo nell’unità con il Papa ci sarà una via di soluzione. Trovo che molti problemi della chiesa attuale sono dovuti a decisioni prese senza questa unità con la persona del Papa, da persone ragionatrici e stupendamente sistematiche, splendidi e segretari e cardinali dalle lucenti tonache vermiglie, intelligenze teologiche acute e metafisicamente profonde, ma non erano loro ll mediatore che Dio si è scelto nell’ordine dei fini della Sua opera, la Chiesa. Cristo è unico fondamento della Chiesa (1Cor 3,11) ma in questo fondamento è posta un’unica pietra (Mt 16,18). Noi possiamo e dobbiamo condividere con il Papa il nostro modo di sentire, di capire, di sperimentare, se è il Papa a chiederci direttamente certi passi, questa nostra risposta di fede ha delle enormi conseguenze pastoraii e frutti poastorali, infatti “Fides supra rationem” (DS 3017: cf. DS 3031).
Ha ragione, carissimo, in tutto e per tutto.
Ma il problema – che sicuramente non si porrà – è questo: può l’unità essere mantenuta a scapito della Verità e della fede rivelata dal Verbo Incarnato?
Quando il Santo Padre e Dottore della Chiesa, Atanasio Vescovo di Alessandria, si trovò costretto a scegliere se mantenere l’unità con i vescovi eretici ariani o se “rompere” l’unità per tutelare il depositum fidei, più che rompere l’unità si limitò a difendere la Verità.
Ripeto: non arriveremo mai a cose del genere, anche perché ci mancano i numeri, a partire da un Sant’Atanasio.
Lei ha ragione: ma l’unità con il Papa è garantita dall’unione sacramentale che ogni battezzato ha con Cristo e con il suo Vicario in terra. Non implica in alcun modo il consenso assoluto e perpetuo a ogni gesto e a ogni paorla del Pap, e nemmeno l’obbedienza in quegli aspetti pastorali e disciplinari nei quali il singolo fedele non è obbbligato a obbedire (il diritto canonico precisa quali sono i campi dell’obbedienza ecclesiale, distinguendo accuratamente tra istituzioni ecclesiastiche, membri del clero, religiosi e fedeli laici). Certamente, il rispetto per la persona del Pap e la devozione che gi si deve come Vicario di Cristo può suggerire, in certi casi, di astenersi dal manifestare pubblicamente il dissenso da certe sue esternazioni e da certe sue inziative disciplinari: e infatti, io, come sacerdote, ho ritenuto negli ultimi mesi di dovermene astenere quando mi rivolgo all’opilnione pubblica, ma non condanno affatto chi – come l’amico fraterno don Ariel – ritiene che la fede del popolo cristiano richieda anche una messa a punto della dottrina sicura e della prassi tradizionale. Le giustissime proteste verbali del dotto e zelante sacerdote don Ariel sono uno dei mezzi (dettati dalla sua coscienza) per resistere allacorruzone dei costumi cristiai nel popolo di Dio. altri usano (sempre seguendo la propria coscienza) altri mezzi, tutti leciti e tutti opinabili. Infatti, ci sono nell’unità dei fedeli tra loro e con il Papap diversità di carisimi, di punti di vista, di funzioni, di responsaiblità…Ognuno ne rende conto a Dio, e tutti debbono rispettare le opinoni altrui lì dove c’è libertà di opinione (che nella Chiesa è amplissima) e libera scelta delle opzioni pastorali. Non condivedere un’opzione che non mi convince non significa condannarla; così come approvarla non significa farne un modello per tutti. Io amo il Papa ma non lo imito nel modo di parlare dei problemi morali e della dottrina; non lo giudizo (chilo giudica èil Signore) ma nemmno mi ritendo in colpa se non mi comporto allo stesso modo, perché egli non vuole e non può impormi di imitarlo in questo. Per dirla con don Ariel, continuerò a salutare i fedeli con il saluto che imparai settant’anni fa: “Sia lodato Gesù Cristo”!
finalmente mi spiego l’angoscia e i dubbi che sentivo dentro, intorno a me e’ tutto un osannare questo papa venuto dalla fine del mondo … ma GESU?
Ancora una riflessione da mamma. Le radici di una persona sono importanti: così come i nonni sono un punto di riferimento insostituibile, con valori -salvo eccezioni- indiscutibili e anche di buon senso, così i padri della chiesa sono esempio da non eliminare o da prendere solo quando fa comodo. Temo che la gerarchia ecclesiastica stia purtroppo facendo questo.