Il comandamento dell’amore ha messo in luce il significato della legge per l’uomo, non l’ha certo sostituita se di essa, dice Gesù, non deve essere cambiato un solo iota. L’amore senza la legge è l’arbitrio, e alla fine il nulla dell’indistinzione
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di Patrizia Fermani
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Sul Foglio di venerdì (riportato anche da Libertà e Persona) torna un tema che ormai sembra duro a morire, quello della continuità o meno tra Papa emerito e Papa regnante. E nell’insistenza col quale da più parti viene riproposto si potrebbe persino scorgere una sorta di riconoscimento postumo della autorevolezza di un pensiero, come quello ratzingeriano, che in costanza di pontificato è stato accuratamente oscurato non solo, ça va sans dire, dai mezzi di comunicazione, ma anche e soprattutto da quanti nella Chiesa avrebbero dovuto diffonderlo per dovere di ufficio. Ora, dopo tanta distrazione, quel pensiero appare improvvisamente indispensabile per dare lustro a quello del successore, se ed in quanto tra i due si possa riconoscere una naturale continuità. E, questo, a dispetto del fatto che dalla predicazione di Bergoglio, sia scomparso ogni riferimento testuale a quei principi non negoziabili che hanno caratterizzato il discorso di Benedetto XVI.
Per Agnoli è ozioso avanzare dubbi su questa continuità. Perché essa è assicurata per forza di cose da un a priori, quello della fede, che comunque non può non includere quei principi, anche quando ad essi non si fa esplicito riferimento. Come è accaduto lungo tutta la storia della Chiesa, che non ha avuto mai sentito la necessità di fissarli in una formulazione esplicita. Ora, che essi non siano stati scoperti da di Benedetto XVI perché appartengono al patrimonio della fede nella creazione della legge divina è ovvio. Quella che è invece assolutamente nuova, è l’esigenza di proclamarne la non negoziabilità. E questo dovrebbe essere altrettanto evidente.
Per secoli, infatti, a nessun governante è venuto in mente di fare dell’aborto un diritto; di elevare a compagni i conviventi more uxorio, prima chiamati prosaicamente amanti; nessuno veniva ucciso per il suo bene o per quello della società, gli uomini nascevano da un padre e da una madre che li avevano generati tra un paio di più o meno candide lenzuola. E vai discorrendo.
Dunque, è indiscutibile che i principi sono sempre stati chiarissimi, la loro violazione era chiamata peccato e implicava il castigo. Ma ora essi sono messi in pericolo da una novità che coinvolge i poteri dello Stato, i suoi rapporti con la Chiesa e la forma della politica. Infatti, di fronte allo Stato che ha cominciato ad invadere lo spazio dell’etica, il legislatore da custode si è fatto arbitro dei valori fondanti della società, attraverso gli strumenti del sistema democratico. Così Benedetto XVI ha sentito l’urgenza di ribadire che quei principi precedono la decisione dell’uomo , non possono esserne il frutto contingente. E, poiché le decisioni prese democraticamente implicano i negoziato, la discussione e il compromesso, essi debbono rimanere sottratti ad ogni specie di contrattazione perché irriducibili alla visione di questa o quella fazione, partito o discorso politico. Inoltre – e questo è un punto cruciale – si introduce un pericolo mortale anche per la fede poiché, se appartengono, come sottolinea anche l’autore, ai fondamenti stessi della fede, la trattativa su di essi diventa inesorabilmente anche patteggiamento sulla fede.
Il monito di Benedetto è certamente un richiamo per tutti alla intangibilità di una legge naturale che precede quella dell’uomo, ma è anche indirizzato, a maggior ragione, a quanti, professandosi discepoli di Cristo, entrino nel gioco democratico come semplici elettori o come protagonisti della politica. A quanti, da “cattolici” rispettosi della sacralità della democrazia, ritengono il consenso quale misura della bontà di ogni decisione politica destinata ad assumere veste giuridica anche nel campo di valori centrali della fede.
La non negoziabilità appartiene dunque alla fede non meno dei principi cui si riferisce, perché ha a che fare con la verità, che non può assumere colorazioni politiche. Come non ha a che fare con “il perdono , il peccato, il demonio, le tentazioni ecc.” di cui pure parla molto spesso Bergoglio, che non sostituiscono di certo la oggettività e quindi la non negoziabilità dei principi.
Ciò che distingue una fede – dice Benedetto – sono i suoi contenuti, e i comandamenti prima di essere rivolti agli uomini, ci dicono chi è Dio. Ma la vita degli uomini è condizionata dalle leggi umane, e su queste va misurata di volta in volta dal fedele quale sia la loro distanza dalla legge di Dio. Non basta sapere quale è la legge divina, occorre comprendere se e come essa viene negata dalle leggi umane. La non negoziabilità esprime la proiezione politica e giuridica di un contenuto teologico .
Tuttavia, la moderna coscienza “cattolica”, insofferente a tutto ciò che possa compromettere il valore della esperienza soggettiva e piegarla a criteri di oggettività, ha trionfalisticamente trovato nel comandamento dell’amore la soluzione per il proprio disagio. Con l’amore si risolve ora ogni conflitto tra l’oggettività della Legge e il valore dell’esperienza, con le esigenze della soggettività. Perché il comandamento nuovo ha superato in sé tutti gli altri che rimangono sullo sfondo sempre suscettibili di adattamento. Se le cose stessero veramente così, dovremmo convenire che una nuova religione ha cancellato quella che per secoli è stato ritenuta la religione cristiana.
Ma in realtà l’amore presuppone la legge e non viceversa.
Il comandamento dell’amore ha messo in luce il significato della legge per l’uomo, non l’ha certo sostituita se di essa, dice Gesù, non deve essere cambiato un solo iota. L’amore senza la legge è l’arbitrio, e alla fine il nulla dell’indistinzione. Esso diventa l’alibi per qualunque scelta perché svincolato da qualunque criterio di valutazione. E’ la veste apparentemente salvifica di un nuovo nichilismo compiaciuto di sé e ansioso di compiacere. Alla fine l’amore appartiene al foro interno, opera sul piano di una coscienza che non può prescindere dal dovere essere, e comunque non può essere elevato ad indistinto criterio della politica e di un diritto senza verità.
4 commenti su “I principi non negoziabili. Da Benedetto XVI a Francesco – di Patrizia Fermani”
una convincente dimostrazione dell’insidia nascosta nella dottrina intorno all’amore senza legge. l’amore gridato dai pulpiti della confusione produce uno stato d’animo che si rovescia nella “mistica” anarchia galoppante nella teologia postconciliare (nell’opera di Rahner, specialmente)
la puntualizzazione della professoressa Fermani (alla quale dobbiamo essere grati) è un prezioso contributo all’azione di quanti si oppongono al disorientamento e alla degenerazione “democratista” e conformista del pensiero cattolico
La disamina è perfetta: noi qui siamo, conculcati da una politica e da un sistema giuridico che si credono onnipotenti anche perché non trovano seria opposizione in gran parte di una silente gerarchia cattolica.
Aggiungo due cose
1 – Il modernismo (nella sua forma ultima di nouvelle théologie) – perché di questo si tratta – si sta dispiegando ora in quello che effettivamente è; e questo perché non può rinnegare il suo nucleo, cioè la riduzione della religione ad un incontro di natura sentimentale/inconscia con la deitas stessa. Questa riduzione inaudita dà al modernista la forza di rigettare le formule della fede come conoscenza indiretta e inferiore, onde, come rilevato da Fermani, non ha più nulla da difendere e può incontrare il mondo senza arcaici conflitti e con “infinita simpatia”. Il modernismo è una nuova religione, che nulla ha a che vedere con la Rivelazione biblica e col Cristianesimo; religione di natura teosofica, con in sé la potenza capace di dissolvere qualsiasi credo.
2 – Indistinzione è anche l’opposto di conoscenza (cfr. von Foerster, Sistemi che osservano, Roma 1987) e di ordine; e, dato che la vita si regge sull’ordine, l’indistinzione è imparentata con il non-ordine, vale a dire col caos, è legata all’aumento di entropia e in definitiva alla morte.
A mio modo di vedere è il momento di esaminare negli atti concreti l’adesione sincera alla fede cattolica.
Quando c’è di mezzo la libertà di espressione, quando incombe il pericolo che i piccoli vengano corrotti da chi li dovrebbe educare, non basta lanciare qualche parola richiamante l’antica fede. Urge la difesa del popolo.
Cara Patrizia, il suo è un pensiero di verità come quello ratzingeriano, e di quello ha il nitore e la bellezza. Grazie!
Condivido pienamente la Sua analisi professoressa Fermani. La VERITA’ non è mai negoziabile! Grazie per essere tra quelli, che in un momento delicato come quello che stiamo vivendo, lottano in difesa della VERITA’!