In principio era la Dea Ragione. La Regione era presso l’Uomo, e la Ragione era Dio. Poi ci accorgemmo che la ragione aveva torto, almeno qualche volta, e la detronizzammo, sostituendola con una nuova Dea più agguerrita, la Scienza, accompagnata dalla sua impiegata esecutiva, la Tecnica. Pure la Dea Scienza, tuttavia, mostra la corda: dopo due anni di epidemia dice tutto e il suo contrario, per bocca dei sommi sacerdoti, i Virologi, gli Esperti e “color che sanno”. Non se la passano meglio le sacerdotesse della Scienza, le Vestali della comunicazione e del Giornalismo Unico: le veline cambiano ogni giorno e l’impresa di districarsi tra ordini e contrordini, Verbo di oggi e Verità di domani, diventa un’acrobatica prova di ardimento per servi e maggiordomi.
Non resta che l’ultima Dea, no, non la Speranza, che ha cambiato mestiere e fa il ministro della Salute (un imbarazzante ossimoro). La nuova Dea, l’unica a non sbagliare mai, è la Contraddizione. Il nostro non è il tempo dell’impostura o della post verità- la menzogna politicamente corretta- ma della Contraddizione. In Italia, sempre all’avanguardia, la Dea ha un insigne profeta, Walter Veltroni. L’esponente democratico ex comunista fece della contraddizione un’arte, o meglio capì per primo che è inclusiva, tollerante, alla moda, un green pass multiuso. Aderì giovanissimo al PCI, spiegando di averlo fatto in quanto ammiratore di John Kennedy e di essere stato una specie di quinta colonna nell’arcigno monolite rosso. Veltroni stava nel PCI, ma sotto sotto era un fiero democratico: comunista “ma anche “anticomunista. Maurizio Crozza lo prese tanto in giro, promuovendolo a segretario vitalizio del partito “maanchista”, che le fortune politiche del buon Walter declinarono. Non quelle della Dea Contraddizione, salita al potere con tutti gli onori.
In Italia la Dea Contraddizione ha adepti devoti da secoli e secoli. Franza o Spagna purché se magna è il vero motto nazionale e cambiare idea ogni due per tre, sostenere indifferentemente una tesi e l’opposto sono sport diffusi in cui abbiamo superato i sofisti greci. Il povero Socrate si affannava a trovare la verità smascherando la contraddizione e sappiamo che fine fece. Meglio contraddirsi e vivere benone.
È tramontato anche il metodo dialettico di Hegel e di Marx, che attaccavano la contraddizione altrui per enunciare verità nuove. Il tempo liquido “muta d’accento e di pensier” come la donna mobile di Rigoletto (brr, un paragone sessista). Essere cangianti, cioè contraddittori è una medaglia al valore facile da conquistare: basta seguire la corrente e fare come Groucho Marx. Il grande attore in una scena espose le sue idee a un attento uditorio. Alla fine, dichiarò: questi sono i miei principi. Se non vi piacciono, ne ho altri.
Lo stesso liberalismo, religione politica obbligatoria d’Occidente, si è piegato alla Dea Contraddizione. Iniziò proclamando libertà per tutti, affermando di difendere le minoranze e il pensiero dissidente, poi, dopo la fine del comunismo reale, ha perduto due lettere ed è diventato liberismo. Ora conclude la sua parabola convertendosi in liberalismo liberticida, progressismo coatto, morboso (e finto) democratismo. Iniziò Karl Popper, teorico della società aperta.
Peccato che la liberale futura umanità sia aperta solo agli amici. Tollerante e aperta, “ma anche” sigillata a chi non ne condivide i valori, cioè intollerante. Hanno staccato le vecchie etichette per applicarne di nuove. La Dea Contraddizione, come Atalanta, ha una benda sugli occhi “ma anche” le orecchie tappate: non vede né sente le sue, di contraddizioni. La postmodernità è apparentemente apolitica, in realtà rudemente ideologica; pensare per schemi, immediati quanto mutevoli, è la regola.
La contraddizione ha conquistato l’egemonia nel tramonto della comunità – duratura, solida, con le sue regole e le sue negazioni – a favore della società, ossia del contratto e del tornaconto unici criteri di convivenza. Il contratto ha delle clausole, dei commi, dei termini di validità e vale sino a quando serve ai contraenti. Quello che ci piaceva ieri- ossia ci conveniva- non vale più oggi. Un detto spagnolo, intraducibile ma comprensibile in italiano, racconta di un dignitario che cambiava opinione e ordinava allo scrivano “donde dije digo, digo Diego”. Dove ho detto “dico”, adesso dico “Diego”. Non aveva senso, era una contraddizione, o se preferite, un’aporia.
Proclamiamo con voce stentorea la libertà che neghiamo a chi non la pensa come noi: è evidente che hanno torto, con i criteri di oggi. Per quelli di domani, restiamo in attesa di ordini della Dea. Siamo iper individualisti, ma se qualcuno non intende vaccinarsi o semplicemente eccepisce sulla liceità delle restrizioni, la folla esige la crocifissione per leso interesse pubblico.
Del resto, anche a Gesù fu preferito Barabba pochi giorni dopo l’ingresso trionfale del Messia a Gerusalemme. Pretendiamo, ostentiamo diritti, “ma anche” esigiamo doveri, naturalmente altrui. Sergio Mattarella ha parlato del dovere di vaccinarsi e di quanto tale gesto sia solidale. Strano che non riusciamo a solidarizzare concretamente con chi soffre, chi è malato, povero o precario. Uno sguardo distratto, un sospiro e via.
Ci commuoviamo per i dolori lontani, ma non asciughiamo le lacrime del vicino. La Dea Contraddizione è affetta da presbiopia. Quasi nessuno è esente dall’influsso della potente divinità: su una chat di oppositori dell’emergenza virale, abbiamo letto con divertimento la domanda di alcuni leoni da tastiera. Manifestiamo, ma la riunione è autorizzata? Singolare pretesa di fare la rivoluzione con il consenso dei superiori e la scorta dei Carabinieri!
Non crediamo più a Dio, quello a cui si prestava “fede”, e difendiamo con rabbia impaurita il pezzetto di esistenza che ci resta; “zòe”, nuda vita l’ha chiamata Giorgio Agamben, un anziano filosofo, due qualifiche che rendono certa la caduta nel vuoto delle sue parole. Per Zoe facciamo tutto, ma se la vita non ha più “qualità”, dicono gli apostoli dell’eutanasia, viva la morte. Meglio se è quella degli altri, beninteso; è gradito il testamento a nostro favore. Ci commuoviamo – ci mancherebbe altro – davanti a bambini sofferenti, ma preferiamo che non nascano. La sessualità deve essere libera e non produrre altri effetti che il piacere fisico ed effimero. Tuttavia, meglio premunirsi con un contratto in piena regola: se il partner è una donna (capita ancora…) occorre che il consenso sia esplicito e dettagliato, con descrizione delle pratiche ammesse.
Ci fa orrore la violenza, “ma anche” la pena relativa. Nessuno tocchi Caino, ma ad Abele chi pensa? E se uno sconsiderato dà una manata sul sedere a una donna a favore di telecamera, sappia che rischia da sei a dodici anni di reclusione. Se uccidi e rapini te la cavi con meno, ma ogni tempo ha le sue priorità. Siamo ossessionati dalla sicurezza, però se qualcuno difende se stesso, la famiglia e i suoi beni, alziamo il dito in segno di riprovazione: no, questo è Far West. Quello dei malviventi è un simpatico carnevale in cui ogni scherzo vale.
Rivendichiamo la padronanza della nostra vita, l’autonomia e insindacabilità delle nostre scelte, ma seguiamo pedissequamente ogni moda, specie le più cretine. “Io sono mio”, e intanto accogliamo con favore chip, carte elettroniche e apparati artificiali che hanno assunto il controllo della nostra vita. Ci vestiamo e ci comportiamo come impone il mercato; qualunque cosa ci piace o ci repelle a seconda di quanto impone il circo dello spettacolo e dell’intrattenimento. Ci sentiamo liberi e detestiamo i pochi ribelli. Alla Dea Contraddizione si crede senza discutere e si elevano sacrifici quotidiani.
La società progredita, tollerante e inclusiva ha stabilito che la pazzia non esiste, e se c’è è colpa della società. Contemporaneamente, trattiamo da matto chi non la pensa come potere comanda. Ciò che è sgradito a chi carica la molla dei nostri pensieri diventa malattia. Il Covid non è l’unica epidemia in corso: dilagano svariate “fobie”, da curare con apposite terapie e da considerare reati. Chi ha paura “dell’uguale” – questo significa omofobia- è un nemico pubblico, il “transfobo” è anche peggio. Viviamo nell’era felice della democrazia, della libertà, della tolleranza, del progresso, della liberazione da ogni tabù, limitazione e credenza del passato. Come mai a milioni assumiamo psicofarmaci, ci sentiamo infelici, depressi, non realizzati?
La Dea Contraddizione è davvero potente: vince e non si fa riconoscere. Che abbia un contratto di collaborazione, una joint venture con Satanasso, il cui capolavoro è averci convinto della sua inesistenza? Chi rappresenta in terra il Dio spodestato, il vecchio barbuto – ahimè di sesso maschile- rappresentato da Michelangelo con la mano protesa verso l’Uomo- a sua volta cade in contraddizione. Predicava la salvezza attraverso la purificazione, si è adattato alla sanificazione. Gli igienizzanti non portano in paradiso, ma difendono Zoe.
Anche il buonismo – caricatura della bontà – è una contraddizione grottesca. Siamo buonisti a distanza; se il male lambisce noi, torniamo i Caini di sempre. Pene esemplari sono invocate contro gli “untori”, e c’è chi propone esecuzioni sommarie. Vincenzo De Luca, governatore del Sacro Campano Impero- trasformato nella caricatura del suo imitatore Crozza – ha evocato il napalm contro i non vaccinati e i contravventori delle sue regole. Per fortuna è di sinistra e con quella bocca può dire ciò che vuole, come l’attrice di un vecchio carosello di una marca di dentifrici. Possibile che nessuno noti la contraddizione, possibile che la Dea faccia perdere il senno?
Abbiamo visto una signora minacciare di denuncia l’usciere di un ufficio costretto a misurare la temperatura di chi accede ai locali: si era accertato che non superasse i 37 gradi. Ha violato la mia privacy, ha strillato. Verissimo, ma il colpevole non è il malcapitato portinaio, bensì il potere che si è impadronito del nostro corpo fisico. Quale privatezza resta a chi è controllato da telecamere, apparati elettronici, tracciato nei movimenti, nelle spese, nei gusti, seguito passo passo da ombre sempre più incombenti? Nulla, e il cattivo è l’ultimo anello della catena.
Siamo ossessionati dalla salute, campiamo da malati “ma anche “da sani immaginari in attesa di rassicurazioni. Come Ettore Petrolini, che pronunciò la sua ultima battuta spirando, dopo che i medici lo avevano tranquillizzato sulle sue condizioni: meno male, almeno muoio sano. Sani in preda alle dipendenze, all’abuso di sostanze in nome della libertà individuale e dell’ansia da prestazione per competere sul mercato del lavoro, dell’ambizione, del sesso. Walter Veltroni, inventore del “ma anche” ha la maggioranza assoluta. Privacy “ma anche “trasparenza, libertà “ma anche” sicurezza, diritti “ma anche” sorveglianza.
Viviamo nel Truman Show, un’alienante, contraddittoria messa in scena, assistiamo a una partita in cui facciamo il tifo per entrambe le squadre, secondo il momento. Nella Divina Commedia Guido da Montefeltro è all’inferno perché “assolver non si può chi non si pente, / né péntere e volere insieme puossi / per la contradizion che nol consente”. Buio Medioevo, oggi la contraddizione consente, anzi regna. Salutisti e strafatti, nemici del fumo e dell’alcool “ma anche” tabagisti e attaccati alla bottiglia, siamo come il gatto di Schroedinger, vivo “ma anche” morto. Mistero della fisica quantistica, miracolo della Dea Contraddizione.
2 commenti su “Epifania della Dea Contraddizione & trionfo di Marx (tendenza Groucho)”
io stra-amo questo Signor Pecchioli
Il risultato di decenni di lassismo, di ipocrisia, di corruzione ecc ..tutte premiate ed incoraggiate dal “sistema” , hanno portato a questa pazzia ben descritta in modo garbato e profondo.
Ma la vogliamo chiamare “contraddizione” o “follia autodistruttiva” ?