di Giampaolo Scquizzato
Domenica 4 maggio 2014 a Roma si svolgerà la IV Marcia per la Vita. Prendiamo nota della data: non possiamo mancare!
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La Polonia sembra essere uno degli Stati più sensibili sul fronte della tutela della vita. In particolare, per quanto riguarda la legislazione dell’aborto, la Polonia, pur sotto l’influenza sovietica, ha cercato, anche alla luce della sua tradizione cattolica, di resistere ai tentativi di liberalizzare la pratica abortiva: nel 1918 l’aborto era penalmente punibile; nel 1932, tuttavia, iniziò ad essere ammesso per minaccia alla salute della madre o quando la gravidanza fosse stata frutto di reato. Un’escalation abortista però si ebbe nel 1956, quando fu introdotta una legge largamente favorevole all’aborto, che prevedeva anche sanzioni penali per i medici che lo rifiutavano.
Nel 1993 la Polonia ha provato a rimediare alla legislazione abortista, introducendo una legge più severa (tra le più restrittive in occidente) che tuttavia se da un lato ha ridotto le cifre ufficiali, dall’altro ha visto aumentare l’aborto clandestino. Ora l’aborto è permesso “solo” nel caso in cui al feto siano diagnosticati mali o “difetti” gravi, oppure in caso di serio pericolo di vita per la madre, oppure quando la gravidanza risulta essere l’esito di «attività illegale». Dai circa 82 mila aborti del 1989 (sotto l’influenza abortista del regime sovietico) si è scesi ai 500 aborti del 2008 democratico secondo i dati presentati dal Ministero polacco della Salute.
Alla luce di questa, seppur ancora parziale, inversione di tendenza, le femministe polacche hanno ben pensato, di recente, (ce ne dà notizia il sito prolife.news http://www.prolifenews.it/notizie-dal-mondo/aborto-campagna-pubblicitaria-shock-in-polonia/) di proporre una vergognosa pubblicità atta a sollecitare il turismo abortista, blaterando che andare ad abortire pubblicamente nel Regno Unito sarebbe più economico che ottenere l’aborto clandestino in Polonia.
Nonostante queste diaboliche e frequenti trovate, la realtà polacca è da sempre sensibile alla difesa della vita, sostenuta dal suo episcopato che spesso non ha mancato di far sentire la sua vigorosa voce contro l’aborto. In Polonia, inoltre, è presente una fitta rete di case per ragazze madri, centinaia di movimenti a difesa della vita, una sostanziosa diffusione di stampa pro-life, e la giornata per la vita, istituita dal Parlamento polacco il 27 agosto 2004, che si celebra il 25 marzo di ogni anno.
Di recente c’è stata anche una lodevole mobilitazione per tutelare ulteriormente la vita nascente, cercando di modificare ed eventualmente cancellare la legislazione abortista con una proposta volta ad eliminare anche le eccezioni previste e a punire i medici e tutti coloro che collaborano all’aborto. Tale proposta di legge è stata bocciata nel 2011 con uno scarto ridottissimo, ma ha mostrato come lo status quo di molte legislazioni europee non sia intoccabile bensì, con un movimento e un risveglio generale delle coscienze, sia possibile anche proporre e ottenere l’abrogazione delle normative abortiste. Un tentativo esemplare che molti altri paesi potrebbero seguire, Italia in primis: tentar non nuoce.
Ma la Polonia è anche terra di grandi santi, tra i quali emerge anche la figura di Santa Maria Faustina Kowalska, l’apostola della divina Misericordia, che è stata destinataria di numerose rivelazioni e doni mistici.
Nel suo diario personale, in cui ha annotato molti dialoghi con Gesù Cristo, risulta un passaggio che fa diretto riferimento all’aborto e che appare assai significativo se pensiamo che in Polonia, nel momento della rivelazione, era in vigore una legislazione che prevedeva eccezionalmente l’aborto e che, in tutto il mondo, ancora doveva scatenarsi la pazzia abortista.
E’ scritto nel diario alla data del 16 settembre 1937: “Oggi desideravo tanto ardentemente fare l’ora santa davanti al SS.mo Sacramento, ma la volontà di Dio è stata diversa. Alle otto sono stata presa da dolori così violenti, che ho dovuto mettermi immediatamente a letto. Ho continuato a torcermi fra gli spasimi per tre ore, cioè fino alle undici di sera. Nessuna medicina mi ha giovato; quella che prendevo la rigettavo. In qualche momento a causa dei dolori ho perso la conoscenza. Gesù mi ha fatto conoscere che, in questo modo, ho preso parte alla Sua agonia nell’Orto degli Ulivi e che Egli stesso aveva permesso queste sofferenze in riparazione a Dio per i bambini uccisi nel grembo di cattive madri. Questi dolori mi sono capitati già tre volte. Cominciano sempre alle otto e durano fino alle undici di sera. Nessuna medicina riesce ad attenuarmi queste sofferenze. All’avvicinarsi delle undici scompaiono da sole ed allora mi addormento; l’indomani mi sento molto debole. La prima volta mi è capitato in sanatorio. I medici non riuscirono a fare una diagnosi; né iniezioni né alcun’altra medicina mi fu di qualche sollievo e io stessa non capivo che genere di dolori fossero. Dissi al medico che mai in vita mia avevo avuto dolori simili, egli mi dichiarò che non sapeva quali fossero. Ora so di che dolori si tratta, poiché il Signore me l’ha fatto sapere… Tuttavia quando penso che forse dovrò ancora soffrire in quel modo, mi vengono i brividi. Ma non lo so, se dovrò ancora soffrire a quel modo, lo lascio decidere a Dio. Tutto ciò che a Dio piacerà mandarmi, l’accetterò con rassegnazione e con amore. Voglia il cielo che con quelle sofferenze io abbia potuto salvare dall’omicidio almeno un’anima[1]”.
E ancora prima, il 9 febbraio 1937, Faustina, vittima immolata nella sofferenza per la conversione dei peccatori, scriveva nel suo diario: “Il Signore mi ha fatto conoscere, in un momento, i peccati del mondo intero commessi in quel giorno. Svenni per lo spavento e, sebbene conosca l’abisso della misericordia di Dio, mi meravigliai che permettesse ancora al genere umano di esistere. Allora il Signore mi fece conoscere chi fosse a sostenere l’esistenza del genere umano: sono le anime elette. Quando il loro numero sarà chiuso, il mondo cesserà di esistere. Gesù, oggi offro ogni cosa per i peccatori; che i dardi della tua giustizia colpiscano me, purché il mare della tua misericordia abbracci i poveri peccatori. E il Signore prestò ascolto alla mi preghiera: molte anime tornarono al Signore, ma io agonizzavo sotto il peso della giustizia divina…”.
Le sofferenze di questa santa, come quella di molti altri cattolici canonizzati o no, rientrano in quella che la riflessione teologica definisce come soddisfazione vicaria: il caricarsi e patire sofferenze fisiche e spirituali anche immani per ottenere la conversione dei peccatori, miracoli e guarigioni secondo la divina Volontà e soprattutto per compensare e attenuare i castighi che la giustizia divina a volte esige di fronte all’immensa marea dei peccati e delle offese dell’uomo verso il Creatore stesso e la sua legge di amore. In sostanza queste persone elette dal Signore pagano al posto nostro i debiti dovuti a causa del nostro peccato, riparano con i loro sacrifici e la loro penitenza le nostre ingiurie. Sant’Anselmo nella sua opera “Cur Deus homo” riflette sul concetto di soddisfazione come riparazione dell’ordine naturale che viene turbato dalle colpe umane; san Tommaso ha approfondito la riflessione anselmiana riferendosi alla solidarietà tra Cristo Capo del corpo che è la Chiesa e le sue membra mistiche che sono gli uomini.
E’ Cristo l’unico modello di soddisfazione vicaria, in quanto si carica dei peccati umani soddisfacendo, con la sua passione e morte in croce, la giustizia divina e libera l’uomo dalla schiavitù del diavolo. Scrive l’Aquinate nella Summa teologica “Soddisfa pienamente per l’offesa colui che offre all’offeso ciò che questi ama in una misura uguale o ancora maggiore di quanto abbia detestato l’offesa.
Ora Cristo, accettando la passione per carità e per obbedienza, offrì a Dio un bene superiore a quello richiesto per compensare tutte le offese del genere umano.
Primo, per la grandezza della carità con la quale volle soffrire.
Secondo, per la dignità della sua vita, che era la vita dell’uomo-Dio, e che egli offriva come soddisfazione.
Terzo, per l’universalità delle sue sofferenze e la grandezza dei dolori accettati.
Perciò la passione di Cristo fu una soddisfazione non solo sufficiente per i peccati del genere umano, ma anche sovrabbondante, secondo le parole di S. Giovanni [1 Gv 2,2]: «Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» […] “Il capo e le membra formano come un’unica persona mistica. Perciò la soddisfazione di Cristo appartiene a tutti i suoi fedeli che ne sono le membra. Come anche quando due uomini sono uniti nella carità uno può soddisfare per l’altro” (Somma teologica III, 48, 2).
La passione e morte di Cristo è infinita, perfetta, in sè sufficiente e non necessiterebbe di alcun completamento da parte nostra, in quanto con la sua offerta al Padre tutto era compiuto. E tuttavia san Paolo dice, nella lettera ai Colossesi “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).
Gesù non ha bisogno, per completare gli infiniti meriti della sua Passione e morte, dei sacrifici dei santi, ma, in quanto Gesù e la Sua Chiesa sono un solo corpo, di cui Gesù è il capo e i fedeli le membra, quello che manca a Gesù è soffrire nelle membra del suo corpo mistico, caricarsi anche dei patimenti e delle sofferenze della Chiesa.
Ecco che allora, tra le membra del suo corpo mistico, il Signore Gesù sceglie alcune anime predilette, eleggendole come vittime immolate nella sofferenza per riparare, amare e soffrire e partecipare così alla conversione dei peccatori e alla salvezza delle anime.
Quante persone, pur non canonizzate, vivono o hanno vissuto come santa Faustina una vita di immolazione al Dio giusto e misericordioso per salvare più peccatori possibili: quante anime pie e devote, nel più assoluto nascondimento e nella più grande indifferenza di un mondo ottenebrato dal male e dalla deriva ateista, abortista e pansessualista, ancor oggi pronunciano il loro fiat al misterioso, insondabile e sapiente progetto di salvezza di Dio.
Tra i tanti casi conosciuti è d’esempio ricordare una santa pressoché coeva alla suora polacca, la beata Alexandrina Maria da Costa (1904-1955). Mistica portoghese e cooperatrice salesiana, che ha vissuto 37 anni della sua vita nel più assoluto calvario, conformandosi a Gesù crocifisso e sofferente: con il sorriso sempre stampato sulle labbra, ha patito i dolori delle stimmate, della coronazione di spine, della flagellazione e della morte in croce. E ha trascorso gli ultimi tredici anni della sua vita nutrendosi solamente della forza del Corpo e Sangue di Cristo.
Alexandrina spesso chiedeva a Gesù “Che cosa volete che io faccia?” e sempre udiva la medesima risposta: “soffrire, amare, riparare”. E Lei non opponeva mai resistenza ma tutto accettava nel più umile abbandono alla divina Volontà: “Chiedo tutti i giorni sofferenze e sento grande consolazione spirituale nelle ore in cui soffro di più, perché ho di più da offrire al mio Gesù”.
[1] SANTA MARIA FAUSTINA KOWALSKA, Diario. La Misericordia divina nella mia anima, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano, 2007, n. 1276, pp. 684-685.
1 commento su “La Polonia, l’aborto e Santa Faustina Kowalska: una vittima immolata nella sofferenza per la riparazione dei peccati – di Giampaolo Scquizzato”
Conosco le belle pagine del Diario di Suor Faustina per averle lette e meditate più volte. E quel che vi si dice dell’aborto è davvero impressionante. La “cultura” odierna in Occidente ha spostato il baricentro dalla sacralità della vita del nascituro ai bisogni e alle esigenze della “salute psichica e fisica” della donna. Ci sono molti cattolici che per questo non sono più capaci di percepire la gravità del peccato commesso con l’aborto. Colpisce la frase che cita i bambini uccisi nel grembo di “cattive” madri. Solo una più attenta conoscenza dell’amore di Dio può aiutarci oggi a riconoscere l’empietà di tanti nostri comportamenti. Molte volte non siamo in grado di aprire gli occhi a vedere l’abisso di malvagità, di egoismo e soprattutto di riconoscere il grave insulto fatto a Dio, non riconoscendone nè il suo grande dono che ci dà in questo caso nella vita nascente, nè la sua provvidenza, la sua cura costante che ha per ciascun di noi. Potremmo citare l’esempio di altri santi e mistiche che hanno scritto parole di fuoco contro questo peccato. Ringrazio l’autore dell’articolo per averci ricordato queste cose e ognuno cerchi davvero nel suo piccolo di offrire le proprie fatiche e contrarietà, magari piccole, ma costantemente presenti, per il tanto male che si compie nel mondo. Si tratta di volgere lo sguardo al Cielo, di pensare alla salvezza delle anime che è il bene in assoluto più grande. Il tema dei Novissimi ritorna a più riprese nel diario di Suor Faustina. E’ in gioco la salvezza eterna e anche per questo la battaglia per la difesa della vita è così importante