Un saggio di Michele Tosca
di Piero Vassallo
Nel 2000, un anno prima di morire cristianamente, l’illustre e impavido esponente della scuola tradizionalista, Pino Tosca, scrisse “La Crociata nascosta”, un magistrale saggio sul martirio dei cattolici messicani.
Il fratello di Pino, Michele, ha rivisitato quell’opera e ne ha tratto una importante e robusta storia del Messico e dei Cristeros, “perseguitati dal Mondialismo, traditi dal Vaticano, uccisi dalla Massoneria”.
Il titolo del libro, edito da Roberto Chiaramonte (www.chiaramonteeditore.it) è “Dio, Patria e Libertà“. Si tratta di una puntuale introduzione alle numerose storie degli Olocausti sofferti dai cristiani, veri primatisti nell’atroce corsa al dolore, che fu avviata dal delirio filosofante, in azione sotto l’illuminata e venerata bandiera del progresso verso la tombale felicità.
Lo studio di Michele Tosca è importunamente orientato alla rivelazione dei delitti istigati dai sanguinari iniziati ai tenebrosi misteri massonici, officiati nelle potenti logge nord americane.
Al fine di dimostrare la differenza che corre tra la colonizzazione sterminatrice, attuata dai protestanti e dai massoni nel Nord America, e la civilizzazione cattolica del Messico, Tosca cita uno scritto, datato 1531, e firmato dal primo vescovo di Città del Messico, Zumarràga: “Un milione di persone sono state battezzate, 500 templi di idoli distrutti, 20 mila dipinti di demoni bruciati. Un fatto ancor più meraviglioso: una volta gli abitanti di di questa città sacrificavano ogni anno ai loro idoli 20 mila cuori umani, oggi offrono a Dio sacrifici di lode, grazie all’insegnamento e al buon esempio dei religiosi“.
Tosca rammenta altresì che al primo intervento dei missionari francescani “si unirono domenicani, agostiniani e più tardi gesuiti, che, predicando il Vangelo, fondarono scuole, ospedali, orfanotrofi in una spettacolare gara di dedizione e carità”.
Le statistiche, opportunamente citate da Michele Tosca, costituiscono, d’altra parte, un eloquente metro di paragone tra la civiltà sterminatrice dei protestanti e la civiltà integratrice dei cattolici: negli Stati Uniti i nativi costituiscono l’uno per cento della popolazione, nel Messico amerindi e meticci costituiscono il novantuno per cento della popolazione.
L’entusiasmo ecumenico promosso da Concilio Vaticano II non vieta la considerazione della verità storica: il territorio degli Stati Uniti fu occupato dagli sterminatori anglicani e massoni, il Messico fu civilizzato dai cattolici.
Tosca rammenta inoltre che il Messico conquistò l’indipendenza nel 1810, quando il popolo cattolicissimo insorse contro la Spagna, ormai infiltrata e debilitata da massoni e da illuminati di varia risma.
Sotto una diversa stella ebbe invece origine lo stato massonico del Nord America, in cui fiorisce la dottrina Monroe, “che sosteneva per gli Stati Uniti un diritto di prelazione sull’America tutta, e una speciale relazione con la madre patria, la Gran Bretagna, la quale come potenza mondiale detentrice del massimo potere marittimo, era la sola che poteva garantire agli Usa di rimanere isolati,per poter condurre i propri affari su tutto il territorio del Nuovo Mondo”.
Educati dalla Chiesa cattolica i messicani fondarono una vera nazione la cui prosperità “destò la bramosia delle potenti lobbies americane verso territori, ricchi di risorse naturali (oro platino, mercurio, rame, ferro, carbone, argento e poi petrolio)“.
Di qui l’avvio in Messico di una tribolata, americana storia di aggressioni, guerre civili, dittature, insurrezioni, colpi di stato, persecuzioni dei cattolici. Al proposito Tosca pubblica le cartine geografiche che rappresentano l’espansione progressiva degli Stati Uniti a spese del Messico nel periodo 1845 – 1890.
Espansione compiuta da aggressori sventolanti l’alibi della redentrice democrazia, esportata per il bene supremo dei popoli invasi e sottomessi.
Parallela all’espansione statunitense corre la storia dell’infiltrazione massonica in Messico, una torbida vicenda che ha per simbolo il trucido Benito Juarez, “un bandito al soldo degli americani“, il quale, in odio verso i cattolici, fece fucilare l’Imperatore Massimiliano.
L’egemonia americana rovesciò sul Messico il disordine liberale, onde una disgraziata catena di cervellotiche e inique riforme intese a favorire i capitalisti e una sinistra successione di tiranni, sempre più ostili verso i cattolici.
In cima alla piramide, nel 1914, ascende l’americanofilo Venustiano Carranza, il quale “inaugura un periodo di aperta persecuzione contro i cattolici: soltanto nel febbraio del 1915 ben 160 sacerdoti sono uccisi, molti vescovi espulsi, le suore scacciate dai conventi … mentre Carranza studia di emanare un costituzione massonica e anticattolica, i militari ricevono la licenza di compiere ogni sfrenatezza possibile contro i cattolici. … Saranno distrutti luoghi di culto, bruciati pubblicamente confessionali, crocifissi, statue di santi e immagini sacre.”
Nel 1920 Carranza è destituito da due esponenti delle logge filo americane, Alvaro Obregòn e Plutarco Elias Calles. Obregòn diventa presidente del Messico e governa per la durata di un triennio, durante il quale aumentano le aggressioni ai cattolici e le profanazioni delle chiese.
Nel 1924, scaduto il mandato di Obregòn, è eletto presidente (in conseguenza del risultato di elezioni farsesche, che gli assegnano il 2% dei voti!) Plutarco Elias Calles, un massone che il popolo chiama il mostro.
“Appena insediatosi, Calles … tenta di dar vita ad una Chiesa Nazionale separata da Roma, secondo un vecchio cliché che, iniziato dall’inglese Enrico VIII, è proseguito fino alle bolsceviche chiese patriottiche e alla Chiesa Nazionale comunista in Cina”.
L’inasprimento della persecuzione costringe i cattolici a reagire percorrendo due diversi ma legittimi sentieri: la resistenza disarmata, scelta dal vescovo di Vera Cruz, che fonda un seminario clandestino nel quale agisce travestito da rigattiere, e quella dell’esercito dei Cristeros, che, impugnate le armi, insorge contro la tirannia massonica, “un nemico inumano, senza onore e pietà”.
Alla guerra disperata del popolo messicano risponde il potere degli oligarchi, sostenuti dai banchieri e dall’intelligence d’America, che fornisce loro armi modernissime e abbondante denaro per compensare gli autori di una feroce e criminosa repressione.
Purtroppo la diplomazia della Chiesa di Roma oscilla tra l’approvazione e il sostegno all’insurrezione dei Cristeros e la loro aperta sconfessione, tacendo il diritto (riconosciuto dall’Aquinate) alla legittima difesa, che compete al potere legittimo del popolo insorgente contro la ingiustificata violenza dei tiranni.
Il popolo messicano tuttavia si rivela più ostinato e più forte dei mercenari al servizio della massoneria e dei banchieri americani. “Nonostante le tragiche perdite e le sofferenze materiali e morali e l’inferiorità dei mezzi, nel 1929, il movimento dei Cristeros, che conta circa cinquantamila combattenti, è vicino alla vittoria“. I Mercenari tradiscono la stanchezza e la sfiducia nelle ragioni della guerra contro il popolo irriducibile.
La tirannia gioca allora l’ultima disperata carta e si rivolge, per vie diplomatiche, al Vaticano al fine di ottenere almeno la pace, vista l’impossibilità della vittoria sul campo di battaglia. Il Vaticano purtroppo crede alle false promesse e il 9 giugno del 1928 pubblica nell’Osservatore romano un testo che insinua l’ingiustizia dell’insurrezione cattolica.
Nel 1929 à infine sottoscritto un accordo che prevede la salvaguardia dei contendenti. Ma il potere illegittimo approfitta dell’occasione per rovesciare la sua ira e la sua frustrazione sugli insorgenti.
Solamente nel marzo del 1938 Pio XI, nell’Enciclica Firmissimam constantiam ammise le ragioni indeclinabili degli insorgenti e spiegò che non si vedeva come sarebbe stato possibile allora condannare il fatto che i cittadini si unissero per difendere la nazione.
La tragedia del Messico contiene un insegnamento prezioso per i cattolici che sono oggi tentati da una stanchezza inclinata alla desistenza della loro autorità e alla rinuncia del coraggio dei combattenti. La rievocazione dell’eroica avventura dei Cristeros messicani, compiuta con perizia da Michele Tosca, pertanto, si raccomanda quale alimento necessario un mondo cattolico debilitato dal buonismo e slombato dalla transigenza predicata dal Concilio ecumenico Vaticano II.
In special modo la lettura del libro di Tosca si suggerisce ai militanti nell’area della tradizione che sono ancora impegnati a sciogliere il pio nodo stretto dalla disperata fiducia nella diga americana contro il materialismo e contro l’errore islamico. Un nodo che ora suggerisce la vana sicurezza ora costringe all’inazione.
L’aspirazione ad agire efficacemente è obbligata anzi tutto a stabilire la natura dell’ideologia che è causa inavvertita dei problemi che affliggono la Cristianità.
La pretesa di arrestare l’eversione senza identificare e screditare il suo nascosto “motore” ideologico umilia la politica abbassandola alla vana logomachia, che sta annoiando gli uditori del talk-show televisivo.
La storia esemplare dei Cristeros messicani è una preziosa lezione di politologia e un indirizzo alla identificazione del malessere morale ed economico che sta contagiando la vita italiana.
3 commenti su “La storia del Messico e dei Cristeros – di Piero Vassallo”
La persecuzione religiosa in Messico, che ha originato l’epopea dei Cristeros, è stata solo
un assaggio di quanto sarebbe successo, neppure un decennio dopo, in Spagna!
in questo magnifico 2013, mentre il timor di Dio sembra scomparso dalla Chiesa (Fabro) i cristiani continuano a subire persecuzioni feroci – si calcola che ogni giorno nel mondo siano uccisi dieci cristiani – uccisi dai fratelli ecumenici, quello del libro baciato dai papi, ad esempio – e Roma (non) locuta est, o meglio parlando nasconde l’essenziale – nel 1974 Fabro scriveva: “Il papa è spaventato, indugia, indietreggia” Oggi un applaudito papa gongola e asperge rosolio, beato lui. Avanza imperterrito nella vasta e plaudente prateria del buonismo – felicità il tuo nome è banalità?
il tempio della massoneria, setta nella quali l’inferno squaderna le sue tenebre, è il vespasiano